Introduzione
5
Introduzione
“(…) Considerate la vostra semenza,
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza (…)"
(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120)1
Fin dall’antichit{ l’uomo ha sempre perpetrato una ricerca del bello, così come un culto
delle emozioni, dei sentimenti e della conoscenza. E a mio parere la summa evidente di
tali ricerche può essere individuata facilmente nell’arte. In essa ricerchiamo un piacere
edonistico e una esperienza estetica, così come un processo di arricchimento conoscitivo,
emozionale e anche psicologico. L’arte in quanto strumento di accrescimento personale
e di riflessione. Ma a una dimensione immateriale si accompagna sempre anche imman-
cabilmente la “prosaicit{” del profitto, nonché l’elaborazione di strategie comunicative e
di presentazione dell’offerta. Il sacro incontra il profano, ovvero l’arte incontra il marke-
ting. Partendo da questo semplice spunto ha quindi inizio tale percorso espositivo, che
andrà a svilupparsi poi nell’ambito di questa disciplina figlia dei nostri tempi moderni, con
un particolare riferimento al marketing dell’arte, dei musei e alle nuove strategie emo-
zionali e sensoriali.
Il termine "museo" deriva dal greco antico Π Ρ Ξ ς Η Λ Ρ Θ, che significa “luogo”. In età elleni-
stica veniva chiamato museo l'edificio consacrato alle Muse, le nove figlie di Zeus e Mne-
mosyne, protettrici delle arti e delle scienze, che ospitava anche libri e opere d'arte, ce-
rimonie religiose e competizioni poetico - letterarie. Queste divinità erano considerate
protettrici e ispiratrici di ogni forma di pensiero umano, come la danza, il teatro, la storia,
l'astronomia e la poesia. Per questo motivo a partire dal IV secolo a. C. il museo cominciò
a indicare un luogo per riflettere, studiare e ricercare sotto il benevolo influsso delle Muse
1
Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno canto XXVI, 116-120
Introduzione
6
e ove era possibile contemplare le opere frutto delle diverse arti. In età Romana acquisi-
sce invece un significato più preciso, è la grotta nel quale vengono custoditi cimeli e og-
getti preziosi, statue e mosaici, al fine di ottenere studiati effetti decorativi (come quelle
dell'imperatore Tiberio e di Sperlonga). Il legame fra Muse e Museo si conserva saldo an-
che nei secoli successivi, con l'avvento del Cristianesimo e la caduta del paganesimo: si va
da tesori, celle e scrittoi monastici medievali agli studioli del '300 e '4002, che continuano
ad essere indicati dagli intellettuali dell'epoca come musarum studia (studi delle Muse) e
che per volere dei grandi mecenati vengono spesso decorati con dipinti ispirati proprio
alle antiche divinità greche. Fra il Cinquecento e il Seicento si assiste quindi a una nuova
trasformazione, quella degli studioli in camere delle collezioni3, e alla nascita della galle-
ria come nuovo spazio espositivo. Tipici esempi di questo periodo sono anche le gran-
diose raccolte pontificie romane e i cortili-giardini visti come musei archeologici
all’aperto, ma anche i musei scientifici4 (i cosiddetti naturalia) e le raccolte private di og-
getti d’arte nelle case e nelle botteghe degli artisti.
2
Celle e scrittoi monastici medievali: luoghi deputati alla scrittura, lettura e produzione culturale, soprattutto in ambito
monastico. In questi luoghi si raccoglievano inizialmente oggetti liturgici e di devozione, accompagnati in seguito a
oggetti d’arte, gioielli e manufatti di vario genere. Tali collezioni appartenevano a nobili, religiosi e chiese e monasteri,
che li esponevano durante il periodo delle festività religiose. Gli oggetti venivano raccolti soprattutto da mercanti e
crociati durante le loro peregrinazioni in giro per il mondo. Il Medioevo va anche segnalato per il ritorno al museo laico,
simile a quello ellenistico in quanto luogo di discussione, ricerca e studio. Dal culto per il periodo classico deriva la vo-
lont{ di ordinare e catalogare i numerosi reperti raccolti dai mecenati (resti animali sconosciuti all’epoca, fossili, mine-
rali, manufatti, ecc, a cui spesso venivano attribuiti poteri leggendari e sovrannaturali): nascono così gli studioli medie-
vali (dalla fine del XIV secolo) che contribuiranno alla nascita del moderno museo. Di solito hanno sede nei palazzi di
nobili e mercanti; successivamente in pieno Rinascimento si arricchiscono sempre più e divengono simbolo di produ-
zione di conoscenza, prestigio e ricchezza. Famosi restano gli studioli degli Este a Mantova e Ferrara e dei Medici a Fi-
renze. Gli studioli italiani solitamente sono caratterizzati da oggetti d’arte, naturalia (ossa, fossili, animali impagliati,
minerali, ecc) e artificialia (manufatti vari, orologi, le tipiche serrature di Norimberga,ecc). La finalità è sempre quella di
suscitare stupore e meraviglia. Mentre in Italia il collezionismo è caratterizzato soprattutto dalla continuità col periodo
classico, nel Nord-Europa invece il riferimento è al periodo medievale: le Wunderkammern sono considerate le eredi
degli studioli francesi. Esse raccolgono un po’ di tutto, naturalia, artificialia, ma anche oggetti curiosi e stranezze varie.
Sono caratterizzate da una certa confusione espositiva.
3
Un esempio è la trasformazione dello studiolo di Francesco I de Medici nel primo polo espositivo della Galleria degli
Uffizi, a Firenze (1572). Il passaggio è dettato dalla volontà di ampliare, ordinare e catalogare la collezione e aprirla a
chiunque fosse interessato a visitarla.
4
Musei scientifici: i suddetti naturalia.
Introduzione
7
Poi, nel Settecento, la svolta: il passaggio del museo da bene privato a bene pubblico e
l’affermazione delle tipiche categorie museali del periodo, i musei dell’antichit{ e delle
università. Nell’Ottocento infine, dopo la Rivoluzione Francese e con le requisizioni napo-
leoniche, le raccolte storico-artistiche acquisiscono lo status di pubblica utilità e proprietà
(istituzioni pubbliche dei musei civici e delle Accademie).
A partire dagli anni ’70-’80 del Novecento il dibattito sul museo s’intensifica sempre più,
per essere proiettato al di l{ dei confini fisici dell’edificio ed entrare in relazione con
l’ambiente e la societ{ di cui si fa portavoce. Secondo Bernard Deloche “(…) il museo at-
tuale si sforza di raccogliere l’arte viva (Beaubourg), (…) rinuncia a contenere tutto entro le
sue pareti (ecomusei), non si interessa della durata dei suoi allestimenti (esposizioni tempo-
ranee), in sostanza non tesaurizza più ma si impegna a raccogliere informazioni (…) Il museo
diventa un centro di analisi dei dati raccolti (…)”.5 E definizioni analoghe vengono date da
molti altri studiosi tra cui Zbyneck Z. Stransky6 che descrive il museo come un mezzo per
comprendere meglio la relazione dell’uomo con la realtà, o Anna Grégorova7 che vede il
museo come una raccolta e conservazione di oggetti e materiali che documentano lo svi-
luppo nel tempo di natura e società. Lo scenario cambia, subentra il consumismo di mas-
sa, i musei somigliano sempre più a hotel e ristoranti creati col solo scopo d’intrattenere il
pubblico.
Arrivando al giorno d'oggi invece, secondo la definizione data dall'ICOM, il museo diviene
"un'istituzione permanente senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo,
aperta al pubblico, che effettua ricerche sulle testimonianze materiali e immateriali dell'uo-
mo e del suo ambiente, le acquisisce, le conserva, le comunica e specificamente le espone
per scopi di studio, educazione e diletto."8 E il grande passo compiuto consiste proprio
nell’integrazione del concetto di patrimonio immateriale nella definizione precedente.
Ciò significa che il moderno visitatore coniuga ormai ai semplici obiettivi di apprendi-
mento ed educazione anche la componente più ludica, emozionale e interattiva; e che
non tutto può essere messo sotto teca o catalogato, come gestualità, ritualità e patrimo-
ni culturali. Da semplice esposizione di oggetti il museo diviene anche espressione della
5
B.Deloche, Museologique: contradictions et logiques du Musèe, Paris, 1983
6
MuWop, 1980, in P.C.Marani, R. Pavoni, Musei, Marsilio Editori, Venezia, 2006
7
Ivi
7
“IcomItalia: International Council of Museums”
(http://www.icom-italia.org//index.php?option=com_content&task=view&id=15&Itemid=21)
Introduzione
8
cultura della comunità, dei valori di una società ed espressione di un comune sentire,
nell’ambito di una contestualizzazione valoriale precisa che verrà approfondita in segui-
to.
Aspetti fondamentali sono l’atteggiamento del pubblico e le sue variazioni nel corso del
tempo. Secondo quanto affermato da Karsten Schubert in Museo. Storia di un’idea, negli
anni Ottanta il visitatore dei musei diviene un punto di riferimento fondamentale per o-
gni politica museale e questo produce dei radicali cambiamenti: “A poco a poco, un passa-
tempo elitario della classe media si è trasformato in un’attivit{ di massa, e i musei si sono a
loro volta trasformati (…) in imprese produttive sempre più impegnate in attivit{ commer-
ciali e nella ricerca di fondi”9 . Anche la gestione del museo quindi tiene sempre più conto
delle esigenze del grande pubblico, tanto che in alcuni casi trae ispirazione dal modello
dell’impresa in chiave di network, come nel caso che l’autore definisce “l’esperimento del
museo globale di Thomas Krens”,10 il nuovo Guggenheim (che tenta di espandersi a livello
planetario aprendo diverse “succursali” in varie parti del mondo). Un esempio interes-
sante di ricerca sull’atteggiamento del pubblico è l’indagine del 2002 “Andare al museo.
Motivazioni, comportamenti e impatto - Una ricerca sui visitatori dei Musei del Trentino”11.
Per quanto riguarda le motivazioni e i desideri del pubblico emergono diverse categorie
di visitatori, come quelli più motivati, i distratti o i membri di gruppi; si va da profili cultu-
ralmente più elevati e colti, che si documentano maggiormente (attraverso pubblicazioni
specializzate e materiale informativo) e mostrano maggiore interesse, a quelli più super-
ficiali, meno “educati” e interessati, i cui comportamenti, appaiono più casuali (non si do-
cumentano e i loro canali informativi risultano più informali e legati al passaparola di a-
mici e parenti). Quasi tutti però hanno in comune, anche se con diversa gradazione, le
medesime motivazioni: “imparare qualcosa” e “vedere cose belle”. Il museo quindi risulta
un modo d’ impiegare il tempo libero e un’esperienza sociale, da effettuarsi in compagni-
a.
La suddetta indagine si sofferma anche sulle valutazioni e il livello di soddisfazione, so-
stanzialmente positivo e critico in minima parte (soprattutto per quanto riguarda
9
Schubert Karsten, Museo. Storia di un’idea, Il Saggiatore, 2004
10
Ivi. Krens è stato Direttore della Fondazione Guggenheim dal 1988 al 2008
11
Mazzolini, R., G. (A cura di), Andare al museo. Motivazioni, comportamenti e impatto, Giunta della Provincia Auto-
noma di Trento, Trento, 2002
Introduzione
9
l’impiego di video, computer, materiale interattivo e pannelli informativi, ritenuti troppo
lunghi e complicati). Ultimo aspetto rilevante indagato è l’impatto cognitivo, non sempre
direttamente proporzionale al livello di soddisfazione della visita misurato. In breve,
spesso ai buoni propositi nel breve periodo non seguono i fatti nel medio: pur dichiaran-
do in molti di essere entusiasti e disposti ad approfondire l’argomento subito dopo la visi-
ta, risultano essere una piccola minoranza i visitatori effettivamente “diligenti”, che rac-
colgono materiale informativo e tornano magari una seconda volta ad effettuare la visita.
In conclusione, non sempre all’esperienza di visita segue un’effettiva comprensione ed
interiorizzazione. Anzi, gli effetti dell’apprendimento tendono ad attenuarsi nel tempo e
sembrano essere maggiormente legati alle condizioni e alle propensioni pre-esistenti dei
visitatori che alla visita stessa.
Obiettivo principale della tesi sarà quello di analizzare le diverse metodologie di marke-
ting disponibili ad oggi (sensoriale, emozionale, esperienziale) e valutarne l’impatto sul
pubblico, in particolare sul mercato dei beni culturali, con il supporto di due casi di studio
specifici. Contestualmente, si procederà a una valutazione dell’efficacia delle suddette
metodologie che, se correttamente impiegate, possono divenire leve operative determi-
nanti nella comunicazione dei ben culturali.
Il cambiamento dell’offerta e la contestuale evoluzione dell’atteggiamento e delle esi-
genze dell’utenza svolgono, come visto, un ruolo fondamentale. Se la società e
l’ambiente cambiano, ciò ha evidenti ripercussioni su di noi e sugli stimoli che ci colpisco-
no. Pertanto anche le nostre conoscenze, le nostre competenze e persino i nostri desideri
si evolvono. Il marketing non può restare a guardare, ma deve trovare il modo di rinno-
varsi continuamente e di soddisfare le richieste di un pubblico sempre più esigente (e
competente, in molti casi). Emozioni, sensazioni e interattività esperienziale sembrano
offrire la risposta più pertinente a tale questione.
Il marketing incontra le emozioni e una nostra finalità sarà proprio quella di definire cosa
esse siano, come agiscano, come vengano valutate al giorno d'oggi e nell'ambito della vi-
ta quotidiana (un esempio fra tutti, la shopping experience). Rivolgeremo inoltre la no-
stra attenzione al marketing sensoriale il cui obiettivo principale, a detta di Harrop12, è
12
Marketing multisensoriale, http://blog.elation.it/737/marketing-multisensoriale/
Introduzione
10
quello di agire su una comunicazione multilivello (coinvolgendo per l’appunto l’intera sfera
dei cinque sensi e non più solo quella tradizionale dell’olfatto, ampiamente sfruttata or-
mai da diversi marchi grazie ai dispenser di fragranze). E ancora ci concentreremo sul
marketing esperienziale e sulla teoria dei cinque punti di Schmitt13 (sense, feel, think, act,
relate) corrispondenti ai cinque diversi tipi d’esperienza (SEMs o Strategic Experiential
Modules), che combinati insieme andranno ulteriormente a suddividersi in esperienze i-
bride e olistiche.
Agli approfondimenti sulle diverse tipologie di marketing (e relative tecniche e strategie)
seguirà quindi una parte specifica sul marketing dei beni culturali e l’applicazione delle
suddette tecniche a tale ambito. E a questo punto il cerchio si chiude. Il marketing provo-
ca le emozioni, le emozioni l’arte, l’arte il marketing.
Dopo questo breve excursus introduttivo concludiamo elencando obiettivi e principali
tappe espositive della tesi:
Capitolo 1: cenni storici ed evoluzione del museo nel corso del tempo e suo pas-
saggio da una dimensione originaria di collezione privata riservata a poche èlite a
una più pubblica destinata a un’utenza più ampia e di massa.
Capitolo 2: introduzione al marketing museale.
Capitolo 3: introduzione ai diversi concetti di marketing sensoriale, emozionale,
esperienziale ed esempi di applicazioni in ambito museale.
Capitolo 4: la Customer Experience museale e lo studio IBM Institute Business
Value del 2003.
Capitolo 5: caso di studio: la mostra “Egitto. Tesori Sommersi” alla Reggia di Ve-
naria Reale.
Conclusioni: elaborazione dei dati raccolti e considerazioni finali: nei casi conside-
rati si proceder{ a una valutazione dell’efficacia delle metodologie di marketing
applicate, con un particolare riferimento alle dimensioni sensoriali, emozionali ed
esperienziali. Si analizzerà anche il vantaggio di un passaggio dalle strategie e-
13
B. H. Schmitt, M. Ferraresi, Marketing sensoriale, Franco Angeli, 2008
Introduzione
11
spositive e di comunicazione più tradizionali a quelle più innovative e multimedia-
li.
L’opera d’arte non è più concepita come semplice oggetto da presentare in un contesto
asettico, privo di qualsiasi preoccupazione per il linguaggio impiegato e il coinvolgimen-
to del pubblico (contestualizzazione emotiva). L’obiettivo è quello di dimostrare quali, tra
le strategie di marketing, possano divenire una leva operativa determinante non solo nel-
la comunicazione e nella “vendita” dei beni culturali, ma anche per arricchire il patrimo-
nio culturale, suscitando il coinvolgimento, la motivazione e la “memorabilit{
dell’esperienza” anche a distanza di anni.
Storia del museo
12
Capitolo 1
Storia del museo14
1.1 Le origini del museo
Il concetto di museo, almeno nella sua forma ancora non compiutamente espressa di
luogo di conservazione di manufatti, riveste fin dagli albori della civiltà umana, un ruolo
di primaria importanza all’interno della societ{: esso è un luogo dove l'uomo può compie-
re una riflessione su se stesso e sul suo ambiente, sulla realtà e sul mondo che lo circon-
da.
Da un punto di vista storico, alcuni studiosi ritengono che la collezione di oggetti di valo-
re sia una delle basi per gli insediamenti stanziali delle popolazioni umane: "Solo la specie
umana ( ...) ha l'abitudine di raccogliere, produrre, ammassare o distruggere (a seconda dei
casi) oggetti che hanno un'unica funzione, quella di significare: offerte agli dei o ai morti,
suppellettili funerarie sepolte nelle tombe, reliquie, opere d'arte o curiosità naturali conser-
vate in musei o collezioni. A differenza delle “cose”, questi oggetti portatori di significato, o
“semiofori” (come sono stati definiti) hanno la prerogativa di mettere in comunicazione il vi-
sibile con l'invisibile, ossia con eventi e persone lontane nello spazio e nel tempo, se non ad-
dirittura con esseri situati al di fuori di entrambi - morti, antenati, divinità. La capacità di ol-
trepassare l'ambito dell'esperienza sensibile immediata è del resto il tratto che contraddi-
stingue il linguaggio, e più in generale la cultura umana. Essa nasce dall'elaborazione
dell'assenza" (Carlo Ginzburg,1989).15
14
Contenuti del capitolo tratti da P. C. Marani, R. Pavoni, Musei. Trasformazioni di un’istituzione dall’et{ moderna al con-
temporaneo, Marsilio Editori, Venezia, 2006
15
C. Ginzburg, 1989, in P. C. Marani, R. Pavoni, Musei. Trasformazioni di un’istituzione dall’et{ moderna al contempora-
neo, Marsilio Editori, Venezia, 2006
Storia del museo
13
Tali collezioni di oggetti di valore offrono una sicurezza fisica (sono monetizzabili, quindi
costituiscono un investimento) e una più immateriale, mentale ed emozionale, poiché
sono un segno tangibile degli importanti traguardi sociali raggiunti dall’individuo, così
come avviene per i cacciatori e i grandi conquistatori della storia che collezionano trofei
per celebrare le proprie gesta. Oltre a rappresentare la cultura, le tradizioni e i valori di
un popolo possono anche simboleggiare il potere e la generosità del proprietario della
collezione (a condizione naturalmente che quest’ultimo la metta a disposizione): me-
diante il possesso infatti, il privato si aspetta di celebrare la propria autorità, dar lustro al-
la propria immagine e reputazione ed essere ricordato anche dopo la morte.
Ancora, le collezioni di oggetti di valore rappresentano una sicurezza religiosa: pensiamo
agli arredi funerari e alle tombe, ai feticci, alle reliquie o agli utensili e oggetti d’uso quo-
tidiano che ricordano la vita e il lavoro dei nostri antenati.
Infine, permettono il soddisfacimento dei nostri bisogni estetici e persino cognitivi: gli
oggetti divengono incarnazione tangibile e modello reale di altri concetti. Riproducono
cioè pezzi di realtà significativi, di valore, per gruppi di individui.
Con il passare del tempo la semplice funzione di conservazione di reperti del museo è
andata modificandosi, soprattutto grazie ai profondi cambiamenti tecnologici in atto a
livello mondiale. La funzione eminentemente conservativa si è ampliata andando a in-
cludere nuove funzionalità quali comunicazione e formazione, ricerca e innovazione, in-
trattenimento, diffusione del patrimonio culturale umano, a masse sempre più vaste di
popolazione.
Per questi motivi i musei tendono sempre più a creare dei network con scuole e istituzioni
pubbliche e private, dando origine a nuovi metodi di insegnamento e apprendimento, sia
con scopi formativi che di intrattenimento (il cosiddetto edutainment).
Il museo diventa così un medium di comunicazione di massa, capace di utilizzare i molte-
plici strumenti a disposizione, dall’oralit{ alla scrittura, dalla musica alle arti figurative, ai
reperti e manufatti creati dall’uomo nel corso della sua storia. Per portare un esempio
concreto, la comunicazione museale è sicuramente un ambito che ha subito profondi
cambiamenti grazie all’informatizzazione e a un approccio multimediale (pensiamo sol-
Storia del museo
14
tanto alla digitalizzazione della catalogazione dei reperti, alla creazione di vere e proprie
banche dati o ai sistemi di audio- guide, informatici o video impiegati nei percorsi di visi-
ta, o quelli di realtà virtuale grazie ai quali il pubblico può visitare a distanza tutte le colle-
zioni costruendo percorsi personalizzati).
Come già visto precedentemente il termine "museo" ha origini antiche e illustri: in età el-
lenistica indica l'edificio consacrato alle Muse e, successivamente, tutti quei luoghi desti-
nati alla produzione e alla diffusione di arte e cultura16.
Nel IV secolo a. C., alla morte di Alessandro Magno, un suo generale, Tolomeo, divenuto
sovrano d’Egitto, costruì un complesso di edifici (scuole, biblioteche, laboratori, giardini
zoologici e botanici, campi sportivi, palestre, piscine, mense, teatri,ecc) destinato ad o-
spitare i più grandi studiosi del suo tempo, a cui fu dato il nome di Museo. Il luogo pre-
scelto fu la città di Alessandria appena fondata da Alessandro Magno e nuova capitale del
regno ellenistico d’Egitto.
Con l’avvento dell’Et{ Cristiana si diffondono sempre più i cosiddetti musarum studia
(studioli, naturalia, artificialia, celle e scrittoi monastici), mentre nei secoli successivi si ha
il passaggio alle Wunderkammern e alle gallerie.
Nel Settecento si passa dalla concezione privata del museo a una più pubblica (anche se
per pubblico, ancora fino alla met{ dell’Ottocento, s’intende una “casta” piuttosto ri-
stretta comprendente artisti, intellettuali, collezionisti e aristocratici, e non certo
un’ampia rappresentanza di tutte le classi sociali). Il cambiamento è comunque evidente:
la definizione di museo moderno implica l’apertura delle collezioni private a un pubblico
(quale esso sia), nonché una certa funzione educatrice.
1.2 I primi musei pubblici
Le aperture dei primi musei pubblici si fanno portatrici di un evidente messaggio di auto-
celebrazione delle diverse case regnanti presenti sul territorio, che vuole evidenziarne la
potenza non solo in termini di egemonia, ma anche di cultura. Celebri esempi sono le
grandi collezioni del Rinascimento italiano, quali quelle dei Medici, Gonzaga, Sforza e
16
Per esempio i cenacoli della setta dei Pitagorici (fra il VI e il V secolo a. C.).
Storia del museo
15
Visconti, o quelle dei sovrani di Francia e delle altre case reali Europee. Pur essendo un
collezionismo aperto al pubblico, che continuerà nel corso dei secoli grazie ai numerosi
lasciti, esso incarna prettamente il forte desiderio di affermazione personale dei proprie-
tari, che vedono nelle opere d’arte il simbolo di uno smisurato potere e di uno Stato ac-
centratore. Il fastoso collezionismo di questo periodo “viene a identificarsi con l’emblema
stesso del potere e quindi a conferire al suo possessore il valore aggiuntivo di erede di una
lunga tradizione imperiale e regale che risaliva alla più remota antichità e che quindi nobili-
tava e legalizzava anche il potere del suo detentore”.17 E ancora “non molto diversamente,
lo studioso e il collezionista cinque - seicentesco di naturalia, mirabilia et artificialia, poneva
se stesso, in questo caso la sua cultura enciclopedica e la sua visione del mondo, al di sopra
degli altri, pur dichiarando che tra i suoi scopi vi era quello di rendere un “servizio” al pubbli-
co degli “intenditori”e delle persone di cultura”. 18
Altro concetto risalente a questo periodo è l’idea della disposizione scenica degli oggetti
d’arte e naturalistici, esposti come sul palcoscenico di una rappresentazione teatrale, e
trattata da Giulio Camillo nel 1584, nella sua opera Idea del teatro. Secondo questa teoria
l’ordine didattico del percorso espositivo (seppur, spesso, piuttosto confuso) favorisce il
processo di comprensione e apprendimento. Le gallerie d’arte e i primi musei privati di
questo periodo nascono quindi per il piacere personale dei proprietari e per offrire occa-
sioni di svago e studio a intellettuali e artisti, o a chiunque voglia vederli, naturalmente in
seguito a debita domanda e prenotazione. Fra la fine del Quattrocento e il Settecento,
nel panorama nazionale e internazionale delle grandi collezioni, si distingue soprattutto il
Papato: nel 1471, con la donazione di Sisto IV al popolo di Roma delle raccolte di antichità
del Campidoglio, ha origine il primo nucleo dei Musei Capitolini. Fra il 1770 e il 1790 a
Roma viene allestita la Galleria Lapidaria, il primo vero edificio museale moderno, lonta-
no dalla logica delle vecchie gallerie, in cui le immense raccolte papali vengono finalmen-
te catalogate, ordinate, sistematizzate. L’ambiente a pianta circolare e coperto da volte a
lacunari, ispirato al Pantheon, diventa l’emblema del museo moderno e ispira molte gal-
17
P. C. Marani, R. Pavoni, Musei. Trasformazioni di un’istituzione dall’et{ moderna al contemporaneo, Marsilio Editori,
Venezia, 2006
18
P. C. Marani, R. Pavoni, Musei. Trasformazioni di un’istituzione dall’et{ moderna al contemporaneo, Marsilio Editori,
Venezia, 2006
Storia del museo
16
lerie sino ai nostri giorni (National Gallery of Art di Washington, Getty Center di Meyer a
Los Angeles, Pinakothek der Moderne di Monaco, ecc). Fra la fine del Settecento e i primi
dell’Ottocento si assiste a una trasformazione del pubblico del museo: non più solo artisti
e intellettuali che studiano e copiano, o aristocratici, ma borghesi, coppie che passeggia-
no, famiglie composte da genitori e figli. Di questo periodo è peculiare non solo la gene-
rale attenzione rivolta al patrimonio artistico - culturale, ma anche quella più specifica te-
sa a impedire che tale patrimonio venga esportato all’estero e si disperda. La moda del
grand tour19, ad opera soprattutto di benestanti famiglie del Nuovo Mondo, impegnate
nell’educazione dei giovani rampolli, non fa che accentuare la tendenza ad impossessarsi
di antichi reperti e le esportazioni clandestine, ai danni soprattutto della Vecchia Europa.
Nel tentativo di arginare l’impoverimento del patrimonio culturale dello Stato, i Papi si
fanno strenui difensori, promulgando leggi e bandi severi contro le esportazioni.
1.2.1 Il British Museum
Il British Museum viene considerato da molti il primo museo moderno aperto al pubblico:
fondato nel 1759 trae le sue origini da tre raccolte private pervenute in eredità allo Stato
attraverso lasciti, donazioni e acquisti. Ancora nel 1785 però, “chi voleva accedere al mu-
seo era tenuto a lasciare le proprie credenziali presso la segreteria e soltanto in capo a quin-
dici giorni all’incirca ci si poteva aspettare di ricevere una carta d’ingresso”20. Una volta
all’interno del Museo poi, non si poteva certo pensare di condurre autonomamente la vi-
sita: secondo Schubert, ancora per tutto il XIX secolo l’accesso seguiva le stesse rigide
regole del protocollo di corte e del cerimoniale aristocratico, e i visitatori non potevano
seguire un percorso a loro piacimento, ma dovevano attenersi alle indicazioni ricevute in
sede e affidarsi alla guida dei funzionari del museo. L’idea moderna di pubblico e di bene-
ficio a suo vantaggio era ancora poco sentita.
19
Il fenomeno del grand tour fu una moda tipicamente inglese nata a met{ del ‘700 e poi diffusasi in tutta Europa. Epi-
goni nell’800 furono Byron, Shelley e Goethe. Gli Americani “copiarono” poi questo costume a partire da met{ ‘800.
20
Lettera dello storico tedesco Wenderborn dopo una sua visita a Londra, cit. in K. Schubert, Museo. Storia di un’idea.
Dalla Rivoluzione francese ad oggi (2000), Milano, Il Saggiatore, 2004, p.21
Storia del museo
17
1.2.2 Il Louvre
A questo punto, con ogni probabilità, è più corretto considerare come primo museo mo-
derno il Louvre: nel 1789, in seguito alla Rivoluzione Francese, il Palazzo Reale si trasfor-
ma in Musée Français e nel 1793 viene aperto al pubblico per la prima volta. Con
l’espropriazione dei palazzi, delle propriet{ e delle collezioni aristocratiche dell’ancien
régime, lo status dell’arte e della cultura cambia: da proprietà privata a proprietà pubbli-
ca, dello Stato e del popolo francese. Il pittore Jacques – Louis David sottolinea la funzio-
ne educativa del museo che non deve limitarsi solo a una frivola raccolta di oggetti lus-
suosi, ma deve anche divenire occasione di crescita personale e arricchimento culturale
(e adempiere quindi a una funzione di pubblica utilità).
Nel 1797 il museo prende il nome di Musée Central des Arts e nel 1798, grazie ai capola-
vori di Fointanbleu, Versailles, e della Campagna d’Italia di Napoleone del 1796, comincia
ad assumere le moderne fattezze e a divenire un baluardo del potere del Bonaparte, non-
ché una pubblica vetrina dei suoi bottini di guerra e dei suoi trionfi. Il progetto di trasfor-
mare il Louvre in museo trova un forte impulso in un’altra personalità di spicco, quella del
pittore, antiquario e diplomatico Dominique - Vivant Denon, il quale al seguito delle
truppe Napoleoniche, insieme ad altri intellettuali e artisti, ha il compito di gestire
l’organizzazione scientifico-culturale della spedizione. Suoi sono i disegni e schizzi della
Campagna d’Egitto che costituiscono testimonianza dei monumenti e della cultura di
quel Paese, e il nucleo originario della moderna Egittologia.
Nel 1802 viene nominato direttore del nuovo Museum (sostituto del vecchio Central des
Arts) che nel 1803 sar{ ribattezzato Musée Napoléon: trionfa finalmente l’idea di un mu-
seo universale e enciclopedico, che raccolga i principali prodotti dell’arte e della cultura di
tutti i tempi e offra uno strumento per l’istruzione di alto livello. Dopo varie spedizioni di
Denon in Germania, Austria e Italia, per arricchire le raccolte, l’esposizione viene inaugu-
rata nel 1814, poco dopo il crollo dell’Impero.
Significative sono le parole del duca di Wellington, vincitore di Napoleone a Waterloo,
che richiese a gran voce la restituzione delle opere d’arte trafugate dalla Francia nel corso
delle campagne militari. Egli esprime con forza il significato delle requisizioni e del mu-
seo di Bonaparte per i suoi contemporanei : “I francesi desiderano trattenere questi capo-
lavori d’arte, non perché Parigi sia il luogo più adatto per la loro raccolta (…), ma perché essi
Storia del museo
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sono stati acquisiti a causa di conquiste delle quali essi rappresentano i trofei. Gli stessi sen-
timenti che fanno desiderare al popolo francese di conservare i quadri e le statue delle altre
nazioni , devono far desiderare alle altre nazioni, (…), di veder restituire questi oggetti ai loro
legittimi proprietari; e i sovrani alleati devono favorire questo desiderio (…) sarebbe ingiusto
accondiscendessero ai desideri della Francia: il sacrificio che essi farebbero sarebbe impoliti-
co, poiché farebbe loro perdere l’occasione di dare ai Francesi una grande lezione morale”.21
La questione della legittimità dei musei e della loro universalità ha portato a un acceso
dibattito sfociato poi nella stesura, nel 2002, della “Dichiarazione sull’importanza e il va-
lore dei musei universali”, sottoscritta dai più importanti musei europei e nord-americani:
nel documento si afferma che i musei moderni (creati fra il Sette e l’Ottocento) hanno
avuto e continuano ad avere un ruolo fondamentale nella diffusione della conoscenza e
dei diversi patrimoni culturali, permettendone la fruizione da parte di un pubblico ampio
e internazionale, cosa che sarebbe stata più difficile se fossero rimasti nei luoghi origina-
ri, spesso più difficilmente accessibili.
Ampliando il discorso al resto d’Europa, in Italia intanto si afferma il concetto di pinaco-
teca didattica con la Pinacoteca di Brera, un museo rappresentativo dell’intera storia
dell’arte italiana divisa per scuole regionali. Nel 1771 invece, a Firenze, il granduca decide
di separare le collezioni scientifiche da quelle artistiche: nasce così la Galleria degli Uffizi.
È soprattutto l’architettura (interna ed esterna), a comunicare l’ideologia del nuovo mu-
seo, fin dai primi dell’Ottocento: forte è la volont{ di porsi come luogo consacrato per ec-
cellenza allo studio e all’arte e altrettanto forte è il riferimento all’architettura classica del
tempio greco. Il museo come tempio, investito di un’aura sacra, in opposizione alle licen-
ziosità e ai frivoli eccessi del barocco. Dalla metà del XIX secolo si aggiungerà poi il biso-
gno sempre più sentito di recuperare le radici storiche e l’identit{ nazionale di ogni popo-
lo, grazie alla conservazione di opere e reperti caratterizzanti le diverse culture, conte-
stualizzati in ambienti che rievochino gli ambienti originari da cui provengono.
21
Cit. da Rosenberg in Dominique Vivant Denon. L’Oeil de Napoléon, 1999, p.24 (la traduzione dal francese è di P. C. Ma-
rani).
Storia del museo
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1.2.3 Il Pergamon Museum
Insieme al British e al Louvre il Pergamon Museum di Berlino è senz’altro il più evocativo
delle culture da cui deriva quella europea. Esso è uno dei più importanti musei archeolo-
gici al mondo e deve il suo nome alla celebre città di Pergamo in Anatolia (oggi Turchia),
da cui provengono la maggior parte delle sue opere.
Il primo nucleo museale si ha con la costruzione del Museo Antico nel 1830, ad opera
dell’architetto Schinkel, di fronte al castello di Berlino. Con le prime acquisizioni il museo
viene ampliato con un altro edificio dall’architetto Stuler, fra il 1843 e il 1855, e permette
l’esposizione delle numerose opere egizie raccolte in quegli anni. Le successive campa-
gne di scavo in Grecia e Turchia aumentano notevolmente il patrimonio museale, e con-
sentono la costruzione di un nuovo edificio destinato alle opere greche e romane, nel
1930. Durante la seconda guerra mondiale viene danneggiato ma riapre i battenti negli
anni ’50, e negli anni ’80 ripensa completamente i propri allestimenti e percorsi espositivi.
Fra le opere più celebri in esso esposte ricordiamo l’Altare di Pergamo, la Porta del Mer-
cato di Mileto e la Porta di Ishtar, completamente ricostruita all’interno delle sale insieme
alla Strada Processionale.
1.3 Il modello americano
Secondo John Cotton Dana (uno dei più grandi museologi americani dei primi del Nove-
cento) l’istituzione museale europea classica è da rifiutarsi in quanto meramente teorica
e didattica e troppo lontana dalla gente comune22. Il vero museo infatti, dovrebbe essere
concepito in modo più pragmatico, sostenendo lo sviluppo e il miglioramento del design
e dei prodotti commerciali e chiarendo la relazione esistente fra l’arte e l’industria e con-
tribuendo all’incremento della qualit{ della vita.
I grandi magazzini per esempio, simbolo del Nuovo Mondo e della democrazia della so-
cietà di massa, diventano dei punti di riferimento per i musei, soprattutto per quanto ri-
22
P. C. Marani, R. Pavoni, Musei. Trasformazioni di un’istituzione dall’et{ moderna al contemporaneo, Marsilio Editori,
Venezia, 2006