1
Introduzione
In den finsteren Zeiten
Wird da auch gesungen werden?
Da wird auch gesungen werden.
Von den finsteren Zeiten
1
.
Bertolt Brecht è considerato uno degli autori più innovativi della
drammaturgia contemporanea. Egli è stato lo Stückeschreiber per
eccellenza, eminente drammaturgo, lirico, scrittore di prosa,
Literaturtheoretiker, autore politico, una personalità dalle mille
sfacettature e dalle straordinarie capacità. Lo scrittore di Augsburg è una
fattiva presenza in tutti gli appuntamenti del mondo tedesco con la storia
nella prima metà del Novecento: la Prima Guerra Mondiale, la
Repubblica di Weimar che lo vide a Berlino come città di elezione,
l'adesione piena al marxismo-leninismo, il volontario esilio nel Nord
Europa nel periodo del Terzo Reich, l’esilio americano durante la
Seconda Guerra Mondiale, il ritorno infine nel 1948 in una Germania
devastata e la scelta della Repubblica Democratica Tedesca come
residenza e, in definitiva, come patria. Egli passa attraverso queste tappe,
in cui la sua storia personale diventa il riflesso della storia tedesca e il
segno della reattività ad essa, come uomo, come coscienza critica, come
artista, smanioso sempre che le cose cambino, fiducioso che cambino,
anche quando perde la speranza che cambino in meglio.
La vita e l’opera di Brecht sono profondamente segnate dalle finstere
Zeiten, in cui egli fu costretto a vivere, ma dinanzi alle quali egli non
adottò mai un atteggiamento di disillusa rassegnazione. Brecht seppe
reagire, decise di descrivere questi minacciosi tempi oscuri, dando vita ad
una lotta contro il terrore che avrebbe permesso agli uomini di superare
questa tragica situazione. Anche se molti artisti esuli cedettero e alcuni di
loro furono spinti dalle loro traversie a togliersi la vita, per Brecht queste
1
Werner Hecht, et al., Bertolt Brecht: Werke, Große kommentierte Berliner und
Frankfurter Ausgabe (GBA), 30 voll., Berlin, Aufbau-Verlag, 1989, vol. 12,
Svendborger Gedichte, p. 16.
2
esperienze si risolsero in un approfondimento della sua conoscenza delle
cose e in un accrescimento della loro forza morale. La statura morale e
l’abilità artistica di Brecht se ne avvantaggiarono, tanto che fu proprio
durante l’esilio che egli compose le sue opere più mature e più valide,
fortificato soprattutto dalla fondamentale convinzione che la vittoria
sarebbe venuta, portata dalla forza della volontà popolare. La sua
formazione politica, la sua fede incrollabile e al tempo stesso utopistica,
il suo umanesimo lo sostennero in questi anni, quando era troppo facile
cedere al pessimismo, al cinismo e alla disperazione.
Brecht non era certo esente dallo sconforto e dall’amarezza, ma egli
possedeva la straordinaria grazia salvatrice dell’umorismo, non
l’umorismo frivolo e cieco del sentimentale ma l’acuto, realistico
umorismo dell’uomo lungimirante, che si dimostrò un potente antidoto
alla depressione. Ciò che aveva visto come un incubo passeggero,
destinato a risolversi alla luce del giorno, si presentava ora come un
lungo, oscuro capitolo di storia, il quale, alla luce del consolidamento del
potere di Hitler in Germania e dei suoi successi inauditi e spesso
inaspettati all’estero, sembrava non poter avere una fine. Aveva un solo
compito davanti a sé: distruggere il nemico. Brecht riconosceva che la
situazione era tragica, più tragica di quanto fosse mai stata nella storia,
ma non accettò mai la tragedia come destino e meta ultima dell’uomo.
D’ora in poi la sua vita sarebbe stata, per molti anni, una sorta di
commento storico alla ritirata del mondo civile dinanzi all’avanzata
nazista, un commento che si esprimeva attraverso la sua fuga fisica e che
si accompagnava al suo affinamento morale ed intelettuale. Egli si
apprestava così ad usare qualunque arma fosse in suo possesso per
attaccare le principali roccaforti della moderna barbarie. Brecht
possedeva una fede invincibile nel potere della parola di stimolare gli
uomini all’azione e pertanto le opere di quegli anni si inseriscono nel
quadro della dura lotta antifascista che Brecht avrebbe portato avanti fino
alla fine dei suoi giorni.
Con questa ricerca cercheremo di presentare la posizione di Brecht nei
confronti del nazionalsocialismo, analizzando due tra i suoi più
importanti drammi parabolici antifascisti, Die Rundköpfe und die
3
Spitzköpfe e Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui. Per comprendere il
significato ed il messaggio contenuto nelle sue opere, è opportuno
inquadrare la figura di Bertolt Brecht, introducendo la teoria del teatro
epico e la tecnica fondamentale della Verfremdung, nonché discutendo
sulla funzione della storia e del processo della Historisierung nell’opera
brechtiana, tutti concetti d’avanguardia che rivoluzionarono la secolare
tradizione drammaturgica. Verranno poi presentate le principali
interpretazioni date al fenomeno del nazionalsocialismo durante il XX
secolo: la teoria del totalitarismo, l’interpretazione sovietico-marxista, la
tesi storicistica dello specifico sviluppo della Germania, la teoria dei
conflitti, e infine la teoria marxiana del bonapartismo. Dopo lo studio di
tutti questi orientamenti di ricerca, verrà esaminata la posizione di
Brecht, un’interpretazione, come vedremo, fortemente influenzata da
idee marxiste. Gli ultimi due capitoli di questo lavoro saranno
interamente dedicati all’analisi delle due opere, attraverso le quali si
cercherà di ricostruire criticamente la visione brechtiana del fenomeno
fascista.
5
1. Introduzione al teatro di Bertolt Brecht
1.1 Tra espressionismo e marxismo: l’opera del giovane Bertolt
Brecht
Der vierundzwanzigjährige Dichter Bert Brecht hat über Nacht das
dichterisce Antlitz Deutschlands verändert. Mit Bert Brecht ist ein neuer
Ton, eine neue Melodie, eine neue Vision in der Zeit. Nicht das ist das
künstlerische Ereignis, daß Bert Brecht in seinem ersten Stück
„Trommeln in der Nacht“ Zeitereignisse gestaltet, die bisher beredet
wurden. Das Ereignis ist, daß die Zeit als Hintergrund, als Atmosphäre
auch in den Dramen ist, die jenseits aller stofflichen Aktualität sind.
Brecht ist in seinen Nerven, in seinem Blut vom Grauen der Zeit
durchdrungen. Dieses Grauen ist als fahle Luft und halbes Licht um
Menschen und Räume. Es ballt sich in den Spielpausen und in den
Szeneneinschnitten. Er läßt die Figuren frei und schluckt sie wieder ein.
Die Gestalten phosphoreszieren.
Brecht empindet das Chaos und die Verwesung körperlich. Daher die
beispiellose Bildkraft der Sprache. Diese Sprache fühlt man auf der
Zunge, am Gaumen, im Ohr, im Rückgrat. Sie läßt Zwischenglieder weg
und reißt Perspektiven auf. Sie ist brutal sinnlich und melancholisch zart.
Gemeinheit ist in ihr und abgründige Trauer. Grimmiger Witz und
klagende Lyrik.
Brecht sieht den Menschen. Aber immer in seiner Wirkung auf den
anderen Menschen. Niemals sieht bei ihm eine Gestalt isoliert. Seit
langem hat es in Deutschland keinen Dichter gegeben, der so
voraussetzungslos die tragischen Notwendigkeiten hatte: die
Verknüpftheit der Schicksale, die Einwirkung der Menschen aufeinander.
Das Geniezeichen Brechts ist, daß mit seinen Dramen eine neue
künstlerische Totalität da ist, mit eigenen Gesetzen, mit eigener
Dramaturgie. Seine Dramen- schon „Trommeln in der Nacht“, mehr noch
„Baal“ und „Im Dickicht“- sind neue dichterische Weltkörper. [...] Heute
gilt es, einen Dramatiker zu verkünden, der seit Wedekind das
aufwühlendste Erlebnis ist. Der scheinbar die Verwesung gestaltet und
mit dieser Gestaltung Licht verbreitet. Der scheinbar zynisch ist und mit
seinem Zynismus erschüttert. Der jung ist und schon in allen Tiefen
gesehen hat. Den man seine Lieder und Gedichte selbst zur Klampfe
vortragen hören muß, um den aufpeitschenden Rhythmus seiner Sätze zu
6
fühlen. Der den nackten Menschen reden läßt, aber mit einer
Sprachgewalt, die seit Jahrzehnten unerhört ist. Beim ersten Worte seiner
Dramen weiß man: Tragödie hat begonnen
2
.
L’opera di Brecht è stata ed è tuttora in grado di sprigionare una forza
e un’energia sconvolgenti, e ancora oggi la sua complessità fa dello
Stückeschreiber uno degli autori più discussi dalla critica mondiale.
Bertolt Brecht è sicuramente una tra le figure più vive sulla scena della
cultura e dell’arte contemporanea. Dicendo scena non uso solo una pigra
e generica metafora: tutta la sua opera, infatti, dal teatro, che ne
rappresenta la parte più cospicua, alla lirica, alla produzione narrativa, è
sotto il segno della teatralità, nasce come azione, come intervento attivo e
come giudizio che presuppone e sollecita la partecipazione collettiva.
Un’opera, dunque, che non ambisce tanto a riflettere un mondo nel
sereno dominio della contemplazione estetica, quanto a rispecchiarlo
dialetticamente e metterlo in crisi. Brecht è insomma colui che, come
scrisse Jhering, ha cambiato – e aggiungerei ha sconvolto – in una notte il
volto della poesia tedesca.
Tentare di chiarire la complessità latente del teatro di Brecht, la carica
soggettiva di cui è portatore e i temi che lo assillano non può non portarci
a guardare con una certa attenzione agli inizi della sua attività letteraria,
in direzione del suo punto di partenza espressionistico. Quando Brecht
inizia a scrivere, attorno al 1918-1919, l’Espressionismo ha raggiunto il
culmine della sua parabola polarizzando intorno alle proprie riviste, ai
suoi scrittori e artisti figurativi zone larghissime dell’intellettualità
tedesca, rappresentate per la stragrande maggioranza dalla gioventù
uscita dall’esperienza devastante della Grande Guerra. Il lirismo
impressionista, caratterizzato da un atteggiamento sostanziale percettivo,
quasi passivo, nel quale l’artista ascoltava il mondo e la natura per
coglierne il respiro segreto e l’intima essenza, lascia bruscamente il posto
ad un atteggiamento radicalmente diverso, sfacciatamente aggressivo,
2
Herbert Jhering, Von Reinhardt bis Brecht, Berlin, Aufbau Verlag, 1958, pp. 272-
275 (273-274).
7
dinamico, mosso da un perenne attivismo e da una permanente rivolta
verso tutto ciò che è tradizione.
Come Becher e Benn anche Brecht inizia il suo percorso letterario
appoggiandosi ai modelli espressionisti: la violenta poetica delle sue
prime opere risulta evidente anche a un’analisi sommaria. Tuttavia questa
parentesi iniziale era destinata a concludersi in breve tempo. Brecht,
infatti, non è mai stato propriamente espressionista; è vero che egli deriva
dall’espressionismo alcuni stilemi e tecniche di lavoro, come l’iterazione,
la sintassi spesso ellittica e sommaria, nonché alcuni temi canonici, come
il ritorno del reduce, delitti, sbornie, stupri, omicidi, prostituzione,
violenza collettiva, nulla viene tralasciato, ma è anche vero che egli li
adopera in maniera strettamente strumentale, «sono, in altre parole, la
“cultura”, gli strumenti pratici che egli trova già pronti quando inizia la
sua carriera letteraria; ma diverso risulta il registro in cui vengono
inseriti»
3
. Si potrebbe affermare che in Brecht non vi è traccia di quelle
convulsioni ideali, che trasformano la spinta creativa in tanti altri poeti e
drammaturghi in visioni millenaristiche, in esplosioni velleitarie. Troppo
spesso infatti gli espressionisti sono rimasti impigliati nelle maglie di un
soggettivismo esasperato, di un atteggiamento sterilmente anarcoide ed
eversore, fermi alla fase della denuncia e della condanna, ma incapaci di
passare alla concreta trasformazione. Brecht invece, come vedremo,
riesce a spingersi oltre, approdando ad un teatro aperto e dialettico,
specchio fedele di quell’epoca di travagli e di crisi.
Nel 1918 con il suo primo dramma, Baal, egli dava vita a un
esperimento espressionista della ricerca dell’estremo In quest’opera
Brecht racconta la storia del protagonista Baal, definito un Lyriker, il
Kraftgenie quasi di stürmeriana memoria. Egli è un crogiolo di forze
oscure e primordiali, un individuo che vive imperturbabile e tranquillo
nel pieno godimento della sua esistenza fisica, una creatura primitiva
pronta a saziarsi solo di libidini e di delitti. Ma già qui Brecht inizia a
staccarsi dai moduli espressionistici: nello «spogliare questo personaggio
da ogni retorica “letteratura”, da ogni romanticismo», nell’introdurre
«l’elemento giocoso» e nella «parodia letteraria del Satyros goethiano».
3
Paolo Chiarini, Bertolt Brecht, Bari, Laterza, 1959, p. 13.
8
Brecht non crede nella consistenza del suo personaggio in quanto mito
preromatico e stürmeriano del Genie che esprime la propria vitalità; per
lui Baal assume il significato di simbolo d’una condizione umana
particolare, ovvero «l’isolamento in cui finisce per trovarsi- entro la
società borghese e capitalista- l’intellettuale, il poeta, l’artista»
4
, al quale,
per salvarsi, altro non resta se non il ritorno alla mera esistenzialità
biologica e vegetativa.
Scritta nel 1918-20 e rappresentata a Monaco nel 1922, Trommeln in
der Nacht è l’opera con la quale Brecht in parte si allontana da questa
esperienza espressionista dell’estremo e in parte si avvicina al filone
dell’umanità, introducendo allo stesso tempo temi di politica e di
attualità. E’ la storia di Andreas Kragel, un reduce - figura tipica della
drammaturgia espressionista - il quale torna in patria e trova che la sua
fidanzata si è legata ad un altro. La scena è collocata sullo sfondo
devastato di una Berlino sconvolta dai moti spartachisti giunti alla loro
fase decisiva: la battaglia nel Quartiere dei giornali, dove i rivoluzionari
si erano infine asserragliati e dove si spegnerà la loro eroica resistenza
alle truppe borghesi. E’ il dramma dei profittatori di guerra e delle
vittime della guerra, in cui si mette in scena l’ingiustizia tra ricchezza e
povertà sullo sfondo della rivoluzione spartachista. Baal e Trommeln in
der Nacht costituiscono l’esperienza espressionistica di Brecht, benchè
egli già in questa fase sopravanzi alcuni importanti capisaldi di quella
corrente. Il teatro di Brecht è già dall’inizio un teatro di individui, «ein
Theater der in der Gesellschaft lebenden, sich berühenden und
reagierenden Individuen»
5
, individui che si muovono e reagiscono in
mutuo rapporto, nell’ambito cioè di una società.
Brecht diventa famoso nel 1927 con una raccolta di liriche, canzoni,
ballate, e Moritaten, intitolata Hauspostille, opera con la quale egli
mostra sempre più chiaramente il suo progressivo allontanamento
dall’espressionismo. Brecht manifestava già qui la sua crescente volontà
di sperimentare con diverse forme letterarie. L’opera brechtiana è una
chiara parodia delle Hauspostille scritte attorno al 1527 da Martin Luther
4
Ibidem, pp. 68-70.
5
Willy Haas, Bert Brecht, Berlin, Colloquium Verlag, 1958, p. 36.
9
e contenenti il codice di comportamento per i protestanti. Nelle
Hauspostille di Brecht si assiste al rovesciamento del codice luterano,
tanto che queste liriche diventano un vero e proprio breviario per
mascalzoni e imbroglioni. Con quest’opera appare chiaro come per
Brecht la lirica debba immergersi nella realtà: la radice delle Hauspostille
è di natura religiosa, ma si fonda su esempi e modelli negativi, aderenti
ad assassini e ad atti di delinquenza, eventi che purtroppo funestano
l’intera società. La lirica non deve temere di sporcarsi con il male insito
nella realtà; la realtà deve anzi essere mostrata in tutta la sua veridicità,
anche nei suoi aspetti più violenti, brutali e conturbanti. Del resto, sin
dall’inizio della sua attività letteraria, Brecht ha sempre proclamato che
non deve esistere nessuna adesione simbolica dell’arte. L’arte, come la
religione, è da usare nel vero senso della parola, e non deve essere né
accettata né consumata passivamente e acriticamente. In questo si può già
ravvisare quell’intento didattico-didascalico che animerà l’intero teatro di
Brecht.
1.2 Alla ricerca dell’identità: verso il teatro epico
Negli anni 1926-27 Brecht matura un decisivo avvicinamento al
marxismo, esperienza questa che determinerà lo sviluppo del suo futuro
pensiero letterario e che segna il definitivo distacco da quel
«anarchischer Nihilismus»
6
, come lo definisce Pietzcker, che ha
contrassegnato la sua giovinezza.
Dopo l’esperienza espressionista, Brecht si appresta a varcare la soglia
di un nuovo e originale periodo della sua stagione poetica che culminerà
in quella innovativa dimensione teatrale che sarà il teatro epico. Già il
liguaggio secco, preciso e pulito di alcune sue opere scritte a metà degli
anni Venti, tra cui Im Dickicht der Städte, Leben Eduards des Zweiten
von England, Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny, privo di slittamenti
nel sentimentale e nel romantico e privo di espressionistici stupori,
anticipa le soluzioni della posteriore Neue Sachlichkeit. In Germania,
infatti, nel mondo dell’arte e della letteratura i giorni ruggenti
6
Carl Pietzcker, Die Lyrik des jungen Brecht: Vom anarchischen Nihilismus zum
Marxismus, Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1974, p. 76.
10
dell’Espressionismo erano ormai finiti. Subentrano altri movimenti di
avanguardia che intraprendono il radicale tentativo di distruggere il
ghetto in cui finora era stata relegata l’arte. Vogliono combattere contro
l’esistenza isolata dell’artista, sabotare dadaisticamente le aspettative
esclusive delle opere artistiche e togliere lo scarto esistente tra arte e
realtà quotidiana. L’arte in quanto speciale istituzione dotata di una sua
tradizione – Kunstgeschichte - di un esclusivo campo di indagine –
Ästhetik - e segnata da una rigida separazione dalla Nicht-Kunst deve
essere così eliminata. Se Brecht da un lato condivide la volontà espressa
dalle avanguardie di staccarsi da quello statuto isolato, patetico e
astrattamente tipizzato in cui l’arte si era ancorata, dall’altro però rifiuta
questa totale liquidazione della istituzione Kunst.
Dies rührt daher, daß Brecht den Vorstellungen einer unmittelbaren
Verschmelzung von Kunst und Leben die Auffassung entgegenstellt, die
Kunst solle die abbildhafte Selbständigkeit des Werks behalten und neu
begründen. Brechts Reflexionen gehen gleichsam von den Resultaten der
Avantgardebewegungen aus- Erkennbarkeit ästhetischer Verfahren und
ihre Einsetzbarkeit als künstlerische; Produktion avantgardistischer
Werk- Modelle- und versuchen, von hier aus zu einer neuen, politischen
Funktionsbestimmung von Kunst zu gelangen
7
.
Brecht inizia così a parlare di demistificazione del processo poetico,
bisogna desoggettivare la letteratura e l’arte in generale, affinchè la
semplice opera letteraria diventi un Lehrstück e si possa così parlare di
Theaterspiele als Lernprozess, l’arte e il teatro dunque a servizio della
vita. Tra il 1922 e il 1925 Brecht vive un’esperienza fondamentale per la
maturazione della sua idea del Lehrtheater, ovvero l’Agitprop-Theater.
Seguendo il modello sovietico, in Germania numerosi lavoratori
decidono di organizzarsi in alcuni gruppi teatrali. Si trattava di
compagnie di attori dilettanti e di non attori, che mettevano in scena delle
rappresentazioni miste, una sorta di comizi, generalmente a commento
dei fatti del giorno. Queste erano dei veri e propri eventi politici, in cui
7
Burkhardt Lindner, Bertolt Brecht: »Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui«,
München, Wilhelm Fink Verlag, 1982, pp. 11-12.
11
facevano la loro comparsa non più esclusivamente attori professionisti,
ma anche dilettanti, eliminando dunque tendenzialmente anche quella
barriera esistente tra attore e spettatore, metaforicamente rappresentata
dalla quarta parete.
L’iniziatore di un simile genere di teatro, il teatro epico appunto, è
Erwin Piscator, una tra le personalità più creative e rivoluzionarie del
teatro tedesco, notevole anche per la profonda influenza che esercita sulla
carriera e sulle teorie di Bertolt Brecht. Fondatore e direttore del
Proletarisches Theater dall’ottobre del 1920 all’aprile del 1921, teorico
del Zeittheater, la cosiddetta Piscatorbühne, a partire dal 1927, Piscator
esercita una fondamentale influenza su Brecht e sulla maturazione della
sua teoria teatrale. Brecht e Piscator si collocano infatti su una stessa
linea di ricerca e sono vincolati da una forma di piattaforma di partenza
comune: tradurre teatralmente, e quindi trasformare a questo scopo il
teatro nelle sue strutture fondamentali, la nuova visione materialistica e
dialettica della realtà, della società e dell’uomo. Entrambi intendono fare
del teatro uno strumento che partecipi attivamente al più generale sforzo
di trasformazione della realtà; per proporre un teatro all’altezza dei
tempi, sostiene Piscator, si deve rinunciare al principio di illusione che
altro non fa se non falsificare l’azione scenica, passando dunque da un
teatro di illusione a un teatro documentario che riflette sulla realtà: si
deve passare quindi dal Kunsttheater allo Zeittheater. Entrambi sono
considerati i padri del teatro epico, ma al di là di queste forti convergenze
si scorgono delle divergenze non meno notevoli, innanzitutto all’interno
della loro comune matrice marxista.
Se in Piscator si avverte una sorta di «mitizzazione delle strutture
economiche e sociali, cioè di quelle forze che costituiscono e
determinano i destini individuali», in Brecht invece troviamo una
«concezione materialistica assolutamente non mitizzante e più umanistica
insieme ad una forte valutazione dell’elemento soggettivo all’interno del
processo storico»
8
. Così al centro dell’attenzione è situato l’uomo, visto
in una nuova ottica storico-materialista, e non l’avvenimento storico e
8
Massimo Castri, Per un teatro politico- Piscator, Brecht, Artaud, Torino, Einaudi,
1973, p. 120
12
politico visto nelle sue implicazioni socioeconomiche come in Piscator.
In Brecht inoltre l’utilizzo delle tecniche più moderne non è funzionale
ad un perfezionamento del politisches Lehrtheater, com’era per Piscator,
bensì è parte di un esperimento sociologico ben più ampio che si realizza
con il Lehrstück stesso. Brecht imposta il problema del teatro politico
congiungendolo al problema della politicità della comunicazione e del
linguaggio, e si pone così come punto di riferimento prezioso per tutta la
meditazione marxista sulla politicità dell’arte.
1.3 Il ritrovamento dell’identità: il teatro epico
Già con la stesura di Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny e di Die
Dreigroschenoper, Brecht raggiungeva uno stadio tale di sviluppo che
ormai era pronto a cristallizzarsi nella teoria del teatro epico. Egli
iniziava a rifiutare la classica e secolare tradizione drammaturgica,
dimostratasi singolarmente inadatta ad accogliere entro le sue delicate
strutture una troppo pesante evidenza di contenuti immediati e attuali non
assimilati e forse neppure assimilabili. Si stacca dalla dominante e
opprimente industria artistica, ancorata ad un modello teatrale definito
aristotelico, per elaborare quelle teorie che fonderanno il teatro epico, e
che verranno sistematizzate nella teoria dell’arte drammatica non
aristotelica. Brecht si allontana dunque dal teatro drammatico per
elaborare quell’originale forma di teatro nella quale darà prova dei suoi
risultati più eccellenti, il teatro epico.
Brecht sviluppa la teoria del teatro epico soprattutto durante gli anni
del suo esilio e dopo la guerra la raccoglie nell’opera Kleinen Organon
für das Theater. Alla base di questa teoria vi è la netta opposizione tra
Vergnügungstheater e Lehrtheater
9
, che Brecht sintetizza e sistematizza
nelle formule di teatro drammatico e teatro epico. Il nuovo genere di
teatro, la cui creazione fu un vero e proprio atto rivoluzionario,
presupponeva non solo una nuova estetica del teatro e un nuovo tipo di
dramma, ma anche un’analisi di fondo delle basi di queste forme e
istituzioni, della società e del pubblico stesso.
9
Bertolt Brecht, Gesammelte Werke in 20 Bänden, 20 voll., Frankfurt am Main,
Suhrkamp Verlag, 1967, vol. 15, Vergnügungstheater und Lehrtheater, in Über eine
nichtaristotelische Dramatik, p. 262.
13
Nelle Schriften zum Theater Brecht ha riassunto schematicamente le
proprie riflessioni in un confronto che indica come cambia la teoria sul
teatro:
Dramatische Form des Theaters Epische Form des Theaters
Die Bühne »verkörpert sie erzählt ihn
einen Vorgang
Verwickelt den Zuschauer in macht ihn zum Betrachter,
eine Aktion und aber
verbraucht seine Aktivität weckt seine Aktivität
ermöglicht ihm Gefühle erzwingt von ihm Entschei-
dungen
vermittelt ihm Erlebnisse vermittelt ihm Kenntnisse
der Zuschauer wird in eine er wird ihr gegenübergesetzt
Handlung hineinversetzt
es wird mit Suggestion es wird mit Argumenten
gearbeitet gearbeitet
die Empfindungen bis zu Erkenntnissen
werden konsenviert getrieben
der Mensch wird als bekannt der Mensch ist Gegenstand
vorausgesetzt der Untersuchung
der unveränderliche Mensch der veränderliche und verän-
dernde Mensch
Spannung auf den Ausgang Spannung auf den Gang
eine Szene für die andere jede Szene für sich
die Geschehnisse verlaufen in Kurven
linear
natura non facit saltus facit saltus
die Welt, wie sie ist die Welt, wie sie wird
was der Mensch soll was der Mensch muß
seine Triebe seine Beweggründe
das Denken bestimmt das das gesellschaftliche Sein
14
Sein bestimmt das Denken
10
.
L’introduzione dei metodi del teatro epico nell’opera ha per
conseguenza principale una radicale «Trennung der Elemente»
11
. Nel
processo di fusione degli elementi che si realizzava nel teatro aristotelico
veniva incluso anche lo spettatore, il quale fondendosi con il tutto finiva
per occupare un misero ruolo passivo all’interno della comunicazione
teatrale: «Alles, was Hypnotisierversuche darstellen soll, unwürdige
Räusche erzeugen muß, benebelt, muß aufgegeben werden»
12
, scrive
Brecht.
Brecht considera il teatro come un complesso di elementi tra i quali il
pubblico costituiva uno dei più rilevanti. Trasformare il teatro significava
trasformare il pubblico. Su questo aspetto insiste a lungo Ewen. Ciò che
Brecht riteneva fosse necessario era «rendere il pubblico “produttivo”,
far sì che cessasse di essere della “cera” manipolata da quello che Brecht
chiamava il teatro “gastronomico”, cioè un teatro che chiedeva di essere
gustato, assaporato, trangugiato, consumato da un pubblico che voleva
farsi stuzzicare, vellicare e soddisfare il palato e poi andarsene a casa
leccandosi le labbra»
13
.
Per comprendere la teoria generale di Brecht sul teatro è utile
soffermarsi ad osservare un ipotetico spettatore che assiste ad una
particolare opera lirica, il Tristano ed Isotta di Wagner, e descritto dallo
stesso Brecht
Gehen wir in eines dieser Häuser und beobachten wir die Wirkung,
die es auf die Zuschauer ausübt. Sich umblickend, sieht man ziemlich
reglose Gestalten in einem eigentümlichen Zustand: sie scheinen in einer
starken Anstregung alle Muskeln anzuspannen, wo diese nicht erschlafft
sind in einer starken Erschöpfung. Untereinander verkehren sie kaum, ihr
Beisammensein ist wie das von lauter Schlafenden, aber solchen, die
unruhig träumen, weil sie, wie das Volk von den Albträumern sagt, auf
10
Ibidem, vol. 17, Anmerkungen zur Oper »Aufstieg und Fall der Stadt
Mahagonny«, pp. 1009-1010.
11
Ibidem, p. 1010.
12
Ibidem, p. 1011.
13
Frederic Ewen, Bertolt Brecht. His Life, his Art and his Times, New York, Citadel
press, 1967, trad. it. Bertolt Brecht: la vita, l’opera, i tempi, Milano, Feltrinelli, 1970, p.
172.