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Note introduttive
Il fenomeno del mobbing sul posto di lavoro, osservato da una
prospettiva prettamente giuridica, si affaccia su di un inquietante vuoto
normativo.
Sebbene la giurisprudenza, di merito e di legittimità, si sia occupata
ampiamente delle problematiche inerenti le persecuzioni psicologiche e dei
relativi danni che da queste ne derivano, il mobbing è un unicum nel suo
genere: a fronte delle numerose sentenze, almeno nel panorama italiano, non
esiste una sola norma che disciplini la materia.
La stessa nozione è rinvenibile solamente a livello sociologico,
psicologico ed empirico.
To mob in inglese assalire, aggredire “A lean and evil mob of mooncoloured
hounds”… Un branco di cani color luna emerge dai neri rosai. Lo studente braccato
cerca rifugio sulla torre. S’arrampica per una scala di ferro…(“Finzioni” di Jorge Luis
Borges).
Così gli esseri umani imitando un comportamento animale, mettono in
atto dei comportamenti che come le ombre cinesi assumono le sembianze del
mobbing. Creatura che si insinua strisciando nell’ambiente di lavoro
inquinandolo e depauperando di diritti e prerogative i prestatori di lavoro.
Viene quindi a tutt’oggi lasciata all’endiade “personalità morale” un
ruolo centrale e determinante per inquadrare comportamenti solo idealmente
riconducibili al mobbing.
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Ad una, se pur forzata, tutela civilistica, però, non corrisponde un
riconoscimento penale. Una mancata acclarazione giuridica dei comportamenti
concretizzanti il mobbing come integranti una fattispecie criminosa che lascia
alla magistratura, che il diritto dovrebbe applicarlo e non crearlo, l’imbarazzo e
la difficoltà di individuare norme sotto le quali sussumere una fattispecie
inesistente.
Il peso di quest’assenza normativa viene ripartito tra vittime e carnefici,
protagonisti di episodi di mobbing, che non hanno alcuna certezza in ordine a
cosa è lecito e ciò che invece può provocare seri danni soprattutto a livello
psicologico.
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Capitolo I
Evoluzione ed involuzione delle condizioni di lavoro
1.1- Nascita di una autonoma legislazione del diritto del lavoro
1.2 - Riconoscimento della dignità del lavoratore
1.3 - Flessibilità e nuove figure di contratto di lavoro
1.1 - Nascita di una autonoma legislazione del diritto del lavoro
Un’analisi compiuta del fenomeno del mobbing sul posto di lavoro non
può prescindere da un breve excursus storico sul diritto del lavoro.
Il diritto del lavoro, come oggi lo intendiamo, non è germogliato
parallelamente agli avvenimenti economici e politici che a partire dalla
rivoluzione industriale sconvolsero l’assetto dei rapporti giuridico-economici
tanto nei paesi di civil law quanto nei paesi di common law.
Ma cosa accadde sostanzialmente a seguito della rivoluzione industriale?
Il rapporto uomo-natura che durante il periodo del realismo antico era
caratterizzato dalla signoria della natura sull’uomo si inverte e l’uomo diventa il
centro e motore della nuova società. Questo cambio di prospettiva, ovviamente,
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non avviene in modo naturale e indolore ma si manifesta come un trauma vero
e proprio che sconvolge la società nei suoi cardini fondamentali.
1
Non a caso si
utilizza il termine “rivoluzione” per definire una trasformazione produttiva che
ha modificato profondamente i costumi, i rapporti di classe, la cultura, la
politica.
Il percorso dei diritti dei lavoratori, ed il modello giuridico contrattuale
che li sottende, incontrano un amalgama pastoso di ostacoli.
La primazia delle corporazioni, l’impostazione feudale dei rapporti
sociali, il controllo totalitario dello Stato attraverso le leggi di polizia e
l’apparato sanzionatorio di tipo penale collegato al rapporto di lavoro, sono gli
elementi che impediscono di affrontare una prospettiva giuridica sia
dell’organizzazione dell’impresa sia della tutela dei lavoratori
2
.
Per poter parlare di organizzazione del lavoro, quale diretta ed
indefettibile conseguenza della rivoluzione industriale, non sono più sufficienti
le vecchie forme della disciplina del lavoro domestico e delle prestazioni dei
contadini o degli statuti delle corporazioni artigiane: la relazione in questione
ha tratti caratteristici propri e, soprattutto, nuovi rispetto alle forme giuridiche
già conosciute.
1
A. Casilli: “Il passaggio al regime di fabbrica che si è imposto con la rivoluzione industriale e successivamente
con l'organizzazione scientifica del lavoro fordista e taylorista ha rappresentato comprensibilmente un trauma per
il mondo occidentale, il trauma originario della nostra società”. “Mobbing, un male oscuro”- Atti del
seminario “Mobbing: un male oscuro” che si è svolto presso la Camera del Lavoro di Milano, il 31
maggio 2000.
2
B. Veneziani “L’evoluzione del contratto di lavoro in Europa dalla rivoluzione industriale al 1945”,
in Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali n. 69, 1996, 1
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Il diritto soggettivo, inteso come potestà di volere riconosciuta al singolo,
e la affermazione dell’autonomia privata quale facoltà che ognuno possiede di
responsabilità piena e assoluta della propria sfera giuridica, nonostante il
sistema giuridico sia ancora “indifferente” ai diritti della persona ed in
particolare del lavoratore, ha posto le premesse per una “rivoluzione” che col
tempo avrebbe toccato anche il diritto del lavoro.
Il rapporto di lavoro all’interno dei codici e delle leggi degli Stati
europei, a cominciare dal Codice napoleonico del 1804, viene modellato sul
paradigma della locazione. Sebbene sia determinante l’influenza del diritto
romano nell’elaborazione della figura del contratto di lavoro, i codici post-
rivoluzionari deprecano il sostrato ed il retaggio schiavistico che emergeva
prepotente nella figura classica della locatio operarum: “un uomo libero dà in affitto
sé stesso proprio come il padrone dà in affitto lo schiavo”
3
. Si individua nel fattore
temporale, nella non perpetuità del rapporto di lavoro, la prima chiave di svolta
per affrancare il lavoratore dal(lo) (stra)potere del datore di lavoro. Il contratto
di lavoro deve avere una durata prestabilita, un termine. La società post-
rivoluzioni è una società approntata al principio della mobilità che viene inteso
quale sinonimo di libertà.
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3
L. Mengoni “Lezioni sul contratto di lavoro”, Celuc, Milano,1971, p. 10
4
A. Casilli: “…l’attuale sistema produttivo scaturente dalla rivoluzione industriale è interamente
finalizzato alla produzione di un surplus economico attraverso lo sfruttamento di corpi umani. Si
tratta di un sistema di lavoro completamente diverso da quello presente nelle epoche precedenti. Il
lavoro moderno si caratterizza per adottare una tempistica precisa (orari di lavoro e n. di ore
lavorative predefinite), escludere altri impegni lavorativi e non, essere un’attività nettamente separata
dalla vita privata e dal tempo libero. Distinzioni queste ultime che nella società preindustriale non
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Se dunque l’evento, punto di partenza della nostra indagine storica, che
ha segnato una svolta definitiva delle modalità lavorative attraverso
innanzitutto un diverso e più complesso approccio mentale al lavoro stesso, è
individuabile nella rivoluzione industriale, sarà soltanto in seguito alla
rivoluzione francese che verrà generato un nuovo sistema sociale che colloca in
posizione centrale i diritti della persona e che si affermerà un principio generale
del “diritto al lavoro” sebbene inteso nel senso di libertà di lavorare.
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L’evoluzione vera e propria del diritto del lavoro, sebbene faticosa, troverà il
suo incipit all’interno della Costituzione della Repubblica francese, giugno
1849, dove viene riconosciuto il diritto all’assistenza pubblica nonché la
fondamentale libertà di “lavoro e di industria” (art. 4 del Preambolo).
Il Codice civile italiano emanato nel 1865, fortemente influenzato dal
Code Civil des Français del 1804, proprio come quest’ultimo, non affronta in
maniera diretta ed organica il tema del lavoro. D’altronde la rivoluzione
industriale, a quell’epoca, in Italia non era ancora esplosa come nel resto
d’Europa, e dunque l’economia italiana esprimeva un sistema prevalentemente
agricolo che viene specularmente rappresentato nel codice civile. La tematica
erano affatto presenti: il contadino non aveva una settimana lavorativa, al massimo poteva lavorare
per 150-160 giorni all’anno, e il suo impegno lavorativo mediamente non superava le 3-5 ore al
giorno. Recentemente poi la globalizzazione e la smaterializzazione del lavoro hanno aggravato
ulteriormente la posizione del lavoratore che si trova, a causa della maggiore concorrenza dei mercati
e alla difficoltà di misurare la produttività del suo lavoro, ad una sempre maggiore precarizzazione
della sua posizione”,“Un approccio sistemico al mobbing e logiche di risposta”, Atti del seminario
“Mobbing: un male oscuro” che si è svolto presso la Camera del Lavoro di Milano, il 31 maggio
2000.
5 Louis-Henri Parias, “L’ère des révolutions (1765-1914), in Histoire gènèral du travail, Nouvelle
Librairie de France, Paris, 1962, p. 47