Introduzione
Il problema di assicurare una dignitosa pensione a tutti coloro che cessano di lavorare
per raggiunti limiti di età, per malattia od infortunio costituisce uno dei maggiori
impegni delle moderne società.
Ciascun Paese ha realizzato, infatti, forme di protezione più o meno generalizzate,
che provvedono alle necessità della popolazione che si ritira dal lavoro; già verso la
fine del XIX secolo il problema aveva notevole rilevanza ed era affrontato con seria
preoccupazione dalle istituzioni pubbliche.
Con l’evoluzione del progresso scientifico, che ha comportato l’incremento della
durata media di vita e un innalzamento del livello della qualità del benessere sociale,
il problema di assicurare una dignitosa aspettativa economica a chi esce dalla vita
lavorativa ha travalicato l’interesse degli specialisti.
Il presente lavoro analizza il sistema previdenziale italiano, concentrando
l’attenzione sulle riforme realizzate negli ultimi decenni. Attraverso previsioni
simulate con modelli tecnico matematici, è stata compiuta una comparazione delle
metodologie di calcolo della pensione utilizzate nelle varie riforme.
Il primo capitolo presenta una panoramica generale sulla situazione del sistema
previdenziale italiano: la sua evoluzione storica, le modalità di gestione finanziaria, i
metodi di calcolo della pensione e considerazioni sugli scenari futuri. Nel dettaglio
focalizza l’attenzione sulle due modalità di calcolo della pensione, metodo
retributivo e contributivo, che sono il punto di cardine delle considerazioni fatte sul
sistema pensionistico italiano attraverso le previsioni.
Il secondo capitolo pone l’attenzione sul modello tecnico adottato per ottenere le
previsioni; è stato utilizzato il modello a Traiettorie Individuali Esatte (T.I.E.)
VI
realizzato dal Prof. Massimo Angrisani
1
. Il modello in questione è un modello
individuale che, a differenza dei modelli collettivi, pone l’attenzione sulle
caratteristiche del singolo individuo.
E’ stata fatta un’esposizione formale del modello con una descrizione della base
assiomatica e formalizzazione del teorema di rappresentazione delle traiettorie
ammissibili.
Infine il terzo capitolo, attraverso l’applicazione del predetto modello, propone
previsioni di un flusso previdenziale atteso utilizzando, una prima volta, le
metodologie del sistema retributivo e, una seconda volta, quelle del sistema
contributivo. L’elaborazione pone particolare attenzione alle basi tecniche di natura
demografica ed economica-finanziaria che sono state utilizzate
nell’implementazione. I risultati ottenuti sono stati comparati e sono stati messi in
risalto pregi e difetti dei due metodi di calcolo della pensione.
Per l’implementazione del modello T.I.E. è stato utilizzato il linguaggio di
programmazione Matrix Laboratory (MatLab).
1
Ordinario di "Tecnica attuariale per la previdenza" e "Matematica finanziaria" presso la Facoltà di
Economia dell'Università degli studi di Roma "Sapienza".
Capitolo 1 Il Sistema pensionistico
Si usano definire assicurazioni sociali tutte quelle forme di tutela assicurativa
predisposte per una prevalente finalità di interesse pubblico e rese obbligatorie in
virtù di apposite norme o di accordi collettivi le quali abbiano per scopo di
proteggere il lavoratore da quei rischi che ne riducono o annullano la capacità
lavorativa ovvero creano esigenze non soddisfacibili col reddito del lavoratore
stesso
2
.
I bisogni a cui si provvede con le singole assicurazioni sociali o con un piano di
sicurezza sociale possono ripartirsi in due categorie principali: bisogni di natura
permanente e bisogni di carattere temporaneo.
Il sistema pensionistico rientra nel primo gruppo e consiste in un meccanismo
attraverso il quale si percepiscono contributi dagli iscritti durante la fase di attività e
si erogano prestazioni nella fase di quiescenza
3
a favore di chi:
- ha cessato l'attività lavorativa per ragioni di età anagrafica (pensioni di
vecchiaia) o di età contributiva (pensioni di anzianità);
- non è più in grado di partecipare al processo produttivo per una
sopravvenuta incapacità lavorativa (pensioni di invalidità);
- pur non avendo mai fatto parte della forza lavorativa, è legato da
rapporti familiari con persone decedute che hanno fatto parte della forza
lavoro (pensioni ai superstiti).
Al secondo gruppo appartengono i bisogni connessi all’inabilità temporanea,
all’assistenza sanitaria ed alla disoccupazione.
La peculiarità delle assicurazioni sociali consente di introdurre, in forza
dell’obbligatorietà di iscrizione, forme di equilibrio finanziario che non hanno alcun
2
COPPINI MARIO ALBERTO, MICOCCI MARCO, Tecnica delle assicurazioni sociali, CISU,
Roma, 2002, pp. 3;
3
ANGRISANI MASSIMO, Appunti di tecnica attuariale per la previdenza, Facoltà di economia,
Università di Roma “Sapienza”, a.a. 2010/2011, Roma, pp. 83.
2
riscontro nel campo delle assicurazioni private, che sono basate su contratti dove
vige il principio di equità attuariale individuale.
1.1 Storia del sistema pensionistico italiano
E’ dalla fine dell’Ottocento che in Europa nasce l’esigenza di proteggere i cittadini
dai rischi di invalidità e vecchiaia
4
. La prima tutela pensionistica italiana si fa
comunemente risalire al 1898 con l'istituzione della Cassa Nazionale di Previdenza
per l'invalidità e la vecchiaia degli operai (legge 17 luglio 1898, n. 350) con il
compito di gestire forme facoltative di assicurazione. Nello stesso anno era stata
introdotta, sull'esempio tedesco, l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro con legge 17 marzo 1898, n. 80. L'assicurazione per l’invalidità e la vecchiaia,
con forma facoltativa, ebbe uno scarso sviluppo nei primi anni del ventesimo secolo
e si fece strada la tesi di coloro che sostenevano l'obbligatorietà dell'assicurazione
come già fatto dalla Germania sin dal 1889.
Dopo la prima guerra mondiale venne sancita la predetta obbligatorietà assicurativa
per tutti i lavoratori dipendenti da privati eccetto gli impiegati con stipendio
superiore alle 350 lire mensili. Il sistema, istituito nel 1919, venne perfezionato con
varie leggi successive ed arrivò ad avere le seguenti caratteristiche:
- il finanziamento era basato sulla contribuzione paritaria dei lavoratori
e dei datori di lavoro, con un modesto intervento dello Stato che
corrispondeva a 100 lire per ogni pensione liquidata;
- il regime tecnico-assicurativo era quello della capitalizzazione;
- la formula di calcolo era quella contributiva;
- l’età di pensionamento era fissata, per uomini e donne, a
sessantacinque anni (un’età estremamente elevata in rapporto alla speranza di
vita, all’epoca molto inferiore rispetto a quella attuale).
Nel 1939 l’assicurazione invalidità e vecchiaia ebbe alcune modifiche sostanziali con
4
INTORCIA MARIO, L’ordinamento pensionistico lineamenti, quarta edizione, INPS, pp. 5-16;
3
il decreto legge n. 636 del 14 aprile 1939 che accolse il principio della reversibilità
della pensione ai superstiti rinviando, peraltro, al 1945 l’erogazione effettiva delle
prestazioni.
Con lo stesso decreto legge, l’età del pensionamento per vecchiaia venne abbassata a
60 anni per gli uomini ed a 55 per le donne. Questi limiti di età, congrui per l’epoca,
ma non in linea con la successiva evoluzione della struttura demografica ed il
conseguente invecchiamento della popolazione italiana, vennero mantenuti fino al
1992.
Altra disposizione che merita di essere ricordata fu l’elevazione a 1.500 lire mensili
della soglia di esonero per gli impiegati.
Il sistema, così impostato, venne travolto dalla seconda guerra mondiale. Le riserve,
già tecnicamente inadeguate, vennero polverizzate dall'inflazione e le prestazioni, già
di modesto importo, divennero del tutto irrisorie. Dopo un periodo di transizione,
caratterizzato da provvedimenti di emergenza, l'assicurazione per invalidità,
vecchiaia e superstiti venne riordinata con la legge 4 aprile 1952, n. 218. Con questa
legge il sistema tecnico della capitalizzazione venne, di fatto, abbandonato. Infatti,
solo per una quota minima di contribuzione, progressivamente ridotta e denominata
contribuzione base, era prevista la capitalizzazione, mentre la pensione adeguata, che
era la vera misura della prestazione, era finanziata con il sistema della ripartizione.
Venne inoltre introdotta un’innovazione fondamentale che è l'istituzione del regime
del trattamento minimo. Se la pensione a calcolo non raggiungeva determinati
importi (all'origine 5.000 lire mensili) veniva integrata fino al livello di detti importi.
Le disposizioni citate vennero attuate dopo che la Costituzione repubblicana stabilì,
all'articolo 38, i principi generali del sistema di protezione sociale. Attualmente la
dottrina e la giurisprudenza prevalente ritengono che il primo e il secondo comma
dell'articolo 38 individuino due distinti interventi di tutela, rispettivamente indirizzati
ai cittadini in condizioni di bisogno (assistenza) e ai lavoratori al verificarsi degli
eventi indicati dallo stesso articolo 38 (previdenza).
Nell'ambito dell'ampia compatibilità con i principi costituzionali, si è sviluppata la
legislazione previdenziale negli ultimi cinquant'anni, alternando un fitto susseguirsi
di disposizioni contingenti a scelte legislative di grande impatto economico-sociale.
4
In particolare per quanto concerne la tutela pensionistica una legge fondamentale è
stata la n. 153, del 30 aprile 1969.
I principi che vennero stabiliti con questa legge possono così riassumersi:
- abbandono di ogni residua forma di capitalizzazione;
- adozione generalizzata della formula retributiva per il calcolo della
pensione;
- l'erogazione di una pensione sociale ai cittadini ultrasessantacinquenni
che, sprovvisti di tutela pensionistica, non avessero un minimo di reddito;
- l'istituzione della pensione di anzianità per coloro che avessero
trentacinque anni di contribuzione pur non avendo raggiunto l'età
pensionabile;
- l'estensione anche all'assicurazione di invalidità e vecchiaia del
principio dell'automaticità delle prestazioni, di cui all'articolo 2116 del codice
civile;
- la perequazione automatica delle pensioni, ovvero, la rivalutazione
delle prestazioni da pagare in base all'indice dei prezzi al consumo.
Gli anni ‘70 e ‘80 del XX secolo furono caratterizzati da un’inarrestabile espansione
della spesa pensionistica sia per il succedersi di provvedimenti legislativi intesi a
migliorare la tutela in termini reali sia per il mutare della composizione demografica
della popolazione.
A partire dai primi anni ‘90 una serie di riforme modificarano il funzionamento del
sistema previdenziale obbligatorio pubblico. L’attuale normativa pensionistica è,
così, il risultato di varie leggi intervenute negli ultimi venticinque anni. Le norme,
numerosissime ed eterogenee tra loro, hanno originato più riassetti parziali, spesso
senza alcun disegno organico di riforma.
Le leggi che hanno modificato in maniera sostanziale il sistema pensionistico sono:
la legge 30 dicembre 1992, n. 503 (riforma Amato), la legge 8 agosto 1995, n. 335
(riforma Dini), la legge 23 agosto 2004, n. 243 (riforma Maroni) e la legge 22
dicembre 2011, n. 214 (riforma Fornero).
Con il decreto legislativo del 1992 viene realizzato un processo di allineamento del
regime pensionistico dei pubblici dipendenti e di altre categorie speciali a quello del
5
regime generale e viene introdotto il graduale innalzamento dell’età di
pensionamento.
La riforma Dini ha introdotto il metodo contributivo sostituendolo a quello
retributivo. In sintesi il sistema dopo la legge di riforma del 1995 è così ripartito
(Tab. 1.1):
- sistema retributivo per coloro che alla data del 31 dicembre 1995
avevano un’anzianità contributiva pari o superiore ai 18 anni;
- sistema misto (sistema retributivo e contributivo) per coloro che alla
data del 31 dicembre 1995 vantavano un’anzianità contributiva inferiore ai 18
anni; per gli anni maturati fino al 31 dicembre 1995 si utilizza il sistema di
calcolo retributivo, mentre per gli anni maturati post 1° gennaio 1996 si
utilizza quello contributivo;
- sistema contributivo per tutti i lavoratori assunti, con prima
occupazione, dal 1 gennaio 1996 o a coloro che con minimo 15 anni di
anzianità, di cui almeno cinque nel nuovo sistema (post 1° gennaio 1996),
opteranno per il nuovo regime contributivo puro.
Tabella 1.1 – Sistema di calcolo delle pensioni dopo legge 8 agosto 1995, n. 335
Lavoratori con Sistema applicato
Almeno 18 anni di contributi al 31.12.95 Sistema retributivo
Meno di 18 anni di contributi al 31.12.95* Sistema retributivo per tutti gli anni fino al
31.12.95
Sistema contributivo dal 1.1.96
Anzianità contributiva dal 1.1.96 (assunti
con prima occupazione dal 1 gennaio 1996)
Sistema contributivo
*i lavoratori con oltre 15 anni di contributi, di cui almeno cinque dall’1.1.1996, potranno
optare per il sistema contributivo puro
Fonte: www.fisac.it
La legge 23 agosto 2004, n. 243 ha continuato ad alterare le regole del sistema
pensionistico italiano. I punti cardine della riforma sono: l’aumento dell’età
6
pensionabile, incentivi per la prosecuzione dell’attività lavorativa e il conferimento
del trattamento di fine rapporto alla previdenza complementare con consenso del
lavoratore.
Da ultimo la riforma Fornero ha ulteriormente modificato il panorama del sistema
pensionistico italiano. I punti chiave della riforma sono:
- pensioni di vecchiaia con requisiti più elevati;
- assegni determinati con il metodo contributivo anche per coloro che avevano
conservato il metodo retributivo;
- l'età di uscita dal lavoro che nel 2022 sarà per tutti di 67 anni;
- eliminazione della possibilità di andare in pensione con il sistema delle quote.
Prima della riforma Amato e della riforma Dini era presente, nel sistema
previdenziale italiano, solamente la pensione obbligatoria cioè quella derivante dal
pagamento dei contributi obbligatori per legge, che tutt’oggi costituisce il primo
pilastro della previdenza.
Con l’introduzione della legge n. 503 del 30 dicembre 1992 e della legge n. 335 del 8
agosto 1995, si osserva la nascita della previdenza complementare ovvero una forma
di previdenza aggiuntiva rispetto a quella erogata dagli enti pensionistici obbligatori.
La previdenza omplementare si divide in collettiva (fondi pensione) e individuale
(piani pensionistici individuali) ed è basata sul sistema a capitalizzazione.
I fondi pensione costituiscono il secondo pilastro della previdenza e sono istituiti da
banche, assicurazioni, società di gestione del risparmio e società di intermediazione
mobiliare; tramite un fondo pensione il lavoratore investe volontariamente risparmi
durante la vita lavorativa, allo scopo di garantire prestazioni pensionistiche
aggiuntive rispetto a quelle erogate dagli enti previdenziali obbligatori.
I piani pensionistici individuali costituiscono il terzo pilastro della previdenza e si
realizzano mediante polizze assicurative ovvero contratti di assicurazione sulla vita a
scopo previdenziale.
Oggi il sistema pensionistico italiano è la sovrapposizione di più regimi transitori. In
pratica questo vuol dire che le pensioni sono calcolate su più quote distinte e che in
alcuni casi, per addirittura pochi giorni di differenza nella data di assunzione, due
soggetti con anzianità contributiva quasi uguale possono avere calcoli diversi della
7
propria prestazione previdenziale.
1.2 La gestione finanziaria di un sistema pensionistico
Il sistema finanziario di gestione in un sistema di previdenza si concretizza nel
criterio secondo cui vengono fissati i premi al fine di garantire le prestazioni agli
assicurati presenti e futuri. I sistemi finanziari di gestione si dividono principalmente
in due fondamentali categorie che, a loro volta, sono articolate al loro interno. Le due
tipologie sono la capitalizzazione e la ripartizione che rappresentano i sistemi
finanziari classici.
5
La distinzione risiede nel fatto che i sistemi a capitalizzazione creano accumuli di
capitali (dette riserve tecniche) che vengono rivalutati nel tempo, mentre nella
ripartizione non è prevista l’esistenza di riserve perché i contributi vengono
interamente utilizzati per il pagamento delle prestazioni dovute ai pensionati in
essere.
1.2.1 Gestione a capitalizzazione
La gestione a capitalizzazione consiste nel fissare un premio in funzione del reddito
dell’assicurato che sarà versato su un conto individuale e rivalutato nel corso del
tempo.
Questo tipo di gestione è attuabile con due distinte modalità. Si possono stabilire
prestazioni uniformi per tutti gli assicurati e differenziare i premi rispetto alle varie
classi di rischio, cioè procedere come avviene nelle assicurazioni private
(capitalizzazione individuale) altrimenti si può fissare un premio non differenziato e
commisurare le prestazioni ai contributi versati e relativi interessi (capitalizzazione
collettiva)
6
.
5
FONDAZIONE LUCA PACIOLI, Sistemi finanziari di gestione dei fondi di previdenza e metodi di
calcolo delle prestazioni, Studio n. 7, Roma, 2003, pp. 3.
6
COPPINI MARIO ALBERTO, MICOCCI MARCO, Tecnica delle assicurazioni sociali, CISU,
Roma, 2002, pp. 7;
8
Il sistema finanziario di gestione a capitalizzazione individuale consiste nel fissare un
premio funzione del salario e accreditare i contributi in un montante individuale dal
quale si traggono poi le risorse per erogare le prestazioni all’intestatario del conto
individuale. Pertanto maggiori saranno le contribuzioni ed il tasso d’interesse
riconosciuto, maggiore sarà la prestazione al momento del pensionamento
7
.
La gestione a capitalizzazione individuale si basa sul principio di equità attuariale
individuale e, dunque, ha il pregio di essere semplice e tecnicamente stabile. Essa
assicura un elevato grado di garanzia della solvibilità (almeno per quanto riguarda i
versamenti effettuati). Di contro, il sistema non permette, solitamente, di accantonare
sufficienti risorse destinate a un'adeguata protezione delle categorie che ne
necessitano maggiormente.
Inoltre l’accumulo di capitali è soggetto al rischio finanziario, che ne può limitare i
rendimenti o addirittura la capacità erogativa.
La capitalizzazione collettiva si basa sul calcolo di un premio medio eguale (in
valore assoluto o come aliquota delle retribuzioni) per tutti gli assicurati o per gruppi
di iscritti.
Si introduce, quindi, un nuovo concetto di equivalenza riferita non più ai singoli
assicurati ma a gruppi di essi, abbandonando il principio di classi di rischio
omogenee.
I premi medi si possono distinguere in vario modo a seconda del gruppo di iscritti
che si assume a riferimento:
- premio medio generale: calcolato con la condizione che, versato da tutti gli
iscritti al fondo (presenti e futuri) eguagli il valore attuale di tutte le
prestazioni ad essi relative;
- premio per generazione: analogo al premio medio generale riferito, però, non
più al complesso degli iscritti al fondo ma alla generazione di iscritti in un
dato anno;
- premio medio per categoria di iscritti: che si basi sullo stesso principio di
equivalenza attuariale collettiva.
7
FONDAZIONE LUCA PACIOLI, Sistemi finanziari di gestione dei fondi di previdenza e metodi di
calcolo delle prestazioni, Studio n. 7, Roma, 2003, pp. 3-5.