2
Base delle attività dell’Istituto sono sicuramente le collezioni, costantemente
incrementate anche nei momenti economicamente più difficili, ed accresciute dalle
pratiche di studio su di esse, dalla loro attività e dalle intenzioni di collegamento tra
fondi diversi e tra fondi e attività.
Il passaggio attraverso le due guerre segnò senz’altro negativamente l’esistenza della
Fondazione che vide l’allontanamento di gran parte delle opere artistiche e la
conseguente chiusura della Galleria, ma rappresentò d’altra parte il momento in cui
questa Biblioteca, diretta allora da Manlio Dazzi, e l’Istituto intero divennero punto
d’incontro di intellettuali e di uomini liberi. A Carlo Scarpa si rivolse, infatti, il Dazzi già
nel 1936 per affidargli la ristrutturazione dell’ingresso della Biblioteca, della sala dei
Cataloghi e del giardino. Il progetto arenato per gravi difficoltà finanziarie fu
completato durante la successiva direzione di Giuseppe Mazzariol che diresse l’Istituto
coerentemente alle scelte delle suoi predecessori ma innovando la Fondazione alla luce
della sua altissima creatività: rinnovò la Biblioteca nella gestione e nelle raccolte, fu
mecenate dell’osteggiato progetto scarpiano, raggiunse il pareggio di bilancio attraverso
la riconversione del patrimonio e non ultimo diede corso ad un fitto programma di
attività culturali.
Al riordino ed alla catalogazione delle raccolte artistiche ed archivistiche concorre la
riconfigurazione della sede, fortemente voluta a partire dai primi anni Novanta con la
direzione di Giorgio Busetto, grazie alla quale è stata resa possibile la deputazione di
spazi diversi a funzioni diverse: corsi, seminari, gruppi di lettura, lezioni, mostre di
architettura, scultura, design al piano terra; interventi di artisti contempoaranei
all’interno delle sale del Museo al secondo piano; mostre più impegnative nell’area del
terzo piano, abbastanza ampia e meglio attrezzata; attività convegnistica e concertistica
3
nel futuro auditorium che Mario Botta sta per realizzare di fronte al nuovo ingresso dal
Campo S. Maria Formosa.
Tracciare un profilo storico di questo Istituto risulta perciò compito assai arduo alla
luce dei 135 anni di attività, tuttavia lo spirito che ha guidato le amministrazioni che si
sono succedute ha garantito sino ad oggi la persistenza di quella cultura che ha sempre
pensato alla Querini Stampalia come un luogo attivo nell’elaborazione della conoscenza
e nella promozione della libertà. L'intero suo patrimonio materiale e immateriale è
valorizzato per questi scopi.
4
LE FONTI
L’archivio privato della famiglia Querini Stampalia e l’archivio della Fondazione
L'archivio conservato presso la Fondazione Querini Stampalia può dividersi in tre parti
abbastanza differenti fra di loro, anche se di origine parzialmente unitaria: l’archivio
privato della famiglia Querini Stampalia, i manoscritti Querini e l’archivio della
Fondazione.
Il primo è quella parte dell'archivio della famiglia Querini tralasciato dalla
catalogazione di Leonardo Perosa intervenuto negli anni tra il 1880 e il 1882.
Quest’ultimo è oggi, completamente riordinato e ne è stato redatto un inventario che
conta 110 pezzi dal secolo XVI al 1869, cui sono da aggiungere 9 buste di lettere e 1
busta di disegni. Esso fu in passato certamente più consistente dell’attuale, viste le
notazioni su molti documenti, bene evidenti in matita rossa e blu, di numeri di buste
sino a 370.
La famiglia stessa non sembra essersi curata particolarmente dell’ordinamento delle
proprie carte, né in seguito l’archivio fu tenuto con grande cura.
Giovanni Querini, istitutore della Fondazione, ordinò scrupolosamente le carte relative
ai possedimenti e la corrispondenza dei suoi affari, ma tralasciò i documenti delle
precedenti generazioni. Suo zio Gerolamo di Zuanne nato nel 1762, sembra essere
stato il primo a porre mano all’archivio amministrativo dove compare spesso la sua
scrittura e anche in considerazione del fatto che ci sono pervenute sue memorie relative
alla gestione dei beni patrimoniali.
5
Il secondo è quella parte dell'archivio e della biblioteca della famiglia Querini su
cui il bibliotecario Leonardo Perosa intervenne negli anni 1880-1882 redigendo un
catalogo manoscritto tuttora in uso per il servizio della biblioteca, insieme con altri libri
e manoscritti provenienti da acquisizioni posteriori.
Alla fine dell'800, infatti, la Fondazione Querini Stampalia si trovava alle prese con
"carte accumulate e calcate in duecento buste o cartoni e riposte alla meglio": chiamò a
riordinarle il Perosa, che fornì senz’altro un utilissimo strumento di consultazione per i
documenti di interesse letterario o storico o musicale, assimilati alla biblioteca dei
manoscritti della famiglia Querini, ma che tuttavia ne trascurò molti riguardanti gli
affari e l'amministrazione dei beni familiari.
Come in tutti gli archivi privati, non si potevano fare divisioni nette fra archivio e
biblioteca, o fra archivio di amministrazione e archivio di interesse storico, ma era
altrettanto impossibile ignorare il lavoro del Perosa e ricostruire l'antico ordinamento,
che forse non era mai esistito.
Il terzo è l'archivio della Fondazione che ha inizio con il 1869, in seguito al
testamento di Giovanni Querini, ed è tuttora "vivo" cioè in continuo incremento.
I primi anni di attività della Fondazione sono ricostruibili attraverso i documenti
ordinati essenzialmente in libri di cassa suddivisi per le varie agenzie e terreni di
proprietà della Fondazione (Venezia, Mestre, Cavarzere, Campo di Pietra etc). La
ricostruzione degli avvenimenti relativi alla collezione è possibile perciò attraverso
questi strumenti di contabilità amministrativa ed utile mezzo sono anche i verbali di
consiglio che registrano i pagamenti approvati, le vendite, le acquisizioni e le affittanze.
A questo proposito esiste poi un documento redatto da Manlio Dazzi, direttore dal
6
1926 al 1957, che riassume proprio i processi verbali dal 1869 al 1906 relativi alla
collezione artistica che risulta particolarmente utile ai fini della storia della Galleria.
Inoltre rimangono ampiamente registrate e ordinate in appositi fascicoli le carte
riguardanti le borse di studio, i premi e i sussidi dotali impegno primario della
Fondazione in quegli anni.
Dal 1906 le vendite, le acquisizioni e le donazioni sono più facilmente rintracciabili
attraverso la raccolta dei mandati e delle reversali ovvero i pagamenti autorizzati dai
consiglieri e tutto ciò che la Fondazione ha ricevuto a titolo di dono o legato.
L’archivio prosegue poi con la successione dei documenti ordinati secondo un numero
di protocollo e divisi in fascicoli per soggetti: il personale, il Museo, la biblioteca le
attività culturali, i fondi, l’amministrazione.
Abbreviazioni
BQS = Fondazione Querini Stampalia, Biblioteca, Manoscritti;
APQS = Fondazione Querini Stampalia, Archivio privato della famiglia Querini
Stampalia;
AFQS= Fondazione Querini Stampalia, Archivio della Fondazione Querini Stampalia
7
CAPITOLO I
-STORIA DELLA COLLEZIONE DALLE ORIGINI AL 1869-
La famiglia Querini Stampalia
Alcune cronache leggendarie narrano una discendenza della famiglia Querini dalla gens
Sulpicia di Roma, chiamata anche Galbaja, e ne fanno risalire le origini ai dogi Maurizio
e Giovanni (764 – 804) ai quali la tradizione veneziana attribuisce il cognome Galbaio
1
.
Più credibile è invece la provenienza da Altino, da dove in seguito la famiglia si trasferì
a Venezia, partecipando da subito attivamente alle vicende politiche, artistiche ed
economiche della città: già alla fine del 1200 i Querini erano considerati una delle
cinque famiglie più ricche della città. La drammatica congiura del 1310, intentata per
rovesciare il governo del doge Pietro Gradenigo, vide tra i fautori Bajamonte Tiepolo e
Marco Querini, che con il figlio Benedetto venne ucciso nel combattimento sulla piazza
dai soldati del doge nella notte del 14 giugno
2
. Sfortunatamente questo gesto contro le
istituzioni macchiò il nome dei Querini, che furono esclusi per sempre dal dogato.
In città il casato si divise ben presto in molti rami e tale frammentazione ha reso
difficili e incerte le ricerche genealogiche. Una ricostruzione più attendibile è stata fatta
per il ramo che qui interessa, detto di Santa Maria Formosa o dei zij, cioè dei gigli. La
denominazione deriva dai gigli d'oro che compaiono sulla fascia azzurra in campo
d'oro, del suo stemma.
Nel XIV secolo Zuanne Querini riuscì ad acquistare l'isola di Astipalea nel
Dodecaneso e da questo remoto feudo, conquistato dai turchi nel 1527, deriva il titolo
di Stampalia che solo nel 1808 fu acquisito da Alvise Querini per distinguersi da un
1
G. Tassini, Curiosità veneziane, Venezia, 1933, p. 575
2
Per la congiura Tiepolo – Querini cfr. : P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata, Trieste 1973, v. I pp.
66-67; A. Zorzi, La repubblica del leone, Milano 1979, pp. 148-150; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, Venezia
1973, v.II p. 68
8
omonimo alla corte napoleonica di Milano (così specifica lo stesso Giovanni Querini
nel suo testamento). Da allora il doppio cognome è rimasto ad indicare allora la
famiglia ed oggi la Fondazione.
Il matrimonio tra Francesco Querini e Paola Priuli, celebrato nel 1528, è stato
spesso considerato come l’evento che diede inizio alle vicende di committenza artistica
della famiglia e gli stessi ritratti degli sposi che ancora oggi ritroviamo nelle sale del
Museo sanciscono il legame economico delle due casate e soprattutto la matrice
culturale che caratterizzerà la committenza di quegli anni.
Protagonisti del XVIII secolo furono, invece, Angelo Maria cardinale,
intellettuale partecipe della vita culturale europea del tempo, fondatore della Biblioteca
Queriniana di Brescia, ed Andrea, politico, mecenate protettore di Carlo Goldoni, che
gli dedicò una commedia, e amico di Pietro Longhi, al quale commissionò per la
propria camera da letto la serie dei Sette Sacramenti.
Alvise Querini, nipote prediletto di Andrea col quale scambiò un numeroso
carteggio in gran parte pervenutoci e attraverso il quale seguiamo i primi anni della sua
vita e la sua educazione, fu ambasciatore di Venezia a Parigi dove rimase sicuramente
sino all’inizio del 1796 ed ebbe modo di vivere il clima, il gusto e le mode della Francia
del Direttorio. Qui la sua innata vocazione per il collezionismo lo spinse ad acquistare
l’aristocratica porcellana di Sèvres a cui oggi è riservata una sala del Museo.
Ultimo discendente dei Querini del ramo Stampalia, Giovanni nato a Venezia
nel 1799, laureato in utroque iure, dopo quattro anni trascorsi a Milano col padre
Alvise, funzionario imperial regio, si dedicò alle arti e alla letteratura ma soprattutto agli
9
studi di chimica, fisica e scienze naturali. Assemblò un attrezzatissimo laboratorio che
lasciò in eredità all'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, di cui fu membro.
Studioso oltre che imprenditore e mecenate, trascorse la vita amministrando con
oculatezza le ingenti sostanze, bonificando i suoi latifondi con i metodi più avanzati del
tempo, viaggiando molto per aggiornare le proprie conoscenze tecnologiche da
applicare in particolare alla produzione della seta, cui attendeva nella filanda di
Campodipietra nel trevigiano e per la quale vinse una medaglia nel 1851 alla Grande
Esposizione Universale delle Nazioni a Londra.
Alla sua morte nel 1869, con l’estinzione della famiglia e il conseguente passaggio a
Fondazione legò alla città di Venezia e al mondo del sapere tutti i suoi averi realizzando
così un episodio unico nel suo genere, di conservazione contestuale di palazzo, terre,
case, arredi, dipinti, suppellettili, monete, archivio e biblioteca.
La collezione artistica queriniana è frutto e risultato di una saggia politica patrimoniale
che permise l’accrescimento delle raccolte generazione dopo generazione attraverso il
perdurare dell’istituto della fraterna “una delle caratteristiche distintive della vita
familiare patrizia… Secondo la legge i fratelli che vivevano insieme e si impegnavano in
affari erano considerati partner, a meno che non stipulassero un atto di separazione. Il
mantenere la residenza in comune spesso rinforzava questo legame legale; e in alcuni
esempi il matrimonio era limitato al primogenito in modo da proteggere il patrimonio
dalla dispersione
3
”.
3
D. Romano, Patrizi e popolani: la società veneziana nel Trecento, Bologna, 1993 pp. 67-68
10
Escludendo le divisioni del 1552 tra lo zio Francesco Querini e il nipote Niccolò, dalle
quali nacque il ramo dei Querini detto dei perseghi, e quelle del 1808 tra i quattro fratelli
Andrea, Alvise, Gerolamo e Polo, i beni posseduti dalla famiglia attraversano almeno
tre secoli di storia e superano indenni le gravi crisi politico – economiche.
Scorrendo il catalogo dei dipinti è possibile in alcuni casi rilevare l’impronta del gusto di
un singolo amatore o evidenziare la scelta collezionistica di un committente, meno
immediato è, invece, individuare le confluenze ereditarie o le acquisizioni patrimoniali.
Tutto avviene come se si considerassero gli oggetti che le compongono, e in primo
luogo i quadri, come una manifestazione visibile della posizione occupata dalla famiglia
nella gerarchia e quindi come qualche cosa che in teoria non può essere venduto.
In tale quadro la ricostruzione della storia della collezione familiare dei Querini
Stampalia e della sua trasformazione in Museo aperto al pubblico può essere
considerata esemplare.
11
Palazzo Querini Stampalia a Santa Maria Formosa
La secolare vicenda della fabbrica queriniana avviata a Santa Maria Formosa fin dal
Medioevo, risulta meglio documentata a partire dai primi anni del Cinquecento.
Giulio Lorenzetti ipotizzò per primo che la costruzione del palazzo fosse da
mettere in relazione con le nozze tra Francesco Querini e Paola Priuli, occasione anche
dei ritratti commissionati a Palma il Vecchio; conseguentemente a ciò propose la
datazione per gli anni intorno al 1528.
Tuttavia in un documento del 1514, Michele Salomon lamenta il fatto che la
costruzione di un muro da parte dei Querini toglieva luce e dunque valore alle case di
sua proprietà, fatto per cui si dovrebbero ricercare in precedenti l’inizio della vicenda
immobiliare della famiglia
4
.
A sostegno di questa datazione anticipata, esistono altri due documenti
che riguardano
l’uno l’acquisto e l’altro i lavori di sistemazione di un basso edificio prospiciente il rio di
Santa Maria Formosa da parte di Nicolò Querini che sembra perciò accingersi proprio
in quegli anni alla costruzione del Palazzo.
Il definitivo trasferimento della famiglia avvenne, comunque, sicuramente prima
del 1522, data a partire dalla quale siamo informati per circa un trentennio delle spese
fatte per la casa, attraverso il registro della contabilità di Francesco Querini
5
Al Libro di spese di Francesco
si devono, inoltre, alcune notizie interessanti su
commissioni ed esecuzioni: nel 1515 – 1528 sono appunto registrate le spese per i
lavori di ampliamento, riparazione e abbellimento del palazzo, nel 1525 la recita,
organizzata per il matrimonio di una Querini, della Commedia Orba di Cherea
4
E. Concina, Ca’ Querini Stampalia, in I Querini Stampalia un ritratto di famiglia nel Settecento veneziano, a cura di G.
Busetto e M. Gambier, Venezia 1987, p. 97
5
APQS, busta IV, f.2, Registro di spese di Francesco Querini di Zuanne, Da 1553, 1 marzo a 1553, 31 agosto
12
nell’ambito dei festeggiamenti dalla Compagnia della Calza dei Valorosi di cui
Francesco Querini Stampalia fu Zuanne risulta socio fondatore nel 1524; nel 1528 le
commissioni dei dipinti a Palma il Vecchio.
Dagli anni venti del Cinquecento sino addirittura alle ultime generazioni,
divenne d’uso dare ad ogni matrimonio e ad ogni morte di un maschio maggiorenne
una nuova suddivisione del palazzo in appartamenti tra loro collegati orizzontalmente
e/o verticalmente attraverso scale. In particolare poi, quando si celebravano le nozze di
personaggi di rango patrizio, esse assumevano il senso di una vera e propria alleanza tra
famiglie e pertanto prevedevano dettagliati contratti e il sontuoso abbellimento, con
stucchi, affreschi, marmi, arredi della dimora della nuova famiglia nobile.
La tutela degli interessi patrimoniali familiari e politici fu per i Querini
costantemente finalizzata alla conferma del proprio ruolo sociale che vollero ricreare
perciò anche nella rappresentazione della propria dimora. La facciata in particolare
strutturalmente e formalmente staccata dal resto del palazzo è posta a prospezione di
un campo, di un rio, di un luogo atto, dunque, a consentirne la massima evidenza
possibile, mentre all’interno si celebrano i riti quotidiani dello studio, dell’educazione,
della festa così come quelli della mercatura e degli affari.
Gli interni, infatti, si arricchirono, si aggiornarono, si decorarono e si riadattavano con
grande frequenza sia sul piano distributivo che su quello dell’arredo e della decorazione,
mentre la facciata cinquecentesca non fu mai sottoposta ad alterazioni. Ci troviamo qui
di fronte ad una precisa scelta sociale che impose il mantenimento dell’immagine della
dimora patrizia sostenuta dal potere evocativo delle forme cinquecentesche. Essenziale
per il palazzo fu senz’altro l’accesso dall’acqua indispensabile allo scarico delle merci:
13
attraverso il portego utilizzato come luogo di transito e collegamento tra il canale
esterno e la corte interna, facilmente si scaricavano e depositavano le merci.
La vicenda del patrimonio immobiliare della famiglia a Santa Maria Formosa risulta
statica per oltre un cinquantennio: solo nel 1614 viene acquistato l’edificio direttamente
prospiciente il campo Santa Maria Formosa e un tempo collegato al Palazzo con un
ponticello di cui resta traccia evidente; nel 1653 l’immobile accanto alla chiesa,
dirimpetto al Palazzo, incrementa il patrimonio queriniano.
Si delinea così la seguente situazione: il corpo principale del palazzo, ovvero la “casa de
statio” cinquecentesca e la seconda “casa de statio” contemporanea e affiancata; nel
1614 un’altra casa affiancata e nel 1653 l’immobile accanto alla chiesa
6
.
Nuove ristrutturazioni interessano il palazzo agli inizi del XVIII secolo: è
probabile che a queste date si sia realizzato il collegamento tra il Palazzo e lo stabile
antistante attraverso un ponte aereo e che si sia realizzata la sopraelevazione con la
realizzazione del terzo piano.
Considerevoli risistemazioni e ridistribuzioni furono compiute anche tra l’inizio
del 1800 probabilmente in occasione delle divisioni patrimoniali tra i quattro fratelli
Polo, Alvise, Gerolamo e Andrea ed i primi anni del Novecento. Una relazione peritale
del 1903 ci informa, infatti, della struttura e delle destinazioni d’uso dei piani sede
ormai della Fondazione Querini Stampalia: il piano terra adibito a entrata, magazzini,
abitazioni dei custodi, corte con giardinetto, corticelle secondarie; il primo piano adibito
a sala di lettura, biblioteca, amministrazione; il secondo piano conserva la Pinacoteca; il
6
E. Concina, Ca’ Querini Stampalia,…cit., Venezia 1987, p. 103
14
terzo piano ospita tre abitazioni civili, con cucina, spazzacucina, servizio igienico; infine
il sottottetto adibito a soffitte.
Nel 1906 si concludeva poi, la vendita dell’immobile dall’altra parte del rio alla
parrocchia di Santa Maria Formosa acquisito dalla famiglia nel 1653; mentre pochi anni
prima i curatori della Fondazione segnalano le buone condizioni del terzo piano del
Palazzo che si rivela in buone condizioni al contrario delle parti secondarie dell’edificio
che lasciano “molto a desiderare sia per la parte statica che per la manutenzione”
7
.
Si susseguono negli anni seguenti interventi di vario genere: la sistemazione
dell’impianto di riscaldamento; il riordino delle sale di lettura e della sala di ingresso
della biblioteca con “il trasporto delle opere di scultura della Pinacoteca nel vestibolo
del Palazzo Querini”; la sistemazione della targa sulla facciata; la stesura del progetto di
Domenico Mocellin, discusso il 31 marzo 1911, che prevedeva nuovi interventi “per
l’arredamento di una nuova sala di consultazione, per il riordino dello scalone
principale, per il rivestimento in ferro di porte d’accesso alla biblioteca e alla Pinacoteca
e per altri lavori occorrenti nel medesimo palazzo” non meglio specificato, la
costruzione del nuovo deposito di libri, con prospetto su Corte Nuova, su progetto
ancora di Domenico Mocellin; riatto del coperto del palazzo a cura dell’ing. Fantino
Bon.
8
La realizzazione dell’impianto di ascensore porta la cronologia degli interventi
sul Palazzo al 1929; bisognerà attendere il 1959 per registrare la significativa
ristrutturazione del piano terra ad opera di Carlo Scarpa.
7
AFQS, buste serie D Vendite acquisti 1904 – 1906, prot.293; busta M. Restauri, nuove costruzioni perizie
tecniche 1904 – 1911, prot. 357
8
AFQS, buste serie M Restauri, nuove costruzioni…, 1904 – 1911, 1912 – 1914, 1915 - 1921
15
Le principali vicende e committenze della collezione artistica
1500
I ritratti di Francesco Querini e Paola Priuli, commissionati a Jacopo Palma il Vecchio
in occasione o poco prima delle loro nozze non vennero mai completati a causa
dell’improvvisa morte del pittore; ritroviamo, pertanto, le due tele citate nell’inventario
dei beni e delle sostanze del defunto dove sono registrate anche due “Sacre
Conversazioni”, una delle quali incompiuta che siamo in grado di identificare grazie alle
misure approssimative ed al nome del committente: “de messer Francesco Querini”
9
Si innesca così il rapporto di committenza tra Francesco Querini e lo scolaro del Palma,
Bonifacio de Pitati che porterà a termine due delle quattro tele (i ritratti rimarranno
incompiuti).
Dalla bottega palmesca proviene, dunque, la Madonna con Santa Caterina, San Francesco,
San Giovanni Battista e San Nicola che va quasi certamente identificato con il dipinto
posto al numero [43] dell’inventario della casa e bottega del Palma del 1529 sopra
menzionato, dove viene così descritto “ 1 quaro de madona e putin e san zuan batista, e sancta
Caterina, e san nicolo, più che bozado, de ca. braza 1 q. 1 de m. Franc.o Querinj”. Forse non del
tutto occasionale fu la scelta dei santi raffigurati che riconduce ai nomi del
committente, Francesco, del padre Zuanne (la forma veneziana del nome Giovanni) e
del nonno Nicolò.
10
9
“Inventario di beni del q. ser Jac.o Palma depentor” cfr. nota n. 26 in G. Busetto, Notizie sulle collezioni d’arte dei
Querini Stampalia, in Dei ed eroi del barocco veneziano. Dal Padovanino a Luca Giordano e Sebastiano Ricci, catalogo della
mostra, Catania, 2004 p. 49
10
G.Busetto, Notizie… cit. p. 22