4
Introduzione: Il kairòs dellʼestetica trascendentale
Hans Urs von Balthasar (Lucerna 1905 - Basilea 1988)
1
è stato uno dei più importanti e influenti
teologi del XX sec., soprattutto per aver realizzato unʼestetica teologica
2
che ha prodotto una svolta
estetica nella riflessione teologica
3
, complementare alla svolta antropologica di Karl Rahner
4
. La
sua estetica teologica, da non confondere con una teologia estetica
5
, è stata a lungo maturata dai
suoi studi di letteratura e filosofia allʼUniversità di Vienna e di Berlino. La sua formazione, prima
che teologica, fu filosofica. Lo testimoniano i tre poderosi volumi della tesi in germanistica
pubblicata nel 1930
6
e poi rielaborata e ripubblicata nel 1939
7
, nella quale Balthasar passa in
rassegna tutta la filosofia tedesca da Lessing a Heidegger da un punto di vista del tutto originale,
quello dellʼescatologia cristiana
8
.
In questo lavoro non mi occuperò della sua estetica teologica, già molto studiata
9
, ma dei suoi
presupposti filosofici. Un teologo come Balthasar il quale era solito affermare che nessuna teologia
è possibile senza la filosofia, non poteva non dedicare una parte rilevante della sua riflessione a
1
Per una presentazione generale della figura di Hans Urs von Balthasar rimandiamo a K. Lehmann e W. Kasper (a cura
di), Hans Urs von Balthasar. Figura e Opera, Piemme, Casale Monferrato 1991. Per una biografia dettagliata si
vedano: E. Guerriero, Hans Urs von Balthasar, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1991; e Hans Urs von Balthasar,
Morcelliana, Brescia 2006. Per la sua vastissima bibliografia si deve far riferimento al libro della sua segretaria. C.
Capol e C. Müller (a cura di), Hans Urs von Balthasar: Bibliographie 1925-2005, Johannesverlag, Einsiedeln-Freiburg
2005. Per una ricerca biografica, bibliografica e fotografica su Hans Urs von Balthasar si può consultare il sito internet a
lui dedicato dallʼuniversità di teologia di Lugano: http://www.balthasar.teologialugano.ch/.html.
2
Cfr. H. U. von Balthasar, Gloria. Un’estetica teologica, vol. I: La percezione della forma, Jaca Book, Milano, 1994. I
volumi della trilogia (Gloria, Teodrammatica, Teologica, Epilogo) e i tre volumi dellʼApocalisse dell’anima tedesca
verranno citati, dopo la prima ricorrenza, seguendo le abbreviazioni riportate a p. 222 di questa tesi.
3
Cfr. Desideri F., Cantelli C., Storia dell’estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, Carocci, Roma 2008,
pp.452-454.
4
Cfr. M. Schulz, Incontro con Hans Urs von Balthasar, Eupress, Lugano 2003. Le due differenti proposte teologiche di
Hans Urs von Balthasar e K. Rahner non sono più considerate come antitetiche ma complementari.
5
Cfr. Gloria I, pp. 68-102, «Dalla teologia estetica alla estetica teologica». La teologia estetica è una teologia che
utilizza categorie filosofiche. Lʼestetica teologica, invece, è una teologia che «guadagna la propria concezione della
bellezza, con metodo genuinamente teologico, a partire dai dati della rivelazione stessa» (Gloria I, p. 102).
6
H. U. von Balthasar, Geschichte des eschatologischen Problems in der modernen deutschen Literature, Zurigo 1930.
7
H. U. von Balthasar, Apokalypse der deutschen Seele. Studien zu einer Leher von letzten Haltungen, A, Pustet, 3 voll.;
vol. 1: Der deutsche Idealismus, Salzburg 1937; vol. 2: Im Zeichen Nietzsches, Salzburg 1939; vol. 3: Die
Vergottlichung des Todes, Salzburg 1939.
8
Cfr. S. Sala S, Dialettica dell’antropocentrismo. La filosofia dell'epoca e l'antropologia cristiana nella ricerca di H.
U. von Balthasar: premesse e compimenti, Glossa, Milano 2002.
9
Cfr. M. Schulz, Incontro con Hans Urs von Balthasar, Eupress, Lugano 2003.
5
unʼapprofondita elaborazione metafisica. «Conoscenze teologiche sulla gloria, bontà, verità di Dio
presuppongono naturalmente una struttura non solo formalistica o gnoseologica, bensì ontologica
dellʼessere: senza filosofia nessuna teologia»
10
. Balthasar nel 1947 pubblica il suo unico e
fondamentale trattato di filosofia, la Verità del mondo
11
, nel quale si trova tutta la sua riflessione
filosofica maturata fino allora, e che rimarrà valida per tutta la sua vita
12
. Lo prova che a distanza di
trentotto anni, nel 1985, inserirà il libro senza alcuna revisione e aggiunta, nella sua maggiore opera
teologica, come primo volume della Teologica. Parlava evidentemente di se stesso quando
nellʼintroduzione allʼopera complessiva affermava:
Se un teologo può seriamente esistere solo se è anche, e prima, filosofo e si è immerso – anche
precisamente con la luce della rivelazione – nelle misteriose strutture dellʼessere creato (e questo lo può il
«semplice» altrettanto bene e presumibilmente meglio del «sapiente e prudente»: Mt, 11,25), questo
teologo-filosofo si meraviglierà in misura crescente di quanto siano complesse le strutture dei
trascendentali per lʼessere contingente, il cui abisso e mistero impedisce pure che si possa venire
definitivamente a capo anche solo di un problema.
13
In queste complesse strutture dellʼessere ha intenzione di inoltrarsi questo scritto con lʼobiettivo
di mettere in luce come il nostro teologo-filosofo sia riuscito, non sempre con semplicità, a
illuminarle nel loro mistero. La teologia di Balthasar continua a essere studiata a fondo con
innumerevoli pubblicazioni, ma anche la sua filosofia inizia a essere approfondita per se stessa con
sempre maggior interesse
14
.
Questo studio non ha la pretesa di prendere in considerazione tutti gli aspetti della sua filosofia
ma semplicemente di rispondere a una domanda: che cosʼè la bellezza per Balthasar? Ritengo però
che questa particolare prospettiva dʼindagine possa illuminare complessivamente, come da un
centro dʼirradiazione, tutta la sua riflessione metafisica, ontologica e gnoseologica. La tesi generale
che sʼintende dimostrare è la seguente: la metafisica di Balthasar può essere definita come
unʼestetica trascendentale. Trascendentale in un duplice senso, gnoseologico e ontologico.
Trascendentale perchè alla base della sua gnoseologia, come suo apriori, Balthasar vi pone la
capacità estetica, «mistica», del soggetto di «trasferirsi»
15
nellʼoggetto che appare cogliendovi nella
10
Teologica I, p. 13-14.
11
H. U. von Balthasar Teologica, vol. I: Verità del mondo, Jaca Book, Milano 1989.
12
Cfr. G. Falconi, Metafisica della soglia, sguardo sulla filosofia di Hans Urs Balthasar, Città Nuova, Roma 2008, p.
236. Cfr. E. J. Bauer, “Hans Urs von Balthasar. Lʼopera filosofica”, in La filosofia cristiana dei secoli XIX e XX, Città
Nuova, Roma 1995, p. 354.
13
Teologica I, p. 14.
14
Cfr. http://homepage.bluewin.ch/huvbslit/
15
Teologica I, p. 139.
6
Gestalt la sua essenza. Trascendentale, inoltre, perchè la sua ontologia pone al centro la bellezza, e
il suo mistero
16
, come onniriassuntiva proprietà dellʼessere. Ѐ bene precisare fin dʼora che
Balthasar utilizza il termine mistica sempre nel suo significato principale, come esperienza
soprannaturale del divino. In questo studio non ci si occuperà della sua concezione della mistica
come «mistica oggettiva», una mistica legata essenzialmente al concetto teologico di missione, che
egli elabora soprattutto dalle esperienze mistiche di Adrienne von Speyr
17
. Il termine «mistica», che
sarà utilizzato in questo studio, sempre tra virgolette, sarà utilizzato per definire la particolare
gnoseologia di Balthasar: una «mistica» naturale che, a mio avviso, sta alla base della possibilità
della mistica soprannaturale
18
.
La riflessione filosofica e teologica di Balthasar non è mai astratta e disincarnata, ma sempre
preoccupata di comprendere il contesto storico in cui lʼuomo, e in modo particolare il cristiano, è
chiamato a vivere. La sua tesi in germanistica e la sua successiva rielaborazione
19
, che si poneva
lʼarduo compito di uno svelamento dellʼanima del popolo tedesco, sta proprio a testimoniare questa
costante attenzione alla storia, al fine di capirne la sua evoluzione per una profonda comprensione
dellʼoggi, e per un adeguato discernimento delle scelte da compiere per il domani. La posizione
geografica privilegiata, la Svizzera − Basilea in particolare −, dalla quale egli ha potuto guardare e
scrutare i drammatici eventi del Novecento con un relativo distacco, e allo stesso tempo da
protagonista nel campo culturale e teologico, gli ha permesso una riflessione profonda sulla storia
dallʼantichità fino al XX sec
20
. In modo particolare in Gloria IV
21
e V
22
, Balthasar ripercorre questa
storia seguendo nelle profondità degli spazi della metafisica e dellʼestetica il filo rosso che conduce
verso le ideologie dominanti nella modernità con tutte le loro estreme e tragiche conseguenze
16
Il termine «mistero» sarà utilizzato sempre senza virgolette, anche se il significato con cui Balthasar lo usa
solitamente non riguarda direttamente né il senso generalissimo di ciò che è sconosciuto o inconoscibile, e neppure il
suo significato più specifico relativo ai misteri delle religioni e dei dogmi della fede cristiana.
17
Cfr. A. von Speyr, Mistica oggettiva, antologia a cura di B. Albrecht, Jaca Book, Milano, pp. 11-65.
18
Il termine «soprannaturale» si riferisce in questo caso alla sfera di esperienze del divino che nellʼambito della teologia
cattolica vengono ritenute come non attribuibili per provenienza alle sole capacità naturali della persona.
19
Cfr. H. U. von Balthasar, Geschichte des eschatologischen Problems in der modernen deutschen Literature, op. cit.
20
Cfr. H. U. von Balthasar, Teologia della storia, Morcelliana, Brescia, 1969; H. U. von Balthasar, Il tutto nel
frammento, Jaca Book, Milano, 1970. Per una analisi approfondita sulla teologia della storia di Balthasar: cfr. M.
Imperatori, H. U. von Balthasar: Una teologia drammatica della storia per un discernimento dialogico nella modernità,
Pontifizio Seminario Lombardo & Edizioni Glossa, Roma & Milano 2001.
21
Cfr. H. U. von Balthasar, Gloria. Un’estetica teologica, vol. IV: Nello spazio della metafisica: Lʼantichità, Jaca
Book, Milano 1986.
22
Cfr. H. U. von Balthasar, Gloria. Un’estetica teologica, vol. V: Nello spazio della metafisica: Lʼepoca moderna, Jaca
Book, Milano 1991.
7
storiche, e, dopo il loro totale fallimento, verso lo smarrimento del nichilismo e del relativismo
post-moderno
23
ai quali egli ha inteso rispondere contrapponendo una rinnovata estetica
trascendentale. In un celebre testo dellʼintroduzione di Gloria I, Balthasar costata che la bellezza
oramai è stata estromessa dalla scena culturale e religiosa del suo tempo, e che ciò di conseguenza
non può che provocare anche lʼeclissi degli altri suoi compagni.
Essa è la bellezza che non è più amata e custodita neppure dalla religione, ma che, come maschera
strappata al suo volto, mette allo scoperto dei tratti che minacciano di riuscire incomprensibili agli
uomini. Essa è la bellezza alla quale non osiamo più credere e di cui abbiamo fatto unʼapparenza per
potercene liberare a cuor leggero. Essa è la bellezza infine che esige (come è oggi dimostrato) per lo
meno altrettanto coraggio e forza di decisione della verità e della bontà, e la quale non si lascia
ostracizzare e separare da queste due sorelle senza trascinarle con sé in una vendetta misteriosa. Chi, al
suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come il ninnolo esotico di un passato borghese, di
costui si può essere sicuri che – segretamente o apertamente – non è più capace di pregare e, presto,
neppure di amare.
24
Si potrebbe dire che Balthasar prende veramente alla lettera la soteriologia di Dostoevskij per il
quale sarà proprio la bellezza a salvare il mondo. In poche parole, senza la bellezza il mondo è
morto, e la vita dellʼuomo non ha alcun senso. «Il principe dice che il mondo sarà salvato dalla
bellezza! E io affermo che ha idee così gioiose perché è innamorato. Signori, il principe è
innamorato. Ne sono stato assolutamente convinto dal momento in cui è entrato. Non arrossite
principe, mi fareste pena. Qual è la bellezza che salverà il mondo?»
25
Dostoevskij è certo che la
bellezza salverà il mondo, e ciò è affermato in modo ancor più esplicito ne I Demoni. «Solo senza
bellezza non potrebbe vivere perché senza bellezza non ci sarebbe più niente da fare in questo
mondo? Qui è tutto il segreto, tutta la storia»
26
. Se, dunque, la bellezza salverà il mondo, il
problema consiste nel sapere quale bellezza salverà il mondo, e perchè. Questo è il vero problema
cui Balthasar cerca di dare una risposta elaborando unʼestetica trascendentale e unʼestetica
teologica.
Per comprendere, pertanto, il motivo per cui Balthasar ha sentito lʼurgenza di rimettere al centro
proprio la bellezza trascendentale, quella metafisica e teofanica dellʼessere, ciò che la società
postmoderna occupata e invischiata tra le maglie del consumismo e dellʼutilitarismo economico e
tecnologico non metterebbe certamente al primo posto, è necessario ripercorrere in modo sintetico
23
Per unʼanalisi del pensiero di Balthasar sullʼepoca moderna e post moderna cfr. M. Imperatori, H. U. Balthasar: Una
teologia drammatica della storia, op. cit., pp. 550-553.
24
Gloria I, pp. 11-12.
25
F. Dostoevskij, L’idiota, Gherardo Casini, Verona 1991, p. 473.
26
F. Dostoevskij, I Demoni, Sansoni, Firenze 1981, p. 547.
8
la sua interpretazione della storica dellʼestetica. Balthasar, come si è detto, dedica ben due grossi
volumi di Gloria a una storia della metafisica dal punto di vista dellʼestetica per comprendere come
e perché da unʼorigine così grandiosa e gloriosa della cultura occidentale con Omero, Platone,
Plotino e Virgilio, sia stato possibile un oscuramento così apocalittico dellʼestetica trascendentale
dopo lʼapice raggiunto con Tommaso.
Da Omero e Pindaro attraverso Platone, Aristotele e Plotino, il primo e lʼalto medioevo cristiano fino al
rinascimento e al barocco regge lʼintuizione che qui noi chiamiamo «estetica trascendentale» nel senso
che il kalòn (in quanto realtà salva, sana, splendida, bella) è una delle determinazioni trascendentali
dellʼessere come tale. Con una simile estetica trascendentale la rivelazione biblica può e deve entrare in
dialogo, mentre non può avere alcun interesse per unʼestetica settoriale, intramondanamente delimitata.
27
Il principio ermeneutico che permette a Balthasar di discernere, lungo le vie della metafisica
occidentale, i pensatori che hanno contribuito alla formulazione di unʼestetica trascendentale,
oppure al contrario a unʼestetica della ragion trascendentale (Kant), consiste nel verificare la
presenza o meno della quadruplice differenza ontologica nei loro sistemi metafisici
28
. La
conclusione di questa lunga e dettagliata analisi storica di Balthasar lo porta a sostenere che il «sì
allʼessere», ossia al fatto che lʼuomo percepisca lʼessere come fonte di bene, come totale positività e
bellezza, costituisce lʼessenza dellʼestetica trascendentale dellʼepoca antica e medievale assieme. Il
lungo periodo che abbraccia sia lʼantichità sia il medioevo vive di unʼunica intuizione metafisica
fondamentale: tutto lʼessere è bello, e questa bellezza è il riflesso della bellezza di Dio nel creato,
della sua gloria. Omero, per Balthasar, è colui che inaugura lʼestetica trascendentale con la sua arte
e con la sua visione mitica del mondo. La bellezza «è lʼimmediata esperienza di una salva esistenza
umana […]. Da questo centro irradia luminoso il bello e splendente in tutto ciò che nel mondo è
chiaro, brillante, sereno»
29
.
Nella tensione dellʼesistenza mortale verso il Dio immortale viene sperimentato il favore, la grazia, la
bellezza dellʼessere (charis), in un sentimento di stupore primordiale (taumazein), che apre gli occhi al
carattere miracoloso dellʼessere, allʼessere nella sua profondità e altezza si riconosce che appartiene
quanto esiste di luminoso, contemplativo, gioioso, eterno, anche quando lʼesistenza mortale è pena ingrata
e terribile.
30
27
Gloria IV, p. 26.
28
La quadruplice differenza ontologica che sarà illustrata nella seconda parte consiste nella differenza tra lʼessere e
lʼesserci / gli enti / le essenze / lʼEssere (Dio).
29
Gloria IV, pp. 54-55.
30
Ibid., p. 69.
9
Nonostante il passaggio dal mito alla filosofia provochi un impallidire della luce dellʼessere che
promana dalla netta differenza tra il piano divino e quello umano, anche i primi filosofi affermano
in qualche modo la differenza ontologica. «Eraclito inserendo il residuo oscuro nelle leggi di
armonia del logos, Parmenide recidendo lʼoscurità della differenza dallʼessere come non essere,
entrambi allo scopo di poter pronunciare un sì e un amen totale allʼindirizzo dellʼessere»
31
.
Si può concludere che per Balthasar nellʼantichità, e in modo del tutto speciale in Platone,
Virgilio e Plotino, si trovano le solide «fondamenta» dellʼestetica trascendentale, poiché il «sì
allʼessere nella sua totalità»
32
, per cui la totalità della realtà è buona e bella
33
, custodisce la bellezza
che il mito rivela e la filosofia intuisce, e la gloria che la religione venera e adora. Il suo giudizio,
dunque, sullʼetà antica è molto positivo e vale la pena riportarlo per esteso.
Per quanto precaria, ambigua e rischiosa fosse sempre stata e lo fosse più che mai in questo crepuscolo
una simile inquadratura dellʼesistenza, lʼantichità classica uscente era chiara a se stessa quanto ogni altra
età del passato su un punto: ognuna aveva cercato di guardare in faccia anche a quanto la realtà ha di
oscuro, discutibile, anzi terribile, e di reggersi afferrandosi in qualche luogo da dove potesse, senza
chiudere o stropicciarsi gli occhi, ma con coraggiosa risolutezza, dire ancora sì allʼessere nella sua
totalità.
34
La filosofia del Medioevo non solo non abbandona questa coraggiosa risolutezza nel dire di sì
allʼessere, ma anche elabora unʼesplicita metafisica dei trascendentali tra i quali la bellezza assume
un ruolo del tutto particolare, specialmente nella metafisica-estetica di Tommaso. Lʼorigine
dellʼoscuramento di questa estetica trascendentale che domina la cultura occidentale da Omero a
Tommaso, per Balthasar, deve essere cercata nel passaggio fatale dalla filosofia tomista alla deriva
nominalistica dei due frati domenicani Ockham e Duns Scoto, che si fonda sulla svolta provocata
dallʼaverroismo.
Lʼaverroismo, che a cominciare dal 1250 si esibì come la sola seria e radicale interpretazione dellʼunico
filosofo «scientifico» (Aristotele), decise della svolta. Lʼaverroismo concepì se stesso come il tentativo
che ricerca fino a qual punto – a prescindere da ogni sapere rivelato, islamico (Avicenna) e cristiano – la
ragione umana è in grado di avanzare quanto ai problemi circa gli ultimi fondamenti dellʼessere.
35
31
Ibid., p. 572.
32
Ibid., p. 225.
33
Cfr. ibid., p. 226.
34
Ibid., p. 225.
35
Gloria V, p. 19.
10
La rottura dellʼequilibrio, cui era pervenuta la dottrina Scolastica dei trascendentali, conduce la
strada che da lungo tempo procedeva in unʼunica direzione
36
a un «bivio»
37
dal quale dipartono due
vie
38
: quella dellʼontologia nominalista di Scoto e Ockham, dellʼessere come concetto astratto
39
; e
quella mistico-panteista di Eckhart, dellʼessere come Dio
40
. Esse sono «come due forme di un unico
pan-teismo dello spirito o della ragione […] – che – nella loro dialettica reciprocità rappresentano
lʼarmatura filosofica tra medioevo ed età moderna»
41
. La metafisica sottostante a questi due sistemi
è per Balthasar chiaramente panteistica. Entrambe le vie, infatti, eliminano la differenza ontologica
e confondono i differenti gradi della quadruplice differenza. Esse procederanno dal XIV secolo in
poi indisturbate, sia parallelamente, sia capovolgendosi lʼuna nellʼaltra, fino allʼepoca moderna.
La catastrofe del nominalismo spoglia la creazione di ogni luce di Dio, vi cala sopra la notte. Quali le
strade che ancora rimangono? Per il momento tre. La teologia cristiana dellʼindifferenza (Gelasseneith)
(Eckhart, le sante mistiche, Ignazio, la spiritualità del «Grand Siècle»: compongono tutti una sola
famiglia spirituale): ma il mondo dove è finito? Poi la reimmersione di quella teologia pagana che era
rimasta in stato di sospensione nel grembo dellʼantichità (Cusano, Rinascimento, Barocco, Illuminismo
fino a Goethe e Heidegger): ma dove è andato a finire lo specifico cristiano? Infine la filosofia dello
spirito (ancora Eckhart e Cusano e poi Cartesio, Leibniz, Spinoza e gli Idealisti), ma se lo spirito (umano)
domina con il suo concetto tutto lʼessere, la gloria dellʼessere si estingue, e viene sostituita con
lʼ«elevatezza» (Erhabenheit) del pensatore (Kant, Schiller) che in Hegel ricade già di nuovo in balìa del
passato: allora non resta che la orrida fatalità dellʼidealismo.
42
Questa è lʼorigine lontana dellʼestetica della ragion trascendentale che trova in Kant la sua
definitiva e precisa formulazione. La svolta critica di Kant, per Balthasar, è decisiva per le sorti del
pensiero moderno, e sta al centro del passaggio dalla riduzione cosmologica del cristianesimo a
quella antropologica. Balthasar descrive questa svolta in un breve saggio del 1963 dal titolo, Solo
lʼamore è credibile
43
. Questa «riduzione cosmologica»
44
operata dal cristianesimo durò fino a
quando a essa subentrò unʼaltra Weltanschauung, la «riduzione antropologica». Con Kant si
«conclude e si compie»
45
definitivamente la riduzione antropologica. Kant, per Balthasar, è nello
36
Cfr. ibid., p. 22.
37
Cfr. ibid., pp.19-37.
38
Cfr. ibid., p. 574.
39
Cfr. ibid., pp. 25-36.
40
Cfr. ibid., pp. 37-52.
41
Ibid., p. 23.
42
Epilogo, p. 69-70.
43
Cfr. H. U. von Balthasar, Solo l’amore è credibile, Borla, Roma 1982.
44
Cfr. ibid., pp. 17-32.
45
Cfr. ibid., p. 35.
11
stesso tempo, punto di approdo delle correnti di pensiero rinascimentali e illuministiche, e origine di
tutte le tendenze del pensiero moderno
46
.
Frattanto, accanto, alla riduzione cosmologica, già da lungo tempo se nʼera avviata unʼaltra, che trasferiva
il campo di verificazione del cristianesimo dal cosmo sempre più divinizzato (e perciò non più su un
piano di concorrenza con il cristianesimo) allʼuomo, inteso come quintessenza dellʼuniverso. Lʼuomo
come «confine» (methorion) fra il mondo e Dio: la concezione che era stata propria dellʼantichità e della
patristica rivive nel Rinascimento nelle tante esaltazioni della dignità dellʼuomo. Egli è lʼinterlocutore di
Dio e il dialogo termina con lʼincarnazione di Dio che si fa uomo egli stesso. Lʼuomo non è soltanto un
microcosmo, ma nella scienza della natura che sorge è lʼinterprete della natura, che allo stesso tempo egli
supera e trascende nel suo intelletto. In questa forma lo rappresenta Kant, concludendo lʼIlluminismo.
47
In Kant, per Balthasar, la ragione critica non è più la facoltà dellʼessere trascendentale, come
nellʼantichità e nel medioevo. La metafisica, vietata alla ragione teoretica, è imposta alla ragion
pratica. Essa non si può assolutamente comprendere se non su presupposti trascendenti, e non più
«trascendentali»
48
. Il passaggio dallʼestetica trascendentale allʼestetica della ragion trascendentale si
è compiuto con tutte le conseguenze che ne deriveranno fino al totale oscuramento
dellʼonniriassuntivo trascendentale dellʼessere, la bellezza. La storia dellʼestetica/metafisica,
secondo lʼinterpretazione di Balthasar, è contrassegnata da periodi in cui risplende lʼestetica
trascendentale, e periodi in cui invece essa è dimenticata, o rinnegata completamente. Ci sono però
sempre lungo la storia dei filosofi, teologi, poeti, artisti che fanno riemerge dallʼoscurità con le loro
opere lʼestetica trascendentale. Balthasar chiama questi pensatori i kairòs dellʼestetica
trascendentale nella storia, ossia dei pensatori che rappresentano un tempo di particolare splendore,
un tempo favorevole per essa. I kairòs dellʼepoca antica sono Omero, Virgilio
49
e Plotino.
Plotino sintetizza in tal modo ancora una volta lʼeredità greca: lʼessere è bellezza, perché rivelazione del
divino. Bellezza perciò interiormente graduata in raggio e forma, splendore e armonia. In questo restare
aperta della formale ontologia ed estetica plotiniana verso una pura filosofia e una consapevole teologia
sta il suo kairòs, il suo rischio, la sua fecondità per il futuro.
50
Kairòs, in epoca medievale, è Tommaso. «In tal modo Tommaso è e resta per il nostro tema un
kairòs, e più per la sua ontologia generale che per la sua estetica. Kairòs in quanto lʼontologia si
esibisce qui come autentica filosofia (e si distanzia perciò consapevolmente da una teologia della
46
Cfr. E. Guerriero, Hans Urs von Balthasar, op. cit., pp. 243-244.
47
H. U. von Balthasar, Solo l’amore è credibile, op. cit., p. 33.
48
Cfr. Gloria V, p. 441.
49
Cfr. ibid., p. 243.
50
Ibid., p. 282.
12
rivelazione)»
51
. Ma anche Eckhart, per Balthasar, è un kairòs nonostante la duplicità della sua
opera
52
. Eckhart, infatti, dal versante filosofico rappresenta colui che anticipa lʼidealismo moderno,
ma dal versante teologico e mistico, invece, rappresenta un vero kairòs per unʼautentica estetica
trascendentale.
La rinuncia di Eckhart allʼ(antica-areopagitica) mediazione del rapporto con Dio attraverso il cosmo, la
sua volontà di immediatezza a Dio […] fu anche uno stimolo a una riflessione critica sul rapporto
cristiano con Dio teoreticamente intrapresa con una purezza inaudita. Questo fenomeno si iscrive con
grande esattezza nello sviluppo della metafisica occidentale o della filosofia trascendentale e rappresenta
una dialettica opposta alla ascesa della filosofia moderna […]. Più che tutto importante è che si scorga il
Kairòs storico-spirituale generale, in cui per la prima volta affiora questa definitiva metafisica cristiana,
anche se non ancora completa.
53
I kairòs dellʼepoca moderna sono: in un modo del tutto unico Goethe, ma anche Schelling e
Heidegger. Questi ultimi due con alcune riserve. Schelling è un kairòs perché elabora unʼestetica
come apparizione libera dellʼinfinito nella forma finita
54
.
Questo kairòs di una «teologia estetica» in Schelling è per il nostro tema decisivo, perché appare come
ricapitolazione (in modo più originale ancora che in Hegel) di quanto da noi svolto nel volume primo di
questʼopera («Visione della forma»), e così pure come esposizione idealistica dellʼaffermazione di fondo
del presente volume
55
.
Heidegger si avvicina a unʼestetica trascendentale, ma senza riuscirci pienamente, per la mancata
formulazione di unʼesatta ed equilibrata «differenza ontologica secondo il modello tomista»
56
.
Heidegger corre un duplice rischio: quello di assolutizzare lʼessere, come ha fatto Eckhart, oppure
quello di neutralizzare e svuotare nuovamente lʼessere per lʼente, come ha fatto Scoto. La filosofia
di Heidegger, per Balthasar, si muove tra questi due posizione metafisiche estreme senza mai
trovare un suo equilibrio. Manca a questo filosofo il «coraggio speculativo»
57
che lo spinga a
rispondere alla domanda su Dio con un sì o con un no. Nonostante ciò la filosofia di Heidegger
rimane, comunque, quella più feconda in vista di una rinnovata estetica trascendentale
58
.
51
Ibid., p. 357.
52
Cfr. ibid., p. 47.
53
Ibid., p. 53.
54
Cfr. ibid., p. 504.
55
Ibid., pp. 505-506.
56
Ibid., p. 402.
57
Ibid., p. 403.
58
Cfr. ivi.
13
Balthasar non osa dirlo di se stesso ma è evidente che egli ha voluto prendere il testimone dalle
mani di questi kairòs dellʼestetica trascendentale per consegnarlo, in modo rinnovato e allʼaltezza
dei nuovi tempi, alle generazioni future. Balthasar era molto consapevole della situazione in cui
versava la filosofia del Novecento, e soprattutto delle condizioni cui era stata ridotta la bellezza.
Il secolo XX percorre, anche per quanto riguarda il bello, con sempre maggior coscienza di sé e povertà
di tradizione, vie sue mai battute. Briciole e frammenti franano dappertutto. Figurazioni astratte si
presentano come collocate nel nulla. Le forme della tradizione vivono oramai, avulse dai loro sfondi, solo
nei musei, solo custodite dagli antiquari e fotografate dai turisti che veramente neppure le guardano.
59
Questa analisi non è stata smentita, ma confermata: la bellezza è la grande assente nel panorama
filosofico del Novecento
60
. Il giudizio finale di Balthasar sulla storia non è però catastrofico, e
senza vie dʼuscita, né banalmente nostalgico di unʼantichità o di un evo cristiano da ripresentare con
vesti moderne rinnovate.
Del bello, ridotto nel mondo moderno a impressione soggettivistica, Balthasar intende restaurare il valore
di proprietà trascendentale dellʼessere, insieme al «buono» e al «vero» riconosciutogli dalla filosofia
medievale. Ma per riconoscere che «lʼessere è in toto, bello», bisogna abbandonare la riduzione
dellʼestetica, per opera del tardo razionalismo di Baumgarten e del criticismo di Kant, a «una scienza
regionalmente delimitata», per pensarla di nuovo come un «aspetto della metafisica in quanto scienza
dellʼessere dellʼente»
61
.
Come ha inteso Balthasar ripensare lʼestetica trascendentale attingendo al grande patrimonio
lasciato dai suoi predecessori? Due, a mio avviso, sono le scelte strategiche fondamentali che
delineano il suo percorso metafisico, e attorno alle quali ha costruito la sua estetica trascendentale.
Balthasar ha posto come fuochi dellʼellisse della sua riflessione filosofica lʼesperienza del mistero e
la percezione della Gestalt. Per mistero, è bene subito chiarirlo, egli non intende ciò che non si
conosce ancora, o che mai si conoscerà, l'inconoscibile, ma un apriori assoluto, metafisico-
teologico, ciò che tutto precede e fonda. Il mistero di cui Balthasar parla non è qualcosa di
esoterico, e non riguarda i misteri oscuri e incomprensibili delle religioni, ma ciò di cui lʼuomo fa
continuamente esperienza. Lʼidea di mistero in Balthasar non è semplice, ma − come si vedrà in
seguito − complessa e paradossale perché sintetizza in sé due aspetti antitetici. Il più importante dei
quali non è quello concernente la non conoscibilità, ma esattamente al contrario quello riguardante
lʼeccessiva evidenza, visibilità e sovraluminosità, della realtà. Si potrebbe dire che per Balthasar è
59
Ibid., p. 39.
60
Cfr. F. Vercellone, Oltre la bellezza, Mulino, Bologna 2008, pp. 7-25.
61
F. Desideri, C. Cantelli, Storia dell’estetica occidentale. Da Omero alle neuroscienze, op. cit., p.454.
14
misterioso il fatto che non sia un mistero che lʼessenza delle cose sia così manifesta. Il concetto di
mistero poi ha in sé anche l'aspetto ultimo di una «intimità» dell'oggetto sempre trascendente.
Il fatto che si dà in genere essere e conseguentemente verità, il fatto che il reale è reale e che la verità è
vera: chi sarà mai in grado di venire a capo di questo mistero? Qui appare realmente e letteralmente il
mistero come mistero: proprio lo svelarsi dellʼessere è, come tale, il suo più profondo velamento
62
.
La prima parte di questo studio ha il compito di descrivere questa esperienza del mistero che sta
alla base del Dasein, della coscienza di esserci nel tempo e della conoscenza di ciò che esiste.
Alla centralità della Gestalt nellʼestetica di Balthasar sarà dedicata la seconda parte.
Lʼesperienza del mistero e della bellezza di ciò che continuamente si offre spontaneamente alla
percezione del soggetto può essere compresa solamente se il soggetto è dotato della capacità di
cogliere nella Gestalt lʼessenza dellʼoggetto, o del soggetto, che appare. Questo è lʼaspetto, a mio
avviso, più interessante della gnoseologia di Balthasar in quanto questa potenzialità estetico-
metafisica, questo pensiero in grado di leggere le forme e coglierne le essenze, è possibile solo
attraverso una intuizione che ha tutte le caratteristiche di una conoscenza di tipo «mistico».
Ciò che effettivamente Balthasar intende per mistero si chiarirà soprattutto dal modo con cui egli
riordina i trascendentali dellʼessere attorno al mistero della bellezza. Questo sarà lʼargomento
trattato nella terza parte in cui, dopo aver analizzato quella che Balthasar definisce la quadruplice
differenza ontologica - la differenza tra lʼessere e lʼesserci / gli enti / le essenze / lʼEssere (Dio) -
che sta alla base della sua ontologia, sarà descritta lʼinterrelazione dei trascendentali con il ruolo
onniriassuntivo assunto dalla bellezza. Balthasar, inoltre, aggiorna in modo originale le classiche
proprietà trascendentali dellʼessere aggiungendovi, in modo complementare allʼunità, una nuova
proprietà, quella della differenza.
La quarta parte è dedicata ad una breve verifica delle conseguenze di una tale visione estetica
trascendentale dellʼontologia e della gnoseologia per ciò che riguarda la concezione che Balthasar
ha dellʼarte e dellʼesistenza personale.
La visione complessiva della proposta di Balthasar dovrebbe spiegare il motivo dellʼinattualità
del suo pensiero nel Novecento, ma anche del kairòs, dellʼopportunità, dellʼestetica trascendentale
così fenomenologicamente e «misticamente» rinnovata per il nostro tempo.
62
Teologica I, pp. 206-207.