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Capitolo 1
1.1 L’IMPORTANZA DEL MONITORAGGIO IN
NEONATOLOGIA EQUINA
Nelle patologie neonatali di una certa gravità, la diagnosi al momento
del ricovero non è sempre possibile e spesso il trattamento di
supporto deve essere intrapreso prima di avere un quadro completo
dello stato di salute dell’animale. Inoltre le patologie neonatali spesso
coinvolgono più apparati, perciò è molto importante avere un
approccio metodico completo, che comprenda test diagnostici
appropriati. Le patologie più gravi e frequenti sono infezioni,
sindrome d’asfissia perinatale (PAS), traumi e coliche ma è
importante riconoscere anche condizioni meno frequenti per
permettere un trattamento tempestivo e fornire cure adeguate.
I neonati possono migliorare o peggiorare rapidamente e, per poterli
assistere in modo appropriato, è necessario un continuo monitoraggio
(Russell e Wilkins, 2006).
Monitorare significa “misurare continuamente le variabili
omeostatiche”. Ad esempio il monitoraggio dei marker dello stato
circolatorio è utile per assicurare, tramite una terapia adeguata, una
valida ossigenazione del sangue polmonare, una distribuzione
d’ossigeno adeguata e la corretta funzione degli organi (Magdesian,
2004).
Un buon marker deve possedere alcune caratteristiche come: elevata
accuratezza (valori predittivi positivi e negativi), facilità e rapidità di
acquisizione, buona riproducibilità, rapidità nei cambi di risposta in
relazione ai cambiamenti delle condizioni cliniche e della
rianimazione (Sanz et al., 2002).
Dato che i segni clinici nel neonato sono molto aspecifici rispetto
all’adulto, è importante partire da una buona anamnesi, seguita da
una rapida valutazione clinica del puledro, che presenti particolare
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riguardo per gli apparati respiratorio e cardiocircolatorio (Corley e
Axon, 2005).
1.2 PARTICOLARITÀ DEL PULEDRO NEONATO
Il puledro neonato presenta alcune differenze fisiologiche rispetto
l’adulto, che lo caratterizzano nei primi giorni di vita.
1.2.1 SISTEMA RESPIRATORIO
Frequenza respiratoria: La frequenza respiratoria normale nel
puledro, subito dopo la nascita, è di 60/80 atti respiratori al minuto
ma, entro il primo giorno di vita, decresce a 20/40 atti/min.
Caratteri del respiro: Nonostante molti puledri abbiano un pattern
respiratorio normale, alcuni, quando dormono profondamente,
possono presentare periodi di apnea alternati a periodi di tachipnea.
Auscultazione: A causa della sottile parete toracica, il murmure
respiratorio è fisiologicamente rinforzato. I rumori delle prime vie
possono essere erroneamente attribuiti a stati patologici polmonari e
nell’immediato post-partum, è normale udire crepitii diffusi nell’area
di proiezione polmonare (Vaala, 2006). Per questi motivi
l’auscultazione non è ritenuta essere un parametro valido per rilevare
patologie respiratorie a carico delle basse vie. Spesso si sentono solo
lievi anormalità nonostante ci siano importanti patologie a carico del
polmone (Bernard e Reimer, 1994).
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1.2.2 SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO
Frequenza cardiaca: Il neonato, a riposo, presenta una frequenza
cardiaca di 70/100 BPM. Il ritmo in genere è regolare ma, nelle prime
ore di vita, può essere presente un’aritmia sinusale. Se è presente
tachicardia, non associata a eccitamento o dolore, la si può
interpretare come segno precoce di sepsi o d'ipocalcemia. La
bradicardia può essere imputabile a ipotermia, ipercalemia o
ipoglicemia (Vaala, 2006). Nel puledro ipovolemico, a causa della
risposta incostante a tale condizione, la frequenza cardiaca può dare
problemi di interpretazione (Corley e Axon, 2005).
Caratteri del polso: Spesso l’ipotensione è associata a polso debole
ma, anche in condizioni d’ipovolemia, questo può essere normale
perché il rilievo del polso debole rappresenta un calo della differenza
tra pressione sistolica e diastolica, indipendente dai loro valori
assoluti. Se la pressione diastolica è marcatamente diminuita, ma
gittata e contrattilità cardiaca sono tali da compensare la caduta di
pressione, il polso può mantenersi valido (Corley e Axon, 2005).
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Mucose: Le mucose devono apparire rosa carico e con tempo di
riempimento capillare (TRC) di 1-2 secondi. Tradizionalmente la
valutazione delle mucose è un buon parametro per indicare lo stato
del circolo:
- Mucose rosse con rapido TRC sono associate a “shock
iperdinamico”, inteso come vasodilatazione periferica
associata a buon output cardiaco;
- Mucose pallide o bianche sono indicative di vasocostrizione o
anemia;
- Mucose porpora con prolungato TRC indicano scarso output
cardiaco e scarsa perfusione periferica;
- Mucose secche indicano disidratazione;
- TRC prolungato indica ipovolemia;
Nel puledro neonato nessuna di queste considerazioni è
necessariamente valida: le modificazioni di colore sono frequenti e
hanno scarsa correlazione con lo stato emodinamico (Corley, 2003).
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1.3 PARAMETRI UTILI AL MONITORAGGIO
Tenendo in considerazione le particolarità del neonato fin qui
illustrate, è facile immaginare le difficoltà che si possono presentare
valutando l’animale attenendosi al solo esame clinico come
strumento diagnostico. Nei primi giorni di vita del puledro, per
aiutare il clinico a comprendere lo stato dell’animale è fondamentale
selezionare alcuni parametri utili per il monitoraggio. Una volta
selezionati, tali parametri devono essere controllati a intervalli
regolari, in modo da poterne valutare l’andamento, per permettere al
clinico di correggere la terapia tempestivamente al variare delle
condizioni dell’animale (Magdesian, 2004).
1.3.1 MONITORAGGIO DEL SISTEMA RESPIRATORIO
Parametri utili alla valutazione del sistema respiratorio si possono
ottenere mediante l’emogasanalisi arteriosa e la pulsossimetria:
Emogasanalisi: Il campione di sangue per l’emogasanalisi può
essere ottenuto dalle arterie metatarsale, facciale, carotidea, mediana,
brachiale e femorale. Da tale esame si ricavano le pressioni parziali
di ossigeno (PaO
2
) e anidride carbonica (PaCO
2
):
La PaO
2
riflette la capacità di ossigenazione polmonare ed è
indipendente dalla concentrazione di emoglobina. Valori al di sotto di
80 mmHg indicano ipossiemia e sono correlati con saturazione
d’ossigeno (SaO
2
) inferiore al 95%. La posizione del puledro
influenza enormemente i valori ottenuti dall’emogasanalisi: lo stesso
puledro messo in stazione dopo decubito laterale prolungato può
presentare un aumento di PaO
2
superiore ai 10 mmHg.
La PaCO
2
in puledri sani, in piedi, è pari a 45.2±2.5 mmHg, mentre
in decubito sale a 48.1±3.82 mmHg. La tensione dell’anidride
carbonica, misurata sul versante venoso, risulta essere da 3 a 6
mmHg superiore a quella arteriosa.
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L’emogasanalisi permette, oltre alla valutazione dei parametri
gassosi, anche la valutazione di pH, concentrazione di bicarbonati e
deficit di basi che sono altri marker utili per valutare l’ossigenazione
tissutale (Magdesian, 2004).
Pulsossimetria: Permette di stimare la saturazione dell’emoglobina
e, data la disponibilità di strumenti portatili, è l’ideale per le
condizioni di campo. Una SaO
2
inferiore al 95% è correlata a
ipossiemia, considerando una curva di dissociazione dell’emoglobina
normale. I neonati possono avere valori al di sotto di questo livello
durante il primo giorni di vita, specialmente se costretti in decubito
laterale (Magdesian, 2004).
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1.3.2 MONITORAGGIO DEL SISTEMA CIRCOLATORIO
Per stimare lo stato del circolo si possono prendere in considerazione
diversi parametri. Ad esempio, può essere d’aiuto valutare la
temperatura delle estremità: esse devono essere calde e con polso
apprezzabile, un polso filiforme preannuncia collasso
cardiocircolatorio (Vaala, 2006). Due importanti marker per valutare
lo stato del circolo sono pressione arteriosa e output urinario:
Pressione arteriosa: Dato che misurare il flusso ematico è poco
pratico, per stimarlo si utilizza la pressione arteriosa, che è
strettamente correlata ad esso finché le resistenze vascolari non sono
alterate. La pressione arteriosa media (MAP) deve essere superiore a
50/60 mmHg per assicurare adeguato flusso cerebrale, polmonare e
coronarico (Magdesian, 2004).
Se all’esame iniziale la pressione è ridotta, possiamo sospettare
ipovolemia. È importante sottolineare che ristabilire la normale
pressione sanguigna non significa ripristinare la normale volemia e la
normale perfusione, perché le prime risposte dell’organismo
all’ipovolemia sono la vasocostrizione periferica e la riduzione della
produzione urinaria. Al ricovero la pressione può essere normale a
causa dello stress dovuto al trasporto, ma in seguito si può sviluppare
ipotensione (Corley e Axon, 2005).
Output urinario: È indicatore del flusso renale, quindi può essere
utilizzato come marker indiretto della perfusione agli organi e per
equilibrare i fluidi. Ipovolemia e patologie renali possono risultare in
un calo dell’output urinario che può essere evidenziato facendo la
differenza tra fluidi somministrati e urine emesse. In un puledro
normale la produzione urinaria è approssimativamente di 6 ml/kg/h,
un’importante differenza tra input e output (maggiore di 1-2 ml/kg/h)
merita di essere investigata: possibili cause sono ipovolemia,
insufficienza renale, uroperitoneo, disordini della minzione e
ostruzioni uretrali. Un puledro normale produce urine con peso
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specifico ipostenurico (<1.008) con range compreso tra 1.001 e
1.027. In caso di insufficienza renale, le urine sono isostenuriche, in
corso di ipovolemia sono iperstenuriche (Magdesian, 2004).
Hussain (2003), riferendosi all’uomo, afferma che la normalizzazione
dei segni vitali, come pressione sanguigna, produzione d’urine e
frequenza cardiaca, non è abbastanza affidabile per poter costituire il
punto di arrivo della rianimazione.
Questo vale a maggior ragione nel puledro neonato, in cui molti segni
clinici affidabili nell’adulto sono incostanti. È quindi importante
riconoscere i limiti dell’esame clinico e combinare le osservazioni ad
altri dati (Corley, 2003). È importante trovare nuovi parametri utili e
cercare di perfezionare i sistemi di monitoraggio, perché affinandoli
si aumenta il livello di cure e si migliorano le possibilità di
sopravvivenza dei pazienti (Magdesian, 2004).
Altro importante parametro di monitoraggio che sta guadagnando
consensi in medicina veterinaria, di cui si parlerà in maniera più
approfondita nei prossimi capitoli, è il lattato ematico, le cui
principali qualità sono la sensibilità e la rapidità di determinazione
(Sanz et al., 2002).
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Capitolo 2
2.1 IL METABOLISMO DEL LATTATO
Il lattato è il prodotto finale del metabolismo aerobio e anaerobio del
glucosio ed esiste in due forme: l’isomero L, prodotto dai mammiferi
e l’isomero D, prodotto in prevalenza dagli organismi procarioti.
In condizioni normali, il metabolismo aerobio utilizza il piruvato
attraverso il ciclo di Krebs per formare 38 molecole di ATP.
Per permettere la corretta funzionalità di questa via sono necessarie:
- corretta funzionalità della piruvato deidrogenasi (PDH)
- ampia disponibilità di substrato (glucosio) e di ossigeno
- mitocondri funzionanti
Quando l’organismo si trova in carenza di ossigeno, il piruvato non
può entrare all’interno del ciclo di Krebs così, per continuare a
produrre energia, è trasformato in lattato producendo 2 molecole di
ATP (Franklin e Peloso, 2006).
Solo quando l’ossigeno sarà nuovamente disponibile, a patto che la
funzione mitocondriale sia preservata, il lattato accumulato verrà
riconvertito a piruvato in modo che possa nuovamente accedere al
ciclo di Krebs (De Backer, 2003).
Per poter meglio comprendere il metabolismo del lattato occorre,
aver chiari i processi metabolici che, direttamente o indirettamente,
influenzano l’equilibrio del lattato. Tali processi sono glicolisi, ciclo
di Krebs e fosforilazione ossidativa, ciclo di Cori.
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GLICOLISI
Fig. 2.1: Glicolisi (Mayes, 2000a).
Le reazioni che si svolgono in questo ciclo sono le stesse sia in
condizioni di aerobiosi che di anaerobiosi, ma cambiano tempi e
prodotti finali. In assenza di ossigeno non è possibile la riossidazione
del NADH in NAD
+
, se non attraverso la riduzione accoppiata del
piruvato a lattato. Quindi anche in anaerobiosi può avvenire la
glicolisi ma, per ottenere la stessa energia, si deve utilizzare molto
più glucosio e si ha accumulo di lattato. Tutti gli enzimi della
glicolisi sono contenuti nella matrice extramitocondriale (citosol).
La piruvato deidrogenasi permette al piruvato, mediante sua
trasformazione in acetilCoA, l’entrata nel ciclo di Krebs (Mayes,
2000a).