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Questo lavoro, diviso in 2 parti, cerca proprio di analizzare il problema del finanziamento
delle imprese.
La prima parte, dedicata alle principali tappe legislative riguardanti il Tfr, è così suddivisa :
ξ nel primo capitolo vengono illustrati la storia del Tfr, i metodi di calcolo per il settore
privato e per quello pubblico ed alcuni dati quantitativi per capire meglio le dimensioni
del fenomeno ;
ξ nel secondo capitolo, i primi 3 paragrafi sono dedicati ad una piccola introduzione ai fondi
pensione, mentre gli altri sono utilizzati per commentare i seguenti provvedimenti :
¾ Dlgs. 124/93 ;
¾ legge 335/95 (riforma Dini);
¾ Dlgs. 47/2000 ;
¾ Ddl. 6787 ;
¾ Dlgs. 299/99 (“cartolarizzazione” del Tfr).
Non vengono lasciate da parte anche le varie critiche mosse agli ultimi provvedimenti e le
proposte per correggerli.
Nella seconda parte, composta da un solo capitolo, si esamina una simulazione dei possibili
effetti che un cambio di normativa potrà riversare sui risultati d’esercizio delle imprese
manifatturiere lombarde, considerando anche i possibili andamenti del costo del denaro. Tutto
questo sorretto da 18 tabelle numeriche, per esemplificare meglio la possibile situazione
futura. Queste tabelle si basano sui dati medi iscritti nei bilanci civilistici che le imprese
hanno redatto per l’esercizio 1998, per arrivare poi a dei risultati ottenuti con uno schema le
cui ipotesi saranno specificate in seguito.
Le imprese saranno classificate con 2 diversi criteri :
ξ per numero di dipendenti, utilizzando le classi ufficiali ISTAT ;
ξ per provincia.
Questi 2 criteri saranno utilizzati sia singolarmente che contemporaneamente.
La parte legislativa contiene tutte le novità, le critiche e le proposte presentate entro la fine del
mese di settembre 2000 ; questo limite temporale è presente non per mia volontà, ma per
motivi a me non imputabili.
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PARTE PRIMA
IL TFR : STORIA E
LEGISLAZIONE
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Capitolo 1
IL TFR IN GENERALE
1.1 Un po’ di storia
Come già detto nell’introduzione, il Tfr è la liquidazione che spetta al lavoratore dipendente al
termine del lavoro in un’azienda. Non riguarda quindi i lavoratori autonomi. E’ una risorsa
peculiare del sistema italiano, introdotta stabilmente dal fascismo col nome di “indennità di
anzianità” ed inizialmente riservata alla sola categoria impiegatizia. Essa era calcolata
moltiplicando l’ultima retribuzione per gli anni di anzianità, creando una proiezione
all’indietro molto vantaggiosa per il lavoratore, assimilabile per molti versi ad una sorta di
premio di fedeltà o di servizio aziendale. Varata con un decreto legge del 1919, regolata poi
nel 1924 dal regio decreto legge 1825/24 sull’impiego privato (convertito in legge con la
legge 562/26), l’indennità di anzianità è stata estesa agli operai dalla contrattazione collettiva
e dalla codificazione del 1942 e ad altre categorie di lavoratori, fino alla conferma dell’istituto
con la legge n. 604/1966.
La vecchia indennità di anzianità comprendeva anche la rivalutazione automatica della
retribuzione alla dinamica inflazionistica, un automatismo salariale che fu corretto nel 1977,
quando furono esclusi dalla retribuzione utile per il calcolo dell’indennità gli aumenti di
contingenza successivi al 1 febbraio 1977. La correzione scatenò un notevole contenzioso e
portò ad un referendum abrogativo, che portò ad una radicale trasformazione dell’istituto con
la legge n. 297/1982, che ha modificato l’art. 2120 del codice civile e disciplinato l’attuale
Tfr. Il trattamento di fine rapporto diventa così la somma di quote di retribuzione accantonate
anno per anno e corrispondenti all’incirca alla retribuzione media mensile dei singoli anni,
con l’indicizzazione degli importi accantonati per evitarne la svalutazione.
La svolta del settore privato del 1982 è ora arrivata anche per il settore pubblico. Gli statali
gradualmente abbandoneranno la buonuscita (analoga all'indennità di anzianità) e faranno i
conti col Tfr, con l’obiettivo di permettere la nascita dei fondi pensione anche nel settore
pubblico.
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1.2 Come funziona nel settore privato
Secondo l’art. 2120 codice civile, la quota annuale di accantonamento Tfr si calcola dividendo
per 13,5 l’importo globale della retribuzione utile dell’anno. La retribuzione utile è tutto ciò
che il lavoratore riceve dal datore di lavoro a titolo non occasionale, a meno che non sia stato
stabilito diversamente nella contrattazione collettiva. La quota è proporzionalmente ridotta per
le frazioni di anno, computando come mese intero la frazione di mese pari o superiore a 15
giorni.
Al 31 dicembre di ogni anno l’ammontare accantonato a favore del lavoratore alla fine
dell’anno precedente deve essere rivalutato in base a 2 coefficienti :
ξ una misura fissa dell’1,5%, stabilita per legge ;
ξ un valore pari al 75% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT rispetto al mese di dicembre dell’anno
precedente.
L’importo di questa rivalutazione, insieme all’accantonamento di Tfr dell’anno in corso, si
aggiunge al fondo già accantonato formando un unico insieme che sarà rivalutato al 31
dicembre dell’anno successivo. Inoltre le imprese devono contribuire ai fondi di garanzia
dell’INPS per una somma pari allo 0,2% delle retribuzioni di competenza dell’anno.
Chi ha cominciato a lavorare prima dell’entrata in vigore della legge n. 297/1982, cumula il
nuovo Tfr con l’indennità di anzianità che gli sarebbe spettata fino al 31 maggio 1982.
Non è vero che gli accantonamenti al fondo Tfr possono essere smobilizzati solo con la fine di
un rapporto di lavoro subordinato, ma anche con la concessione di anticipazioni. La legge
permette, a chi ha almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, di chiedere
un’anticipazione non superiore al 70% del trattamento di fine rapporto cui avrebbe diritto nel
caso di cessazione del rapporto di lavoro alla data della richiesta.
La richiesta può essere giustificata dalla necessità di :
ξ spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle strutture pubbliche ;
ξ acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli.
Ogni anno sono soddisfatte le richieste del 10% di chi ne ha titolo e comunque nel limite del
4% del numero totale dei dipendenti.
La norma non è applicabile alle aziende in crisi e a quelle con meno di 25 dipendenti.
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L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene
detratta dal Tfr al momento della fine del rapporto.
I contratti collettivi o i patti individuali possono stabilire condizioni più favorevoli. I contratti
collettivi possono anche stabilire criteri di priorità per accogliere le richieste di anticipazione.
Ciò è quanto accadeva prima della riforma Dini, con la quale i lavoratori di prima
occupazione assunti dal 28 aprile 1993 devono destinare tutte le loro quote di accantonamento
ai fondi pensione. Gli altri possono destinare una quota dell’accantonamento al Tfr e la parte
restante per finanziare i fondi pensione, se la contrattazione collettiva ha definito un accordo
in tal senso. In questo modo, le quote accantonate a Tfr diminuiranno sempre più.
1.3 Come funziona nel settore pubblico
Per avere un quadro completo della situazione, diamo ora uno sguardo a cosa succede nel
settore pubblico.
Con al riforma Dini del 1995, anche i dipendenti del settore pubblico hanno fatto conoscenza
con il Tfr, con l’obiettivo di far nascere la previdenza complementare anche nel settore
pubblico.
Prima di questa riforma vi era “l’indennità di buonuscita”, detta anche “premio di servizio”,
che si calcolava prendendo l’80% dell’ultimo stipendio annuo percepito più la contingenza (in
tutto in parte). Tale importo andava diviso per 12 e moltiplicato per gli anni di servizio,
secondo il dettato degli artt. 3 e 38 del Dpr. 1032/73.
Con l’art. 2 della legge 335/95 (riforma Dini) si stabilisce l’introduzione del Tfr anche nel
settore pubblico. La legge prevede che per i lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996 i
trattamenti di fine servizio siano regolati con le stesse norme del settore privato, mentre ai
lavoratori già occupati alla data suddetta la legge assegna la possibilità di scegliere se aderire
o meno al nuovo regime.
I tempi non sono stati rispettati e solo nella seconda metà del 1999 le cose hanno cominciato a
muoversi, con la firma dell’accordo quadro tra sindacati e ARAN (agenzia di contrattazione
del pubblico impiego), avvenuta il 29 luglio 1999 e dal Decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri del 20/12/1999, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 111 del 15/05/2000 ed
entrato in vigore il 30/05/2000.
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Per i lavoratori già assunti l’opzione volontaria per il Tfr deve essere fatta entro il 2001, ma
sarà possibile aderire al Tfr anche successivamente, una volta costituiti i fondi pensione.
Anche i dipendenti assunti dal 1 gennaio 1996 al giorno precedente l’entrata in vigore del
Dpcm. sono soggetti alla vecchia normativa, salvo che non decidano di optare per il Tfr
sempre entro il 2001. Per chi viene assunto dopo la data di entrata in vigore del Dpcm., è
prevista l’applicazione diretta del Tfr.
La trasformazione del Tfr avverrà con la sottoscrizione dell’adesione al fondo pensione e
l’indennità di fine servizio maturata fino a quella data sarà calcolata secondo le regole della
normativa precedente.
Il Tfr sarà calcolato sull’intero stipendio, compresa la contingenza e tutte le voci prima
destinate all’indennità di buonuscita. Saranno i singoli contratti di comparto a decidere se
nella base di calcolo verrà inclusa anche la quota di salario destinata alla produttività. Anche
per quanto riguarda le anticipazioni, sarà la contrattazione di comparto a verificare la
possibilità di chiedere un anticipo, tenendo conto delle condizioni di finanza pubblica.
Il Tfr sarà accantonato in modo figurativo e sarà liquidato dall’INPDAP (Istituto Nazionale
della Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica) alla fine del rapporto di
lavoro. Le quote annuali saranno determinate come per i privati e, a chi opta per il TFR, non
si applicherà più il contributo previdenziale obbligatorio del 2,5%, che concorreva alla
buonuscita. Per i dipendenti degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e
sperimentazione e degli enti per il cui personale non è prevista l’iscrizione all’INPDAP, la
liquidazione del Tfr è effettuata dal datore di lavoro.
Nel calcolo del Tfr non rientrano gli accantonamenti annuali destinati ai fondi pensione, che
verranno sottratti dalla somma dovuta all’atto della cessazione del servizio.
I fondi pensione saranno gestiti dall’INPDAP ; lo Stato verserà in questi fondi, annualmente,
300 miliardi di Lire, mentre ulteriori contributi statali oltre questo tetto saranno solo
figurativi.