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assenza di un idea precisa del significato e dei contenuti della problematica
multiculturale Ł quindi difficile, se non impossibile, proporre una discussione
chiara e una riflessione piø approfondita sull oggetto specifico che costituisce il
nucleo centrale di questo lavoro: l analisi del multiculturalismo come fenomeno
di consumo. Si rivela quindi necessario anteporre a tale analisi un discorso il piø
possibile approfondito ed esaustivo sulla tematica del multiculturalismo, al fine
di avere in mano, nella fase successiva di ricerca prevista da questo progetto,
tutti gli elementi indispensabili per elaborare una riflessione matura e il meno
possibile superficiale e avventata.
La struttura del lavoro Ł quindi articolata in due macro-aree: la prima si
prefigge, come gi ampiamente spiegato, di fornire un quadro generale e
teorico della problematica multiculturale; nella seconda, invece, si tenter di
analizzare tale tematica, anche attraverso un lavoro attivo di ricerca sul campo,
assumendo un punto di vista parziale e specifico, che vede innanzitutto nella
differenza un possibile bene di consumo. Si tratta del cosiddetto
«multiculturalismo di mercato», ossia una delle possibili forme assunte dalla
convivenza tra differenze; in questo caso la differenza non viene considerata
una minaccia, non fa paura, ma affascina e diverte. La societ multiculturale
appare come un grande palcoscenico in cui ogni cultura e identit mette in
scena il proprio lato migliore a diletto degli spettatori paganti. Le regole del
mercato e della produzione non vengono messe in discussione e, al loro
interno, i diversi gruppi entrano in relazione in base ai rispettivi rapporti di forza
economica.
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Capitolo 1
Lo scenario multiculturale
1.1. Che cos Ł il multiculturalismo?
¨ molto difficile dare una definizione sintetica e completa di multiculturalismo,
un concetto estremamente problematico e controverso, utilizzato per descrivere
fenomeni diversi anche se parzialmente sovrapposti tra di loro. In questo senso
il multiculturalismo pu essere variamente compreso come
«1. a way of describing the actual make up of a society, 2. a general vision
of the way government and society should orient itself, 3. a specific set of
policy tools for accommodating minority cultural practices, 4. specially
created frameworks of governance allowing the representation of immigrant
and ethnic minority interests, and 5. a variety of support mechanisms and
funds for assisting ethnic minority communities to celebrate and reproduce
their traditions».
(Vertovec e Wessendorf, 2005: pp. 4-5)
Come si pu notare il denominatore comune tra gli a spetti sopra elencati Ł
costituito dal riferimento al differenza: infatti alla base della problematica
multiculturale c Ł «la crescente diversit dei grup pi umani. Questa diversit
porta alla coesistenza, all interno di un unico spazio socio-politico, di gruppi che
perseguono valori, credenze, progetti politici e stili di vita differenti». (Semprini,
2000: p. 8) »
Limitandoci per ora a questa definizione, e rimandando ai paragrafi
successivi una prospettiva piø consapevole e approfondita, possiamo iniziare a
sottolineare come il termine multiculturalismo designi attualmente tre
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problematiche distinte (ibidem). Innanzitutto a livello generale questo termine
indica il fenomeno stesso della mescolanza e della coesistenza talvolta difficile
di gruppi diversi: Ł quindi utilizzato in un accezione strettamente descrittiva per
illustrare la condizione della maggior parte dei Paesi economicamente
sviluppati, che presentano ormai al proprio interno, a seguito dei processi
migratori di cui sono stati fatti meta, numerosi individui stranieri.
A un secondo livello, piø concreto, il multiculturalismo si riferisce piø
direttamente ai conflitti e alle rivendicazioni che possono nascere in un contesto
multiculturale. In questa accezione del termine «il fatto di etichettare una certa
problematica sociale o un determinato conflitto come multiculturale implica
necessariamente un certo tipo di categorizzazione e dunque di messa in
prospettiva , tanto concettuale che politica.» (ibidem: p. 9). Naturalmente
questo fatto pu avere delle conseguenze molto impo rtanti, perchØ se in un
certo contesto l atteggiamento verso il multiculturalismo dovesse assumere
delle connotazioni negative, ad esempio, il fatto di definire una rivendicazione
come multiculturale, innescherebbe un meccanismo che porterebbe a renderla
invisa alla maggioranza. Mi sembra appropriato a questo punto sottolineare che
le polemiche sul multiculturalismo non possono mai essere relegate alla sola
sfera teorica e concettuale. Esse investono invece territori concreti della vita
sociale e hanno ripercussioni a volte dalla portata gigantesca nei settori
dell economia, dell istruzione, della politica, ( si pensi, ad esempio, allo
scalpore suscitato nell opinione pubblica dall episodio della scuola islamica di
via Quaranta a Milano scoppiato all inizio del corrente anno scolastico). Non
bisogna quindi commettere la leggerezza di guardare ai problemi che andremo
ad analizzare come semplici oggetti di dibattito accademico, ma Ł invece
necessario considerare la loro portata nella vita reale .
A un terzo livello il termine tende a diventare un sinonimo della posizione
ideologica e dell attivit militante di quanti acco lgono favorevolmente l idea di
una societ multiculturale e si battono attivamente per essa. Anche in questo
caso mi sembra che sia utilizzata una terminologia poco neutra che pu portare
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a etichettamenti fin troppo facili: coloro che sono sensibili alle tematiche
multiculturale vengono considerati necessariamente degli attivisti.
1.1.1. Un inquadramento storico
Abbiamo gi in precedenza sottolineato la centralit della differenza
all interno delle questioni poste dal multiculturalismo. Ma questa non deve
essere intesa semplicemente come un concetto filosofico o una forma
semantica; infatti «la differenza Ł innanzitutto una realt concreta, un processo
umano e sociale, viene messa in opera dagli uomini nelle loro pratiche
quotidiane e viene incarnata da processi storici» (ibidem: p. 17). In altre parole
ogni differenza pu essere allo stesso tempo consid erata come un risultato (se
si parte dalla considerazione del passato concentrandosi sul processo che ha
condotto progressivamente alla differenza), ma anche come uno stato
transitorio (se si privilegia invece la continuit della dinam ica che
necessariamente condurr , prima o poi, questo stato temporaneamente
raggiunto verso una nuova e diversa configurazione).
Naturalmente fin dalle origini l uomo si Ł spostato: guerre, migrazioni, scambi
commerciali hanno portato a continui incontri e scontri tra gli uomini che ogni
volta ridisegnavano i confini tra i gruppi. Ma nonostante il multiculturalismo
sembri essere in qualche modo una condizione permanente della storia
dell umanit , esso Ł rimasto tagliato fuori dal mod o di pensiero abituale della
maggior parte dei popoli e delle organizzazioni sociali. Come il pensiero
antropologico insegna, a volte l etnocentrismo ha assunto un carattere cos
radicale da negare a coloro che non fanno parte del Noi la prerogativa stessa
dell umanit : in questi casi i termini con cui le s ociet si autodefiniscono non
significano altro che uomini , il che implica il r ifiuto di considerare i gruppi
confinanti pienamente umani.
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A esempio
«il nome dell isola di Nias, situata a ovest di Sumatra, deriva dal termine
indigeno tano niha, che significa terra degli uomini . [ ] Le popola zioni
subartiche del Canada note con il termine Eskimo in realt denominano sØ
stessi Inuit, ossia uomini , mentre il loro nome etnico corrente proviene
invece dall appellativo loro dato dai vicini e ostili Algochini e siccome
significa mangiatori di carne cruda ha evidentemente una connotazione
spregiativa».
(Scarduelli, 2002: pp. 23 24)
Lasciando da parte riflessioni ulteriori sulla formazione delle antropologie
spontanee nelle diverse societ , per spiegare le ra dici storiche del
multiculturalismo in Europa bisogna partire dagli anni Sessanta, quando si
registra, parallelamente a un aumento del numero e delle dimensioni delle
comunit di immigrati, un crescente rifiuto delle p olitiche fino ad allora adottate
nei confronti degli immigrati e delle minoranze etniche, costruite, in termini
molto generali, attorno all aspettativa che essi abbandonassero i loro valori e
pratiche tradizionali per adottare invece quelli della societ dominante (Vertovec
e Wessendorf, 2005). Il percorso di inserimento degli immigrati aveva come fine
la completa «assimilazione, cioŁ la loro piena e totale accettazione ad agire
nella sfera pubblica secondo le regole valide nel paese ospitante, relegando il
mantenimento delle loro specificit e delle loro di fferenze all ambito privato e
domestico» (Colombo, 2002). In altre parole secondo tale modello ciascuno
poteva continuare a professare la propria religione, conservare le proprie
abitudini e tradizioni, parlare la propria specifica lingua purchØ lo facesse
esclusivamente nella propria vita privata, rinunciando a manifestarli
apertamente nella sfera pubblica o a utilizzarli per invocare trattamenti
particolari e privilegi. L idea di fondo Ł che soltanto una perfetta uguaglianza
garantisca il raggiungimento della libert individu ale su cui si fonda una reale
appartenenza allo Stato. Significativamente il rifiuto di tale modello
assimilazionista Ł stato netto e deciso soprattutto all interno delle organizzazioni
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e dei movimenti promossi dagli stessi immigranti e minoranze etniche; questi
nuovi movimenti prendono vita durante gli anni Settanta, in concomitanza con il
verificarsi di profondi cambiamenti nella natura del fenomeno migratorio: mentre
dapprima erano soltanto singoli individui maschili che lasciavano
temporaneamente la patria, ora prevalgono le riunificazioni familiari e le
strategie di insediamento di lungo periodo (Vertovec e Wessendorf, 2005).
A partire dagli anni Sessanta e per tutto il decennio successivo molti discorsi
pubblici elaborati all interno delle societ ospita nti risultano quindi imperniati
attorno ai concetti innovativi di tolleranza, rappresentanza, partecipazione e
diritti delle minoranze culturali. Le campagne organizzate per promuovere tali
nozioni all interno delle politiche di governo e della coscienza pubblica sono
inquadrate all interno di una piø generale politica dell identit o politica del
riconoscimento, caldeggiata da molti come un complemento necessario al
raggiungimento di un obiettivo piø generale di lotta al razzismo e alla
discriminazione.
Questo nuovo orientamento delle politiche pubbliche elaborate nei confronti
degli immigrati ha avuto successo: Ł proprio a partire dalla seconda met degli
anni Ottanta che il tema della differenza ha assunto una rilevanza particolare
nelle societ occidentali contemporanee (Colombo, 2 003). Si assiste, infatti, a
una rapida diffusione di una maggiore sensibilit v erso la specificit individuale
e di gruppo che si trasforma in strumento retorico centrale per la formulazione
di nuove domande di inclusione o di rivendicazione di privilegi. Il riconoscimento
pubblico della propria differenza costituisce uno degli ambiti di scontro piø
evidenti e una delle principali poste in gioco di gran parte dei conflitti sociali;
d altro canto le crescenti diversit culturali, lin guistiche e religiose condussero
molte societ ospitanti ad adottare misure pubblich e riconducibili all interno del
piø vasto concetto di multiculturalismo.
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1.1.2. Trasformazioni nei modi di essere, conoscere e narrare
Il termine multiculturalismo Ł quindi di uso recente poichØ, come abbiamo
visto, si diffonde in Europa solo a partire dagli anni Ottanta. E proprio la
diffusione di questo concetto, che porta con sØ una valutazione positiva della
differenza1, rappresenta forse uno dei segnali piø chiari ed evidenti del
processo di revisione critica a cui sono sottoposti i principali concetti della
modernit , ossia di quei modi di essere, di conosce re e di narrare (Colombo,
1998) che avevano caratterizzato le societ moderne a partire dalla fine del
XVIII secolo. Infatti,
«come frequentemente accade, il diffondersi dell uso di una nuova parola
segnala l esistenza di una tensione, di un conflitto o di un dilemma non piø
facilmente componibile o nominabile facendo ricorso al vecchio vocabolario
esistente. Questa difficolt nel narrare, nel rende re conto e nel tradurre in
parole situazioni nuove non segnala unicamente una carenza linguistica,
ma evidenzia profondi mutamenti e uno stato di crisi nelle relazioni, nei
modelli esplicativi, negli orizzonti normativi e di valore che consentivano di
osservare, comprendere e descrivere la realt socia le in cui si viveva».
(Colombo, 2002: p. 13)
Dunque l emergere del nuovo concetto di multiculturalismo segnala in
maniera inequivocabile la crisi e radicale rimessa in discussione dei principi
della modernit : i modi di essere, di conoscere e d i narrare ereditati dalla
tradizione illuministica rivelano ormai la propria inefficacia e inadeguatezza nei
confronti delle trasformazioni che interessano il mondo contemporaneo. Di
conseguenza «se si vuole meglio comprendere la portata e le implicazioni
connesse all uso di questo nuovo termine Ł necessario inserire il suo repentino
1
Come abbiamo gi avuto modo di approfondire il term ine multiculturalismo Ł un concetto
polisemico estremamente problematico e controverso. Parlando di multiculturalismo ci riferiamo,
in questo momento, alla presenza, solitamente valutata positivamente, di differenze tra gruppi
che vivono all interno dello stesso spazio sociale.
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successo in un complesso scenario di mutamenti che non riguardano
semplicemente delle caratteristiche oggettive e fattuali della realt sociale, ma
anche il modo diverso con cui guardiamo al mondo e lo narriamo» (ibidem).
Il nostro tentativo di comprendere le ragioni alla base dell inedita enfasi posta
sul tema della differenza e sulla rilevanza di un suo pubblico riconoscimento
deve necessariamente partire dalla considerazione dell importante ruolo svolto
dai nuovi movimenti sociali. A partire dagli anni Settanta nascono, infatti, nuove
forme di azione collettiva caratterizzate dall obiettivo
«di rimettere in discussione il presunto carattere di normalit della vita
quotidiana, di rifiutare i modelli sociali proposti accusandoli di spingere
verso percorsi di omologazione che reprimono ogni forma di specificit e di
opposizione alle regole date. Pongono in primo piano l importanza e la
variabilit delle scelte e delle esperienze persona li, la volont e la necessit
di mantenere una distanza critica e un certo grado di autonomia nei
confronti del senso comune e di percorsi biografici predefiniti».
(Colombo, 2003: p. 2)
Come sostiene Touraine, il teorico piø importante dei nuovi movimenti sociali, in
ogni epoca storica il movimento sociale Ł un azione collettiva volta a intervenire
sul sistema di storicit , definito come «l insieme di modelli culturali c ognitivi,
economici, etici posti in palio del conflitto soc iale centrale» che caratterizza la
societ in un suo particolare momento storico (Tour aine, 1998, cit. in Biorcio,
2003: p. 88). Dunque nelle societ post-industriali gli attori principali tra cui si
gioca il conflitto sociale non sono piø le classi legate alla produzione industriale
(perchØ il ruolo di lavoratore non Ł piø il punto focale ed esclusivo
dell esperienza di deprivazione), ma gruppi sociali con interessi e orientamenti
opposti sull uso e sulla destinazione delle risorse di tipo cognitivo e simbolico:
«il campo principale dei rapporti e dei conflitti di classe Ł la cultura» (Touraine,
2005, cit. in Biorcio, 2003: p. 88).