INTRODUZIONE
Il progetto utopico di Arte Totale, da oltre un secolo è la
ricerca e la realizzazione di un’opera d’arte in cui fondere tutte le
discipline artistiche in un unico grembo sinestetico che coinvolga,
insieme, artista e spettatore.
Allo stesso tempo, la complessità e l’unicità del relativo
processo artistico, risiede proprio nella sollecitazione simultanea di
tutti i sensi, che vengono chiamati ad interpretare le varie
esperienze artistiche, con la possibilità di interagire e di apportare
o meno modificazioni e arricchimenti, rendendo così lo spettatore un
partecipante effettivo dell’opera d’arte.
Il precursore e teorizzatore più rappresentativo di questa
innovativa visione di sintesi delle arti, è Richard Wagner (1813-
1883), compositore, direttore d’orchestra e saggista tedesco che ,
principalmente per mezzo di un nuovo linguaggio musicale intessuto
dalla tecnica del leitmotiv , ossia temi musicali associati con
persone, luoghi o sentimenti, riuscirà a concepire e a trasformare il
pensiero musicale attraverso la sua idea di Gesamtkunstwerk (opera
d’arte totale) in una sintesi di arti poetiche, visuali, musicali e
drammatiche.
Il suo percorso, entro questi margini di studio artistico-
musicale, diventerà poi un punto di riferimento fondamentale per varie
correnti artistiche e personaggi emblematici nel campo dell’arte e
della cultura, che si susseguiranno nei decenni avvenire fino alla
nostra contemporaneità.
Per quanto mi riguarda, ho seguito le tracce del tema “Opera
d’Arte Totale”, scelto per questa tesi, verso l’orizzonte
dell’Architettura, in quanto anch’essa s’incontrerà con i principî
dell’unione delle arti, affrontandoli attraverso nuovi strumenti.
Il fine, quindi, è quello di mettere a confronto due discipline
artistiche, appunto l’arte visiva e l’architettura, ricercando
similitudini, eguaglianze, ma anche diversità e discordanze.
La scelta dell’ambito architettonico come termine di paragone e
come ambiente anch’esso emozionale al pari dell’arte visiva, è nata in
me per sottolineare come il suo ruolo, in certi casi, vada oltre la
solita figura retorica di “costruzione funzionale” , per muoversi
invece anche in spazi non direttamente legati e limitati in esso.
3
Tra tutte le forme di attività creativa, ritengo infatti che
l’architettura sia la più vicina alla prima esperienza sensoriale che
ciascuno di noi vive a partire dalla nascita, ossia quella del proprio
corpo fisico che sperimentiamo come primo volume nello spazio, espanso
secondo le stesse direzioni dell’architettura (in alto o in basso,
davanti, dietro, a destra e a sinistra) e quindi in stretta
connessione con le nostre percezioni psico-cognitive dello spazio
fisico, “avvolgendoci” sicuramente di più, visto che si espande
tridimensionalmente, rispetto all’arte visiva tradizionale.
4
1.1 INTRODUZIONE ALLA VISIONE WAGNERIANA DI “OPERA D’ARTE TOTALE”
1.2 Il teatro di Bayreuth
1.3 Nietzsche contro Wagner
Tra la fine del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento,
nacque una nuova visione dell’arte: l’ Estetica Romantica . Una svolta
fondamentale, fondazione e preludio della modernità, anche se
germinata sulle ceneri del principio di imitazione della realtà
derivante dal modello assoluto dell’arte classica.
Nell’idea classica, la bellezza di un’opera d’arte si misurava
in termini di una perfezione che doveva imitare perfettamente la
realtà; col romanticismo l’accento verrà posto maggiormente sul
rapporto d’espressione, ossia quello che collega opera e artista,
rispetto al rapporto di rappresentazione che invece vedeva il
parallelo tra l’opera e il mondo.
L’Estetica Romantica rappresenta quindi uno spartiacque
decisivo, annunciando e fondando l’idea di un’autonomia dell’arte.
L’opera d’arte iniziò ad essere considerata una “totalità
autosufficiente” , ovvero un tutto che viveva di vita propria, con un
fine in sé e che esisteva per se stesso; questa fu la nuova
aspirazione dell’artista romantico, che confluì nell’ideale di
trasformare la propria vita in un’opera d’arte (un ideale che sarà al
centro di gran parte delle avanguardie del Novecento, dai futuristi al
movimento “Fluxus”).
In questo ambito di autonomia delle arti propugnata dai
romantici, acquisì un certo interesse e un significato particolare il
sostegno all’indipendenza del linguaggio musicale, poiché il più
astratto e vicino agli istinti emozionali dell’uomo, creando così una
circolarità delle arti che anticipava il desiderio e il progetto di
farle convivere in uno stesso evento creativo e in uno stesso ambiente
di fruizione.
Da queste premesse, fondamenta del pensiero artistico moderno,
nasceranno i principî che convoglieranno nell’idea di opera d’Arte
Totale di Richard Wagner, utilizzando proprio quella musica che si era
dimostrata candidata a diventare veicolo di sintesi delle arti.
Wagner, se pur formandosi in giovinezza sugl’ideali romantici e
rispettandoli, se ne distaccherà, però, per elaborare nuove visioni
5
che si manifesteranno principalmente tra il 1849 e il 1851 con la
stesura di quattro saggi fondamentali: L’arte e la rivoluzione (1849),
L’artista dell’avvenire (1849), L’opera d’arte dell’avvenire (1849) e
Opera e dramma (1851); sarà proprio in quest’ultimo testo che Wagner
teorizzerà la rottura dei confini tra le arti per lasciare che esse
comunichino sotto la guida della musica, ristabilendo un’alleanza
originale che le racchiuda in un unico cerchio per uscire da un mondo
disincantato e banale, originando vita.
Due furono i punti di partenza che servirono alla costruzione
del suo pensiero della Gesamtkunstwerk: il modello cui rifarsi - che
vedeva le radici nella tragedia greca - e quello da sostituire e
combattere, rappresentato dal teatro d’opera.
La tragedia greca era, secondo Wagner, l’unità originaria tra
suono, parola e azione, avente una funzione importante anche per la
comunità, in quanto ritrovava in essa non solo un momento di
divertimento, ma anche di rappresentazione simbolica delle paure e
delle passioni; al contrario, Wagner vedeva l’Opera come una forma di
intrattenimento artificioso, nato in Italia esclusivamente allo scopo
di dilettare le corti.
Allo stesso modo della tragedia greca, “l’opera d’arte
dell’avvenire” doveva quindi saper scuotere il pubblico e rispondere
alle domande più profonde che l’animo umano sollevava, un’esigenza,
questa, che poteva essere corrisposta, secondo Wagner, dalla carica
sublime del “dramma” e quindi del Ton-Wort-Drama, il dramma di parole
e musica, che, come vedremo successivamente, sarà il precursore degli
happening degli anni Sessanta realizzati da artisti come John Cage e
Allan Kaprow.
Il vero dramma può essere soltanto quello «emerso dal desiderio
comune di tutte le arti di indirizzarsi nel modo più diretto a un
pubblico comune»
1
, come dichiarava Richard Wagner, in quanto unico
mezzo di sintesi delle arti basato sulla complementarità dell’una con
l’altra, «perché l’intenzione di ogni singolo genere d’arte non si
realizza altrimenti che con il concorso intelligibile di tutti i
generi artistici»
2
.
La rappresentazione del dramma, quindi, non era un’opera lirica
o uno spettacolo tradizionale così come lo concepiamo noi oggi, bensì
una grandiosa “architettura” in cui musica, canto, poesia,
1 RICHARD WAGNER, Scritti scelti, a cura di Dietrich Mack, introduzione di Ernst Bloch,
traduzione di Silvano Daniele, Parma, U. Guanda, 1988, p. 126.
2 Ibid., p.126 . 6
recitazione, pittura e psicologia si fondevano allo scopo di
interpretare la vita esigendo un’attenzione quasi religiosa e mistica
da parte dello spettatore, come se la vicenda si fosse svolta dentro
di lui.
Questa concezione alquanto espressiva e innovativa, richiedeva
così la ridefinizione dello spazio teatrale che confluirà nella
realizzazione del Teatro di Bayreuth, una delle più ambiziose e
impegnative imprese wagneriane culminate con l’inaugurazione nel 1876.
L’esperienza e la storia non avevano ancora registrato
un’impresa tanto pretenziosa; il Teatro di Bayreuth sarebbe divenuto
la materializzazione architettonica dell’opera di Wagner che, senza
questa sua realizzazione scenografica, sarebbe rimasta incompleta.
Aspetti singolari del teatro erano la semplicità degli arredi
interni, l’assenza di palchi laterali, la disposizione semicircolare
della sala e, soprattutto, l’orchestra, totalmente nascosta sotto il
palcoscenico per arricchire l’immaginazione del pubblico attraverso
l’illusione di una musica sorta dall’oscurità più completa della sala
– altra particolarità di vitale importanza, in quanto permetteva,
secondo Wagner, che i partecipanti si concentrassero sul dramma senza
venire distratti dai movimenti del direttore, inscenando un’aura di
sogno e di magia.
L’illuminazione era accentuata solo sulla scena e mirata sui
personaggi che non si limitavano ad interpretare teatralmente
qualcosa, ma essi stessi “erano” quella cosa: «le mie opere sono
azioni, gesta della musica divenute visibili»
3
.
Anche l’arte pittorica partecipava all’opera d’arte totale,
animando l’architettura scenica e rafforzando l’effetto illusionistico
del dramma; Wagner, infatti, si appassionerà alla pittura
contemporanea di paesaggio e la disporrà nei fondali scenici per farla
interagire con la presenza vivente degli attori.
«L’opera d’arte dell’avvenire è un’opera collettiva, essa non è
possibile che mediante l’associazione di tutti gli artisti; ed è la
riunione di tutti gli artisti in uno stesso luogo, in uno stesso tempo
e con una meta comune che forma questa associazione»
4
.
La ridondanza decorativa delle scenografie di certo disperdeva
però, la concentrazione degli spettatori, compiaciuti dalla
magnificenza del decoro e dall’eccessiva minuziosità, a volte troppo
3 RICHARD WAGNER, in http://it.wikipedia.org/wiki/Richard _Wagner (11/02/2008).
4
R. WAGNER, Scritti scelti, cit. p. 127.
7
piatta e scialba, forse lasciata immutata per non togliere alla musica
e alla narrazione il ruolo di protagonisti assoluti.
La corrente rivoluzionaria che questa filosofia wagneriana creò,
sollevò diverse reazioni contrastanti nel mondo musicale e culturale
dividendo appassionati e non, in “wagneriani” e “antiwagneriani”,
ostacolando la sua notorietà e il suo successo.
La prima critica all’idea di opera d’Arte Totale si deve
all’amico e filosofo Friedrich Nietzsche che, nel 1888, scrisse un
duro saggio intitolato “ Nietzsche contro Wagner” .
Nei suoi primi testi sulla tragedia, Nietzsche si era dimostrato
affascinato dalla modernità di Wagner, ammirandolo per aver immesso un
certo rinnovamento nella musica e nell’opera e soprattutto per il suo
ritorno allo spirito dionisiaco, ossia all’istinto più spirituale,
lasciando intravedere come considerasse la Gesamtkunstwerk
un’integrazione di Apollineo e Dionisiaco, cioè di reale e virtuale,
di mente e spirito, corpo e anima.
Successivamente, nel suo saggio Nietzsche contra Wagner,
Nietzsche prese a sostenere un’opinione controversa, sottolineando
come i veri grandi capolavori di Wagner fossero esclusivamente quelli
molto brevi e silenziosi, lunghi solo una battuta, sostenendo che
Wagner «è lì che comincia a diventare davvero buono, grande e
perfetto, forse unicamente lì»
5 .
L’aspetto totalizzante dell’opera wagneriana che infastidisce
Nietzsche, diventa visibile e problematico quando è portato a termine
il Teatro di Bayreuth e vi è rappresentato per la prima volta L’anello
del Nibelungo , uno dei più celebri drammi musicali wagneriani a cui
Nietzsche partecipò in veste di spettatore.
Nel suo saggio utilizzerà aspre parole per affermare che in quel
teatro la gente non è che una parte della massa, rinunciando al
diritto della propria parola e della propria scelta, al proprio gusto
e persino al proprio coraggio, dove l’“espressivo” deve essere
presente a ogni costo, e la musica è posta al servizio e resa schiava
dell’“atteggiamento”.
Nietzsche affermerà: «manca la solitudine,[...] a teatro si
diventa popolo, gregge, femmine, bestie elettorali, membri di
patronati, idioti, wagneriani, laggiù anche la coscienza più personale
5 FRIEDRICH NIETZSCHE, Nietzsche contra Wagner, in ID., Ecce homo: Ditirambi di Dioniso,
Nietzsche contra Wagner, Poesie e scelta di frammenti postumi 1888/1889 , a cura di
Giorgio Colli e Mazzino Montinari, versioni di Roberto Calano, Milano, A. Mondadori,
1977, p. 133.
8
soggiace all’incantesimo livellatore del gran numero, laggiù è il
vicino che governa, si diventa il vicino […]»
6
.
Le durissime parole di Nietzsche lasciavano sottintendere,
quindi, come le grandi opere non debbano essere necessariamente
totalizzanti, ma mantenere invece caratteristiche più semplici e meno
invadenti.
1.4 La cattedrale gotica: primo esempio di opera d’arte totale
È ovvio che ogni diversa visione del mondo ascriva funzioni
largamente differenti all’attività e all’esperienza artistica.
Per Nietzsche, ad esempio, l’arte è una menzogna, conseguenza
della volontà eroica di “fuggire dalla verità” e di creare
“quell’illusione” che, sola, rende vivibile la vita.
Chi, invece, percepiva la verità attraverso la bellezza,
definendola “ splendor veritatis ” e l’immagine come rivelazione e non
come illusione, erano i canoni medievali.
L’artista moderno è libero di creare, l’artista medievale era
legato ad una verità che trascendeva l’esistenza umana; coloro che
guardavano alla sua opera la giudicavano un’immagine di tale verità e
proprio da qui nasceva la tendenza medievale ad apprezzare o
condannare un’opera d’arte in base ai principî fondamentali
dell’esperienza religiosa.
Questo modello valeva soprattutto per l’edificio sacro:
all’interno delle sue parti, Dio stesso era misteriosamente presente.
Il santuario medievale diventava così immagine del cielo.
Il visibile sembrava riflettere l’invisibile ovunque, proprio
analogamente alla concezione di opera d’Arte Totale insita nel dramma
presentato nel contesto del Teatro di Bayreuth, così come l’aspetto
architettonico delle cattedrali gotiche medievali fu il primo esempio
di architettura totalizzante.
La cattedrale gotica mirò, prima di tutto, alla “totalità”; nel
suo linguaggio figurato tentò di incorporare la totalità del sapere
cristiano, teologico, morale, naturale e storico, con quella legata
alla supremazia verticalizzante esteriore delle forme architettoniche,
sintetizzando nella sua struttura tutti i motivi principali trasmessi
6 Ibid ., p. 134.
9
per tradizione attraverso diversi canali, e raggiungendo alla fine un
equilibrio, eliminando quegli elementi che avrebbero potuto minarlo,
quali la cripta, le gallerie e le torri, eccetto le due della
facciata.
Secondo gli standard classici del gotico, i singoli elementi,
pur formando un’unità indivisibile, dovevano al tempo stesso
proclamare la propria identità restando chiaramente separati l’uno
dall’altro, ma in una stretta correlazione posta senza equivoci.
È in questi termini che anche l’opera d’arte dell’avvenire di
Wagner poteva mostrarsi in un analogo rapporto, in quanto in essa, se
pur visibile la differenza tra le varie discipline artistiche, solo
tramite la loro comunicazione e partecipazione collettiva si poteva
concorrere alla realizzazione utopica dell’opera d’Arte Totale.
Wagner avvalorava, infatti, quanto sopra ipotizzato affermando:
«[…] completandosi reciprocamente nel loro giro alternato, le arti
sorelle si metteranno in evidenza ora tutte insieme, ora due a due,
ora isolatamente, secondo la necessità dell’azione drammatica che è
unica legge e misura»
7
.
Allo stesso modo, all’interno delle cattedrali gotiche, i fusti
dovevano risaltare separati dal muro o dal nucleo del pilastro; i
costoloni da quanto li circondava; ogni membratura verticale dai
rispettivi archi; ma tutto doveva poi convergere e confluire
nell’organizzazione totale della cattedrale.
Nell’ammirare la sua perfezione architettonica, l’emozione
religiosa, derivante dal timore reverenziale che ispirava, oscurava
l’esperienza estetica dell’osservatore che si trovava così immerso in
un particolare misticismo, che annientava la ragione nella fede.
Ed è proprio la stessa misticità che Wagner ricercava e
desiderava ricreare, cercando di permeare la scena dei suoi drammi di
un sentimento che suscitasse religiosità, tralasciando particolari
estetici che li circondavano, per indirizzare, al meglio, tutta la
concentrazione “al palco” dove avveniva la riunificazione delle arti.
Volgendo lo sguardo ad un’epoca anteriore, nei cui misteri
primitivi confluivano arte, scienza e religione formando un tutto, gli
appariva chiaramente come queste arti, nel corso dell’evoluzione,
avessero dovuto seguire differenti vie, e riteneva giunto il momento,
nella sua epoca, in cui esse avrebbero dovuto riunirsi.
7 R. WAGNER, L’opera d’arte dell’avvenire, in ANDREA BALZOLA, ANNA MARIA MONTEVERDI, Le arti
multimediali digitali: Storia, tecniche, linguaggi, etiche ed estetiche delle arti del
nuovo millennio, Milano, Garzanti, 2004, p. 478.
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Tornando all’architettura medievale, questa offrirà anche ampia
testimonianza di come quella perfezione, così tanto ambita, fosse
frutto dell’impiego di particolari “proporzioni musicali”, che
venivano considerate dall’architetto medievale come le più vicine
all’ideale di finitezza.
Si sottolineava, inoltre, in questo modo, come il progetto di
riunificazione delle arti, partito proprio dal linguaggio musicale e
“battezzato” da Wagner, fosse invece un aspetto già noto fin dal XII
secolo.
Significativa, in questo ambito, fu la figura di sant’Agostino,
che nel primo libro del suo trattato De musica , definirà quella
musicale come la «scienza del ben modulare»
8
.
La scienza del ben modulare era intesa a collegare più unità
musicali secondo un modulo, una misura, in modo tale che la relazione
potesse essere espressa in semplici rapporti matematici, e, secondo i
principî e le concezioni fissate da Agostino nel suo trattato, queste
relazioni matematiche si potevano applicare alle arti visive,
all’architettura, non meno che alla musica.
Per lui, musica e architettura erano sorelle perché generate
entrambe dal numero e aventi pari dignità, in quanto l’architettura
rispecchia l’eterna armonia, così come la musica la riecheggia.
In linea con quest’idea, Agostino dimostrerà come il numero,
utilizzato anche negli accordi musicali più semplici poggianti su
rapporti perfetti, sia fonte di ogni perfezione estetica nel campo
architettonico.
Anche Platone, in precedenza, aveva affermato in proposito:
«l’orecchio è colpito dai suoni nello stesso identico modo in cui lo è
l’occhio dalle impressioni ottiche»
9
.
La cattedrale, quindi, trascendeva ogni sua dimensione fisica
per svelare una realtà intrisa di varie immagini e simboli che la
ammantavano di significato poetico e che rappresentarono, per l’uomo
medievale, la sola definizione obbiettivamente valida della realtà,
così come, per la modernità, costituì un punto di riferimento
fondamentale da cui cogliere la vera essenza spirituale.
8 SANT’AGOSTINO, De Musica , in OTTO VON SIMSON, La Cattedrale Gotica: Il concetto medievale di
ordine, trad. it. di Maria Augusta Coppola, Bologna, Il Mulino, 1988, p. 35.
9 PLATONE, in Ibid., p. 44.
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