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INTRODUZIONE
Nella prima metà del XX secolo nacque in Giamaica iI movimento
Rastafariano, come evoluzione dell‟etiopismo e del Garveismo. Il
Rastafarianesimo fu – ed è tuttora – un movimento politico, culturale, sociale e
religioso che ha contribuito fortemente alla liberazione delle popolazioni afro-
diasporiche dal sistema di stereotipi creati durante il periodo coloniale nel
sedicesimo secolo. Questo sistema di stereotipi, assimilato dalle popolazioni
africane e caraibiche ha contribuito per secoli ad instillare un complesso di
inferiorità e un senso di non appartenenza che ha provocato la perdita di
coscienza per tutta la popolazione “negra”.
Il lavoro si sviluppa in tre capitoli: il primo capitolo tratta l‟analisi
dell‟etiopismo e del Garveismo, dottrina che prende il nome dal suo precursore
Marcus Garvey. Egli, grazie alla sua volontà di ribellarsi verso il sistema
giamaicano che denigrava ed emarginava tutto ciò che era “negro”, diventò il
primo leader della popolazione negra di tutto il mondo e fondatore dell‟Universal
Negro Improvement Association, l‟ associazione mondiale della gente di colore.
che prevedeva non solo l‟integrazione razziale ma anche, e soprattutto,
rappresentava una speranza di rinascita per tutte le popolazioni afro-
diasporiche di tutto il mondo.
Il punto focale della sua filosofia, per permettere ad ogni uomo o donna di
colore di diventare socialmente, politicamente ed economicamente al pari di un
qualsiasi cittadino bianco, era l‟ “orgoglio di razza”, instillare cioè in ogni
cittadino quel senso di orgoglio e di appartenenza per tutto ciò che
rappresentava l‟ “essere africano”. Egli spiegava la necessità per la gente di
colore di ritornare alle proprie origini, abbandonare cioè l‟immagine che i
colonialisti avevano professato da secoli del negro docile e subordinato
intellettualmente e socialmente e soprattutto ricordare la magnificenza e la
grandezza del passato delle stesse popolazioni africane: recuperare nel
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passato la consapevolezza della gloriosa esistenza di civiltà come quella egizia
ed etiope, civiltà che rappresentavano la culla della civiltà e della scrittura nelle
quali avevano regnato re e faraoni mentre in Europa gli uomini vivevano ancora
nelle caverne.
Nel primo capitolo si traccia inoltre la nascita del movimento Rastafariano,
collocandolo sulla scena giamaicana grazie a personalità di spicco quali
Leonard Howell e Ras Sam Brown, e sulla scena internazionale grazie alla
straordinaria personalità dell‟Imperatore d‟Etiopia Hailé Selassié, considerato
dai fedeli rastafariani il Messia nella sua seconda venuta. Particolare attenzione
è rivolta anche alla svolta fondamentale che ha segnato definitivamente le
connessioni tra movimento Rastafariano e l‟Etiopia, e cioè l‟invasione italiana
del 1935.
Una parte è dedicata interamente alle reazioni e alle contromisure
istituzionali adottate dallo stato giamaicano per contrastare il sempre crescente
supporto delle masse al Movimento, dall‟uso della forza da parte della polizia ai
tentativi più indiretti di coercizione e di indottrinamento. Le contromisure
adottate non erano solamente le incarcerazioni preventive o i processi per
violenza a cui erano continuamente sottoposti gli aderenti al Movimento, ma
anche, e soprattutto, quei tipi di interventi più subdoli come il taglio coatto delle
capigliature tipiche – i dreadlock – o i vari tentativi di dipingere il Movimento alla
stregua di un clan criminale.
Nel secondo capitolo si delineano le caratteristiche fondamentali del
Movimento: le credenze, tra cui il culto e la venerazione per Hailé Selassié; i
suoi rituali, tra cui l‟uso della Ganja come erba divina che permette di
raggiungere una dimensione spirituale di vicinanza a Dio e l‟utilizzo di simboli
gloriosi come il leone, al quale i rastafariani si paragonano per la sua fierezza e
per la sua criniera che ricorda la tipica capigliatura dei rastafariani.
Nel terzo capitolo si delinea come il Movimento abbia contribuito a creare
un vero e proprio linguaggio del corpo manifestato dai dreadlock; vengono
tracciate le motivazioni per le quali gli aderenti al Movimento cominciarono ad
acconciarsi i capelli in lock: la motivazione politica per la volontà di identificarsi
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meglio con il movimento di liberazione keniota dei Mau Mau dall‟ingerenza
britannica, i cui guerrieri portavano i loro capelli al naturali, in lock – ciocche –
appunto; e la motivazione religiosa che viene individuata nel racconto biblico di
Sansone, il quale traeva forza proprio dai suoi capelli, che tagliati da Dalila
attraverso le forbici – identificate come strumento di Babilonia – lo rendono
vulnerabile, soggiogato e buffone di corte.
Tema del lavoro svolto è quindi la descrizione e l‟analisi del movimento
Rastafariano. L‟interesse e la volontà a trattare questo argomento è nata dal
mio avvicinamento all‟espressione più conosciuta e recente: la musica reggae,
un nuovo linguaggio sociale che ha aiutato a globalizzare i principi e gli ideali
delle popolazioni caraibiche e africane.
La ricerca del materiale monografico è stata particolarmente difficile in
quanto non esiste materiale in lingua italiana esaustivo o che non compia una
distorsione del Movimento, definendolo una setta millenaristica. I testi
monografici utilizzati sono quasi tutti in lingua inglese reperiti unicamente
tramite Internet, dato che anche quest‟ultimi sono presenti in pochissime
biblioteche universitarie e in nessuna libreria commerciale. Numerose
informazioni sono state reperite inoltre dal sito dell‟Associazione Permanente
dei Rastafariani in Italia (A.P.R.I.)1 e direttamente dal contatto telematico con il
responsabile dell‟Associazione Gebre Berhane Selassie.
Il lavoro si pone quindi come obiettivo quello di fornire una descrizione del
fenomeno nelle sue più ampie sfaccettature e nella sua multidimensionalità
culturale, religiosa, politica e sociale.
1
http://www.rastafari-regna.com/
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CAPITOLO I
LA NASCITA DEL MOVIMENTO RASTAFARIANO
1.1 Etiopismo e garveismo: cenni
Il concetto di Etiopia è fondamentale perché con tale termine,
nell‟antichità, venivano indicati tutti i Paesi a Sud e a Est dell‟Egitto, paesi che
ospitavano civiltà molto avanzate le quali sfatavano completamente il mito dello
schiavo nero docile e inferiore. “[…] Il movimento etiopianista fu una corrente di
ispirazione cristiana sorta presso comunità africane in madrepatria e nelle
Americhe, che rivendicava il recupero della dignità culturale e nazionale degli
africani, vittime della deportazione e schiavitù Occidentale, mediante il
riferimento spirituale e politico all’Etiopia.”2
L‟Etiopismo in Giamaica si sviluppò in risposta alla denigrazione di tutto
ciò che era africano grazie alla predicazione di Marcus Mosiah Garvey. Nato
nella comunità di St. Ann (Giamaica) alla fine del XIX secolo, nel 1914 egli
organizzò l‟Universal Negro Improvement Association, uno dei più vasti
movimenti di questo secolo che avrebbe cambiato la coscienza di razza delle
popolazioni afro-diasporiche per sempre. Il compito principale dell‟UNIA3 era
quello di alimentare la solidarietà e il coraggio tra i neri, vessati sia dai bianchi
schiavisti sia da organizzazioni razziste come il Ku Klux Klan4.
2
Cit. www.rastafari-regna.com/sezioni/fedeinbreve.html
3
Si preferisce da adesso in avanti utilizzare questo acronimo per evitare di ripetere il nome completo.
4
Il Ku Klux Klan nasce nel 1865 come confraternita di ex militari dell‟esercito degli Stati Confederati
d‟America, e il suo sviluppo si divide in tre fasi. La prima fase va dalla sua nascita fino al 1871 e aveva
come scopo l‟aiuto delle vedove di guerra dei Confederati e l‟opposizione all‟estensione del diritto di voto
ai neri. Solamente nel 1915 assume la connotazione odierna quando molti bianchi poveri, convinti che i
loro problemi economici fossero causati da neri (e qui l‟analogia con la furia nazista verso gli ebrei),
rifondarono il Klan nonostante che nel 1871 il Presidente degli Stati Uniti Ulysses S. Grant dichiarò il
gruppo terroristico illegale attraverso il “The Klan Act and Enforcement Act”. In questa fase, gli
“incappucciati” non erano un‟organizzazione marginale, ma un vero e proprio movimento nazionale con
una struttura gerarchica e una linea politica volta alla mutilazione e all‟assassinio dei neri, con infiltrati ad
ogni livello degli apparati federali e statali (e aderenti sia nelle linee democratiche sia repubblicane). La
seconda fase termina nel 1944 e riprese vita nel secondo dopoguerra. Nella terza fase il Klan si distingue
in numerose lotte in opposizione al Movimento per i diritti civili.
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Segregati, privati dei propri diritti, attaccati durante la notte, i neri poterono
esprimere la propria coscienza sociale solo sotto forma di coscienza di razza.
Garvey partì dalle fondamenta dell‟etiopismo per rendere centrale il
concetto della razza nella lotta per l‟uguaglianza. Il legame tra schiavitù,
saccheggio dell‟Africa attraverso il colonialismo e discriminazione fece sì che lo
slogan “Africa agli africani” emergesse come un grido di libertà comune a tutte
le popolazioni nere.
Fu con Garvey che lo spirito dell‟Etiopismo venne alla luce nella sua
interezza:
“[…]When Europe was inhabited by a race of Cannibals, a race of
savages, naked men, heathens and pagans, Africa was peopled with
a race of cultural black men, who were cultured and refined; men
who, it is said, were like gods.”5
“What a subject for meditation […] Just think that the race of black
men, today our slave and the object of our scorn, is the very race to
which we owe our arts, science, and even the use of speech.”6
L‟UNIA sfatava così il mito della supremazia dei bianchi e dichiarava che
se l‟Europa apparteneva agli europei, allora l‟Africa doveva appartenere agli
africani.
Gli obiettivi di Garvey attraverso la fondazione dell‟UNIA erano:
“Stabilire una confraternita della razza, promuovere lo spirito
d’orgoglio e d’amore, recuperare coloro che si sono persi;
5
A. J. Garvey, Philosophy and Opinions, 2nd ed., London, Frank Cass & Co., Ltd., 1967, p. 57
“Quando l'Europa era abitata da una razza di cannibali, una razza di selvaggi, uomini nudi, atei e pagani,
l'Africa era popolata da una razza di uomini neri acculturati, colti e raffinati, uomini che, si dice, erano
come dei.”
6
Cheikh Anta Diop, The African Origin of Civilization: Myth or Reality, New York, Lawrence Hill & Co.,
1974, p. 28
“Che spunto di meditazione […] Basti pensare che la razza degli uomini neri, i quali oggi sono nostri
schiavi e l‟oggetto del nostro disprezzo, sono la stessa razza a cui dobbiamo le nostre arti, scienze e
persino lo stesso uso della parola.”
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amministrare e assistere i bisognosi […]. Aiutare lo sviluppo di
comunità e nazioni negre indipendenti; stabilire una nazione di
riferimento per la razza; istituire commissioni o agenzie nei principali
paesi del mondo allo scopo di proteggere tutti i negri, promuovere
uno scrupoloso credo spirituale tra le tribù native dell’Africa, fondare
università, college, accademie e scuole per l’educazione razziale e
per la cultura del popolo, lavorare per il miglioramento delle
condizioni dei negri ovunque nel mondo.”7
Il suo programma di autodeterminazione e antirazzista venne racchiuso
nella Declaration of the rights of the Negro People, nel quale venivano elencati
tutti i torti subiti dai neri e se ne chiedeva la riparazione.8
Lo Statuto era composto da un preambolo di 12 articoli più 54 articoli
costituzionali ed era così strutturato: dall‟articolo 1 all‟articolo 12 vi era una forte
denuncia delle inammissibili ed ingiustificate discriminazioni razziali subite dai
neri ad opera dei bianchi, non solo in continenti “di appartenenza” dei bianchi,
ma anche nella stessa Africa, la loro patria. Si denunciavano i soprusi che la
popolazione nera doveva subire, dalle pubbliche umiliazioni alle discriminazioni
nell‟istruzione, dall‟iniquo trattamento fiscale alla penuria dei servizi sanitari,
pubblici e istituzionali. Si denunciava la mancanza di delegati neri all‟interno
degli organi politici amministrativi statali, le disparità di trattamento e la
sottomissione in schiavitù. Fatta questa premessa, è articolata la vera e propria
dichiarazione dei diritti, tesa a incoraggiare la razza nera a prendere coscienza
dei soprusi e a fermarli per cercare di migliorare la qualità della vita. Nell‟articolo
1 veniva citato il diritto alla felicità come appannaggio della popolazione nera, il
diritto alla vita e alla libertà, e si definivano i neri i liberi cittadini dell‟Africa.
Dall‟art. 2 al 12 si incitavano i neri a rifiutare ogni forma di legge o imposizione
che non prevedesse un pari trattamento rispetto alla razza bianca, come anche
di non accettare nessuna discriminazione basata solamente sul colore della
7
L. Nembhard, Trials and Triumphs of Marcus Garvey, Kingston, Gleaner Co., 1940
8
Garvey Amy Jacques, The Philosophy and Opinions of Marcus Garvey, or, Africa for the Africans, 2nd
ed., London, Frank Cass & Co., Ltd., 1967, pp. 135-143