Introduzione
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Il superiore può ricorrere al Mobbing perché frustrato o nevrotico;
l’azienda, invece, lo fa per indurre alle dimissioni “volontarie”
dipendenti divenuti “scomodi”, il cui licenziamento causerebbe troppi
problemi di tipo sindacale.
L’azienda, dunque, può ricorrere al Mobbing per portare avanti
una vera e propria strategia aziendale, volta alla riduzione o al
ringiovanimento del personale.
In questo caso, comunque, è più corretto parlare di Bossing.
Il Bossing, è un’altra faccia del Mobbing, consistente in un’azione
compiuta dai gruppi dirigenziali con lo scopo preciso di indurre, uno o
più dipendenti, alle dimissioni “volontarie”.
Esistono, dunque, due tipi di Mobbing:
• Il Mobbing orizzontale o ambientale, che si verifica,
quando la vittima è isolata dai colleghi, e privata della
collaborazione, del dialogo e del rispetto.
• Il Mobbing verticale o gerarchico, che si realizza, quando
gli abusi sono commessi dai superiori della vittima, la
quale viene demansionata e costretta a svolgere attività
umilianti.
Nei confronti di una vittima di Mobbing, un ruolo fondamentale è
svolto dalla famiglia, che può, grazie all’amore e alla coesione
che vige al suo interno, “ammortizzare” i danni causati dai
comportamenti ostili cui è sottoposto, in ufficio, uno dei suoi
componenti. Tuttavia, spesso ci si trova alla presenza di un
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Introduzione
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circolo vizioso, nel quale la vittima risulta intrappolata e dal quale
non riesce a venirne fuori.
Ciò accade, perché il lavoratore-vittima, non comprende i reali
motivi che spingono i colleghi ad assumere nei suoi confronti
atteggiamenti ostili, e quindi, una volta giunto a casa, non farà
altro che lamentarsi, o viceversa, non parlare affatto, per cui
neppure la famiglia, pur volendolo, sarà in grado di aiutare
l’elemento in difficoltà.
Dopo un certo periodo di tempo, per una sorta di reazione volta
all’autoprotezione, la famiglia si rinchiuderà in se stessa,
escludendo da essa l’elemento percepito come destabilizzante
l’equilibrio interno. A tal proposito si parla di Doppio Mobbing,
perché la vittima, oltre ad essere emarginata sul posto di lavoro
subisce la stessa sorte anche in famiglia.
Vi è, poi, una forma particolare di Mobbing, definita
Automobbing, che si verifica, quando un determinato individuo
indirizza il processo di Mobbing verso se stesso, assumendo, nello
stesso tempo, il ruolo di mobber e di mobbizzato. I sintomi di tale
processo sono simili al Mobbing, in quanto portano l’individuo a
rinchiudersi in se stesso e allontanarsi dal mondo circostante e
dagli altri esseri umani. Come conseguenza di ciò, si può
incorrere in una forma di depressione, che porta il soggetto
“all’autoscreditamento” di se stesso e alla perdita di fiducia.
Attualmente, la documentazione relativa all’Automobbing è
scarsa, per cui il fenomeno è in fase di studio.
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Introduzione
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Si ritiene, comunque, che esso porti ad una modifica nella
percezione del mondo, al modo cioè, in cui ci rappresentiamo
internamente la realtà esterna.
La percezione, alterandosi, entra in una fase di negatività, e di
conseguenza nell’affrontare i problemi che si pongono
quotidianamente, si avrà una risposta alterata e dunque negativa.
Basandosi sullo screditamento di sé, l’Automobbing porta al
suicidio.
Per quanto riguarda gli studi e le ricerche svolte intorno al
fenomeno che stiamo trattando, è necessario ricordare che i primi
studi sul Mobbing si sono avuti in Svezia
1
intorno agli anni
Ottanta.
In Italia, in questi ultimi anni, grazie a varie iniziative, si è
cominciato a parlarne e ad identificare tale fenomeno come fonte
di problema individuale, psicosociale e organizzativo.
A causa della difficoltà a trovare una definizione di Mobbing
universalmente riconosciuta come valida
2
, l’uso improprio della
varia terminologia esistente, comporta l’impossibilità di poter
conoscere concretamente il fenomeno.
1
La prima definizione ufficiale è stata fornita dall’Ente Nazionale per la Salute e Sicurezza
svedese nel settembre del 1993 nel documento: «Disposizioni relative alle misure da adottare
contro forme di persecuzione psicologica negli ambienti di lavoro».
Nell’articolo 1, sotto il termine «persecuzioni», vengono ricomprese tutte quelle «azioni
riprovevoli o chiaramente ostili intraprese nei confronti di singoli lavoratori, in modo offensivo,
tali da determinare l’allontanamento di questi lavoratori dalla collettività che opera nei luoghi di
lavoro». Le disposizioni sono accompagnate da raccomandazioni sulla loro applicazione.
All’interno delle raccomandazioni, in un commento sul primo articolo appare la parola Mobbing
come sinonimo di persecuzione a danno di singoli lavoratori causata da altri lavoratori per svariati
motivi.
Tratto da: Daniele Ranieri, Il lavoro molesto. Il Mobbing: cos’è e come prevenirlo, Roma, Ediesse
2003, p. 31.
2
Ciò è ammesso dalla stessa Commissione per l’Occupazione e gli Affari sociali del Parlamento
nel Documento di seduta del 16 luglio 2001.
Introduzione
8
E’ per questo che, cosa è il Mobbing e quali siano le sue azioni è
difficile da spiegare. Si può partire dalla constatazione che esso si
verifica sul luogo di lavoro. Ciò è dovuto al fatto che, nella nostra
società il lavorare non è più semplicemente un comportamento
necessario volto al soddisfacimento dei bisogni primari, ma è un
mezzo attraverso il quale dimostrare il proprio status sociale.
Lavorare, inoltre, significa spesso interagire con altri individui e
fidarsi gli uni degli altri.
Attraverso tale interazione e fiducia, ogni singolo lavoratore può
soddisfare i propri bisogni.
Nel momento in cui, “il sentimento di appartenenza”, che
permette al singolo di rimuovere alcune problematiche che
possono verificarsi sul posto di lavoro, viene meno, tra colleghi
si verifica la mancanza di fiducia, e si creano, di conseguenza,
situazioni vessatorie che col tempo danno luogo al Mobbing.
Nei capitoli che seguono vedremo le definizioni di Mobbing date
dai due maggiori studiosi del fenomeno.
Da un lato, il tedesco Heinz Leymann, psicologo del lavoro
ufficialmente considerato il padre del Mobbing.
Egli, infatti, è stato il primo ad occuparsi di tale fenomeno inteso
come violenza psicologica sul luogo di lavoro, e, nel 1986,
illustrò le conseguenze che sulla sfera neuro-psichiatrica, si
riscontrano, in chi è esposto, per un lungo periodo, ad un
comportamento ostile da parte di colleghi di lavoro o superiori.
Dall’altro, la definizione e i contributi di Harald Ege, ricercatore
tedesco che vive e lavora a Milano, e che ha fondato
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Introduzione
9
l’Associazione PRIMA, appunto la prima Associazione in Italia
ad occuparsi di Mobbing.
Parleremo anche di altre importanti associazioni e delle loro
iniziative.
Forniremo alcune reali testimonianze di Mobbing, ed infine,
dedicheremo gli ultimi capitoli ad altre due forme di angherie che
si verificano in ambito lavorativo.
Si tratta dello Stalking e dello Straining.
In questa sede, inoltre, è molto importante dichiarare che, il
Mobbing e le sue implicazioni, sono oggetto di studio oltrechè
della psicologia e in particolare della psicologia del lavoro, di
altre discipline, quali ad esempio, la medicina e la
giurisprudenza.
Noi, però, è bene precisare, ci occuperemo delle vessazioni sul
posto di lavoro e dei danni che esse causano, esclusivamente dal
punto di vista psicologico.
Naturalmente, dove necessario al fine di una maggiore chiarezza
e precisione, citeremo anche queste fonti, ma sempre tenendo
conto delle loro implicazioni e dei loro risvolti all’interno della
sfera psicologica.
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Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
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Capitolo primo – COS’è IL MOBBING
1.1. La nozione: un po’ di storia
Il termine Mobbing è una parola inglese che deriva dal verbo
“ to mob” che significa “attaccare con violenza, assalire
tumultuosamente, accalcarsi intorno a qualcuno”.
Esso trae origine dall’espressione latina “mobile vulgus”, che
indica un gruppo di persone considerate meritevoli di disprezzo.
Dalla nozione latina, oltre al verbo, è derivato anche il sostantivo
“the mob”, che originariamente è stato usato come insulto rivolto
verso la popolazione povera e ignorante.
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Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
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In seguito, così com’è avvenuto per la parola italiana “volgare”,
quella inglese “mob”, ha mantenuto sia l’accezione negativa di
gentaglia che quella neutra indicante parole o atti riguardanti il
popolo, il volgo.
Il termine Mobbing, dunque, indica inizialmente il formarsi,
intorno a qualcuno, di un gruppo di persone poco numeroso, che ha
come fine quello di esprimere ammirazione o aggredire.
Col passare del tempo, però, la versione positiva è stata del tutto
abbandonata, ed è rimasta in uso la versione “negativa” indicante
l’atto dell’aggredire, per cui questo gruppo di persone incute timore.
Lo stesso termine è stato ripreso agli inizi degli anni Settanta
dall’etologo Konrad Lorenz, che lo ha utilizzato per descrivere il
comportamento aggressivo di alcune specie d’animali.
Lorenz, ha osservato che, questi animali, circondano un proprio
simile e lo assalgono in gruppo al fine di allontanarlo dal branco, o
perché considerato estraneo alla comunità animale o perché ritenuto
malato e in ogni caso pericoloso. In genere, il gruppo di animali che si
coalizzano, è composto dai membri più deboli ma più numerosi, che si
uniscono contro un predatore più forte.
Trasposto sul piano umano, questo tipo di comportamento
animale potrebbe far pensare a quegli episodi, ricorrenti nelle rivolte
contadine, dove la folla si scatena contro i suoi oppressori.
E’ importante sottolineare che, lo scoppio dell’ira popolare e
l’accanimento del branco, non indicano esattamente il fenomeno del
Mobbing nella sua accezione moderna, in quanto quest’ ultima,
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Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
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designa, piuttosto, quei meccanismi, che ogni gruppo sociale mette in
opera, per riconfermare il proprio status o la propria gerarchia interna.
A questo proposito, il fenomeno del passato che più si avvicina
alla nostra accezione di Mobbing, è l’usanza dello charivari
4
,
consolidata in Francia ed in Inghilterra e presente anche in Toscana.
In passato, accadeva spesso che, un uomo ricco ma anziano,
decidesse di sposare una bella ragazza, sottraendola di conseguenza
alla corte dei giovani del villaggio.
Questi, dal canto loro, sentendosi offesi e defraudati dal
comportamento dell’anziano signore, decidevano di conseguenza, di
mettere in atto un comportamento ostile nei suoi confronti,
insultandolo e osteggiandolo ogniqualvolta si presentava nella
pubblica piazza. Oltre a ciò, questi giovani, la sera delle nozze,
cantavano una “serenata”, carica di offese e minacce, dirette allo
sposo - reo di aver compiuto un atto percepito come illegittimo - con
l’intento di terrorizzarlo e non farlo dormire.
In ciò consiste lo charivari.
Storicamente, un’altra forma di Mobbing diffusa in tutta l’Europa
e universalmente riconosciuta, è stata la caccia alle streghe.
La caccia alle streghe comincia sempre con un “sentito dire”.
Non si “diventa” streghe perché si compiono atti di stregoneria, ma
perché la voce popolare addita come tale una persona.
In questa situazione, chi si trovava ai vertici del potere, poteva,
con abilità, sfruttare e gestire questa voce popolare per sbarazzarsi di
una persona a lui scomoda imputandole la stregoneria.
4
Tratto da: Sandra Carrettin-Nino Recupero, Il Mobbing in Italia. Terrorismo psicologico nei
rapporti di lavoro, Bari, Edizioni Dedalo, 2001, p. 12.
Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
13
Ciò che al moderno Mobbing resta degli antichi costumi, è la
tecnica di progressiva e sistematica diffusione di notizie finalizzate ad
isolare una determinata vittima, a metterle contro l’intero gruppo e
infine colpevolizzarla.
Certo, oggi non si rischia più di finire al rogo o sulla forca per
decreto regio, come avveniva al tempo della caccia alle streghe, ma si
può ben affermare che lo sbocco di questi comportamenti vessatori è
altrettanto dannoso, in quanto l’odierna vittima di Mobbing è indotta
ad autodistruggersi e a ricorrere, nei casi più gravi, al suicidio.
Si ha dunque, oggi come ieri, per dirla come Nietzsche,
l’annichilimento dell’essere umano.
Dando uno sguardo all’ambito giuridico, ci si chiede, se esista
una normativa in grado di tutelare il lavoratore, vittima di Mobbing.
Purtroppo, in questo campo ci s’imbatte in una grossa difficoltà.
Mentre in un caso di violenza sessuale o semplice aggressione
fisica, il giudice può intervenire, essendo in grado di individuare sia
l’azione che costituisce reato sia il colpevole, per quanto riguarda il
Mobbing, non esiste un metodo d’indagine universalmente
riconosciuto come valido. Non è dunque possibile, indicare il
responsabile e l’atto decisivo che porta la vittima ad abbandonare il
lavoro, poiché le calunnie, si ripetono giorno dopo giorno.
Questa assenza di normatività, è da attribuire anche alla
mancanza di una definizione di Mobbing che sia valida per tutti,
perché laddove non è possibile indicare compiutamente un reato, non
è possibile neppure provvedere dal punto di vista legislativo.
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Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
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Infine, c’è da ricordare che non in tutto il mondo per definire le
persecuzioni psicologiche si ricorre alla parola inglese Mobbing.
Nei Paesi Anglosassoni e negli Stati Uniti, è utilizzata la parola
bullyng, corrispondente all’italiano bullismo.
In Inghilterra, il maggiore studioso di tale fenomeno, Tim Field,
lo definisce appunto bullyng at work-place e la MSF UNION (il
Sindacato dei lavoratori dei settori della manifattura, della scienza e
della finanza), descrive il Bullyng come:
“una pratica persistente di danni, offese, intimidazioni o insulti, abusi di
potere o ingiuste sanzioni disciplinari, che induce, in colui contro il quale è
indirizzata, sentimenti di rabbia, minaccia, umiliazione,vulnerabilità, che mina la
sua fiducia in sé stesso e può causare malattie da stress”
5
.
Negli Stati Uniti, con il termine Mobbing, s’intende un
“emotonial assault” che si sviluppa con continuità, in un ambiente di
lavoro che di conseguenza, diventa sempre più ostile per il
lavoratore-vittima.
In Giappone, si usa oltre a bullyng anche il termine Ijime; mentre
in Olanda è usato Pesten.
Riportando le varie definizioni che del fenomeno del Mobbing è
possibile incontrare nei diversi Paesi, abbiamo fatto riferimento al
termine Bullyng. Nel Bullyng, a differenza di quanto accade nei casi di
Mobbing, la violenza non avviene esclusivamente sul piano
psicologico, ma anche attraverso l’uso di percosse, e quindi, si
ripercuote anche a livello fisico.
5
La definizione data dalla MFS UNION del termine bullyng è presente in : Casilli Antonio, Stop
Mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro, Brossura, Derive e Approdi,
Roma 2000, p. 22.
Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
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Nei casi in cui l’aggressione è gerarchicamente individuabile, poiché
viene dal “ capo”, al posto di Bullyng si usa il termine Bossing.
Harald Ege, ha utilizzato il vocabolo Bossing per indicare un tipo di
persecuzione strategicamente studiata dalla direzione aziendale,
persecuzione che è stata appunto definita dagli studiosi italiani
“mobbing strategico”.
In Francia, l’appellativo usato per indicare il Mobbing è
harcèlement morale, vale a dire, molestia morale. Qui la principale
studiosa del fenomeno è Marie-France Hirigoyen, secondo la quale
esso riguarda:
“qualunque condotta impropria che si manifesti, in particolare, attraverso
comportamenti, parole, atti, gesti, scritti capaci di arrecare offesa alla
personalità, alla dignità o all’integrità fisica o psichica di una persona, di
metterne in pericolo l’impiego o di degradare il clima lavorativo”.
6
Anche in Francia, elemento costitutivo del Mobbing è una
situazione negativa, che perdura nel tempo e la cui caratteristica
principale è data dalla sistematicità.
In Svizzera, il Mobbing è definito come:
“una situazione di comunicazione non etica caratterizzata dalla ripetizione,
nel lungo periodo, da parte di una o più persone, di comportamenti ostili diretti
sistematicamente contro un individuo che sviluppa, come reazione, gravi
problemi fisici o psicologici”(in: Casilli Antonio, Stop Mobbing. Resistere alla
violenza psicologica sul luogo di lavoro, p. 22-23).
6
Hirigoyen Marie-France, Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro,
Einaudi, Torino 2000, p. 53. (Tradotto dalla lingua francese. Titolo originale: Le harcèlement
moral: la violence perverse au quotidien)
Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
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1.2. L’evoluzione del Mobbing: da fenomeno
interno a fenomeno di massa
Quando si parla di Mobbing bisogna tener presente lo strano
percorso che questo fenomeno ha seguito.
Esso è sempre stato presente all’interno delle organizzazioni, ma
inizialmente non era considerato come una “strategia” messa in atto al
fine di recare danno a qualcuno, bensì, come un problema individuale.
Tale problema, lo si faceva dipendere dalle caratteristiche personali di
ognuno, caratteristiche che potevano condurre o no all’ instaurazione
di relazioni interpersonali positive.
Neppure gli stessi mobbizzati si rendevano realmente conto della
gravità della situazione in cui si trovavano, ed anzi, tendevano a
vivere le ripercussioni causate dalle varie vessazioni cui erano
sottoposti, con vergogna e sofferenza, in ambito strettamente privato,
prestando la massima attenzione affinché nulla di tutto ciò potesse
essere intuito dall’esterno.
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Capitolo primo – Cos’è il Mobbing
17
Tale condizione si è protratta fino alla fine degli anni Novanta,
poiché, da questo momento, si assiste ad un capovolgimento della
situazione, ed il Mobbing, da fenomeno vissuto internamente e con
vergogna, diventa un fenomeno di massa.
A questa inversione di rotta hanno contribuito in particolar modo
i mass-media, che attraverso il loro potere di agire sulle masse, dopo
aver individuato le principali caratteristiche e le conseguenze del
Mobbing, hanno posto tale fenomeno all’attenzione di tutti.
In conseguenza di ciò, sia i soggetti vittime del Mobbing già da
molto tempo, ma ignare della loro condizione, che quelle più recenti,
sono state in grado di riconoscersi nelle situazioni descritte dai
giornali, presentate in tv o sentite per radio.
Grazie a questo “afflusso” di notizie, e grazie alle testimonianze
dei protagonisti, era per loro possibile, infatti, rivivere i soprusi e le
vessazioni subite ed incominciare a non sentirsi più in colpa.
Dopo aver acquisito la consapevolezza di essere mobbizzati o di
esserlo stati, le vittime erano in grado di provare anche rabbia, e
dunque cominciavano a liberarsi di tutto ciò che fino a quel momento,
a causa della vergogna, avevano soffocato al proprio interno.
La svolta decisiva si ha, però, quando le vittime capiscono che la
causa di tutto non è insita nel loro comportamento, ma che, quanto
loro accaduto, rientrava in un disegno più ampio, all’interno di una
strategia messa in atto da un collega, da un superiore o dalla stessa
azienda, e che veniva portata avanti per motivi diversi, a seconda
dell’identità del mobber.
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