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ABSTRACT
During the kick off of the monitoring activities in the “Isola di Bergeggi” MPA
we investigated the state of hard bottom subtidal benthic assemblages at
depths ranging between 5 and 20 m, in the three zones subjected to a
different protection regime. Surveys were carried out adopting two visual
sampling techniques that sample a different extent of the bottom surface:
visual quadrats and Point Intercept Transects (PITs). We identified all taxa
within the sampled area and we evaluated their cover and their relative
frequency. We compared the two methods for assessing which one works
better for monitoring a MPA. We also analysed differences between data
collected as cover and that collected as frequency
To investigate similarity between sampling sites, cover data and frequency
data for each species (or higher ranked taxon), collected with both PIT and
quadrats, were compared using multivariate analyses (MDS, Cluster analysis,
SIMPER). On the basis of the number of species (or taxa) obtained in each
replicate we also calculated the Dispersion Coefficient, in order to analyse
effect of the size of sampling area on the dispersion between replicates.
Results highlighted a high variability between quadrat replicates that hides
the real differences existing between sampling sites. To overcame this limit a
higher number of replicates would be necessary, with a consequent increase of
the amount of time spent underwater. On the contrary, PITs present a low
variability between replicates, because of their larger sampling size, and an
excellent ability detect differences among sites.
When comparing cover data with frequency data, we did not find any
significant difference between the two descriptors. However, we suggest the
use of frequency to characterize benthic assemblages because it requests a
comparatively lower time for collecting data.
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INTRODUZIONE
Nonostante l'Isola di Bergeggi rientrasse nell'elenco delle aree di reperimento
della legge 349/91, l'Area Marina Protetta “Isola di Bergeggi” è stata istituita
solo nel 2007, con il Decreto Ministeriale 7/5/2007. L'area è suddivisa in zone
sottoposte a diverso regime di tutela, stabilite sulla base delle caratteristiche
ambientali e della situazione socio-economica presenti.
In ottemperanza del Regolamento di esecuzione ed organizzazione allegato al
Decreto istitutivo (ex Articolo 28, comma 6, l. 979/82), l'ente gestore dell'AMP,
in questo caso il comune di Bergeggi, è tenuto a regolamentare le attività di
pesca sportiva e professionale, le immersioni subacquee, la balneazione, la
navigazione, nonché a promuovere la ricerca scientifica, la didattica, la
divulgazione ed a svolgere un attento monitoraggio dell'ambiente.
Nel 2006, l'ente gestore dell'AMP ha affidato all'Università di Genova, ed in
particolare al DipTeRis, il compito di produrre una carta aggiornata delle
biocenosi marine, indispensabile strumento di partenza per pianificare
qualsiasi intervento di gestione all'interno di un'area marina protetta; nella
relazione finale di questa attività (Bianchi et al., 2007) sono stati anche
ipotizzati e proposti una serie di possibili scenari per il monitoraggio dei
diversi comparti ambientali presenti nell'AMP di Bergeggi, riassunti in Tabella
1.1.
E' stata messa a fuoco, innanzitutto, la necessità di effettuare un
monitoraggio della frequentazione antropica della zona e delle attività svolte
nell'area costiera, per tenere sotto controllo le potenziali cause di alterazione
degli ecosistemi marini: la balneazione, il diportismo nautico (compresi gli
ancoraggi), l'attività subacquea e la pesca, sia professionale sia sportiva.
Associato a questo, è però necessario affiancare un monitoraggio delle
biocenosi su cui le attività precedenti insistono, per indagare la presenza di
eventuali impatti, tenendo in considerazione le carte tematiche prodotte
nell'ambito del lavoro sopra citato.
Per quanto riguarda questa tesi, l'attenzione è stata focalizzata sul
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monitoraggio dei fondi rocciosi dell'AMP “Isola di Bergeggi”, già oggetto di
numerosi studi negli ultimi anni (Parravicini, 2003, 2006 ; Asnaghi, 2004;
Mangialajo et al., 2004, 2007; Montano, 2004; Alfonso, 2005; Ciribilli, 2005;
Seveso, 2005; Bellati, 2006; Croci, 2006; Parravicini et al., 2006 a, b). Questi
lavori hanno evidenziato, da un lato, l'elevata qualità ecologica delle
associazioni algali della frangia infralitorale, ma dall'altro hanno messo in luce
l'elevato degrado causato dalla pesca al dattero di mare Lithophaga
lithophaga in molte zone delle falesie all'interno dell'AMP. Inoltre, come è
possibile osservare dalla carta delle biocenosi marine prodotta in Bianchi et
al. (2007), l'AMP è interessata dalla recente invasione da parte dell'alga verde
invasiva Caulerpa racemosa, il cui areale sembra essere in rapida espansione
su tutti i fondali della zona; la sua proliferazione può determinare
un'alterazione degli ecosistemi del tutto comparabile ad un inquinamento
(Boudouresque e Verlaque, 2002). Un ulteriore aspetto d'interesse legato
all'ecologia delle biocenosi bentoniche di scogliera, è rappresentato dagli
eventuali impatti che possono derivare dalla frequentazione di alcuni siti
d'immersione da parte di subacquei ricreativi. Il turismo subacqueo è una
delle principali attività praticabili all'interno di un'AMP e, se opportunamente
gestito, può apportare introiti significativi agli enti gestori. Tuttavia, gli
organismi bentonici tollerano in maniera differente i potenziali impatti
derivanti dalla presenza dei subacquei (urti, abrasioni, emissione di bolle
d'aria, risospensione di sedimento), pertanto è importante stimare l'entità
della vulnerabilità delle biocenosi, anche al fine di quantificare la capacità
portante (numero di immersioni per sito per anno) dei siti d'immersione.
Il monitoraggio dei fondi rocciosi è stato, quindi, impostato in maniera da
perseguire i seguenti obbiettivi: 1) valutazione dello stato di salute dei
popolamenti di alghe fotofile infralitorali; 2) valutazione delle conseguenze
della pratica della pesca del dattero di mare (Lithophaga lithophaga); 3)
monitoraggio dell'espansione dell'alga verde invasiva Caulerpa racemosa; 4)
valutazione dell'impatto della frequentazione da parte dei subacquei. Per
rispondere ai primi due obbiettivi si è deciso di effettuare rilevamenti non
distruttivi su fondi duri relativamente superficiali, appartenenti al piano
infralitorale superiore (intorno ai 5 m di profondità), perché le attività di
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pesca del dattero si concentrano principalmente a questa batimetria. Per il
monitoraggio dell'espansione di C. racemosa, invece, i rilevamenti sono stati
condotti intorno ai 10 m, profondità a cui era stato segnalato nel 2007 il suo
massimo sviluppo. Per indagare gli effetti del turismo subacqueo, infine, i
rilevamenti sono stati condotti ad una profondità maggiore (circa 20 m), in
alcuni tra i siti più esposti a questo genere di attività.
Negli studi di ecologia del benthos, e in particolar modo nelle aree marine
protette, è di gran lunga preferibile l'impiego di tecniche di rilevamento non
distruttive, al fine di preservare l'integrità dell'habitat oggetto di studio. Per
le attività di monitoraggio nell'AMP “Isola di Bergeggi” si è pertanto scelto di
utilizzare due tecniche di rilevamento non distruttive: i quadrati visuali ed i
transetti ad intercetta puntuale (PIT) (Bianchi et al., 2004).
Lo scopo principale di questa tesi è il confronto fra le due metodologie di
rilevamento utilizzate. Si è cercato di valutare se i due metodi abbiano fornito
dati di ricoprimento e di frequenza delle specie fra loro paragonabili, e se
siano eventualmente presenti altri fattori che determinano differenze che
possano far preferire una tecnica invece dell'altra, nell'ambito di un
programma di monitoraggio dei popolamenti bentonici di substrato roccioso.
Scopo secondario è invece quello di fornire i risultati scaturiti dalla prima
attività di monitoraggio dell'AMP, per quanto riguarda, in particolare, le
quattro problematiche (stato dei popolamenti algali infralitorali, conseguenze
del datteraggio, espansione dell'alga verde invasiva C. racemosa, vulnerabilità
alla frequentazione subacquea) emerse in Bianchi et al. (2007) nell'ambito
della relazione preliminare all'istituzione dell'AMP “Isola di Bergeggi”.
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1. Il monitoraggio nelle AMP
Negli ultimi decenni le Aree Marine Protette sono diventate le più accreditate
forme di conservazione e gestione dell'ambiente marino. Si tratta di un
approccio rivolto al controllo degli impatti umani, che può apportare molti
benefici socio-economici, oltre che ambientali, purtroppo raramente facili da
quantificare (Palumbi, 2001). Il concetto di AMP è stato applicato in maniere
molto diverse nei vari stati, ed include una grande varietà di schemi di
gestione. La scelta dei siti e la progettazione sono spesso basate sulla
convenienza piuttosto che su criteri ecologici, e la valutazione dell'effetto
riserva produce frequentemente risultati incerti e talvolta contraddittori
riguardo alle conseguenze ecologiche della protezione. Ciò accade perché non
vengono definiti chiaramente gli obbiettivi della riserva, oppure perché ve ne
sono di multipli o conflittuali; raramente è una sola la ragione per cui un'area
protetta è stata istituita. Queste difficoltà nella valutazione dell'effetto della
protezione possono essere superate ideando un appropriato piano di
campionamento, distinguendo tra l'influenza della gestione e l'intrinseca
variabilità dei sistemi ecologici dovuta a fattori diversi dalla protezione. Per
comprendere meglio gli effetti dell'attività antropica sull'ambiente marino
costiero è particolarmente utile il confronto con aree non protette, o tra aree
soggette a diverso regime di protezione (Fraschetti et al., 2002).
1.1. Il monitoraggio della biodiversità
Di fondamentale importanza, anche ai fini della valutazione dell'effetto
riserva, sono le attività di monitoraggio della biodiversità, ormai riconosciuta
diffusamente come indicatore dello stato di salute dell'ambiente e del
funzionamento degli ecosistemi (Bianchi, 2002). In un'AMP questo tipo di
monitoraggio deve comprendere l'inventario delle specie e dei biotopi ed il
controllo dei cambiamenti nel breve periodo (stagionali o annuali).
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L'inventario è innanzitutto un'indagine preliminare all'istituzione dell'AMP:
fornisce l'elenco delle specie (o, se non è possibile identificarle, dei taxa
superiori) presenti e le cosiddette carte bionomiche, che rappresentano
l'insieme di tutti i biotopi bentonici censiti nell'area cartografata. Non è però
da sottovalutare anche l'utilità di un inventario diacronico, ripetuto nel
tempo, perché gli ecosistemi marini sono in continuo divenire, e manifestano
cambiamenti che avvengono spesso a scale temporali più brevi rispetto a
quanto ci si aspetti. Un lavoro così accurato, tuttavia, richiede grandi sforzi,
in termini di tempo, di operatività e di costi, soprattutto perché sono
necessarie molte immersioni subacquee da parte di operatori qualificati nel
riconoscimento delle specie. Per ovviare a questi problemi, le attività di
controllo, realizzate annualmente o stagionalmente, focalizzano la loro
attenzione su un numero ridotto di specie e di biotopi, rilevando anche
qualche parametro quantitativo come le dimensioni e la struttura delle
popolazioni. In questo modo si cerca di definire il più rigorosamente possibile
la quantità e lo stato di conservazione dei gruppi selezionati, fornendo una
misura, abbastanza immediata e di facile comprensione per il pubblico,
dell'effetto riserva. Il tipo di campionamento da adottare per il controllo della
biodiversità, come anche per l'inventario, privilegia tecniche non distruttive:
la fotografia permette di avere un campione “fisico” che deve poi essere
analizzato in laboratorio; il censimento visivo viene effettuato con conteggi
lungo transetti o all'interno di superfici (quadrati) o volumi definiti ed è utile
per gli organismi del macrobenthos sessile o poco mobile e per la fauna ittica,
ma è applicabile all'infauna solo indirettamente (conteggio delle tane o di
segni visibili sulla superficie dei sedimenti) e non è assolutamente utilizzabile
per la minuta fauna vagile e per il plancton (ad eccezione del macroplancton
gelatinoso).
Quando poi ci si pone il quesito su quale debba essere l'oggetto del
monitoraggio, sono possibili diverse risposte a seconda dello scopo che si sta
perseguendo.
Nel caso del controllo dello stato della consistenza delle popolazioni di
determinate specie, può essere utile che queste ultime appartengano a delle
categorie a rischio, che in biologia della conservazione vengono distinte in tre
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situazioni: specie in pericolo, che sono in via di estinzione; specie minacciate,
che rischiano di scomparire in un prevedibile futuro; specie endemiche, che
presentano un'area di distribuzione limitata. Per ragioni sia scientifiche sia di
opportunità, ovvero per facilitare la comprensione e il consenso dell'opinione
pubblica e delle popolazioni, le azioni di controllo si concentrano su categorie
quali pesci ed altri vertebrati, grandi molluschi, crostacei decapodi ed
echinodermi; questi organismi si trovano in posizioni elevate nelle catene
alimentari e per questo esercitano un controllo top-down nel funzionamento
degli ecosistemi (specie chiave). Non sono da tenere in minor considerazione,
tuttavia, quelle specie che invece danno forma al paesaggio sommerso
(gorgonie, posidonie, grandi feoficee) o edificano bioermi (alghe corallinacee,
invertebrati biocostruttori), esercitando un controllo bottom-up sugli
ecosistemi (specie strutturanti). Entrambi i gruppi di specie, strutturanti e
chiave, hanno la caratteristica di modificare l'ecosistema.
Per quanto riguarda le attività di inventario diacronico delle specie, le priorità
andrebbero stabilite soprattutto in termini di efficienza. Essendo impossibile
censire tutte le specie viventi nell'AMP, ci si concentra su quelle che
appartengono a gruppi che possano essere utilizzati come descrittori efficaci
della biodiversità. I gruppi tassonomici individuati devono comprendere
numerose specie ed avere dimensioni mediamente cospicue, oltre ad un'ampia
ripartizione nei diversi biotopi dell'AMP; devono essere di identificazione
abbastanza agevole ed essere facili da campionare, possibilmente con metodi
non distruttivi. I pesci ed alcuni molluschi sono tra i gruppi più idonei, perché
le alghe e la maggior parte degli invertebrati richiedono l'intervento di
specialisti.
Riguardo, infine, al monitoraggio dei biotopi, bisogna innanzitutto considerare
che per l'opinione pubblica non è ancora ben chiaro che protezione dei biotopi
e protezione delle specie sono in realtà due facce della stessa medaglia, e che
molto probabilmente se si agisce sui primi si ottengono effetti anche sulle
biocenosi. Nonostante la maggior parte dei biotopi marini in Mediterraneo sia
attualmente in pericolo, gli unici habitat ad essere considerati degni di
protezione dalla Comunità Europea (in base alla Direttiva Comunitaria n. 43
del 21 maggio 1992, la cosiddetta Direttiva “Habitat”), e di conseguenza dalle
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normative nazionali, sono le praterie di Posidonia oceanica. Risulta quindi
necessario effettuare controlli periodici sulle praterie di Posidonia oceanica,
ma è altrettanto importante fare controlli anche su scogliere sommerse,
coralligeno e grotte, monitorandone l'estensione, lo stato di salute e le
principali caratteristiche chimico-fisiche. Le attività di inventario diacronico,
invece, dovrebbero prendere in considerazione tutti i biotopi presenti
all'interno dei confini dell'AMP, compresi i fondali sabbiosi, fangosi e detritici.
1.2. Procedure di monitoraggio
Il decreto istitutivo dell'AMP affida all'ente gestore il monitoraggio delle
condizioni ambientali e socio-economiche dell'area, che a sua volta si avvale
di esperti del settore. La definizione dei parametri da monitorare e delle
procedure operative, in Italia, non sono ancora puntualmente definite. La
principale normativa di riferimento è il D.L. 152/99 “Disposizioni sulla tutela
delle acque dall'inquinamento”, in cui lo stato della qualità ambientale viene
definito in base alla natura fisica e chimica di acque e sedimenti, alle
caratteristiche del flusso idrico e, in maniera prioritaria, allo stato delle
biocenosi presenti nell'ecosistema, affrontando materie d'indagine nuove
rispetto alla L. 979/82 (Interventi per la difesa del mare). Nel 2001 l'ICRAM,
nell'ambito del Programma di monitoraggio per il controllo dell'ambiente
marino costiero (triennio 2001-2003), ha realizzato un volume di Metodologie
analitiche di riferimento (Cicero e Di Girolamo, 2001), con lo scopo di
uniformare e rendere comparabili misure ed analisi provenienti dai piani
regionali di monitoraggio del sistema marino-costiero. Sono previste analisi
per monitorare l'acqua (trasparenza, ortofosfati, nitriti, nitrati, ammoniaca,
silicati, azoto e fosforo totali), il plancton (fitoplancton e mesozooplancton), i
sedimenti (contenuto d'acqua, granulometria, carbonio totale ed organico,
sostanza organica, spore di clostridi solfitoriduttori, TBT, composti
organoclorurati, IPA, metalli, saggi biologici), il biota (Protocollo Mussel
Watch) ed il benthos (comunità di fondi mobili e delle praterie di P. oceanica).
In riferimento ai comparti ambientali presenti nell'AMP Isola di Bergeggi,
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esistono metodiche di monitoraggio consolidate scientificamente e recepite
nelle legislazioni soltanto per le praterie di Posidonia oceanica. Un altro
ambito nel quale si sono concentrati svariati lavori è la fauna ittica (Francour,
1994; Claudet et al., 2006), molto utilizzata nella valutazione dell'“effetto
riserva” anche perché, insieme a grandi molluschi, crostacei decapodi,
echinodermi e vertebrati, rappresenta uno dei gruppi più noti ed
“interessanti” per il grande pubblico.
Pochi sono, invece, gli studi indirizzati ad indagare l'effetto della protezione
sulle specie bentoniche di substrato duro, ed in gran parte essi hanno
utilizzato dati provenienti da lavori riguardanti le cascate trofiche, in cui si
ipotizza che il benthos sia influenzato dalla protezione attraverso le
interazioni trofiche con i predatori (Guidetti, 2006; Cardona et al., 2007;
Guidetti et al., 2008; Barrett et al., 2009); questi studi propongono di
collegare fra loro la variazione della pressione della pesca, che influenza
l'abbondanza e la taglia media dei pesci carnivori, e l'impatto sui livelli trofici
inferiori, quindi sul comparto bentonico. Ad esempio, in alcune AMP è stata
riscontrata una diminuzione dell'abbondanza dei ricci in seguito ad un
aumento dell'abbondanza e della taglia dei predatori, ed una conseguente
crescita della densità di macroalghe erette (Sala e Zabala, 1996; Salomon et
al., 2002), anche se monitoraggi a lungo termine hanno mostrato un'elevata
variabilità inter-annuale nei popolamenti di ricci, suggerendo che è necessario
considerare anche altri fattori oltre alla pressione predatoria (Sala et al.,
1998).
Altri lavori hanno indagato gli effetti della riduzione della pesca attuata
direttamente sui ricci di mare, e in particolare su Paracentrotus lividus.
Variazioni nella popolazione di questi erbivori nelle zone a riserva parziale e
totale hanno ovvi effetti sulla copertura algale, e conseguenze indirette anche
sull'altra specie chiave nell'ecologia dei popolamenti ad alghe fotofile, Arbacia
lixula (Gianguzza et al., 2006).
Attualmente, esiste solo una procedura di monitoraggio dei fondi rocciosi
superficiali, rivolta in particolare alla valutazione della qualità delle acque
basata sulla cartografia delle comunità macroalgali di fondo duro nei piani
mesolitorale e infralitorale superiore (CARLIT) (Ballesteros et al., 2007). Essa
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