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INTRODUZIONE
Per progettare e costruire le prime atomiche, durante la Seconda Guerra Mondiale,
gli Stati Uniti impiegarono circa sei anni, se si fa iniziare la “corsa alla bomba”
con la celebre lettera di Albert Einstein al Presidente Theodore Roosevelt, o solo
tre anni, se si conteggiano i tempi dall’avvio vero e proprio del progetto Manhat-
tan
1
. A confronto, l’atomica iraniana ha avuto tempi così lunghi e un procedere
così lento, che non si può certo parlare di “corsa alla bomba” da parte di Teheran.
In effetti, il programma nucleare iraniano è stato in prima pagina, per così dire,
per quasi vent’anni ed è sempre stato dato per imminente; una questione, si dice-
va, di ormai pochi anni. Ma il fatidico giorno “X” dell’Iran nucleare ha continuato
a fuggire in avanti.
Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di fornire una panoramica sulle
ragioni strutturali e congiunturali della disputa internazionale sul programma nu-
cleare della Repubblica Islamica dell’Iran; un tema che riveste una particolare im-
portanza a livello geopolitico e strategico, e rischia di mettere a repentaglio il si-
stema internazionale di non proliferazione nucleare e la volontà della Comunità
Internazionale di renderlo effettivo.
Infatti, se al suo indebolimento, ormai in atto da una decina di anni ( pensiamo al
caso della Corea del Nord e del Pakistan che hanno abbandonato la loro parteci-
pazione al TNP), seguissero ulteriori defezioni, le conseguenze sarebbero conside-
revoli: un Iran potenza nucleare implicherebbe una corsa al riarmo nell’intera re-
gione, e seppellirebbe il Trattato di Non Proliferazione Nucleare, scardinando
completamente i sistemi multilaterali di controllo degli armamenti.
Che cosa spinge esattamente il programma nucleare iraniano? ¨ la volontà di cau-
sare un Olocausto atomico contro Israele? O si tratta di un calcolo piø razionale,
anche se non meno rischioso, guidato dall’aspirazione di dominare il Golfo Persi-
co e le sue risorse?
1
Il Progetto Manhattan è il nome in codice del programma di ricerca condotto dagli Stati Uni-
ti durante la seconda guerra mondiale, che portò alla realizzazione delle prime bombe atomiche.
Nacque nel 1939 come semplice proponimento di ricerca, per poi mutare i suoi obiettivi nel 1942,
fino ad arrivare a occupare piø di 130 000 persone, con un costo complessivo di oltre 2 miliardi di
dollari dell’epoca
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In quattro capitoli verrà presentato il contenzioso che ruota attorno al programma
nucleare di Teheran, cercando di comprendere il perchØ la possibilità di un Iran
nucleare desti così tanti timori e così tanta incertezza tra gli attori principali della
scena internazionale. Nel primo capitolo verrà affrontata principalmente
l’evoluzione storica del programma nucleare iraniano, dalla sua nascita alla fine
degli anni ’50, all’interruzione ordinata dall’Ayatollah Khomeini durante gli anni
della rivoluzione islamica, fino alla sua ripresa negli anni ’80, come conseguenza
della guerra contro l’Iraq.
Si analizzerà il passaggio da un programma nucleare avente esclusivamente scopi
civili, al presunto programma militare; passaggio che vede nel 2002 l’anno della
svolta. Infine il capitolo terminerà cercando di comprendere le implicazioni politi-
che del programma nucleare iraniano, e in particolar modo le problematiche che
ruotano attorno ai difficili rapporti tra la Repubblica Islamica iraniana da un lato,
e gli Stati Uniti e Israele dall’altro.
Nel secondo capitolo, si affronterà il tema dei negoziati diplomatici e di come,
quindi, si è cercato di risolvere il problema del nucleare iraniano attraverso una
serie di incontri al vertice, negoziati e accordi. Tramite il dialogo, ritenuto da mol-
ti l’unica arma possibile per evitare lo scatenarsi di una guerra globale, si è cerca-
to, con scarsi risultati, di convincere l’Iran, anche attraverso l’offerta di incentivi,
a interrompere il processo di arricchimento dell’uranio.
Il terzo capitolo analizzerà la cosiddetta guerra sotterranea tra l’Iran da un lato e
Stati Uniti e Israele dall’altro; una guerra non convenzionale, costituita da minac-
ce, pressioni psicologiche, morte o sparizione di numerosi scienziati iraniani legati
direttamente al programma nucleare di Teheran, attentati a infrastrutture, opera-
zioni clandestine, atti di terrorismo, fino ad arrivare alla cyberwar, ossia alla guer-
ra elettronica. Si tratta di un conflitto sotto copertura, di una guerra tra spie, che
vede nella Cia americana, nel Mossad israeliano e nel VEV AK iraniano, i tre prin-
cipali attori, e il cui scopo principale è quello di rallentare il piø possibile il pro-
cesso di arricchimento dell’uranio portato avanti da Teheran.
Infine, nel quarto e ultimo capitolo, si analizzerà il controverso tema delle sanzio-
ni, imposte sia a livello multilaterale attraverso l’azione del Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, si a livello bilaterale, ossia attraverso l’azione dei singoli at-
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tori della scena internazionale, Unione Europea e Stati Uniti fra tutti. Si tratta di
un tema controverso, in quanto, come vedremo, c’è il dubbio che un regime di
sanzioni non porti ai risultati voluti, ma serva esclusivamente a radicalizzare le
posizioni del regime a livello interno, e a guadagnare tempo in attesa di una inevi-
tabile azione militare. Sono molti gli argomenti e le ragioni contro il ricorso a san-
zioni nei confronti dell’Iran. Il problema principale è che, per quanto possano es-
sere convincenti, esse finiscono con il paralizzare ogni azione che non sia
un’ulteriore offerta di benefici all’Iran, in cambio di un comportamento migliore.
In conclusione, il presente lavoro è un tentativo di spiegare l’evoluzione del pro-
gramma nucleare iraniano e i comportamenti della Comunità Internazionale a ri-
guardo.
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CAPITOLO 1
IL PROGRAMMA NUCLEARE DI TEHERAN: DAL REGIME
DELLO SCIA’ DI PERSIA ALL’ ”ASSE DEL MALE”
Sommario: 1.1 Il Trattato di Non Proliferazione Nucleare 1.2 Da politica energetica a politica militare: dagli
anni ’70 al 2002 1.3 I principali siti nucleari iraniani 1.3.1 Natanz 1.3.2 Arak 1.3.3 Bushehr 1.3.4 Qom 1.3.5
Isfahan 1.3.6 Parchin 1.4 Il ciclo del combustibile iraniano 1.5 Le implicazioni politiche e strategiche di un
Iran nucleare 1.5.1 Il conflitto Washingont-Teheran 1.5.2 I rapporti irano-israeliani
1.1 Il Trattato di Non Proliferazione Nucleare
Il trattato di non proliferazione nucleare, firmato il 1° luglio del 1968 ed entrato in
vigore il 5 marzo del 1970, rappresenta uno dei pilastri della sicurezza globale, e
risponde a molteplici obiettivi:
• La non proliferazione delle armi nucleari su scala globale;
• La riduzione degli arsenali esistenti (politica del disarmo);
• La cooperazione nel settore della ricerca nucleare per scopi pacifici.
Il TNP proibisce agli Stati firmatari non in possesso di armamenti nucleari (“Stati
non-nucleari”), di ricevere o fabbricare tali armamenti, e di produrre tecnologie o
materiali utilizzabili per la costruzione di armi nucleari. Inoltre vieta ai firmatari
in possesso di armamenti nucleari (“Stati - nucleari”), di trasferire agli stati non-
nucleari armamenti, tecnologie o materiali utili alla costruzione di tali armi. Infi-
ne, il trattato impone agli Stati - nucleari di supportare gli Stati non-nucleari for-
nendo loro tecnologie per l’uso pacifico dell’energia atomica.
2
Per meglio conse-
guire l’obiettivo della non-proliferazione, il trasferimento di tecnologie nucleari
per scopi pacifici dovrà avvenire sotto lo stretto controllo dell’IAEA
3
(Agenzia
2
BARACCA A., Il nucleare: la proliferazione nucleare ieri, oggi e soprattutto domani, Jaca Book,
Milano, 2005, p.175.
3
L’IAEA fu fondata nel luglio del 1957 con lo scopo di dare attuazione ai principi esposti durante
la conferenza “ Atoms for peace “ del 1955 e promuovere, quindi, l’utilizzo pacifico dell’energia
nucleare, impedendone l’uso per fini militari. I negoziati per la stesura dello statuto dell’IAEA
iniziarono nel 1955 a Washington e videro la partecipazione di otto paesi (USA, Gran Bretagna,
Francia, Canada, Australia, Sudafrica, Belgio, Portogallo). A questi otto paesi si unì, il 18 luglio
1955, l’Unione Sovietica e il 22 agosto fu pubblicata una “bozza” dello statuto. Il piø importante
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Internazionale per l’Energia Atomica), attraverso la conclusione di accordi secon-
do un modello appositamente predisposto dalla stessa agenzia. Gli Stati sottoposti
alle verifiche hanno l’obbligo di dichiarare l’esistenza dei siti nei quali vengono
depositati i materiali nucleari. Inoltre, gli impianti vengono scrupolosamente ispe-
zionati da esperti, secondo il cosiddetto “programma di salvaguardia”, per evitare
che i materiali fissili siano usati per la costruzione di armi nucleari.
Attraverso un’analisi critica della struttura e dei contenuti del Trattato, il TNP può
essere considerato un trattato notevolmente asimmetrico e diseguale, nel quale le
differenze di condizione tra i vari paesi si giustificano nel lungo periodo in virtø
degli impegni sottoscritti da tutti i firmatari per il raggiungimento di un disarmo
nucleare. In un certo senso, infatti, sancisce l’egemonia permanente delle potenze
nucleari, impedendo agli Stati non-nucleari di costruire un proprio arsenale.
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Si
può quindi affermare che mentre in ogni altro ambito regolato dal diritto interna-
zionale vige (almeno sul piano formale) il principio giuridico della parità intersta-
tuale, in ambito nucleare, invece, il presupposto di partenza è proprio quello della
non paritarietà, neanche formale, tra gli Stati.
La politica del disarmo sancita dal trattato fonda il suo presupposto sulla convin-
zione che l’esistenza degli armamenti sia alla base di numerosi conflitti; secondo
quest’approccio, con una riduzione, o meglio con l’eliminazione degli armamenti
su scala planetaria, si otterrebbe una completa assenza di conflitti. Tuttavia di
fronte all’inesistenza, all’interno della comunità internazionale, di un’autorità ef-
fettivamente in grado di dirimere le singole controversie, la politica del disarmo
dà luogo al cosiddetto “dilemma della sicurezza”. Ogni Stato, in assenza di solide
dubbio circa i compiti che quest’organizzazione avrebbe dovuto avere era contenuto nello slogan
“promozione o controllo?”. Lo stretto e rigido controllo sulle risorse nucleari avrebbe impedito lo
sviluppo stesso delle tecnologie nucleari; d’altra parte, uno sviluppo incontrollato delle tecnologie
nucleari avrebbe potuto provocare l’uso di tali tecnologie per scopi puramente militari.
Questo importante dilemma fu risolto da Eisenhower e dal suo staff attraverso la decisione di
proseguire nella strada dello sviluppo partendo dal presupposto che qualsiasi tipo di diversione
verso scopi militari sarebbe stata in ogni caso inevitabile. Lo Statuto finale fu approvato il 23
ottobre 1956 e fu firmato dagli ottantuno Paesi che parteciparono alle riunioni di discussione (fra
questi vi era anche l’Iran). In seguito, entrò in vigore il 29 luglio 1957 e fu in quella data che
ufficialmente nacque l’IAEA. L’organo ha sede a Vienna ed è oggi composto di 159 paesi, i cui
rappresentanti s’incontrano una volta all’anno per la conferenza generale e per eleggere i
trentacinque membri che fanno parte del Consiglio dei Governatori (Board of Governors).
4
BONAIUTI C. – LODOVISI A., Sicurezza, controllo e finanza: le nuove dimensioni del mercato
degli armamenti, Jaca Book, Milano, 2009, p. 5.
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garanzie internazionali, percepisce come minacce le misure difensive adottate da-
gli stati confinanti, preferendo il mantenimento del proprio arsenale nucleare.
Al contrario, il controllo della crescita degli armamenti si basa su un approccio
completamente diverso: partendo dal principio che le radici e la natura stessa dei
conflitti sono talmente forti da non poter essere eliminati, si ritiene che l'esistenza
degli arsenali militari non sia la causa, ma piuttosto l'effetto delle tensioni interna-
zionali. Nondimeno, si riconosce che una crescita incontrollata degli armamenti
possa contribuire a far sfociare una semplice crisi in un conflitto internazionale,
sicchØ il controllo di tale crescita mira a mantenere il livello di crisi sotto la soglia
di pericolo. I due approcci teorici esaminati, apparentemente contraddittori, sono
alla base del duplice obiettivo del trattato: scongiurare la proliferazione sia in sen-
so “orizzontale” che “verticale”.
Il trattato fu sottoscritto da USA, Regno Unito e Unione Sovietica il 1º luglio
1968 ed entrò in vigore il 5 marzo 1970. Francia e Cina (che possiedono armi nu-
cleari) vi aderirono nel 1992 mentre la Corea del Nord lo sottoscrisse nel 1985
ma, sospettata di costruire ordigni atomici e rifiutando ispezioni, si ritirò definiti-
vamente dal trattato nel 2001. Il Sudafrica, inizialmente non membro del TNP,
costruì sei testate nucleari che ha successivamente dichiarato di aver smantellato,
aderendo poi al trattato nel 1991 come stato non-nucleare.
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Attualmente sono 189 gli Stati firmatari, tra i quali vi è anche l’Iran che ha ratifi-
cato il trattato nel febbraio del 1970, e ciò testimonia il grandissimo successo del
trattato stesso. Tuttavia un eccessivo ottimismo è da ritenere fuori luogo, se si tie-
ne conto dei paesi rimasti al di fuori del Trattato di Non Proliferazione Nucleare,
fra i quali spicca tra tutti Israele, e del fatto che alcuni paesi, tra i quali proprio
l’Iran, pur avendo firmato e ratificato il trattato sono sospettati di disporre delle
tecnologie per produrre armi nucleari, e in alcuni casi di possedere già numerose
testate nucleari.
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CACACE P., L’atomica europea: i progetti della guerra fredda, il ruolo dell’Italia, le domande
del futuro, Fazi editore, Roma, 2003, pp. 140-144.