2
In questa direzione, un ruolo importante è stato svolto da due sentenze
della Corte Costituzionale del 2003.
Nel corso del presente lavoro di tesi, dopo una descrizione dell’evoluzione
storica e normativa delle Casse di Risparmio e delle Fondazioni bancarie, nel
primo capitolo si fornisce un’illustrazione della loro attività, idealmente
scomponibile in due sezioni: la gestione del patrimonio e l’attività erogativa,
quest’ultima finalizzata alla realizzazione degli obiettivi.
In questa prospettiva, diventa importante l’attività di programmazione sia
di lungo termine, attraverso il Piano Programmatico Pluriennale, che di breve
termine, per mezzo del Documento Programmatico Previsionale.
Nel secondo capitolo si analizzano gli interventi legislativi relativi
all’attività di rendicontazione della fondazione che si esplica attraverso la
pubblicazione, con cadenza annuale, dello Stato Patrimoniale, del Conto
Economico e della Nota Integrativa.
Posta l’esigenza di rafforzare il rapporto con la comunità di riferimento,
nel corso del lavoro, si dà evidenza agli strumenti di accountability con cui la
fondazione rende conto delle attività poste in essere e del grado di soddisfazione
dei bisogni avvertiti dalla comunità di riferimento.
A tal fine, a corredo del bilancio di esercizio, è prevista la redazione del
bilancio di missione, ed è, fortemente, consigliata la pubblicazione del bilancio
sociale.
Infine, nel terzo capitolo, si descrive l’attività di rendicontazione posta in
essere da una delle principali fondazioni in Italia: Fondazione Cariplo.
3
In particolare, oltre a una descrizione degli obiettivi, della storia e della
mission, si procede ad esaminare i documenti predisposti dalla Fondazione con
riferimento agli esercizi chiusi rispettivamente al 31 dicembre 2007 e al 31
dicembre 2008.
L’analisi in parola è condotta attraverso l’utilizzo di opportuni indicatori,
ponendo l’accento anche sulla rendicontazione socio – economica.
4
CAPITOLO 1
EVOLUZIONE E ATTIVITA’ DELLE FONDAZIONI
BANCARIE
1.1 – Origine ed evoluzione normativa delle fondazioni bancarie
Le fondazioni di origine bancaria sono realtà non profit istituite con la
legge 30 luglio 1990, n. 218 al fine di privatizzare le Casse di Risparmio,
ereditando da quest’ultime le attività di carattere sociale
1
.
In ambito europeo, la prima Cassa di Risparmio sorse ad Amburgo nel
1778, successivamente nel 1792 a Berna, in Inghilterra nel 1797 e a Basilea nel
1798.
Il fenomeno si diffuse anche in Italia nel periodo preunitario, dapprima nel
Lombardo – Veneto e successivamente nelle altre regioni centro – settentrionali
2
,
grazie all’esigenza avvertita dalle classi più abbienti di occuparsi delle
conseguenze sociali dello sviluppo economico.
L’operato delle Casse di Risparmio consisteva sia nel custodire i modesti
risparmi dei ceti più fragili economicamente che nel concedere piccoli prestiti,
educando tali categorie alla parsimonia e alla previdenza; in tale modo esse
agivano, al tempo stesso, sia sul piano economico che sociale.
1
Cfr. M. Milone, Il bilancio delle fondazioni bancarie, Cacucci Editore, Bari, 2002, pp. 14 – 20.
2
Cfr. F. A. Roversi Monaco, Le fondazioni casse di risparmio, Maggioli Editore, Rimini, 1998,
pp. 21 – 25.
5
Dopo un periodo iniziale in cui le nuove istituzioni erano dotate di piena
autonomia,
3
nel 1888 si pervenne a un riordino con la legge “Crispi”
4
e, nel 1890,
le Casse di Risparmio furono trasferite sotto il controllo pubblico.
1.1.1 – La riforma delle Casse di Risparmio: la legge “Amato” e i successivi
provvedimenti normativi
Le Casse di Risparmio continuarono a restare sotto il controllo pubblico
fino all’approvazione della legge delega n. 218 del 30 luglio 1990 (c.d. “legge
Amato”) e del successivo decreto legislativo n. 356 del 1990.
Tale riforma, denominata “privatizzazione fredda”
5
, aveva l’obiettivo di
dare maggiore trasparenza al sistema bancario separando l’attività economica
delle Casse di Risparmio da quella sociale, assegnando la prima alle aziende
bancarie e la seconda all’ente conferente
6
.
La legge stabiliva, in particolare, che l’ente conferente avrebbe mantenuto
una partecipazione di controllo nell’azienda bancaria, che diventava una società
per azioni, consentendo solo in casi eccezionali
7
, e comunque sotto la stretta
3
La struttura organizzativa e le modalità di intervento venivano stabilite in un atto di autonomia
privata, lo statuto.
4
La L. 5546 considerava le Casse di Risparmio come istituti di credito e li poneva sotto la
vigilanza del Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio.
5
Cfr. M. Rispoli Farina, Dall’ente pubblico creditizio alla società per azioni in “Rassegna
economica”, n. 3/1993, pp. 733. Secondo l’autore, la denominazione è dovuta al fatto che “il
legislatore non ha voluto attuare uno strappo definitivo con il precedente sistema” in quanto
emerge “un intento di procedere alla privatizzazione solo « formale» degli enti pubblici creditizi”.
6
Cfr. E.M.F. Emmanuele, Evoluzione e vicende delle fondazioni di origine bancaria, Edizioni
Scientifiche Italiane, Roma, 2004, pp. 31 – 37.
7
L’art. 2, comma 1, lett. d), legge n. 218 del 1990 specifica che la dismissione è ammessa “in casi
eccezionali, al fine di rafforzare il sistema creditizio italiano, la sua presenza internazionale, la
sua dimensione patrimoniale, e di permettergli di raggiungere dimensioni che ne accrescano la
capacità competitiva”.
6
vigilanza della Banca d’Italia e con l’approvazione del Consiglio dei Ministri, la
dismissione della stessa partecipazione
8
.
Inoltre, precisando che gli enti conferenti avrebbero dovuto perseguire
“fini di interesse pubblico e di utilità sociale preminentemente nei settori della
ricerca scientifica, della istruzione, dell’arte e della sanità”
9
, e pur vietando di
esercitare direttamente l’impresa bancaria, si stabiliva che gli stessi avrebbero
mantenuto l’amministrazione della partecipazione nella società per azioni
conferitaria fino a quando ne fossero stati titolari
10
.
Il sistema così delineato configurava una separazione tra attività profit e
non profit
11
, in cui l’ente conferente, dal possesso della partecipazione nella
società per azioni, avrebbe ottenuto le risorse necessarie a sostenere iniziative non
lucrative sia in settori considerati ad elevato interesse per la collettività, sia nei
tradizionali ambiti socio – assistenziali.
Tuttavia, anche se la legge Amato aveva provveduto ad attuare una
importante ristrutturazione del sistema bancario, verso la privatizzazione dello
stesso, furono necessari ulteriori provvedimenti normativi.
Il controllo totalitario nell’azienda bancaria sacrificava l’attività di molti
enti conferenti poiché spesso non riuscivano a conseguire un flusso di dividendi
congruo.
Di contro, lo sviluppo strategico della banca non era realizzabile in
presenza di un azionariato concentrato nelle mani degli enti conferenti e non
8
Cfr. M. Tieghi, Problemi e prospettive della riforma delle «fondazioni bancarie», EGEA,
Milano, 2000, pp. 17 – 20.
9
Art. 12, comma 1, lett. a), decreto legislativo n. 356 del 1990.
10
Art. 12, comma 1, lett. b), decreto legislativo n. 356 del 1990.
11
Cfr. S. Preda, Le prospettive delle Fondazioni bancarie e gli assetti proprietari del sistema
creditizio, in “Il risparmio”, n. 1/1996, p.15.
7
aperto al pubblico, e questo non permetteva operazioni di aumento di capitale che
consentissero di crescere dimensionalmente
12
.
Queste problematiche hanno portato le autorità competenti all’emanazione
del decreto legge n. 332 del 31 maggio 1994, convertito in legge il successivo 30
luglio, e della direttiva del Ministero del Tesoro del 18 novembre dello stesso
anno.
Con l’abrogazione di alcuni articoli del decreto legislativo 20 novembre
1990, n. 356 relativi alla permanenza del controllo dell’azienda bancaria
13
, l’art.
1, comma 7 del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332
14
implicitamente consentiva
agli enti conferenti di procedere alla dismissione della partecipazione, pur
riservando la fissazione dei criteri e le modalità di utilizzo dei relativi proventi a
un decreto del Ministero del Tesoro.
La Direttiva 18 novembre 1994 (c.d. “Direttiva Dini”) è stato un passo
significativo per il processo di privatizzazione del settore bancario, stabilendo
criteri e procedure volte alla dismissione delle partecipazione da parte degli enti
conferenti.
Questi ultimi dovevano diversificare il proprio attivo in modo tale che,
entro cinque anni, le risorse necessarie per la copertura degli scopi statutari
provenissero per almeno il 50 per cento da redditi diversi da quelli derivanti dalla
partecipazione di controllo, oppure che non più del 50 per cento del proprio
patrimonio fosse investito in azioni della società conferitaria
15
.
12
Cfr. S. Preda, op. cit., “Il risparmio”, n. 1/1996, pp. 16 – 17.
13
In particolare, sono stati abrogati l’articolo 13, commi 4 e 5, e gli articoli 19, 20, 21 del decreto
legislativo 20 novembre 1990, n. 356.
14
Intitolato “Norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello
Stato e degli enti pubblici in società per azioni”.
15
Cfr. art. 2, comma 2, Direttiva 18 novembre 1994.
8
La stessa Direttiva, oltre a fissare le modalità di impiego dei proventi
16
,
richiedeva agli enti di individuare gli specifici settori di intervento
17
, di adottare
entro il 31 marzo 1995 un regolamento riguardante i criteri per l’assegnazione dei
fondi
18
e di attuare il riassetto organizzativo dei propri organi collegiali
19
.
Alla luce delle nuove disposizioni, la diversificazione degli assetti
partecipativi degli enti conferenti prese avvio: su un totale di 81 enti, nel 1997, 4
di essi non avevano più partecipazioni nelle società bancarie, mentre 31 avevano
ridotto la percentuale di partecipazione al di sotto della quota di controllo;
nell’anno successivo il primo dato era cresciuto a 6, invece il secondo era rimasto
costante.
Tabella 1 – Rapporto partecipativo tra gli enti conferenti e la banche
conferitarie
Assetti partecipativi degli enti
conferenti
1997 1998
Enti che non hanno più partecipazioni
nella Spa bancaria
4 6
Enti la cui partecipazione alla Spa
bancaria è superiore al 50%
46 44
Enti la cui partecipazione alla Spa
bancaria è inferiore al 50%
31 31
Fonte: elaborazione dati ACRI, Terzo e Quarto rapporto sulle Fondazioni di
origine bancaria, 1998 e 1999.
16
Cfr. art. 3, comma 1, Direttiva 18 novembre 1994.
17
Cfr. art. 4, Direttiva 18 novembre 1994.
18
Cfr. art. 5, comma 1, Direttiva 18 novembre 1994.
19
Cfr. art. 6, comma 1, Direttiva 18 novembre 1994.
9
L’iter legislativo di riorganizzazione del settore creditizio ha avuto seguito
con la legge delega 23 dicembre 1998, n. 461 (c.d. Legge “Ciampi”), che ha
fissato per gli enti conferenti tre punti fermi, ovvero:
− il perseguimento di scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo
economico
20
;
− l’acquisizione, a seguito dell’adeguamento degli statuti alle disposizioni
previste dai decreti legislativi, della qualità di persone giuridiche private
con piena autonomia statutaria e gestionale
21
;
− la perdita della qualifica di “ente non commerciale”, ai fini fiscali, se al
termine dei successivi quattro anni, non fosse ancora stata dismessa la
partecipazione di controllo nella società conferitaria
22
.
Nel decreto legislativo n. 153 del 1999, per la prima volta, si introduceva il
termine fondazione
23
per indicare “l’ente conferente che ha effettuato il
conferimento dell’azienda bancaria ai sensi del decreto legislativo 20 novembre
1990, n. 356”
24
e si riconfermava la natura di persone giuridiche private senza
scopo di lucro, la cui mission era rappresentata dalla promozione dello sviluppo
economico.
L’intero testo del decreto era incentrato sulla dismissione delle
partecipazioni di controllo detenute dalle fondazioni, le quali, rispettando i
20
Cfr. art. 2, comma 1, lett. a), legge n. 461 del 1998.
21
Cfr. art. 2, comma 1, lett. l), legge n. 461 del 1998.
22
Cfr. art. 4, comma 1, lett. b), legge n. 461 del 1998.
23
Cfr. M. Milone, op. cit, Cacucci Editore, Bari, 2002, p. 32. Tale denominazione, salvo qualche
sporadico caso, non era mai stata utilizzata fino all’emanazione del D. Lgs. n. 153 del 1999.
Inoltre, secondo l’autore, in questo modo, appariva raggiunto il distacco effettivo della società
bancaria dagli “enti conferenti”, che erano, in virtù del decreto, “riconosciuti come fondazioni
filantropiche private, chiamati a svolgere la loro attività istituzionale nel campo della sanità, arte,
istruzione, ricerca scientifica, prefigurandosi come istituzioni intermedie fra il cittadino e lo
Stato”.
24
Cfr. art. 1, comma 1, lett. c), D. Lgs. n. 153 del 1999.
10
principi di economicità della gestione, dovevano amministrare il proprio
patrimonio osservando criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il
valore ed ottenere una redditività adeguata.
Inoltre, l’art. 9 provvedeva a dettare disposizioni in materia di bilancio
25
,
stabilendo che lo stesso dovesse essere costituito dai documenti previsti dall’art.
2423 del codice civile, ma al contempo affermava che il Ministero del Tesoro
avrebbe provveduto successivamente con regolamento a disciplinare la redazione
e la pubblicità dei bilanci
26
.
Dopo l’emanazione dell’Atto di indirizzo del 22 maggio del 2001 (c.d.
“Atto Visco”) recante disposizioni in tema di onorabilità e incompatibilità per i
membri degli organi delle fondazioni bancarie, una profonda revisione dell’assetto
normativo vigente è stata realizzata con la legge 28 dicembre 2001, n. 448 (c.d.
“legge Tremonti”), che all’art. 11 disciplinava diversi ambiti, quali
27
:
− ambito di operatività
28
: i cinque “settori rilevanti”
29
erano sostituiti da
venti attività raggruppate in quattro “settori ammessi”. Il motivo di questo
ampliamento era incentrato sull’opportunità di offrire, a soggetti diversi
dallo Stato, la possibilità di contribuire alla realizzazione dei bisogni
avvertiti dalla società, avvalorando il principio di sussidiarietà
30
. Inoltre,
25
Cfr. art. 9, c. 1, D. Lgs. N. 153 del 1999.
26
Si fa riferimento all’emanazione dell’Atto di Indirizzo 19 aprile 2001 recante disposizioni
transitorie in materia di bilancio.
27
Cfr. E.M.F. Emmanuele, op. cit., Edizioni Scientifiche Italiane, Roma, 2004, pp. 77 – 90.
28
Cfr. E.M.F. Emmanuele, op. cit., Edizioni Scientifiche Italiane, Roma, 2004, p. 79.
29
I cinque settori rilevanti indicati nell’art. 1, comma 1, lett. d) del D. Lgs. n. 153 del 1999 sono:
ricerca scientifica; arte, conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali e dei beni
ambientali; istruzione; sanità; assistenza alle categorie sociali deboli.
30
Cfr. E.M.F. Emmanuele, op. cit., Edizioni Scientifiche Italiane, Roma, 2004, p. 83.
11
ogni tre anni la fondazione avrebbe dovuto scegliere tre attività comprese
nei settori ammessi dove agire in via prioritaria
31
;
− governance
32
: allo scopo di creare una maggiore collaborazione con il
territorio di riferimento ed un utilizzo più mirato delle risorse, si doveva
assicurare all’organo di indirizzo, la “prevalente e qualificata
rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all’ articolo 114 della
Costituzione”
33
;
− gestione e diversificazione del patrimonio
34
: si confermava il termine
previsto dal decreto legislativo n. 153 del 1999 che stabiliva che la
fondazione avrebbe potuto dismettere la partecipazione entro il 15 giugno
2003 (quattro anni dall’entrata in vigore del decreto), conseguendo
vantaggi fiscali, oppure entro il 2005 ma perdendo tali benefici. Era,
inoltre, data la possibilità alle fondazioni che non avessero provveduto
entro il primo termine, di conferire la partecipazione ad una società di
gestione del risparmio che l’avrebbe amministrata “in nome proprio
secondo criteri di professionalità e indipendenza”
35
; in ogni caso, la
dismissione doveva essere realizzata entro il 15 giugno 2006.
Successivi provvedimenti legislativi hanno modificato il termine del 15
giugno 2003 per la dismissione della partecipazione di controllo, prorogandolo, in
via definitiva, al 31 dicembre 2005
36
.
31
Cfr. art. 11, c. 2, legge n. 448 del 2001. I tre settori, scelti ogni tre anni dalla fondazione,
prendono il nome di “settori rilevanti”.
32
Cfr. E.M.F. Emmanuele, op. cit., Edizioni Scientifiche Italiane, Roma, 2004, p. 84.
33
Cfr. art. 11, c.4, legge n. 448 del 2001.
34
Cfr. E.M.F. Emmanuele, op. cit., Edizioni Scientifiche Italiane, Roma, 2004, p. 81.
35
Cfr. art. 11, comma 13, legge n. 448 del 2001.
36
D. L. 24 giugno 2003, n. 143, convertito dalla legge n. 212 del 2003.