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inoltre si presenteranno le varie ipotesi di sviluppo del fenomeno che nel corso degli anni
potrebbero verificarsi.
Nell’ultimo capitolo si passeranno in rassegna alcune considerazioni che
cercheranno sia di sintetizzare ciò che è stato evidenziato, ma anche di fornire un
contributo costruttivo e significativo all’analisi del fenomeno in un’ottica sia intervento
che di semplice conoscenza approfondita.
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CAPITOLO 1
Siamo invasi ormai da decine di articoli su quotidiani, servizi su settimanali, interviste a
personaggi autorevoli: la velocit� con cui il mobbing ha conquistato l�attenzione dei media
forse ci induce a riflettere maggiormente su questo problema molto diffuso in tutto il
mondo.
Il mobbing comprende forme di violenza psicologica che comprendono un ampio insieme
di comportamenti verso colleghi, subordinati e, raramente, superiori.
Il comune denominatore di questa variet� di comportamenti resta sempre una forte
connotazione distruttiva soprattutto a livello psicologico; si cerca di �osteggiare� una
persona scomoda, per vari motivi, inducendola a continue pressioni di vario livello con
differenti effetti; dal semplice nervosismo fino al dare le dimissioni dal posto di lavoro se
non addirittura facendola licenziare ovviamente con motivi pi� o meno vari e giustificati.
E� un fenomeno spesso poco riconosciuto, quasi sempre valutato in modo ambiguo, e
comunque richiede un intervento del management che a volte non riesce a gestire il
problema in maniera ottimali.
1.1 Mobbing: tante definizioni per un unico fenomeno
Il termine mobbing deriva dal verbo inglese �to mob�, che indica l��assalire, affollarsi
intorno a qualcuno�, ed � mutuato dall�etologia, precisamente da Lorenz (1971) che l�ha
utilizzato per indicare il comportamento di alcuni animali, quando si coalizzano fra loro
per escludere un animale indesiderato dal gruppo.
In etologia il mobbing behaviour si utilizza per indicare la difesa delle zone di riproduzione
dai predatori in cerca di cibo, in modo da preservare la discendenza della specie.
Ha quindi un significato prettamente adattativo, in psicologia del lavoro ha invece valenza
metaforica e rappresenta la coalizione di gruppo che sta alla base della situazione di terrore
psicologico, che porta all�isolamento della vittima di fronte all�ostilit� di tutti gli altri.
Lo stesso fenomeno viene per� chiamato in diversi nomi; nei paesi scandinavi esiste il
termine mobbing, in America emotional abuse o workpalce harassment, in Australia
victmisation at work, in Inghilterra bullying at work, in Francia harc�lement professional,
in Olanda pesten, infine in Italia terrore psicologico sul posto di lavoro. Esistono inoltre
altri termini nei paesi di lingua inglese che descrivono alcune azioni mobbizzanti come
whistleblowing (screditare una persona), stalking (telefonate anonime, lettere di minaccia,
volantini diffamatori, aggressioni fisiche).
Einarsen, Raknes (1991), sottolineano l�estrema rarit� di aggressioni fisiche nel mobbing e
la sottigliezza delle azioni mobbizzanti. Ma come sottolinea Crowford (1985) il concetto di
mobbing comprende un�ampia gamma di comportamenti. Per Andrea Adams (1992) il
mobbing � un abuso di potere o una condizione di criticismo prolungato nei confronti di un
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lavoratore. Olweus (1996) invece opera una distinzione tra mobbing diretto ed indiretto: ad
esempio tattiche indirette sono l�esclusione sociale della vittima dal gruppo di lavoro
oppure la mancanza di informazioni necessarie a svolgere il lavoro.
Nel 1984 compare la prima pubblicazione scientifica, nella quale il termine mobbing �
utilizzato per indicare una forma di vessazione esercitata nel contesto lavorativo, il cui
scopo finale � quello di allontanare la vittima dal mondo del lavoro.
Il professor Heinz Leymann � stato infatti il pioniere che, diciotto anni fa, ha iniziato a
�organizzare� tutti i dati sul fenomeno, individuandone le caratteristiche salienti, e
descrivendone caratteristiche specifiche, nascita e maturazione del fenomeno, soggetti pi�
colpiti e relative conseguenze psicofisiche.
Cos� Leymann (1996) definisce il fenomeno mobbing:
�Il mobbing o terrore psicologico sul posto di lavoro consiste in messaggi ostili e
moralmente scorretti, diretti sistematicamente da uno o pi� individui verso (in genere) un
solo individuo, il quale, a causa del perpetuarsi di tali azioni, viene posto e mantenuto in
una condizione di impotenza e incapacit� di difendersi. Le azioni di mobbing si verificano
molto frequentemente (secondo la definizione classica, almeno una volta alla settimana) e
per un lungo periodo di tempo (secondo la definizione statistica per almeno sei mesi). A
causa della frequenza elevata e della lunga durata del comportamento ostile, questo
maltrattamento produce uno stato di considerevole sofferenza sul piano mentale,
psicosomatico e sociale�(The Mobbing Encyclopaedia, 1996,sito web/trad. it.
www.leymann.se/English/frame.html consultato 15.11.02 ).
�La definizione non comprende i conflitti temporanei e si concentra sul punto di rottura in
cui la situazione psicologica comincia a sfociare in condizioni di patologia psichiatrica o
psicosomatica. In altre parole, la distinzione fra �conflitto� e �mobbing�, per chiarire
meglio il concetto, non si concentra su cosa viene fatto o come viene fatto, ma piuttosto
sulla frequenza e sulla durata di qualunque cosa commessa. Ci� richiama anche
l�attenzione sul fatto che le ricerche di base condotte in Svezia si sono basate su concetti
derivati dall�esperienza medica.
Fondamentalmente, si � trattato di una linea di ricerca concentrata sullo stress somatico o
mentale: quanto deve essere intenso il mobbing per provocare malattie mentali o
psicosomatiche? Le ricerche intraprese si sono concentrate principalmente sullo stress
mentale e fisico: �il lettore deve primariamente tener presente che non mi sono occupato di
ricerca psicologica comportamentale ma piuttosto di ricerca sullo stress mentale e
psicosomatico di un certo tipo che insorge sul posto di lavoro, sui suoi risultati, sulle sue
condizioni patologiche e sulle assenze per malattia da esso provocate� (The Mobbing
Encyclopaedia,1996, sito web/trad. it. www.leymann.se/English/frame.html consultato
15.11.02 ).
Precedentemente nel 1993, Leymann aveva gi� proposto un'altra definizione di mobbing,
che risulta pi� precisa: in caso di conflitto, le azioni che hanno la funzione di manipolare la
persona in senso non amichevole si possono distinguere in tre gruppi di forme di
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comportamento. Un gruppo di azioni punta sulla comunicazione con la persona attaccata,
tendendo a portarla all�assurdo o alla sua interruzione. Un altro gruppo di comportamenti
verte sulla reputazione della persona, utilizzando strategie per distruggerla. Infine, le azioni
del terzo gruppo cercano di manipolare la prestazione della persona (non gli viene dato
alcun lavoro o gli vengono affidati compiti senza senso, umilianti, o molto pericolosi).
Alcuni di questi comportamenti si possono trovare nella comunicazione umana quotidiana
o durante casuali litigi. Solo se queste azioni vengono compiute di proposito,
frequentemente e per molto tempo si possono chiamare mobbing. (Leymann, 1993).
Infine Leymann (1993), che forse rappresenta l�autore pi� rappresentativo sul mobbing, ha
costruito un questionario, il Leymann Inventory of Psycological Terrorism (LIPT) che
indaga la presenza di 45 comportamenti ostili, suddivisi in cinque categorie, riassumendo
cos� le azioni mobbizzanti in:
- Attacchi alla possibilità di comunicare: si agisce sulla possibilit� di comunicare,
impedendo al lavoratore di esprimersi, di parlare con i colleghi e/o incontrarsi con loro.
- Isolamento sistematico: fisico e/o psicologico.
- Attacchi all’immagine sociale: attraverso calunnie, pettegolezzi, critiche continue ed
infondate, offese.
- Attacchi alla qualità della reputazione professionale o privata: il lavoratore viene
stigmatizzato in un ruolo sociale negativo, screditato.
Attacchi alla salute: assegnazione di incarichi pericolosi, minacce e violenza fisica.
Il mobbing si evolve nel tempo, seguendo un�escalation. Per spiegare tale evoluzione
Leymann ha individuato quattro fasi per spiegare l�intero processo di mobbing.
Nella prima fase, il cosiddetto conflitto quotidiano (o latente), si hanno piccoli contrasti
quotidiani, insoluti, che costituiscono un trampolino di lancio per il mobbing, ancora in
fase embrionale. Il mobbing ha luogo quando il conflitto non si risolve, e si riconosce
principalmente attraverso la reazione aggressiva della vittima (mobbizzato) che si sente
aggredito.
Nella seconda fase, detta del conflitto mirato, si ha l�inizio del terrore psicologico: qui
entrano in campo gli attori principali del mobbing cio� il mobber e il mobbizzato, e
compaiono i primi sintomi da malattia psicosomatica. Le azioni mobbizzanti vengono
messe in atto di proposito, con lo scopo di mettere in difficolt� l�altro. Inoltre la vittima
subisce un processo di stigmatizzazione, ovvero si trova sempre pi� rinchiusa nel ruolo,
appunto, di vittima.
Nella terza fase, quella del conflitto pubblico, la situazione � caratterizzata da un
aggravamento delle condizioni di salute psicofisiche e psicologiche del soggetto, le cui
conseguenze si traducono spesso in assenze prolungate per malattia e abbassamento della
qualit� di prestazione. L�elemento pi� evidente di questa fase � la presenza di errori e abusi
anche non legali dell�Amministrazione del personale, composta da individui che possono
anch�essi essere manipolati dal mobber che mette in cattiva luce la vittima. Quest�ultima
diventa un elemento inutilmente costoso per l�azienda e perci� anche fastidioso.
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Viene a trovarsi in una condizione di handicap sociale insostenibile per l�azienda stessa.
Nella quarta fase si ha l’esclusione dal mondo del lavoro. Le possibilit� pi� diffuse per
uscire dal mondo del lavoro sono:
- Sviluppo di manie ossessive prevalentemente abuso di droghe, farmaci, alcool, scatenate
dal mobbing, ma dovute anche a caratteristiche personali della vittima. La pressione
psicologica subita causa un acuirsi dei suoi problemi.
- Licenziamento: dimissioni da parte del lavoratore, licenziamento da parte del datore di
lavoro, licenziamento a seguito di accordi da entrambe le parti.
- Liquidazione: l�azienda offre una somma di una certa entit� alla vittima perch� se ne vada
volontariamente.
- Lunga malattia: periodi di assenza per malattia superiore ai due mesi, oppure pi� brevi
ma ripetuti.
- Prepensionamento: dequalificazione della persona in base all�et�.
- Trasferimento: per Leymann, quando una vittima viene trasferita in un altro ufficio
lontano dai colleghi, forse addirittura in una parte dell�azienda o dell�organizzazione che �
decentrata o poco importante, allora siamo di fronte ad un primo atto di espulsione dal
mondo del lavoro. Un altro tipo di trasferimento che l�azienda pu� operare � quello di
assegnare alla vittima compiti senza senso.
- Spostamenti continui: il mobbizzato, sempre a causa del clima ostile che avrebbe creato
nel suo ufficio, viene spostato continuamente da un ufficio all�altro o da una filiale
all�altra. Questo impedisce di legare con i colleghi, di abituarsi all�ambiente di lavoro, di
assumere impegni a lungo termine.
- Ricovero in clinica psichiatrica: secondo Leymann (1993) sarebbe la rabbia repressa
verso il mobber, combinata con la paura dell�esistenza, a causare al mobbizzato disturbi
mentali sempre pi� gravi.
- Sviluppo di comportamenti criminali: comprendono azioni verso la persona (aggressioni,
tentativi di omicidio, omicidi riusciti�) o verso la propriet� (per lo pi� atti di vandalismo
verso i simboli dello status del mobber, come per esempio l�automobile o l�abitazione).
- Suicidio: il suicidio della vittima provoca uno shock nell�ambiente di lavoro quasi
paragonabile a quello provato dai familiari della vittima. Non � detto che il processo di
mobbing segua ordinatamente le quattro fasi descritte.
E� possibile anche che la assenza di alcuni fasi modifichino lo stato di mobbing creando
delle derivate. Ad esempio se dovesse mancare la prima fase, quella dei piccoli conflitti
quotidiani, in questo caso siamo di fronte al cosiddetto bossing cio� un mobbing operato
dai superiori o dirigenti dell�azienda che ha quasi sempre lo scopo preciso di indurre il
dipendente alle dimissioni.
Una definizione altrettanto recente proviene dall�Associazione contro lo stress psicosociale
ed il mobbing fondata in Germania nel 1993, secondo cui il mobbing consiste in una
comunicazione conflittuale sul posto di lavoro tra colleghi o tra superiori e dipendenti nella
quale la persona attaccata viene posta in una posizione di debolezza e aggredita
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direttamente o indirettamente da una o pi� persone in modo sistematico, frequentemente e
per un lungo periodo di tempo, con lo scopo e/o la conseguenza della sua estromissione dal
mondo del lavoro. Questo processo viene percepito dalla vittima come una
discriminazione.
In un�altra recentissima ricerca svizzera, si definiscono in maniera pi� precisa anche i
primi disagi specifici. L�articolo � stato pubblicato dalla Brochure su Mobbing e Molestie
dell�Assessorato delle Pari Opportunit� della citt� di Losanna dove risulta che il mobbing �
una situazione di comunicazione non etica caratterizzata dalla ripetizione, nel lungo
periodo, da parte di una o pi� persone, di comportamenti ostili diretti sistematicamente
contro un individuo che sviluppa, come reazione, gravi problemi fisici o psicologici. Esso
costituisce un processo di distruzione che pu� comportare l�invalidit� permanente, ovvero
la morte della vittima. (Casilli, 2000).
Il sociologo Casilli (2000) propone una definizione del fenomeno, sottolineando l�aspetto
simbolico derivante dalla costruzione pi� o meno volontaria di episodi traumatici che
avrebbero l�effetto di indebolire delle resistenze psicologiche e la manipolazione della
volont� del soggetto mobbizzato.
Dopo questi riferimenti al mobbing, � evidenziabile come la posizione dell�osservatore del
fenomeno provochi un spostamento su alcuni versanti del problema, trascurandone degli
altri. Per esempio la Msf Union (il sindacato inglese dei lavoratori dei settori della
manifattura, della scienza e della finanza) vede il mobbing come �una pratica persistente di
danni, offese, intimidazioni o insulti, abusi di potere o ingiuste sanzioni disciplinari che
induce in colui contro il quale � indirizzata sentimenti di rabbia, minaccia umiliazione,
vulnerabilit�, che mina la fiducia in se stesso e pu� causare malattie da stress� (Casilli,
2000).
Altri autori come Saolini (2001) e Giglioli (2001) preferiscono annoverarlo nelle
�patologie� sociali in senso stretto, quindi non etichettabile come un semplice rischio o una
malattia del lavoro ma un rischio di tipo relazionale, che si configura come una patologia
sociale che si origina da uno processo distruttivo della persona e che pu� nascere da
comunicazioni o comportamenti ostili che possono essere palesi o occulti. I motivi possono
essere la invidie, gelosie, carenze organizzative con notevole intensit� di stress che tali stati
portano con s�.
Ancora Casilli (2000), per esempio, sottolinea la valenza politica-economica del fenomeno
definendo il mobbing come lo sfruttare un dipendente, un lavoratore, un collaboratore a
fini economici e poi eliminarlo; Casilli inoltre rammenta che la posizione a livello
organizzativo del lavoratore non ha nessuna rilevanza ai fini prettamente strumentali che il
mobbing in tale ottica si prefissa.