INTRODUZIONE
I miti dell’antichità classica hanno affascinato i lettori di tutte le epoche: difatti sono stati letti,
imitati e utilizzati dai tempi più remoti fino ad oggi.
Il presente lavoro di ricerca ha come scopo preminente l’analisi circa la duttilità di un tema
convergente in un mito di tutto spessore: il mito di Narciso
1
. Si tratta di un mito che è stato
oggetto di attenzione di autori, artisti, lettori
2
; seppur nella sua brevità, infatti, esso ha
l’intramontabile peculiarità di generare rifacimenti, riprese e varianti, attraversando svariati mezzi
espressivi della creazione poetica, del racconto allegorico e, in particolar modo, delle arti
figurative. Ha un fascino immutabile nei suoi elementi fissi come la bellezza e lo specchiarsi.
Il primo capitolo argomenta in merito all’epoca in cui il mito di Narciso s’imponeva all’attenzione
del pubblico attraverso la notevole opera di Ovidio, le Metamorfosi
3
. Di conseguenza, si
tratteranno brevemente i punti salienti della vita e dell’opera sopra citata dell’omonimo poeta,
cosicché da poter contestualizzare il mito
4
.
Si proseguirà, poi, con una sintesi dettagliata del mito stesso al fine di poter distinguere le
differenze tra le raffigurazioni classiche
5
e quelle più recenti
6
, mettendo in rilievo le evidenze
archeologiche del mito e, in particolare modo, il recente ritrovamento a Pompei, nella Regio V,
dell’affresco di Narciso
7
.
Dipinto su di una delle pareti dell’atrio della dimora, il mitologico cacciatore sta sulla riva del
ruscello e, con lo sguardo rivolto allo specchio d’acqua, si perde nella sua bellezza, secondo
l’iconografia classica. È stato rappresentato un attimo prima di essere inghiottito dalla sua vanità,
quasi come se stesse ricambiando il torto a chi guarda ammaliato.
L’opera è emersa durante i lavori del progetto cofinanziato dall’Unione europea per la messa in
sicurezza del sito rispetto al rischio idrogeologico
8
. Tale progetto, cd. Grande Progetto Pompei, ha
consentito di portare alla luce porzioni non scavate dell'antica città romana, svelando un altro
aspetto degno di apprezzamento da parte dell’osservatore
9
.
1
Ovidius 2002.
2
Bettini 2005.
3
Ovidio 2000.
4
Bettini 2005.
5
LIMC 1992.
6
Marini 1987.
7
Migliozzi 2019.
8
http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/GPP/index.html.
9
http://www.pompeiisites.org/Sezione.jsp?titolo=Grande%20Progetto%20Pompei&idSezione=354a.
L’ultimo capitolo, invece, ha lo scopo di mostrare l’attualità di questo mito, che sta nel modo di
rappresentare in modo realistico la società attuale: una società basata sull’esibizionismo. Il mito di
Narciso ed Eco permette di descrivere il disturbo narcisistico di personalità e la dipendenza
affettiva
10
.
Come Narciso si specchiava nell’acqua, l’uomo contemporaneo si specchia nello schermo dei suoi
device. Narciso, vuoto ed egocentrico, è metafora della nostra epoca: la conoscenza di se stessi
conduce alla morte perché sottende alla conoscenza del nulla che caratterizza essa stessa. Il mondo
reale oggi è diventato solo una conseguenza a quella che è la nostra vera essenza, siamo solo ciò
che pubblichiamo. Dunque, l’elaborato si propone di tracciare sia la fortuna di questo mito in
epoca passata, che di evidenziare come esso, poi, sia riuscito ad influenzare anche le epoche
successive.
10
Manucci 2021.
CAPITOLO 1: FONTI E ORIGINI DEL MITO
1.1. OVIDIO: LA VITA E LE METAMORFOSI
Fonte principale della vita di Ovidio sono le sue stesse opere
11
. Ciò spiega perché non esista una
tradizione biografica su di lui, in quanto ai fini biografici bastavano appunto le sue opere. Ovidio
nacque a Sulmona il 20 marzo del 43 a.C. da un’agiata famiglia di rango equestre
12
. A 12 anni,
insieme a suo fratello Lucio, si recò a Roma dove frequenta le migliori scuole di retorica,
rivelandosi un allievo brillante e persuasivo in quei saggi chiamati “suasorie”, in cui l’allievo
immaginava di rivolgersi a un personaggio famoso, della storia o del mito. La scuola di retorica fu,
dunque, una palestra quanto mai opportuna e utile, in cui Ovidio poté affinare e perfezionare la
sua abilità retorica
13
. Successivamente, completò gli studi con il canonico soggiorno in Grecia:
questo viaggio gli permise di visitare i luoghi divenuti famosi per i miti che poi avrebbe narrato
all’interno delle sue opere. Tornato a Roma, per volere del padre che desiderava per lui e per il
fratello la professione politica e forense, intraprese la carriera pubblica ed esercitò alcune cariche
minori. Ben presto, però, vista la sua straordinaria capacità di comporre versi, abbandonò quegli
studi e si dedicò alla poesia. Infatti, entrò a far parte del circolo di Messalla Corvino e di quello di
Mecenate; ciò gli permise di stringere rapporti coi maggiori poeti del tempo: Orazio, Properzio,
Tibullo e Virgilio. Ovidio si sposò tre volte: delle prime due mogli non abbiamo molte notizie,
sappiamo solo che da una di loro nacque Perilla; invece della terza moglie, Fabia, sappiamo che
gli fu devota, come egli stesso ricorda nelle sue opere
14
. Proprio all’apice del successo lo colse,
nell’8 d.C., l’improvviso provvedimento punitivo di Augusto, che relegò il poeta sul Mar Nero, a
Tomi (oggi Costanza)
15
. Ovidio rimase lì rilegato, nonostante le suppliche sue, della moglie e
degli amici, fino alla sua morte avvenuta nel 17 o (18
16
) d.C.
Dopo Virgilio, che con l’Eneide aveva realizzato il grandioso progetto di un poema di tipo
omerico, di un epos nazionale per la cultura romana, nel tradurre in atto le sue ambizioni di
un’opera ormai di grande impegno Ovidio segue un’altra direzione. Infatti Ovidio compose le
11
È lui stesso, infatti, a fornire svariate notizie sulla sua vita, specie nell’elegia IV 10 dei Tristia.
12
Ovidius 2002, p.7.
13
Ovidius 2002, p. 10.
14
Ovidius 2002, p. 10.
15
Le cause della relegazione non sono mai state pienamente chiarite e Ovidio accenna velatamente questo episodio in
Tristia II 207. Si sospetta che dietro le accuse ufficiali di immoralità della sua poesia si volesse in realtà colpire un suo
coinvolgimento nello scandalo dell’adulterio di Giulia Minore, la nipote di Augusto, con Decimo Giunio Silano.
16
La cronaca di San Girolamo ci attesta la data del 17, ma nel libro I dei fasti si fa riferimento a eventi romani della
fine del 17, la cui notizia difficilmente poteva essere giunta in un poco tempo fino a tomi; per questo c’è chi ritiene
prudente spostare la data di un anno.
Metamorfosi, un “poema collettivo”, che raggruppa cioè una serie di storie indipendenti
accomunate da uno stesso tema. L’opera fu da lui completata tra l’1 e l’8 d.C.
17
In precedenza, si era dedicato esclusivamente alla redazione di elegie come gli Amores e l’Ars
Amatoria, che gli procurarono la fama di poeta amoroso. Ovidio però non era né filosofo né poeta
morale, e i suoi interessi erano maggiormente rivolti ad argomenti leggeri come l’amore, ma
soprattutto all’emozione umana in generale. Probabilmente, l’ispirazione per le Metamorfosi è da
ritrovarsi in un passato più remoto, quale quello dei poeti greci di età ellenistica, come ad esempio
gli Aitia di Callimaco (una serie di saghe eziologiche, in metro elegiaco) e un poema, per noi
perduto, in esametri di Nicandro di Colofone (II secolo a.C.) che raccoglieva appunto storie di
metamorfosi
18
.
Le Metamorfosi si differenziano dalle opere sopraccitate per la loro forma innovativa, in
particolare per lo stile, che dà maggior importanza ai sentimenti e alle emozioni
19
. L’opera
presenta uno straordinario intreccio di trasformazioni: dei e uomini si trasformano in animali, in
piante, in statue e in altre forme. E’ composta da quindici libri scritti in esametri, contiene circa
cinquanta storie lunghe e circa altre duecento storie brevi (non in tutte le storie possiamo trovare
però il tema della trasformazione
20
). La narrazione copre un arco temporale che inizia con
il Chaos (è lo stato primordiale di esistenza da cui emersero gli dèi) e che culmina con la morte
di Gaio Giulio Cesare e il suo catasterismo. Ovidio riesce a intrecciare con grande abilità gli
episodi di argomenti più svariati passando dalla guerra al diluvio, dalla morte alla nascita, senza
necessariamente mantenere un ordine cronologico. Molti sostengono che non vi sia una struttura
premeditata dell’opera ma, secondo Otis
21
, Ovidio aveva prima preparato un ‘‘historical
scheme’’
22
’ in base al quale ha composto le Metamorfosi. Ludwig, infatti, ha evidenziato come è
possibile scoprire una struttura premeditata nei temi dei miti
23
; tramite i quali vengono collegati i
miti stessi; una struttura che a volte prosegue anche dopo la fine di un canto. Un esempio è fornito
dal mito di Narciso, che ha alla base del suo racconto il tema di vedere una persona, la quale in
realtà non si sarebbe potuta vedere. Questo tema difatti viene ripreso sia nei miti precedenti sia in
quelli consecutivi al terzo libro
24
. Nei primi quattro versi del proemio delle Metamorfosi Ovidio
descrive il suo intento in questo modo:
17
Ovidius 2002, p.403.
18
Brown 2005, p.14 e Bettini 2003, p. 113.
19
Otis 1970, pp. 23-24
20
Wilkinson 1955, p. 145.
21
Otis 1970, p.46.
22
Otis 1970, p. 47.
23
Ludwing 1965, p.12.
24
Ludwig 1965, pp. 11-14.
In nova fert animus mutatas dicere formas
corpora; di, coepitis (nam vos mutastis et illas)
adspirate meis primaque ab origine mundi
ad mea perpetuum deducite tempora carmen
25
!
Così ci vengono presentati fin da subito i tre elementi principali dell’opera, ovvero la ‘’continuità
narrativa’’ (‘carmen perpetuum’/canto ininterrotto), la ‘’varietas’’ (cantare le forme mutate), e il
‘‘principio dell’unità’’ (‘’dai primordi del mondo ai miei tempi’’). Brooks Otis, in un saggio che
ebbe molta fortuna, Ovid as an Epic Poet
26
, affermò che Ovidio avesse, sì, l'intenzione di scrivere
un poema epico in linea con la tradizione virgiliana, ma che alla fine riuscì soltanto a scriverne
una parodia, una copia inferiore, naufragando disastrosamente nel suo iniziale obiettivo. In realtà
Ovidio non riuscì mai a liberarsi della sua vera natura di poeta elegiaco: una natura che mal si
addice ad essere combinata con l'epica
27
. Gli esempi che Brooks portava a convalidamento della
sua teoria erano moltissimi
28
: si concentravano soprattutto sul ciclo di Cadmo e su quello
della guerra di Troia, nei quali il tipico eroismo omerico-virgiliano viene ridotto, secondo il critico
statunitense, a pura parodia. Brooks ripudiò poi, con l'edizione successiva dello stesso saggio, la
sua interpretazione, scrivendo infatti:
Io avevo parlato di due Ovidio, di uno augusteo e di uno, se così si può dire, comico-amoroso, che continuamente si
influenzavano a vicenda. Ho anche affermato che l'Ovidio augusteo impediva all'Ovidio comico-amoroso di realizzare
in pieno i suoi propositi e alla fine l'ho condannato, constatando che aveva composto un buon lavoro di poesia
inferiore. Quello che ho scritto, ora lo ripudio totalmente
29
.
Eppure, Brooks, anche nella seconda edizione, persisteva nel voler inserire l'opera ovidiana in un
genere preciso, commettendo, secondo Anderson, un errore perché spesso questa problematica
appartiene più al critico moderno che non alle reali intenzioni dell'autore
30
. D'altronde,
nella letteratura latina si trovano esempi di satire e di poemi didascalici composti in esametri e che
nulla hanno a che fare con il poema epico
31
. Secondo Anderson, dunque, e secondo la critica più
recente - che comprende anche gli scritti di Segal
32
e di Bernardini
33
- l'opera ovidiana non si può
etichettare in un genere preciso. Potremmo dire, semplicemente, che le Metamorfosi sono un
25
«Voglio cantare le trasformazioni dei corpi delle cose e dei viventi. E voi, che pure artefici ne foste, mutando anche
voi stessi, o dei, propizi ispirate il mio canto, dalle origini dell’universo alla presente età», Ovidio 2002, III 1-4.
26
Otis 1970,p 46.
27
Otis 1970, p. 47.
28
Otis 1970, p 48.
29
Otis 1970, p.49.
30
Anderson, 1993, pp. 108-124.
31
Anderson 1993, p. 112.
32
Anderson 1993, p. 110.
33
Anderson 1993, p. 111.