una strategia competitiva”, che racchiude le logiche
competitive maggiormente diffuse e applicate, risultato di una
morbosa attenzione delle teorie di management sul come
vincere in mercati esistenti, ovvero sul come erodere quote di
mercato a scapito dei concorrenti. Distinguendo l’analisi tra
prospettiva esterna e interna, rispetto all’unità di analisi
rappresentato dall’impresa, identifico i principali strumenti
analitici utili a identificare le opportunità e le minacce del
settore, nonché i punti di forza e di debolezza rappresentati
dalle risorse e capacità delle imprese facenti parte della
sistema di creazione del valore per il cliente. Obiettivo di tale
modello è la definizione del vantaggio competitivo in grado di
garantire all’impresa un posizionamento strategico stabile e
sostenibile nel tempo.
L’obiettivo del presente lavoro non è però quello di fornire al
lettore l’ennesimo trattato di strategia competitiva visto e
rivisto in tutti i libri di management, ma quello di spronarlo a
comparare le caratteristiche critiche di questo modello con
quelle dell’ambiente competitivo in cui l’impresa globalmente
opera, descritte nella seconda parte, facendogli sorgere il
dubbio sull’adeguatezza e sulla completezza del modello ad
ottimizzare le caratteristiche e le opportunità di business che
si delineano dalla globalizzazione e dall’utilizzo delle nuove
tecnologie. La mia risposta a questo confronto è descritta
5
nella terza parte, in cui identifico un nuovo modello di
definizione di una strategia competitiva che non ha più
l’obiettivo di garantire un posizionamento strategico stabile,
ma quello di definire il vantaggio competitivo come fonte del
riposizionamento strategico dell’impresa all’interno di un
nuovo contesto competitivo, di cui l’impresa stessa ne ha
definito le regole e in cui l’impresa vince senza competere.
Abbracciando la teoria della distruzione creatrice di
Schumpeter e la visione strategica ricostruzionista, illustro,
seguendo sempre la distinzione tra le prospettive esterna e
interna, nuovi comportamenti strategici che mirano alla
ridefinizione dei confini di mercato e al rinnovamento delle
competenze distintive attraverso la capacità dell’impresa di
organizzare la creazione del valore con il cliente ( e non per il
cliente). Si viene così a delineare un nuovo concetto di
strategia competitiva che mira alla riconfigurazione del
business, attraverso l’identificazione di nuovi fattori
competitivi di mercato e attraverso lo sfruttamento delle
relazioni reciproche e dinamiche di nuovi attori economici, che
grazie alla globalizzazione e allo sfruttamento delle nuove
tecnologie, si trovano oggi ad interagire e ad integrarsi l’uno
con l’altro nel sistema più ampio della costellazione del valore.
Tale nuovo modello, che denomino “modello di definizione di
una strategia competitiva basato sulla riconfigurazione del
6
business”, racchiude il pensiero strategico dei uno dei
principali guru della strategia aziendale, ovvero di Richard
Normann, nonché di una delle ultime opere che ha sconvolto il
modo di vedere la competizione, ovvero “Strategie Oceano
Blu” di W.Chan Kim e Renee Mauborgne, ed ha la presunzione
di innovare il modello tradizionale descritto nella prima parte,
fornendo una nuova visione della competizione, utile
all’impresa di ogni dimensione a sopravvivere nel lungo
periodo.
Ringrazio il Prof. E. Cavalieri per avermi concesso
l’opportunità di approfondire la tematica della strategia
aziendale che tanto mi appassiona.
7
“Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo
dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere,
quello è il trionfo massimo”
Generale Sun Tzu
8
Introduzione
Da uno studio condotto da Foster e Kaplan
1
, solo 74 delle 500
maggiori imprese statunitensi presenti nella lista S&P 500 nel
1957, lo sono ancora nel 1997. Il tempo di permanenza di
un’impresa nella lista S&P 500 si è violentemente ridotto,
passando da un’aspettativa di permanenza di 65 anni negli
anni 20 ad un’aspettativa compresa tra i 20 e i 10 anni nel
periodo recente (figura 1).
Figura 1: Vita media delle aziende presenti nell'indice S&P 500
Fonte: (Foster & Kaplan, 2001, p. 16)
1
(Foster & Kaplan, 2001)
9
Dal database di Mckinsey, che contiene le performance di
1008 aziende appartenenti a 15 comparti merceologici e che
analizza un arco di quasi 40 anni, dal 1962 al 1998, solo 160
aziende troviamo all’inizio e alla fine del periodo considerato.
Nel 1917 Forbes compilò la prima classifica delle 100 maggiori
aziende d’America, classificate per asset; nella classifica del
1987 delle 100 aziende del 1917, ben 61 avevano cessato di
esistere e delle 39 restanti, solo 18 sono riuscite a mantenersi
nel plotone delle prime 100. Le aziende sopravvissute, nel
periodo 1917‐1987, hanno complessivamente reso agli
investitori il 20% in meno del mercato: solamente due di esse,
GE e Kodak, hanno fatto registrare un tasso medio di crescita
di capitalizzazione di mercato, rispettivamente del 7.8 e del
7.7 %, superiore alla media (7.5%) del campione (grafico 2).
Nel 2020 l’indice S&P 500 sarà composto da più di tre quarti
di aziende che oggi non conosciamo
2
.
2
(Foster & Kaplan, 2001, p. 17)
10
Figura 2: Performance di lungo termine delle aziende sopravvissute
Fonte: (Foster & Kaplan, 2001, p. 10)
Da questi dati si capisce che l’azienda eccellente non esiste, e
che esse sono incapaci si avere prestazioni migliori del
mercato per più di 10‐15 anni. Le aziende descritte nel Libro
Search of Excellence di Peters, come quelle ottimamente
gestite, oggi non lo sono più. Come mai? Una possibile
risposta può venire dall’analisi del modo tradizionale di
competere e di intendere la strategia competitiva.
11
Parte I Pensiero strategico tradizionale
1. Modello tradizionale di definizione di una
strategia competitiva
In questo paragrafo, illustro il processo di definizione di una
strategia competitiva, secondo il pensiero strategico
tradizionale.
Prima di definire una strategia, i manager devono trovarsi
d’accordo sulle finalità dell’impresa (la mission), i risultati
futuri a cui aspira (la vision) e la bussola interna che ne
guiderà le azioni (i valori)
3
. La mission è una breve
dichiarazione, generalmente di una o due frasi, che definisce
perché l’impresa esiste e soprattutto cosa ha da offrire ai
diversi clienti. Un buon esempio è quello della Novartis, la
grande casa farmaceutica: «Vogliamo scoprire, sviluppare e
commercializzare con successo prodotti innovativi per
prevenire e curare le malattie, alleviare le sofferenze dei
malati e migliorarne la qualità della vita. Vogliamo anche
assicurare ottimi rendimenti ai nostri azionisti e ricompensare
adeguatamente coloro che investono idee ed energie nella
nostra società».
La vision è una dichiarazione concisa che definisce gli
obiettivi dell’impresa a medio‐lungo termine (3‐10 anni);
3
(Kaplan & Norton, 2008, p. 4‐6)
12
un esempio: «Vogliamo trovarci entro 5 anni tra il 25% degli
specialisti di maggior successo». Un altro esempio è la sfida
lanciata da Jack Welch quando divenne CEO della GE: tutte le
unità di business dovevano diventare il numero 1 o il numero
2 del proprio settore. Infine, i valori (spesso detti core values,
o valori fondanti) di un’impresa prescrivono l’atteggiamento,
il comportamento e il carattere dell’azienda. Le dichiarazioni
attinenti ai valori fondanti di un’impresa, che sono spesso
molto lunghe, descrivono gli atteggiamenti e i comportamenti
desiderabili che l’impresa intende promuovere, ma anche le
condotte vietate, come la corruzione e il conflitto di interessi,
che i dipendenti devono assolutamente evitare.
Questi elementi influenzano la definizione della strategia. Il
Cavalieri, definisce la strategia come “un insieme coordinato
di azioni che tendono a realizzare al massimo possibile, la
compatibilità prospettica tra strutture organizzative e
operative
4
e ambiente nel quale l’attività dell’impresa dovrà
svolgersi”
5
. Dominanza, flessibilità e integrazione
rappresentano le grandi direttrici verso le quali le strategie
4
Si definisce struttura organizzativa, il sistema delle complesse modalità attraverso la
quale l’impresa è capace di coordinare le forze al suo interno. Si definisce invece
struttura operativa, la composizione degli investimenti e delle fonti, nonché il sistema
delle complesse modalità attraverso le quali l’impresa è capace di svolgere le attività
necessarie a realizzare le proprie coordinazioni produttive. (Cavalieri, Variabilità e
strutture d'impresa, 2007, p. 11)
5
(Cavalieri, Variabilità e strutture d'impresa, 2007, p. 26)
13
d’impresa si orientano per fronteggiare il rischio
rispettivamente di variabilità ambientale, rigidità delle
strutture organizzative operative e variabilità interna, ma in
particolare, in questo lavoro, incentro l’analisi sulle strategie
verso la dominanza per il controllo della variabilità
ambientale, ovvero sulle strategie competitive.
Secondo il pensiero strategico tradizionale, definiamo la
strategia competitiva come la ricerca del vantaggio
competitivo come condizione di successo
6
, attraverso un
complesso di attività volte a garantire una compatibilità fra le
capacità specifiche di un’azienda e le esigenze competitive di
un settore, in maniera tale da stabilire un posizionamento
strategico duraturo e sostenibile nel tempo. Affianco al
contributo di Porter, che si definisce l’attrattività del settore
come fattore principale alla base del successo di un’azienda,
insieme alla particolare posizione assunta dalla stessa
all’interno del settore stesso
7
, bisogna tenere conto anche di
una prospettiva interno/esterno che esamina le risorse, le
capacità e le competenze interne dell’impresa.
Entrambi gli approcci sono quindi due facce di un solo quadro
competitivo, in cui il primo si concentra sulla definizione su
quali vantaggi competitivi bisogna creare per il successo in un
6
(Porter, Il vantaggio competitivo, 2004, p. 7)
7
(Porter, Il vantaggio competitivo, 2004, p. 7‐8)
14
determinato settore, il secondo su come crearli
8
;
dall’integrazione dell’analisi secondo la prospettiva
esterno/interno e interno/esterno, tenuto conto del suo
paese di origine e del comportamento dei concorrenti,
l’impresa definisce la sua strategia competitiva.
Per ogni fattore utile all’identificazione della strategia
competitiva, ho individuato i principali contributi e tecniche,
in particolare: nel paragrafo 1.1 vado a descrivere l’analisi
secondo la prospettiva esterno/interno, che si focalizza sull’
identificazione dei confini del settore nonché sulla sua
attrattività, attraverso l’analisi PEST (paragrafo 1.1.1) per lo
studio del macro‐ambiente, e attraverso l’identificazione dei
confini settoriali e l’analisi delle cinque forze competitive di
Porter, (paragrafo 1.1.2) per lo studio del settore di
riferimento. All’interno dello stesso settore si distinguono
inoltre i raggruppamenti strategici, (paragrafo 1.1.3), definibili
come un insieme d’imprese che adottano un comportamento
strategico sostanzialmente omogeneo, utili, secondo Porter, a
identificare le differenze di performance tra le imprese
all’interno dello stesso settore.
La definizione di una strategia competitiva in un contesto
competitivo mutevole, deve tener conto dei possibili effetti
dei cambiamenti nel settore e nell’impresa, ecco perché
8
(Day & Reibstein, 1998)
15
l’analisi deve coinvolgere ciascun possibile scenario di settore
(paragrafo 1.1.4).
L’output dell’analisi, secondo la prospettiva esterno\interno,
sono i fattori strategici del settore (FSS)
9
, che ne identificano
le opportunità e le minacce da considerare, in rapporto alle
risorse e capacità dell’impresa. Procedo, quindi, con la
descrizione dell’analisi secondo la prospettiva
interno/esterno, che influenzata dal contributo della
Resource Based View (RBV)
10
(paragrafo 1.2.1), è utile a
definire i fattori strategici interni (FSI), ovvero i principali
punti di forza e di debolezza dell’azienda, in termini di risorse
che essa dispone e di capacità di saper sfruttare tali risorse in
maniera efficiente ma soprattutto distinta dagli altri
concorrenti. Entrambi le analisi devono essere combinate con
lo studio del ruolo della nazione di origine dell’impresa
(paragrafo 1.3) e, in una prospettiva di interazione dinamica,
con l’analisi delle possibili reazioni dei clienti e dei concorrenti
(paragrafo 1.4) all’alternativa strategica che l’imprese decide
di conseguire, utilizzando a supporto tecniche utili come la
teoria dei giochi (paragrafo 1.4.1).
A questo punto l’impresa identifica il vantaggio competitivo
(paragrafo 1.5) e, con l’analisi della catena del valore
9
(Day & Reibstein, 1998)
10
(Wernerfelt, 1984)
16
(paragrafo1.5.1), definisce la strategia competitiva di base
11
(paragrafo 1.5.2) che adotta per conseguire tale vantaggio e
conquistare una quota difendibile del mercato. Le principali
strategie competitive di base sono: strategia di leadership di
costo (paragrafo1.5.2.1), strategia di differenziazione (1.5.2.2)
e strategia di focalizzazione (paragrafo 1.5.2.3).
1.1. Prospettiva esterno/interno:
identificazione dei fattori strategici di
settore.
L’importanza dell’analisi del settore, per la definizione di una
strategia competitiva coerente con le caratteristiche del
settore stesso, nasce da una forte influenza sul pensiero
strategico tradizionale, del paradigma strutturalista struttura ‐
condotta ‐ performance (SCP), che individua l’esistenza di un
flusso causale unidirezionale in cui la struttura di mercato,
determinata dalle condizioni della domanda e dell’offerta,
influenza la condotta dell’impresa, la quale a sua volta
determina la performance finale
12
, secondo il seguente
schema:
11
(Porter, La strategia competitiva: analisi per le decisioni, 1997)
12
La struttura di mercato si riferisce alle caratteristiche organizzative del mercato che
influenzano la natura della competizione. La condotta di mercato si riferisce agli
17
Figura 3 : Paradigma SCP
Fonte: elaborazione propria
Si tratta di un approccio di tipo deterministico, introdotto
dalla Scuola di Harvard negli anni 60, secondo il quale il
comportamento competitivo delle imprese che compongono
un settore, è il risultato delle caratteristiche strutturali dello
stesso. Nel contempo, le performances che le imprese
schemi di comportamento che le imprese seguono nell’adattarsi ai mercati in cui
operano (come acquirenti o come fornitori). La performance dell’impresa è
rappresentata dai risultati finali a cui l’impresa giunge in seguito al perseguimento
delle sue linee di condotta.
18