Il mito di Europa
I. ‘Europa’: alle origini di un continente, tra geografia e
mito
La versione più celebre del mito di Europa, benché vi siano non poche
varianti, è quella che vuole la fanciulla, figlia di Agenore e Telefassa, per
quanto spesso le si attribuiscano, come padre, Fenice e, come madre,
4445
Argiope. A parte si colloca la testimonianza di Esiodo, che, nella Teogonia,
presenta Europa come una delle Oceanine, figlia di Oceano e Teti (si tratta,
però, di un‟altra eroina, pur indicata con il medesimo nome).
Il nucleo narrativo del mito si „coagula‟ -com‟è noto- intorno alle
vicende del ratto, perpetrato ai danni di Europa da parte di Zeus: il padre degli
dèi, infatti, vista la fanciulla per la prima volta mentre giocava con le vergini di
Tiro lungo la spiaggia Sidonia, se ne innamorò all‟istante e “…per fuggir l‟ire
moleste / della gelosa Giuno, e l‟inesperta / verginella ingannar, celossi il
46
nume / sotto mentite spoglie, e si fe‟ toro”. Anche Europa, per parte sua, notò
il bel toro e, dopo i primi istanti di esitazione, gli si avvicinò, cominciò ad
accarezzargli il petto, gli intrecciò ghirlande di fiori sulle corna e infine,
ingannata dall‟apparente mansuetudine dell‟animale, salì sul suo dorso. Il
„divin seduttore‟, che altro non aspettava, con la vergine in groppa, cominciò a
correre verso il vicino mare, nuotando fino alle coste di Creta, dove, assunte le
proprie originarie sembianze, si unì finalmente ad Europa.
Orbene, il racconto del ratto si arricchì, già nelle fonti antiche, di
particolari e ulteriori specificazioni, in ordine sia ai luoghi toccati dalla coppia
47
(ad esempio, secondo un aneddoto tràdito da Plinio, a Gortina, la località
cretese dove ebbe luogo l‟unione, sorgeva un platano che non perdeva mai le
foglie), sia ai fatti che fecero immediatamente seguito all‟incontro d‟amore tra
il dio e la fanciulla. A tal proposito, i testimonia generalmente riportano che
44
Cfr. Il. 14, 321; Mosch. 2, 7 e 41; Apoll. 3, 1,1; Conon. 32; Hyg. fab. 178; Ov. met. 2, 858.
45
Cfr. Es. Th. 337 ss.
46
Qui si cita la traduzione del secondo idillio di Mosco, opera di Giacomo Leopardi (cfr.
D‟Intino 1999, pp. 59-72).
47
Cfr. Plin. nat. 12, 5.
16
frutto dell‟unione di Zeus ed Europa furono Minosse, Radamante e Sarpedonte
(le fonti variano, anche in questo caso, giacché, ad esempio, secondo l‟Iliade,
soltanto Minosse e Radamante erano figli di Europa, mentre Sarpedonte fu
48
generato da Laodamia); significativa è anche l‟appendice che, talora, corona
49
l‟evento, giacché, secondo la versione di Igino astronomo, il toro in cui si era
tramutato Zeus divenne una costellazione: un „seguito‟, questo, decisamente
50
diverso da quello riferito da Apollodoro, secondo il quale l‟animale fuggì per
l‟isola e venne catturato da Eracle durante la sua settima fatica.
Il „dopo-ratto‟, inoltre, persegue, in generale, due „direttrici‟ spaziali
parallele e divise: da un lato, infatti, le vicende si concentrano intorno al
matrimonio di Europa, divenuta sposa del re di Creta, Asterione, che, non
avendo prole, accettò di adottare i figli di Zeus; dall‟altro lato, in quel di Tiro,
Agenore, padre di Europa, commissionava la „caccia‟ alla figlia perduta,
incaricando i suoi tre figli, Cadmo, Fenice e Cilice, di ritrovare la sorella.
Anche questa sequenza del mito, al pari di quella principale, tradisce una
matrice eziologica e importanti risvolti geografici: i tre, infatti, compiuta
invano ogni possibile ricerca, rinunciarono a tornare nel regno del padre (che
aveva loro ordinato di non fare ritorno senza aver prima ritrovato Europa) e,
quindi, si stabilirono ciascuno in un luogo diverso; così Fenice diede il suo
nome alla Fenicia, dove si stabilì, Cilice alla Cilicia e Cadmo fondò Tebe,
ubbidendo all‟oracolo che a Delfi gli aveva raccomandato di comprare un bue
di particolare foggia e di farsi precedere dall‟animale alla ricerca del luogo
51
dove edificare una nuova città.
Lo stesso nome di „Europa‟, naturalmente, non era legato solo
all‟evento mitico, ma, già nelle letterature antiche, veniva impiegato a
48
Cfr. Om. Il. 14, 321; 16, 198.
49
Cfr. Hyg. astr. 2, 21, 1.
50
Cfr. Apoll. 2, 5, 7.
51
Cfr. Hyg. fab. 178. A tale proposito cfr. Conon. 37 dove si afferma che, in realtà, Cadmo
“non si stava preparando, come dicono gli Elleni, per la ricerca di Europa, la figlia di Fenice,
che Zeus rapì sotto forma di toro, ma, macchinando di formare un regno in Europa,
organizzava la ricerca della sorella rapita: da ciò la favola di Europa presso gli Elleni… Dopo
aver effettuato il periplo dell‟Europa e aver lasciato suo fratello Taso in un‟isola (che da lui
prenderà il nome), Cadmo naviga verso la Beozia e risale verso quella che ora è chiamata
Tebe: ed insieme a questa cinge di mura tutta la regione”.
17
designare il “vecchio continente”: era diffusa, anzi, in Grecia e a Roma, l‟idea
che, nella denominazione del continente, si conservasse memoria proprio
dell‟illustre eroina.
Che nell‟antichità, del resto, si avesse la percezione di un mondo
formato da tre continenti (Europa, Asia e Libia) è testimoniato già da
52
Erodoto, che, peraltro, alla triade aggiungeva, come quarto continente, anche
il delta del fiume Nilo.
In verità, la prima occorrenza della parola Europa, adoperata per
53
indicare una terra, si trova nell‟inno pseudo-omerico ad Apollo: alcuni
particolari descrittivi, qui indicati (il limitrofo “Peloponneso fecondo” e le
vicine “isole cinte dal mare”), lasciano credere, tuttavia, che, in questi versi,
col termine Europa si volesse alludere non all‟intero continente, ma, piuttosto,
alla Grecia continentale, delimitata dal Peloponneso a sud e dal mare e dalle
54
isole tutt‟intorno.
Un‟altra opera importante per lo studio dei legami esistenti tra la storia
mitologica e il nome del continente è l‟Europia di Eumelo di Corinto:
purtroppo, data l‟esiguità dei frammenti superstiti del poema, risulta difficile
capire se nel titolo si facesse riferimento al continente, all‟eroina o ad entrambi
o se, ancora, il componimento avesse per argomento la serie di avventure
compiute da Cadmo, impegnato nella ricerca di sua sorella attorno
55
all‟omonimo continente.
Degno di attenzione è anche il secondo degli Idilli di Mosco: qui
l‟eroina, nei giorni precedenti al ratto, “in sonno vide / per se far lite due
56
regioni opposte”, aventi l‟aspetto di donne. Una, l‟Asia, l‟attraeva a sé,
dicendo di essere la sua madre naturale per averle dato i natali, l‟altra terra-
donna era senza nome ed era straniera: costei tirava dalla parte opposta la
fanciulla, dicendo che lei stessa, per il tramite di Zeus, le si sarebbe presto
offerta in dono. La terra-donna senza nome era proprio quella che, in onore
della fanciulla sedotta dal dio, si sarebbe poi chiamata „Europa‟.
52
Cfr. Hdt. 2, 16.
53
Cfr. Om. H. Ap. v. 251, v. 291.
54
Cfr. CHEVALLIER 1997, pp. 39-54.
55
Cfr. LECOMTE 1997, pp. 71-19.
56
La traduzione è sempre quella curata da Leopardi.
18
L‟auctoritas di Mosco fu certamente presente alla redazione delle due
principali fonti latine del mito: al componimento greco, infatti, fecero chiaro
riferimento sia Orazio (carm. 3,27), sia Ovidio (specialmente met. 2,836 ss.),
cui, in definitiva, si deve la più organica e completa fusione tra l‟elemento
mitico e quello geografico.
II.1 Europa: dall’etimologia alla geografia
Per comprendere meglio il significato di questa fabula potrebbe essere
proficuo analizzare in primis l‟etimologia della parola Europa. Celestina
57
Milani ha proposto una derivazione del lemma dalla lingua fenicia e, più
precisamente, dal non attestato „rb‟ ricostruito sull‟ebraico ereb che significa
„far notte‟: da questa radice sarebbe poi derivata la radice greca e, quindi,
il nome . È difficile, tuttavia, stabilire con sicurezza -come afferma la
stessa Milani- la validità di tale ipotesi, perché la lineare B, diretta discendente
dell‟alfabeto fenicio e antesignana del greco classico, presenta ancora molte
difficoltà di interpretazione. Ma, se quanto detto fino a questo punto fosse vero,
ci si troverebbe di fronte a un nome parlante: il sole, infatti, cala ad occidente
(punto cardinale da cui incombe la notte) e non è un caso, perciò, che il
continente Europa sia situato a ovest rispetto alla terra Fenicia; l‟omonima
fanciulla, spostandosi verso occidente, da Tiro fino a Creta, dimostrava, in
definitiva, di avere scritto nel nome il proprio destino. Insomma il significato
che questa parola assume, dal punto di vista etimologico, non starebbe ad
indicare l‟origine della donna, ma il suo fine, o meglio, il suo punto di arrivo.
Al contrario, ci si troverebbe di fronte a una grande contraddizione se si
credesse che colei che viene dall‟oriente avesse un nome che, al contrario,
indica l‟occidente.
Un‟altra ipotesi, avanzata ancora dalla Milani, prevede la divisione
della parola in due parti: e. La prima parte del termine può
essere ricondotta o all‟aggettivo che significa grande, ampio, largo,
oppure al termine cioè cupo, scuro, tenebroso; la seconda parte,
57
Cfr. MILANI 1998, pp. 31-37.
19
invece, è riconducibile alla parola che significa occhio, sguardo. In
conclusione, stando a questa seconda interpretazione, il nome Europa starebbe
a indicare una peculiarità fisica della fanciulla: „dai grandi occhi‟, oppure
58
„dallo sguardo tenebroso‟. Anche Paschalis, in accordo con Milani, riconosce
nella parola Europa un significato connesso alla vista.
Di Europa come regione geografica si parla nell‟inno pseudo Omerico
5960
ad Apollo. Anche Conone parla di Europa in termini prettamente
geografici: nella narrazione numero 37 afferma, infatti, che “Cadmo, avendo
molto potere presso i Fenici, si arma contro l‟Europa” e ancora spiega che
l‟eroe non si stava preparando per la ricerca della sorella, rapita da Zeus
sottoforma di toro, ma per la conquista di un regno in una terra che si
chiamava, appunto, Europa.
Tantissimi sono, ancora, i testimonia greco-latini, che, a tale proposito,
61
potrebbero essere menzionati. L‟elemento più interessante di tutti è, tuttavia,
che, a un certo punto, il dato geografico venga a sovrapporsi a quello mitico,
dando origine a una favola di carattere eziologico, che spiega, cioè, il motivo
per cui un continente abbia preso nome da una fanciulla. Se, da un lato, non si
è in grado di individuare il momento iniziale che vide nascere questa
sovrapposizione, vero è anche che un frangente di rilievo, in cui i due ambiti
furono fusi, fu quello costituito dal poemetto, di età alessandrina, opera di
Mosco.
II.2 Europa, occidente civile VS Persia, oriente barbaro
58
Cfr. PASCHALIS 2000, pp. 153-163, dove la parola „Europa‟ viene analizzata all‟interno
dei contesti in cui, di volta in volta, compare (in particolare, lo studioso si sofferma sul secondo
idillio dell‟autore alessandrino Mosco); a questo vocabolo vengono attribuite specialmente
sfumature di significato coinnesse prima alla vista, poi alla bellezza e, infine, alla luce.
59
Cfr. Om. H. Ap. 251, 291.
60
Cfr. Conon. 37.
61
Punto di partenza per lo studio delle ricorrenze della parola Europa, adoperata per indicare
un continente, è un recente contributo di Chevallier (CHEVALLIER 1998, pp. 39-54).
20
La divisione tra oriente e occidente venne, col tempo, accentuandosi
sempre di più, e quella che dapprincipio era una questione geografica divenne
sempre più una forma di separazione, che agì soprattutto a livello ideologico e
culturale: inutile dire che, “al di là del muro”, i Greci vedevano un popolo
barbaro, i Persiani. Così, ad esempio, anche grazie al sostegno della
propaganda anti-Persiana messa in campo prima da Milziade, poi da
Temistocle e, infine, dallo stesso Alessandro in funzione della sua politica di
espansionismo, crebbe sempre più, già a partire dal V sec. a.C., il mito di un
„Occidente-Europa‟ civile contrapposto ad un „Oriente-Asia‟ barbaro. Era
questa una terra che si configurava non solo come patria di un popolo barbaro,
ma anche come luogo di estremi piaceri e inarrivabili lussi. È bene ricordare,
infatti, che, soprattutto nella commedia, l‟oriente venne visto spesso come un
62
mondo esotico, il „paese di cuccagna‟ in cui è possibile trovare ogni tipo di
ricchezza, di benessere, dove la terra non ha bisogno di essere coltivata né
seminata, perché produce frutti spontanei, scorrono fiumi di brodo nero e di
salsine, dal cielo piove vino e focaccine d‟orzo, crescono alberi che al posto
delle foglie hanno salsicce, seppie fritte e tordi bolliti. Nei Persiani di
63
Ferecrate -per fare solo un esempio- la terra dell‟abbondanza è situata in
64
Persia, mentre i Turopersiani di Metagene sono ambientati in Turopersia. Si
tratta a volte di luoghi fantastici, lontani nello spazio o nel tempo, che è
impossibile raggiungere se non con la fantasia e il gioco della finzione scenica.
Risulta significativo, comunque, il fatto che tali luoghi siano situati ad oriente
62
Cfr. PELLEGRINO 2000, pp. 7-39.
63
Cfr. Pherecr. fr. 137. Kassel-Austin: “Che bisogno abbiamo ancora dei tuoi aratori o dei
fabbricanti di gioghi o dei fabbricanti di falci o degli artigiani del bronzo o del seme o del palo
di sostegno per la vite? Spontaneamente scorreranno attraverso i trivi fiumi di brodo nero con
tortine oleose e focacce di Achille sgorgando senza soluzione di continuità dalle sorgenti di
Pluto, sì che vi si possa attingere. E Zeus facendo piovere giù dal tetto vino „fumoso‟ ne
bagnerà ogni cosa, e dalle tegole ruscelli di grappoli d‟ uva con focacine abbondantemente
spolverate di formaggio si incanaleranno insieme a una calda minestra di legumi e a frittate
guarnite con gigli e anemoni. E per di più gli alberi sulle montagne tra le foglie traboccheranno
di budella di capretto arrostite, e di teneri calamaretti e tordi bolliti” (traduzione a cura di M.
Pellegrino, cfr. PELLEGRINO 2000, p. 111).
64
Cfr. Metag., fr. 6. Kassel-Austin: “Il fiume Crati porta giù per noi enormi focacce di orzo
impastatesi da sole, mentre l‟altro sospinge un flutto di schiacciate, carni e razze bollite che
vengono trascinate fin qui. E questi piccoli rivoletti scorrono su questo letto con calamari
arrostiti e pagri e aragoste, e sull‟altro lato con salsicce e carne tritata, qui con alici, lì con
frittelle. E filetti di pesce affogati da soli in casseruola dall‟ alto balzano in bocca, altri prorpio
davanti ai piedi. Focacce di farina sottile, infine, nuotano in cerchio intorno a noi”. (traduzione
a cura di Pellegrino, cfr. PELLEGRINO 2000, p. 132).
21
rispetto alla Grecia, in Asia o, più precisamente, in Persia: doveva essere ben
radicata nella fantasia greca, insomma, l‟idea della sterminata ricchezza di cui
godevano queste terre. Già nella tradizione omerica, del resto (Od. 15, 403)
65
Eumeo descriveva ad Ulisse la propria terra natale, un‟isola che si chiama
Siria: bella, ricca di armenti e greggi, piena di vino e con molto grano, dove
non esistevano fame né malattie. Anche questa terra, naturalmente, si trovava
ad est della Grecia e dell‟Europa, in Asia, nel regno dei Persiani.
Gli abitanti dell‟Europa, insomma, vedevano nell‟Oriente un luogo
barbaro, per quanto colmo di ricchezze.
III. Il mito di Europa e i suoi simboli
III.1 Il toro
Fin dai tempi più antichi, i buoi erano venerati e rappresentati sulle
pareti delle caverne: proprio il bue, del resto, era l‟animale che l‟uomo
cacciava, di cui si nutriva e di cui più ammirava la forza. Oltre ad essere un
simbolo di potenza, l‟animale era anche un simbolo di fertilità: in molte culture
antiche era frequente l‟associazione tra il bucranio e l‟organo genitale
femminile. È ancora da sottolineare l‟esistenza, presso gli Egiziani, di una
divinità chiamata Api, avente l‟aspetto di un bucranio con un disco solare tra le
corna (in questo senso il mito d‟Europa potrebbe alludere al tragitto percorso
ogni giorno dal sole, da oriente ad occidente); un‟interpretazione di senso più
generale è quella che vede, nel percorso fatto dal bue, un riferimento all‟usanza
dell‟allevamento di questi animali, tipica dei paesi asiatici, trasmessa poi agli
66
Europei.
Le testimonianze più certe del culto di questo animale sono da
rintracciare in Mesopotamia, dove la vacca era venerata come la Dea madre e il
67
toro come il Dio Toro. A sostegno di quanto detto torna anche un passo
dell‟Esodo, in cui il popolo di Mosè, uscito dall‟Egitto e diretto verso la tera
65
Cfr. Om. Od. 15, 403: .
66
Cfr., per queste interpretazioni, PASSERINI 2002, pp. 31 ss.
67
Cfr. TITONE 1968-69, pp. 320-321.
22