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CAPITOLO 1
Introduzione
1.1. Immunosoppressori
Gli immunosoppressori sono farmaci usati per il controllo di
gravi manifestazioni allergiche, malattie autoimmuni e malattie
correlate ai trapianti, in quanto modulano la risposta immunitaria.
Alcuni farmaci presentano un effetto diffuso sul sistema immunitario,
mentre altri agiscono su un specifico bersaglio; i farmaci ad azione
aspecifica hanno una maggiore probabilità di causare effetti avversi,
mentre l’efficacia dei farmaci specifici potrebbe risultare ridotta
qualora la loro azione venisse in parte annullata da vie metaboliche
alternative.
Spesso, dunque, i protocolli terapeutici prevedono l’uso combinato di
più farmaci allo scopo di minimizzare gli eventi avversi e di prevenire
fenomeni di resistenza. Benché i protocolli terapeutici siano essenziali
per consentire una corretta valutazione del paziente, i medici
dovrebbero essere in grado di adattare il trattamento basandosi sulla
valutazione continua degli effetti del farmaco, sul decorso della
malattia e sulla risposta dei singoli pazienti.
Sebbene alcuni degli immunosoppressori attualmente
disponibili in commercio siano stati sviluppati per un uso oncologico o
per la gestione dei pazienti trapiantati, per diminuire il fenomeno del
rigetto, al momento sono note più di 80 malattie autoimmuni e alcune
condizioni allergiche comuni in cui è possibile utilizzare tali farmaci.
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Gli immunosoppressori possono essere classificati in
corticosteroidi, piccole molecole, antimetaboliti e proteine
(1)
.
Corticosteroidi
(2)
: rappresentano i farmaci
immunosoppressori di elezione e possono essere utilizzati sia nella fase
di induzione della terapia che in quella di mantenimento, inibendo
l’espressione genica delle citochine. Classici steroidi impiegati sono il
cortisolo, il prednisone ed il metil-prednisolone. Utilizzati in
combinazione con i chemioterapici nella cura delle leucemie e dei
linfomi, come tutti gli steroidi sono dotati di pesanti effetti collaterali
quando usati in pazienti cronici. Vengono somministrati per via
endovenosa, parenterale o anche orale; in dosi elevate
(metil–prednisolone 250–1000 mg/die per 1–3 giorni) evidenziano un
effetto linfocitotossico, mentre a dosi più basse agiscono come
immunosoppressori e antinfiammatori, limitando la produzione di
citochine. Tali farmaci non vengono mai somministrati come
mono–farmaco, infatti è preferibile associare due farmaci a basso
dosaggio, che utilizzare una dose alta di un solo farmaco; con la prima
scelta la probabilità di sviluppare effetti collaterali acuti si riduce
sensibilmente e la comparsa di quelli cronici viene ritardata. Comunque
la dose e la durata del trattamento dovranno essere stabilite in funzione
della patologia.
Piccole Molecole
(2)
:
a) inibitori della calcineurina, come la Ciclosporina–A (CsA) e il
Tacrolimus (FK–506),
b) farmaci ad attività antiproliferativa delle cellule T mediante
inibizione di mTOR, come il Sirolimus (SIR) e l’Everolimus (EVE).
I primi, bloccando la sintesi dell’interleuchina–2, prevengono
l’attivazione dei linfociti T; proprio per questo motivo essi giocano un
ruolo essenziale nella prevenzione del rigetto cellulare acuto degli
organi trapiantati, nella psoriasi e nella sindrome degenerativa del rene
(sindrome nefrotica). Vengono utilizzati nella terapia di molte patologie
autoimmuni ad esclusione dell’artrite reumatoide in cui rivestono un
ruolo di minore importanza. Il principale effetto avverso associato a
questa classe di farmaci è la nefrotossicità e l’uso cronico può
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contribuire alla comparsa di insufficienza renale, sia nei pazienti
trapiantati che in quelli sani. Essi inoltre possono causare
l’aggravamento di varie condizioni, quali ipertensione e iperlipidemia,
determinando un profilo cardiovascolare sfavorevole e possono, infine,
incrementare il rischio di diabete. I secondi, invece, sembrano essere
associati ad un minor rischio di ipertensione e intolleranza al glucosio e,
nonostante siano caratterizzati da una minore nefrotossicità rispetto agli
inibitori della calcineurina, essi potrebbero potenziare la tossicità renale
della ciclosporina; pertanto richiedono un monitoraggio costante della
funzionalità renale. Il monitoraggio terapeutico di tali farmaci è
essenziale a causa del rischio di effetti tossici quali anemia, leucopenia
e trombocitopenia.
Antimetaboliti
(2)
: possono impedire la sintesi del DNA
prevenendo l'utilizzazione dei nucleotidi adenilici–ATP e deossi–ATP
(per esempio l’azatioprina), oppure possono agire come analogo
dell'acido folico che impedisce la sintesi “de novo” delle purine e
quindi del DNA (per esempio il metotrexato) o ancora, possono agire
come antagonisti dell'enzima inosina monofosfato deidrogenasi
(IMPDH), utile nella sintesi e nel recupero dei nucleotidi guanilici (per
esempio l’acido micofenolico). Tutti gli antimetaboliti impiegati nella
terapia dei tumori possono, però, determinare numerosi effetti
collaterali specie a carico del sangue, del fegato e dell'apparato
digerente.
Proteine
(2)
: gli anticorpi monoclonali antilinfociti
(antitimociti) sono stati utilizzati in Australia fin dal 1960. Non è nuova
la terapia ad alte dosi di immunoglobuline di tipo G (IgG) nella cura di
linfomi prima dell'avvento della chemioterapia antineoplastica. L'effetto
delle IgG ad alto dosaggio sarebbe quello di competere con il sistema
immunitario, inibendo, per un effetto di massa, i linfociti B, produttrici
delle Ig. È da qualche decennio, però, che è sorta una nuova classe di
anticorpi con bersaglio putativo completamente diverso; questi sono gli
anticorpi monoclonali e policlonali diretti contro i recettori delle
citochine, soprattutto, le interleuchine (IL–1 e IL–2) ed il fattore di
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necrosi tumorale (TNF–α). Esempi di farmaci di questo genere sono
cetuximab, infliximab, trastuzumab, ustekinumab ed adalimumab.
Nella tabella I è riportato il prospetto dei principali farmaci
immunosoppressori impiegati nelle patologie con risposta
immunologica non controllata:
Classe Farmacologica Meccanismo D’Azione
corticosteroidi
Prednisone
Inibizione diretta dell’attività delle cellule
linfocitarie
Desametasone
Betametasone
Antibiotici
Ciclosporina A Legano la calcineurina e bloccano l’azione dei
linfociti T. Tacrolimus
Sirolimus Non blocca la produzione di interleuchine, ma
inibisce la risposta dei linfociti T alle citochine Everolimus
Interferoni
INFα Molteplici effetti immunologici (sia
immunostimolanti che immunosoppressori) che
vanno dall’attività antivirale, attivazione dei
linfociti NK, attivazione dei macrofagi e
inibizione della proliferazione cellulare
INFβ
INFγ
Farmaci Biologici
Infliximab Anticorpo monoclonale antagonista del TNF–α
Etanercept Proteina chimerica antagonista del TNF–α
Agenti Citotossici
Azatioprina Antimetabolita antagonista delle purine
Leflunomide Inibitore della sintesi delle pirimidine
Metotrexato Inibitore degli enzimi necessari per la sintesi
degli acidi nucleici
Immunosoppressori di nuova generazione
Mofetile Micofenolato
Inibizione della sintesi delle purine
Mizoribina
Brequinario sodico Inibizione della sintesi delle pirimidine
Tabella I – farmaci immunosoppressori impiegati nelle patologie con risposta
immunologica non controllata
Gli immunosoppressori vengono impiegati per controllare la
reazione di rigetto e sono i principali responsabili del buon esito del
trapianto, in quanto inibiscono selettivamente il rigetto dei tessuti
trapiantati e nello stesso tempo evitano che il paziente diventi
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immunocompromesso. Infatti, l’introduzione di un allotrapianto, cioè il
trapianto di un organo o tessuto da un individuo a un altro che non è
geneticamente identico al primo, può evocare una risposta immunitaria,
determinando il rigetto del tessuto trapiantato.
Tuttavia, questi farmaci sopprimono le diverse reazioni immunologiche,
e rendono così, le infezioni a decorso rapidamente ingravescente, la
principale causa di morte nei riceventi di trapianto; inoltre, possono
facilitare l’insorgenza di tumori maligni.
I primi farmaci immunosoppressori non erano selettivi e, di
solito, i pazienti morivano a causa di infezioni dovute alla soppressione
sia del ramo umorale (anticorpo–mediato) sia di quello cellulo–mediato
del sistema immunitario. Attualmente, l’approccio principale della
terapia immunosoppressiva consiste nell’alterare la funzione dei
linfociti o degli anticorpi contro le proteine immuni, utilizzando
farmaci.
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La maggior parte dei farmaci immunosoppressori risulta
efficace quando viene utilizzata nella fase induttiva della risposta
immunitaria, attraverso la riduzione della proliferazione dei linfociti;
alcuni invece sono in grado di inibire anche certi aspetti della fase
effettrice.
Figura 1 – Schema semplificato della fase di induzione e della fase effettrice
dell’attivazione dei linfociti con i siti d’azione degli immunosoppressori
I farmaci immunosoppressori possono anche essere classificati
in base al loro meccanismo d’azione:
agenti che interferiscono con la produzione e l’azione delle
citochine.
agenti che alterano il metabolismo cellulare, impedendo la
proliferazione dei linfociti
anticorpi monoclonali e policlonali che bloccano le
molecole di superficie delle cellule T.
Le citochine sono proteine di segnale solubili e non specifiche
per l’antigene, che legano i recettori di superficie di una molteplicità di
cellule. Il termine citochine comprende le molecole note come
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interleuchine (IL), l’interferone α e γ (INF–α INF–γ), fattore di necrosi
tumorale (TNF), fattori di trasformazione della crescita e fattori
stimolanti le colonie.
L’IL–2 è una molecola che stimola la proliferazione delle cellule T,
helper, innescate dall’antigene, che in seguito producono ulteriore
IL–2, INF–α e INF–γ.
Citochine Effetti
IL-1 Aumento dell’attività delle cellule NK
Effetto chemiotassico su neutrofili e
macrofagi
IL-2 Induzione della proliferazione delle
cellule T innescate dall’antigene
Aumento dell’attività delle cellule NK
INF-γ Aumento dell’attività dei macrofagi e
delle cellule NK e della produzione di IgG
Aumento dell’espressione delle molecole
del Complesso Superiore di
Istocompatibilità (MHC)
INF-α Effetto citotossico sulle cellule tumorali
Induzione della secrezione di citochine nella
risposta infiammatoria
Tabella II – Riepilogo degli effetti delle principali citochine
Queste citochine insieme attivano le cellule natural killer
(NK), i macrofagi e i linfociti T citotossici. Evidentemente, i farmaci
che interferiscono con la produzione o con l’attività dell’IL-2, come nel
caso della ciclosporina, attenueranno in modo significativo la risposta
immunitaria e, in tal modo, ridurranno la reazione di rigetto del
trapianto.
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I pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori
necessitano del monitoraggio terapeutico, TDM, a causa del ristretto
indice terapeutico di questi. Per una corretta posologia, i farmacologi
adottano la cosiddetta l’area sotto la curva (AUC) che consiste nel
misurare la concentrazione del farmaco, in sangue intero, dopo la
somministrazione ad intervalli regolari fino all’eliminazione completa
di questo.
Figura 2 - Area sotto la curva concentrazione/tempo, cioè la quantità di principio
attivo presente nel flusso ematico in un intervallo di tempo, dopo
somministrazione di un farmaco.
Il TDM degli immunosoppressori aiuta a realizzare una terapia efficace
e ottimale, minimizzando la tossicità. Variazioni in concentrazione
all’esterno dell’indice della finestra terapeutica possono portare a esiti
clinici avversi: tossicità nel caso di concentrazioni troppo elevate o
rigetto quando la concentrazione è troppo bassa
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