1. Storia del cinema italiano
1.1 La nascita del film italiano
Il cinema racchiude in se molte arti. Ha caratteristiche della letteratura, del teatro, ha
un aspetto filosofico e attributi improntati alla pittura, alla scultura e alla musica. Quando si
parla del cinema ci si riferisce al lavoro di migliaia di persone. I pionieri sfioravano soltanto la
superficie di quell’oceano d’immense possibilità di cui disponiamo oggi per fare un film. E
questo, perché mancava la tecnologia. Tuttavia, dopo un periodo di adattamento alle
particolarità del cinema, alcuni registi d’allora sono riusciti a creare veri e propri capolavori di
estetica senza suono, colore o effetti speciali. La storia del cinema italiano è una storia di luci
ed ombre con fasi di trionfi internazionali e pura sopravvivenza, di gloria e di miseria. La
genialità di grandi e piccoli registi insieme al lavoro di sceneggiatori, produttori, operatori,
scenografi ed attori hanno regalato al mondo i pensieri e i sentimenti di un’intera nazione. La
cinematografia è unica perché ha un linguaggio particolare: quello delle immagini in
movimento tramite cui trasmette emozioni e ideologie
1
.
La produzione cinematografica in Italia inizia con un decennio di ritardo, ma questo
fatto non è un handicap che ne condizioni la crescita. Anzi, in prospettiva, i primi
documentari e film a soggetto godono del privilegio di rivolgersi a pubblici già “battezzati e
svezzati da regolari contatti con lo schermo”
2
. Alle origini non si poteva parlare ancora di
cinema come arte, ma piuttosto di un modo di rappresentazione primitivo, di uno spettacolo
per il popolo, che mirava a destare meraviglia, a suscitare interesse e non a produrre
capolavori.
L’11 ottobre 1895, Filoteo Albertini, un impiegato dell’Istituto Geografico Militare di
Firenze si presenta alla locale Prefettura per brevettare un’invenzione con il nome di
Kinetografo Albertini. Anche se lui sa di essere stato preceduto di alcuni mesi dal brevetto
francese dei fratelli Lumière di Lione, non immagina che manchino solo due mesi alla loro
prima esibizione pubblica e a pagamento. Filoteo Albertini non ha per il momento i mezzi per
realizzare un prototipo della sua invenzione. Essendo un uomo privo di capitali, ma ricco di
iniziativa, nei seguenti dieci anni lavora come gestore di alcune sale di cinema a Firenze e a
Roma. Solo quando Albertini decide di passare dall’esercizio alla produzione si può registrare
1
Cfr. Germinario, M., Cinematografie şi estetică, trad. Ştefan Damian şi C. A. Damian, IDC Press, Cluj-Napoca,
2005, p.28.
2
Brunetta, G.P., Cent’anni di cinema italiano. Dalle origini alla seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari,
2006, p. 41.
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l’atto di nascita della cinematografia italiana. Nel 1905, assieme a Dante Santoni, Albertini
costituisce la Manifattura di pellicole per cinematografi della ditta Albertini e Santoni.
A Roma, 20 settembre 1905, davanti a Porta Pia, luogo epico dell’Italia unita, venne
steso uno dei più grandi schermi che la capitale ricordi per la proiezione del primo
lungometraggio italiano: La presa di Roma. Dietro al proiettore si trova il regista, Filoteo
Albertini. La concezione del film era ancora legata alla tradizione teatrale, con fondali dipinti
che spesso ondeggiavano al vento, a causa delle riprese all’aperto per avere più luce. Il fatto
storico raccontato è l’annessione di Roma al Regno d’Italia e la fine del plurisecolare Stato
Pontificio del 20 settembre 1870. Forse l’unica scena veramente efficace del film è la carica
dei Bersaglieri, ripresa con la macchina in postazione fissa e le schiere di soldati che sfilano
davanti gloriosi. Il finale è grandioso e allegorico con l’Italia, donna prosperosa con elmo e
tricolore, attorno a cui si stringono il Conte di Cavour e La Sua Maestà Vittorio Emanuele II,
padre della patria.
La Presa di Roma ha, per il cinema italiano, lo stesso valore di manifesto visivo
che per la Rivoluzione francese ha assunto Il giuramento degli Orazi dipinto da
David nel 1785. E’ un documento vivente ed ha già la forma del monumento. I
bersaglieri che muovono all’assalto, e passano attraverso la breccia di Porta Pia,
sono gli ideali battistrada di un gigantesco esercito di attori e comparse che,
lungo la loro scia, muoverà, di lì a poco, in tutte le direzioni, alla conquista dello
spazio e dell’impero dei sogni collettivi
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.
Così inizia la lunga strada dell’industria cinematografica in Italia. Subito dopo sorgono altri
stabilimenti di produzione a Torino, Milano e Napoli. I film dal 1905 al 1909 consentono di
definire lo spazio narrativo, fissare i modelli, esplorare e segnare il terreno, far emergere
tendenze dominanti, stabilire confronti con ciò che avviene negli altri paesi.
A Milano, il primo a lanciarsi nella produzione cinematografica è Luca Comerio. La
Comerio Film realizza di tutto: film d’attualità, soggetti storici, trascrizioni di testi letterari.
La realizzazione dei film Inferno e Odissea nel 1911 e Ballo Excelsior nel 1914 sono veri
momenti di splendore. In effetti, Milano è una capitale del cinema italiano dal punto di vista
produttivo. Dal 1909, in tutte le maggiori case di produzione milanesi, conti, principi,
marchesi investono briciole dei propri capitali fondiari nel cinema, considerandolo un
giocattolo attraverso cui effettuare un’opera di apostolato culturale. Questo mondo dei nobili
che lentamente scivola ai margini della scena sociale, trova ancora nel cinema un solido punto
d’appoggio per acquistare crediti e affermare la propria esistenza.
Nel sud Italia, il cinema napoletano si dichiara erede della sua grande tradizione
teatrale e inizia la produzione nel 1905 con i fratelli Troncone. Rispetto alle altre capitali, che
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Brunetta, G.P., Cent’anni di cinema italiano. Dalle origini alla seconda guerra mondiale, cit., p. 2.
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vanno alla ricerca dei pubblici senza conoscerli e cercano di alfabetizzarli con immagini della
storia, a Napoli si cerca di portare sulle scene un repertorio di drammi, canzoni e situazioni
ben note a tutti i livelli sociali.
Raccontare il cinema napoletano significa ricomporre i frammenti di un mosaico
di storie di improvvisati produttori geniali, di intere famiglie di piccoli
imprenditori che si occupano di tutto, dalla sceneggiatura alla recitazione, alla
coloritura a mano della pellicola alla proiezione dei film. Di una città che non
resta mai sfondo delle vicende ma irrompe, prima tra tutte, da protagonista sulla
scena e sa rivestire tutti i ruoli, da quelli più drammatici ai più teneri e
sentimentali
4
.
Una grande personalità napoletana del tempo è Gustavo Lombardo, un uomo con
lucidità imprenditoriale che conosce tutti i problemi del mercato e da giovane aveva militato
tra le file socialiste. Crede che il cinema sia un grande mezzo di emancipazione sociale e
culturale. Lombardo parte da zero, senza capitali alle spalle e nel 1908 fonda la rivista Lux
che ospita interventi legati alle possibilità educative e culturali del cinema. Nel 1911 acquista
i diritti di distribuzione in esclusiva dell’Inferno, prodotto dalla Milano Film.
Un’altra capitale del cinema è Torino, dove si parla di un grande progetto industriale.
La Torino che si affaccia sulla scena cinematografica è ancora la capitale delle tradizioni
artigianali ottocentesche, della moda e della bellezza femminile. Nuove figure di imprenditori
giungono alla conquista di questa città, i pionieri dell’automobile seguiti da quelli del cinema.
Questi sono destinati a trasformarne e a ridisegnarne la struttura urbanistica e i ritmi di vita.
Tra il 1907 e il 1914 nascono a Torino una quindicina di case di produzione, tra cui l’Acquila,
la Navone, la Società Italiana Cinematografica, la Savoia, la Gloria, la Cenisio, la Bonnard e
la Photodrama.
In tutta Italia, sin dalle sue prime apparizioni, il cinema ha riscosso un notevole
successo essendo un simbolo del progresso. In questo mezzo di comunicazione sono stati
proiettati i sogni, i desideri e le aspirazioni di un’intera nazione che si affaccia solo da pochi
decenni sulla scena internazionale. Lo sviluppo della cinematografia è strettamente connesso
agli eventi importanti della storia, ai cambiamenti politici, culturali e sociali. Nei primi dieci
anni i film si pongono, tra gli obiettivi immediati, quello di fissare e trasmettere i simboli di
un’identità nazionale tutta da immaginare e fondare. Ma, dopo uno slancio glorioso, la nuova
arte del ventesimo secolo deve affrontare un periodo nero, la Prima Guerra Mondiale.
4
Ibidem, p. 32.
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1.2 La crisi del cinema durante e dopo la Prima Guerra Mondiale
1.2.1 Italia e la Grande Guerra
La Prima Guerra Mondiale scoppiò nel 28 luglio 1914 quando a Sarajevo, la capitale
bosniaca, in un attentato persero la vita il granduca Francesco Ferdinando, erede al trono
d’Austria, e la consorte. Subito dopo l’Austria dichiarò guerra alla Serbia, considerando che
essa era responsabile dell’attentato perché dava rifugio agli indipendentisti slavi.
Nel 1914 una guerra era inevitabile a causa delle grandissime quantità di armi
micidiali a disposizione di quasi tutte le nazioni europee, dato l’eccezionale sviluppo
industriale.
Dopo più di vent’anni di relativa pace, di crescente prosperità, di un ordine
internazionale e sociale che sembrava immutabile, insomma dopo quella che fu
chiamata l’epoca bella, l’Europa e il mondo vennero scossi da un conflitto senza
precedenti per ampiezza, violenza e conseguenze
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.
L`Italia era alleata degli Imperi Centrali nella Triplice Alleanza da cui facevano parte
Germania, l’Impero Austro-Ungarico e Turchia. Al momento dello scoppio della guerra
l’Italia attraversava un periodo di transizione politica perché nel marzo 1914 al governo
Giolitti era succeduto quello presieduto da Salandra. Il governo italiano non si sentiva
vincolato ad entrare nella guerra dato che l’alleanza aveva un carattere difensivo e Germania
ed Austria non erano state aggredite, ma erano state loro a dichiarare la guerra. In realtà,
Salandra e il ministro degli esteri, Sidney Sonnino, avviarono presto trattive sia con l’Intesa
sia con la Triplice Alleanza per capire cosa avrebbero potuto ottenere da una o dall’altra parte.
Di più, la maggior parte degli italiani non voleva entrare in guerra a fianco degli austriaci che
occupavano ancora i territori di Trento e Trieste.
Favorevole al proposto che l’Italia rimanesse fuori dal conflitto mondiale era la
maggioranza liberale egemonizzata da Giolitti. Il vecchio statista era convinto
che l’Italia avrebbe potuto ottenere sufficienti vantaggi territoriali attraverso
negoziati diplomatici e temeva che la guerra avrebbe sovvertito le glaciali
fondamenta dello Stato liberale
6
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L’opinione pubblica italiana era spaccata in neutralisti ed interventisti. Esistevano
forze interne ed esterne molto forti che spingevano il paese verso la guerra. Per la grande
industria era un’occasione unica di espansione economica grazie alle forniture per l’esercito.
Di più, l’Italia importava il 90% del suo carbone dall’Inghilterra e dipendeva da Francia per
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Vegetti, M., Coccino, M., Corso di storia, Zanichelli, Bologna, 1992, p. ON/152.
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De Bernardi, A., Guarrancino, D., Storia del mondo contemporaneo, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori,
Azzano San Paolo, 1991, p. 282.
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