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INTRODUZIONE
"...Sembra che di fronte ai bambini gli adulti non abbiano altro modo di pensare
che questo: tutto quello che è inutile, poco importante, è da bambini, è dei
bambini. Scalfire questo modo di vedere è impresa ardua, che nessuna scienza,
nessun sapere e nessuna saggezza hanno potuto realizzare"
1
.
La figura del minore è stata soggetta ad un lento ed articolato percorso che ha
visto profondamente mutata la sua posizione dapprima nel contesto familiare e
sociale ed in un secondo momento anche nel contesto giuridico. Si è infatti
progressivamente abbandonato l'approccio di assoluta indifferenza che da sempre
gli adulti hanno tenuto nei confronti del minore e delle sue particolari esigenze, in
favore di una sempre maggiore attenzione alle particolarità del suo status.
E' da tali premesse che si sviluppa la cultura della tutela dei diritti dei minori,
che ha una storia piuttosto recente ed affonda le sue radici nel contesto del diritto
internazionale.
E' infatti a Convenzioni internazionali, quali la Convenzione di New York del
1989 e la Convenzione di Strasburgo del 1997, che si deve quella che in molti
hanno chiamato la "rivoluzione copernicana" che ha visto il minore trasformarsi
da mero oggetto e destinatario di cure e attenzioni a soggetto di diritto, titolare di
situazioni giuridiche soggettive proprie e capace di far valere i propri diritti.
La "questione minori" ben presto si afferma quale prioritaria anche nel contesto
dell'Unione Europea, che negli ultimi anni ha riservato ai minori un ruolo sempre
più rilevante nell'ambito delle sue politiche ed anche in molti dei suoi interventi
normativi.
In questo percorso che ha visto crescere sempre più l'attenzione verso la tutela
del minore e dei suoi diritti, posizione particolarmente rilevante è quella assunta
dall'affermazione del diritto del minore all'ascolto.
Tale diritto viene introdotto per la prima volta con la Convenzione di New
York e poi richiamato in molti altri strumenti internazionali e comunitari, come un
diritto dai confini piuttosto incerti e con un ambito di operatività molto ampio.
Tra le varie realtà con le quali l'ascolto viene a confrontarsi, senz'altro l'ambito
1
E. RESTA, "L'infanzia ferita", Roma-Bari, 1998
5
nel quale questo risulta avere maggiori implicazioni è quello giudiziario.
Il riconoscimento al minore del diritto a far sentire la sua voce all'interno dei
processi nei quali è coinvolto un suo interesse, si inserisce infatti nell'ambito di un
importante progetto che sta impegnando negli ultimi anni tanto la comunità
internazionale, quanto l'Unione Europea, che mira al rafforzamento dei diritti del
minore anche nell'ambito processuale attraverso un adeguamento del sistema
giudiziario alle specifiche esigenze di tutela dei minori, al fine di creare una
"giustizia a misura di minore".
Attraverso un'analisi in merito a come il diritto all'ascolto si è affermato
nell'ambito delle singole fattispecie e di come questo abbia acquisito
progressivamente contenuti sempre più concreti, è possibile tracciare anche le
linee più significative dell'evoluzione della tutela del minore anche con
riferimento al mutato ruolo che oggi svolge nel processo.
Un ultimo sguardo è infine rivolto anche al recepimento di questo importante
dibattito che si è sviluppato a livello internazionale e comunitario, all'interno del
nostro ordinamento nazionale, con particolare riguardo ancora una volta al diritto
all'ascolto e alle sue implicazioni con la disciplina dei procedimenti in cui sono
parti i minori.
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CAPITOLO 1
IL MINORE COME SOGGETTO DI DIRITTI NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
E COMUNITARIO
1. INTRODUZIONE
La problematica dei diritti dei minori si inserisce nella cornice più ampia dei
diritti fondamentali dell’uomo ad oggi riconosciuti non solo nella normativa dei
singoli ordinamenti nazionali, ma anche nell’ambito dell’azione comunitaria ed
internazionale. I principi sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti
dell’Uomo riguardano, infatti tutti gli esseri umani, senza distinzione di sesso,
razza, origini, orientamento religioso, età. Pertanto anche i fanciulli, in quanto
esseri umani “dispongono di tali diritti come ogni altra persona”
2
.
Se è vero da un lato che i diritti contenuti nei trattati sui diritti umani siano
anche diritti dei minori, è altrettanto vero che quando si parla di minori occorre un
rafforzamento dei diritti tradizionalmente riconosciuti nonché la previsione di
diritti specifici e propri in ragione della particolarità insita nello status del
fanciullo.
La nozione di “diritti dei fanciulli”, sebbene possa dirsi da sempre esistita, è
stata soggetta a profondi mutamenti che si sono collegati nel corso dei secoli al
diverso ruolo che il minore ha assunto nel contesto familiare e sociale.
Se guardiamo al diritto romano infatti, il fanciullo costituiva l’oggetto della
potenza paterna ed era soggetto a peculiari regole che lo stesso era tenuto a
rispettare nell’ambito della familias. Lo stesso può dirsi nel periodo medioevale,
dove in effetti era ancora predominante una sostanziale indifferenza verso le
esigenze e necessità dei bambini che continuavano ad essere considerati ancora
come beni di proprietà della famiglia.
3
In questo quadro, la nozione stessa di
2
Raccomandazione n. 1065 adottata il 6 ottobre dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio
d’Europa.
3
M.MARCHIGIANI, “La Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo: nascita, sviluppo e
consacrazione dei diritti dell’infanzia”
7
diritti dei fanciulli evidentemente non può adottarsi nella stessa accezione che le
viene conferita oggi. In effetti, in quei casi quando si parlava di diritti dei
fanciulli si faceva piuttosto riferimento a una serie di diritti che gli adulti
esercitavano nei confronti dei bambini, che erano considerati come meri centri di
imputazione giuridica.
Solo a partire dalla fine del XIX secolo ed in particolare con la nascita della
famiglia borghese e con la rivoluzione industriale, si avvia una sorta di inversione
di tendenza, con l’affermazione di una nuova forma di cultura del bambino che
comincia ad essere considerato come soggetto autonomo e diviene, nel contesto
familiare, un vero e proprio centro d’interesse.
La famiglia resta però ancora l’unica garanzia per il minore; bisognerà
attendere il XX secolo affinché l’attenzione per il bambino cominci a riguardare
anche lo Stato e le istituzioni sovranazionali e ciò attraverso un lento processo che
ad oggi non può dirsi ancora definitivamente compiuto.
4
2. QUADRO INTERNAZIONALE
La problematica dei diritti dell’infanzia trova il suo terreno fertile di sviluppo
proprio nel contesto internazionale poiché è in questo ambito che, rompendo le
maglie strette delle istituzioni, tradizioni e culture statali, si riesce a superare
quella radicata impostazione adulto centrica del sistema normativo.
In effetti la Comunità internazionale ha manifestato sensibilità nell’evidenziare
che il soggetto in formazione ha dei diritti che gli ordinamenti nazionali devono
riconoscere, garantire e promuovere e ciò è avvenuto attraverso dichiarazioni dei
diritti fondamentali riconosciuti all’uomo e al cittadino, nonché attraverso
Convenzioni tra Stati finalizzate a garantire al minore una adeguata protezione e
tutela.
5
I primi trattati che si sono occupati del minore si rivolgono a questo, quale
soggetto debole e vulnerabile, solo come oggetto di tutela e destinatario, pertanto,
di mere situazioni giuridiche a sé favorevoli. A tali diritti facenti capo al minore
4
AMNESTY INTERNATIONAL, “La legislazione internazionale sui diritti dei minori” -
file:///C:/Documents%20and%20Settings/Dada/Documenti/Downloads/amnesty_ms_minori5.pdf
(ultima consultazione 26/02/2014)
5
A.C. MORO, Manuale di diritto minorile (a cura di L. Fadiga), Zanichelli, Bologna, 2008.
8
quindi corrispondono importanti doveri degli adulti nei loro confronti, essendo
questi ultimi tenuti a proteggere, educare e garantire al minore un benessere
materiale ed intellettuale.
Col passare degli anni, attraverso un lungo e complesso processo, si è
realizzata una vera e propria inversione di tendenza: il minore, da mero
beneficiario di situazioni giuridiche favorevoli diviene vero e proprio soggetto
titolare di diritti.
6
2.1 LE PRIME CONVENZIONI INTERNAZIONALI
I primi interventi internazionali sulla tutela dei minori si sono avuti a partire
dal periodo dell’industrializzazione, in quanto strettamente connessa al tema dello
sfruttamento dei bambini nel mondo del lavoro, tematica prima di competenza
esclusiva dei singoli Stati.
Non è un caso che è proprio l’Organizzazione Internazionale del Lavoro
(O.I.L.) ad “internazionalizzare” la tematica dei minori nel 1919 con la
convenzione n. 5, la c.d. “Convenzione sull’età minima”
7
. La stessa O.I.L. ha
adottato negli anni immediatamente successivi altre convenzioni, sempre
concernenti il lavoro dei minori, nonché la tratta di donne e bambini, gli alimenti e
gli obblighi alimentari, il rimpatrio dei minori.
8
Per una tutela più generalizzata dei diritti del fanciullo, occorre attendere la
Società delle Nazioni che per prima rivolge lo sguardo ai diritti del fanciullo in
quanto tale. Il 26 settembre 1924 l’Assemblea generale della Società delle Nazioni
adotta un testo che proclama solennemente alcuni diritti fondamentali dei
fanciulli, la Dichiarazione dei Diritti del Bambino, detta anche Dichiarazione di
Ginevra. Per la prima volta il fanciullo non è più considerato come semplice
destinatario di decisioni altrui, ma viene riconosciuto come titolare di diritti. E’
6
P. DE PASQUALE, L’interesse del minore nella prospettiva del diritto comunitario, in <<Diritto
pubblico comparato ed europeo>> 2001, tomoIII, p. 1238.
7
La Convenzione sull’età minima inserisce l’età minima di ammissione dei bambini al lavoro
nelle industrie, età fissata ad anni 14 e successivamente innalzata a 15 anni con la Convenzione n.
59 del 1937.
8
Tra le altre Convenzioni dell’O.I.L. si possono citare alcune tra le più significative: convenzione
n.6 del 1919 sul divieto di lavoro notturno nelle industrie dei minori di anni 18; la convenzione
sull’età minima per il lavoro marittimo (1920), la convenzione n. 60 del 1937, sull’età minima
nelle occupazioni non industriali; la convenzione n. 123 del 1965, sul lavoro dei minori in miniera.