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riteniamo sia impossibile considerare tutti gli aspetti che decretarono nel tempo il
successo di questo tipo di spettacolo. Non ci siamo voluti concentrare
intenzionalmente su un periodo storico in particolare o su un autore specifico, cosa
per altro interessante ma che fa perdere la visione globale del genere; quindi si è
preferito comprendere il fenomeno musical dalle sue origini ai giorni nostri, proprio
nelle sue evoluzioni e mutazioni, nelle specifiche caratteristiche che in ogni periodo,
grazie ad autori e librettisti, lo hanno contraddistinto.
Alla base della scelta della materia vi è anche l’amore per i brani che nacquero in
seno al teatro musicale e furono poi estrapolati da esso per vivere di luce propria, e il
desiderio di eseguirli sia in forma privata sia all’interno di una produzione.
Quello che ha permesso la stesura di questa ricerca è stato l’ascolto e la visione, sia
dal vivo sia per mezzo di supporti audio/video, di spettacoli musicali, prodotti da
compagnie locali e da compagnie internazionali, supporti cartacei, internet,
newsletter, ma soprattutto la possibilità di cantare direttamente ciò che si era sentito,
vivendo quindi le emozioni dei brani e delle musiche in prima persona. Solo
entrando nella dimensione di un brano, facendolo proprio, lo si può comprendere e
sicuramente conoscere in modo migliore rispetto alla semplice visione da spettatore a
teatro.
Questa trattazione è stata affrontata cercando di dare dignità ad un genere che per
molti anni è stato ritenuto il fratello povero dell’opera lirica, senza considerarne le
sfaccettature e le caratteristiche che invece lo rendono unico e incredibile: si è quindi
voluto elevarlo alla posizione che merita.
Abbiamo quindi effettuato, nel primo capitolo un’analisi dettagliata e cronologica di
quali generi musicali abbiano influenzato la nascita del musical, confrontando sia il
panorama musicale europeo che quello americano precedente al suo avvento. Si è
deciso di affrontare, pur nella brevità del testo, tutti i generi che hanno concorso alla
nascita del musical. Questo al fine di sottolineare come non sia un prodotto inferiore
all’opera, non ne abbia meramente accolto i suoi contributi, e non nasca solamente
grazie a meriti europei. Senza l’apporto tipico americano, il jazz, i ritmi sincopati, il
colore e le sonorità del popolo afro-americano, il musical sarebbe un surrogato
dell’operetta europea o della commedia musicale. Ma grazie all’incontro di due
culture così forti è nata una forma di spettacolo esclusiva e duttile ai cambiamenti
7
storici, specchio della società e della realtà che l’hanno prodotta. Abbiamo quindi
posto continuamente l’attenzione sul ruolo sociale del musical e sul suo stretto
rapporto con l’ambiente politico e sociale in cui si è sviluppato.
Nel secondo capitolo si è deciso di comprendere meglio la struttura tipo che rende
questo genere una ricetta di successo. Quello che può sembrare a prima vista un
casuale accostamento di numeri musicali, in verità presuppone delle strategie
comunicative accuratamente studiate, delle regole rigide a cui attenersi elaborate in
secoli di esperienza.
Il terzo capitolo è necessariamente dedicato all’evoluzione storica del musical e alle
varie tappe che lo hanno condotto dalle origini fino ai palcoscenici dei giorni nostri.
Ci siamo soffermati sugli spettacoli, gli autori e gli interpreti che più secondo noi
hanno caratterizzato ogni epoca presa in esame, considerando sia il panorama
musicale di Broadway che quello del West End a Londra. Proprio da quest’ultimo si
è originato negli ultimi trent’anni un fenomeno definito British Invasion, che ha reso
l’autore inglese Webber il Re Mida del panorama musicale mondiale. Si è deciso di
affrontare, nel quinto capitolo, anche una breve panoramica dello sviluppo del genere
musical in Italia che, secondo le aspettative collettive, vivrà una stagione futura
sempre più feconda.
Nel quarto capitolo si è scelto di comprendere, seppur brevemente, il fenomeno del
musical cinematografico, antagonista e alleato al tempo stesso del musical teatrale, al
fine di verificare i tanti parallelismi che vi sono stati e vi sono tutt’ora tra i due
grandi poli produttivi di spettacoli musicali, Broadway e Hollywood.
Nel sesto e ultimo capitolo abbiamo invece proposto alcune riflessioni relative
all’interprete di musical, artista completo al servizio di un genere spesso difficile da
rendere alla perfezione, e allo stile interpretativo che gli viene richiesto, sia
vocalmente sia nella costruzione del personaggio. All’interno di questo capitolo
abbiamo avuto l’onore di ospitare anche un’intervista all’artista di musical
considerato il più completo nel panorama italiano, Manuel Frattini, che con
disponibilità, umiltà ed entusiasmo ci ha raccontato la sua storia.
Infine alcune riflessioni sul futuro del musical. Il teatro è per eccellenza il suo luogo
d’origine, spazio in cui una qualunque partitura e libretto prendono vita, ed ogni
volta, grazie alla sapienza dei vari intenti, l’esperienza che ne deriva è sempre
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differente e curiosa. Il musical nasce da conoscenze elaborate in secoli di
sperimentazione musicale, ha saputo fondere più culture, quella europea, quella
americana e quella africana mixando le loro caratteristiche migliori, ha attraversato
due guerre mondiali e diversi fenomeni politici, culturali e artistici che ne hanno
segnato le tappe fondamentali, e si appresta ora ad affrontare un sistema che sta
diventando sempre più globale e privo di frontiere. Lo affronterà in modo unico e
irripetibile come solo il musical sa fare, con il linguaggio mondiale della musica e
delle coreografie che non deve essere necessariamente tradotto perché comprensibile
universalmente.
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CAPITOLO 1
EUROPA E AMERICA:
PROGENITORI DI UN GENERE DEFINITO MUSICAL
Il desiderio di fondere diverse arti come il canto, il ballo e la recitazione in un’unica
forma di spettacolo nacque nell’uomo in epoche antichissime, basti pensare alla
tragedia greca o alla commedia dell’arte. Molte opere del teatro greco e latino
contenevano parti cantate e ballate ma, purtroppo, non abbiamo trascrizioni, né
musiche, né coreografie e nessuno può realmente sapere come fossero gli ascendenti
più antichi del teatro musicale.
Queste passioni artistiche che animarono l’uomo e che egli seppe plasmare attraverso
i secoli, vennero fuse in forme d’arte più moderne: il musical è una di queste e, a
causa della sua complessità nelle origini, risulta difficile affrontare una definizione
che ne comprenda realmente ogni peculiarità, lo differenzi da altri generi simili e
sappia spiegare l’avvincente storia di un genere che entusiasma le platee di tutto il
mondo ancora oggi.
Il termine musical è un’abbreviazione: deriva da musical theatre o da musical
comedy. Il fatto che il nome di una forma di spettacolo sia in fondo un aggettivo
(“musicale”) da già un’idea del dinamismo insito in questa denominazione. Il
dinamismo venne rappresentato molto bene anche dal noto studioso Kurt Gänzl che
formulò una teoria che va a paragonare l’intera produzione relativa al teatro musicale
di ogni epoca con la rete della metropolitana. Chi frequenta la metropolitana conosce
molto bene le fermate e le stazioni disponibili, ma una volta in superficie chiunque
farebbe fatica a riconoscere come queste siano collegate fra loro. La medesima
situazione si verifica in relazione alle origini e ai contributi che hanno fatto nascere il
musical: ogni studioso predilige un filone o un apporto ma è necessario comprendere
che quello è solo una parte dell’insieme. La cosa molto interessante di questa teoria è
10
il concetto di “rete”: essa è priva di gerarchie perché ogni punto è posto sullo stesso
piano. In questo senso, i significati di evoluzione e sviluppo non presuppongono un
miglioramento, cioè il fatto che un musical degli anni ’30 sia meno valido
artisticamente di uno dei giorni nostri solo perché è più vecchio, cosa per altro non
vera. Evoluzione e miglioramento sono quindi in termini di “mutare di influenze”: il
musical ha saputo essere talmente duttile da accogliere gli apporti e gli stimoli
culturali adattandoli alle espressioni artistiche di ogni periodo.
«[…] Quella di mutare e di adeguarsi ai tempi è stata sicuramente la chiave ed il
segreto della sua sopravvivenza attraverso i secoli, non in qualità di reperto
archeologico sopravvissuto al tempo, ma in quanto espressione artistica incisiva e
vitale, fortemente radicata nella realtà sociale di ogni singola epoca.»
1
Nel genere musical ogni particolare risulta indispensabile per la riuscita dello
spettacolo: i costumi, la scenografia, la regia, coreografie e luci e soprattutto gli attori
o performers, sui quali ci concentreremo, che devono essere in grado di comunicare
emozioni ricorrendo spesso contemporaneamente a discipline come la recitazione, la
danza e il canto. Ogni particolare citato poi ha la sua storia e il suo percorso.
Riteniamo significativo, proprio per questi motivi e per queste poliedriche origini,
tracciare un breve quadro di quali fenomeni abbiano influenzato la sua nascita, e ne
abbiano apportato alcune delle caratteristiche che lo distinguono.
Ogni manifestazione culturale e artistica infatti, per quanto innovatrice, non nasce
mai nella solitudine; è il frutto di ciò che la precede e delle relative evoluzioni,
influenzate dalla storia, dalla società, da nuove consapevolezze e scoperte.
Trasformandosi, questa manifestazione diventa a sua volta un fenomeno
apparentemente nuovo, ma pur sempre con delle radici che la rappresentano e la
legittimano. Ecco perché è importante comprendere cosa caratterizzi il panorama
musicale nell’epoca precedente alla nascita di un genere, non solo in corrispondenza
con il territorio che ne vede i natali, ma anche in relazione alla fertilità musicale
esportata da zone limitrofe e non che, spesso involontariamente, lasciano
un’impronta molto forte come nel nostro studio.
Potremmo ipoteticamente voler isolare il musical dagli altri generi, semplificare al
massimo dicendo che l’azione viene portata avanti sulla scena non solo dalla
1
Sara VENTURINO, Musical: istruzioni per l’uso. Guida pratica per lo spettatore, Milano, BMG
Ricordi, 2000, p. 22
11
recitazione, ma anche dalla musica, dal canto e dalla danza, che fluiscono in modo
spontaneo e naturale. Ma questa definizione sarebbe limitante, perché non
considererebbe il passato e il fatto che queste sono caratteristiche pure dell’opera
lirica e dell’operetta del Vecchio Continente, che alcuni affermano essere le matrici
europee della nascita del musical.
Questa introduzione spiega il motivo per cui si è deciso di rispettare un ordine
cronologico, soffermandosi proprio sulla storia musicale Europea precedente
all’avvento del musical americano, proponendo diversità e similitudini fra i generi,
per comprendere le origini, le influenze e lo sviluppo di questa affascinante
manifestazione musicale, certamente senza presunzione di completezza, tracciando
solamente delle linee guida e omettendo molti celebri nomi. Il passo successivo sarà
comprendere come e perché questo filone europeo sia stato recepito e sviluppato in
suolo americano, e quali furono le componenti musicali originali del Nuovo
Continente che contribuirono alla genesi del musical.
1.1. Radici europee
1.1.1. L’opera e le sue origini: l’Italia in scena.
Partiamo dal principio. Alcuni affermano che l’opera lirica sia una degna e illustre
antenata del musical; quell’opera lirica di origini italiane che nacque intorno al 1573,
in seno al gruppo di intellettuali fiorentini chiamati Camerata de’ Bardi, dal nome del
mecenate che li ospitava, e che affondò le sue radici storiche nel teatro medievale,
guardando con assoluta ammirazione e idealismo al teatro antico e in particolare alla
tragedia greca. L’intendimento della Camerata era principalmente quello di riportare
ai fasti di un tempo lo stile drammatico degli antichi greci, elaborando un recitativo
in grado di cadenzare la parlata corrente e il canto. Il conte Bardi ed i suoi
intellettuali, probabilmente non rendendosene conto, edificarono in quell’epoca il
futuro teatro in musica. Essi raccolsero in eredità molte forme di spettacolo già
12
esistenti precedentemente, diffuse tanto nelle corti quanto tra il popolo e soprattutto
legate alla festa.
«Il festeggiamento in forma teatrale si presenta dunque come un vero e proprio
antefatto del melodramma e dell’opera. […] I membri della Camerata propugnarono
la creazione di una musica che conseguisse una partecipazione rigorosamente
aderente al testo poetico-drammatico e di un dramma simile a quella che essi
ritenevano fosse la tragedia greca. Era una visione utopistica, ma tutta la storia
dell’opera può essere vista come un conflitto tra musica e parola, in cui ora prevale
l’una ora l’altra.»
2
Avvalendosi di scenografie e, successivamente, di azioni coreografiche, l’opera può
essere considerata una delle manifestazioni artistiche più complesse e i suoi originali
fondatori, favorevoli alla superiorità della monodia, determinarono una rottura con il
mondo polifonico che aveva dominato le scene fino a quel momento.
Dallo sviluppo della severa opera delle origini sbocciarono successivamente a Roma
e Venezia, grazie soprattutto a Monteverdi, alcuni elementi tipici anche del futuro
musical: il gusto per la varietà delle musiche, la complessità dei soggetti mitologici,
storico-drammatici e alle volte comico-popolareschi, le situazioni, i personaggi e gli
intrecci che coinvolgevano lo spettatore, una distinzione precisa tra arie e recitativi
(le arie poi rubarono sempre più spazio a questi ultimi), la forma strofica e dei
ritornelli, l’inserimento di danze, ancor più presenti nel teatro francese, e un canto
maggiormente fiorito che si faceva spesso occasione di virtuosismo.
Nel 1637 aprì a Venezia il primo teatro pubblico, evento che legittimò la
partecipazione di fasce sociali non più solo aristocratiche e intellettuali alle nuove
forme di spettacolo e ne fece acquisire carattere di intrattenimento.
È doveroso ricordare che «l’architettura teatrale moderna nacque in Italia durante il
Rinascimento e il Barocco, e il tipo di edificio e di sala ideato allora diventò presto,
nei suoi elementi essenziali, di comune impiego in Europa.»
3
E ci permettiamo di
aggiungere anche in territorio extra-europeo.
Verso la metà del Seicento il teatro stabile era già definito nei suoi lineamenti: per il
pubblico una platea semicircolare, circondata da più ordini di palchi. I palchi erano
2
AA. VV., L’Universale. La grande enciclopedia tematica, Milano, Garzanti Libri S.p.A., 2004, n°12.,
p. 615
3
Riccardo ALLORTO, Nuova storia della musica, Milano, Ricordi, 1989, p. 172
13
solitamente frequentati da pubblico qualificato (per nascita o per censo), mentre il
pubblico meno abbiente e i forestieri accedevano alla platea. Sopraelevato sulla
platea si ergeva il piano scenico. L’orchestra si disponeva davanti al proscenio, ma
non era ancora inserita in una buca a livello più basso.
Nelle rappresentazioni del Sei-Settecento fu di grande importanza anche l’apporto
della scenografia, come occasione di esibizione della cultura dell’illusorio e del
meraviglioso. La scenografia non nacque con l’opera, ma l’opera sviluppò
ulteriormente il concetto di prospettiva.
«Crebbe nel pubblico il gusto per le opere nelle quali fossero numerosi i
cambiamenti di scena, e le mutazioni rapide erano rese possibili dai progressi della
scenotecnica, soprattutto la possibilità di alzare e abbassare rapidamente dalla
graticciata, mediante funi, le scene che erano in tela dipinta. Per aumentare le
meraviglie degli spettacoli si inventarono anche congegni di vario genere e macchine
teatrali.»
4
Fu ancora l’Italia ad imporsi con i suoi scenografi in tutta Europa dominando il
campo fino al XIX secolo, addirittura con dei trattati come Pratica di fabricar scene
e macchine ne’ teatri di Niccolò Sabbatini. L’arte della scenografia fu uno degli
elementi sviluppati grandiosamente dal musical e da Hollywood in generale,
l’imponenza e la magnificenza in alcune produzioni sia teatrali che filmiche hanno
dell’incredibile e travolgono lo spettatore che rimane a bocca aperta ancora oggi
anche rivedendo alcuni capolavori di molti decenni fa.
Con l’affermazione dell’opera italiana non possiamo dimenticare di accennare anche
ad una nuova figura di professionista che emerge in questo periodo e che ci sta
particolarmente a cuore: il cantante.
«Prima che nascesse l’opera non c’erano cantanti dei due sessi: [vi erano] cantori che
prestavano servizio nelle cappelle musicali […] e gli evirati che nelle composizioni
polifoniche eseguivano le parti acute, essendo le voci femminili escluse dai cori di
chiesa. Da queste categorie di musicisti uscirono i primi cantanti d’opera. La pratica
profana coltivata nelle corti da alcune gentildonne aveva promosso la pratica del
canto tra le donne: e in quest’area ristretta si formarono le prime cantanti. […] Le
rappresentazioni operistiche richiedevano esecutori vocali che padroneggiassero con
4
ALLORTO, Nuova storia della musica, p. 173
14
sicurezza la tecnica vocale solistica e fossero contemporaneamente attori e avessero
figura autorevole e gioco espressivo».
5
Un po’ quello che viene preteso anche oggi dai cantanti di musical. Possiamo
anticipare che nacque in questo periodo il belcanto, termine italiano per identificare
uno stile di canto virtuosistico e agile nell’ornamentazione, a cui s’ispirò sicuramente
anche il musical delle origini.
1.1.2. Contributi francesi: la tragédie-lyrique e l’opéra-ballet
Dalla metà del Seicento fino all’Ottocento inoltrato l’opera fu in Italia spettacolo di
elezione per le classi nobili e per il popolo e conobbe grandissima fortuna anche
altrove. Da Napoli, da Venezia, da altre città italiane, compositori ed interpreti si
recarono nei maggiori centri europei, fin nella lontana Pietroburgo. Iniziò una delle
fasi di espansione culturale che portò l’opera italiana a diffondersi all’estero,
influenzando altri generi e culture e primeggiando.
Abbiamo posto precedentemente delle similitudini fra l’opera delle origini e il
musical, ma se dovessimo paragonarli i contrasti tra i due generi sarebbero ancora
molti e dovremmo attendere evoluzioni successive: «anzitutto il ruolo secondario
della danza nell’opera lirica, allontana quest’ultima dalla definizione di musical.
L’opera lirica per secoli si è irradiata dall’Italia nel resto del mondo. Il musical nasce
nei Paesi anglosassoni e ha un’origine decisamente più recente. Anche il modo di
cantare e di narrare le vicende è molto diverso nei due generi: la voce impostata dei
cantanti lirici (necessaria perché sia udibile al pubblico senza ricorrere al microfono)
è lontana dalla realtà quotidiana, come lo sono spesso i toni delle vicende narrate
sempre amplificati e colmi di pathos.»
6
Questa affermazione di Lori fa riflettere sul fatto che, all’opera delle origini,
mancasse una componente fondamentale del musical che è quella fisica, legata al
ballo e alle coreografie, contributo dei francesi. Per quanto riguarda invece il pathos
5
ALLORTO, Nuova storia della musica, p. 174
6
Francesco LORI, Il cantante di Musical, Milano, Edizioni Curci, 2007, p. 11
15
e la complessità psicologica della storia, molti musical, come vedremo più avanti,
impiegando un complesso intreccio della trama e rifacendosi a temi ricchi di
emotività e commozione, per alcuni aspetti, possono avvicinarsi all’opera più evoluta
sviluppata sempre in terra francese: la Grand Opéra,.
Fu quindi la Francia intorno al 1672 con Jean-Baptiste Lully, per altro di origini
italiane, a dare una svolta al concetto di opera, dando alla luce altri generi. La tipica
cantabilità italiana, che poco si sposava con la lingua francese, fu abbandonata in
favore di una maggiore interpretazione musicale del testo, più severo, solenne e
sillabico. In quello scenario, caratterizzato da un’affannosa attenzione per la prosodia
testuale e, conseguentemente, da ritmi precisamente scanditi con un testo interamente
cantato/declamato nei cinque atti dello spettacolo, si sviluppò un elemento
fondamentale per le origini del musical: la coreografia. Presero vita nuove forme con
le caratteristiche sopra descritte: la tragédie-lyrique e l’opéra-ballet, fondamenta del
futuro musical, non tanto per quanto riguardava i soggetti essenzialmente mitologici
ma per il già accennato elemento coreografico.
1.1.3. Opera buffa e opera seria
Tornando ancora una volta in Italia, nel Settecento l’opera viene riformata dal poeta
Pietro Metastasio che, oltre a stabilire dei canoni formali relativi all’impianto
drammaturgico e alla struttura metrica delle arie, escluse ogni elemento comico dal
teatro musicale serio, determinando la nascita di un altro genere dove far confluire
tali aspetti: l’opera comica, dapprima come Intermezzo tra gli atti delle opere serie,
poi come genere a sé stante, confluendo nell’opera buffa e nel dramma giocoso.
L’opera seria, largamente permeata di idee illuministiche proponeva, incarnati in
personaggi ideali, valori astratti e virtù quali l’amore patrio, la rinuncia, la clemenza,
il perdono. Gli spettacoli erano più essenziali dal punto di vista scenico, mentre
musicalmente trionfava il virtuosismo canoro, sempre più estremizzato, e il cantante
diventava una figura astratta e nobilitata al pari dei personaggi che interpretava.