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funzionamento a cui è seguita la fase di stima della risorsa idrica che il torrente mette a disposizione in
corrispondenza del sito interessato dall‟intervento.
Si è quindi determinato l‟andamento delle portate naturali ed è stato calcolato il deflusso minimo vitale
da garantire al corso d‟acqua in ogni condizione.
Successivamente si è proceduto al progetto, al dimensionamento ed alle verifiche idrauliche della
condotta di derivazione e di scarico in modo da determinare la portata netta e, calcolato il salto netto, la
potenza ricavabile dall‟impianto.
La fase successiva è stata una collaborazione tecnica con varie ditte specializzate nella costruzione di
generatori a turbina che ha portato all‟individuazione del tipo di turbina più adatto ai dati calcolati e
alle caratteristiche del sito.
Con i risultati ottenuti è stato quindi possibile stimare la quantità di energia elettrica media annua
prodotta dall‟impianto per ciascuna delle soluzioni progettuali individuate.
Una volta terminato il lavoro progettuale in tutte le sue fasi, l‟alta efficienza produttiva calcolata ha
dato lo spunto per approfondire il lato economico dell‟opera creando un computo estimativo delle spese
da sostenere per il ripristino della funzionalità idraulica delle opere esistenti e per l‟acquisto e
l‟installazione del gruppo turbina-generatore, è stato quindi creato un bilancio tra tali spese ed i ricavi
ottenibili dalla vendita dell‟energia.
Lascio a Voi, con questa che spero sia una propedeutica lettura, l‟affascinante scoperta del guadagno.
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INTRODUZIONE
Il XX° secolo verrà ricordato nella storia come momento della consapevolezza globale in materia di
inquinamento e cambiamenti climatici, nel 1997 infatti e precisamente l‟11 dicembre, più di 160 paesi
in occasione della Conferenza COP3 della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici (UNFCCC) si sono riuniti in Giappone per sottoscrivere un trattato di materia ambientale
riguardante il riscaldamento globale; il protocollo di Kyōto.
Il Protocollo di Kyoto tratta di problemi che investono la totalità dei settori delle attività umane, quindi
il settore energetico, i processi industriali, l'utilizzo di solventi, l'agricoltura, la gestione dei rifiuti e
molto altro.
Il Protocollo è diviso in 28 articoli che essenzialmente disciplinano l‟obbligo per i paesi industrializzati
di ridurre le emissioni di gas serra. Obiettivo principale è la riduzione media del 5% dei livelli di
emissione del 1990, nel periodo tra il 2008 ed il 2012. Per i paesi più industrializzati e sviluppati, fra
cui l'Unione Europea, è prevista una riduzione maggiore pari all'8%. Per altri paesi, considerati in via di
sviluppo, sono fissati limiti meno rigidi. In particolare la riduzione riguarda 6 gas serra: Biossido di
carbonio (CO2); metano (CH4); protossido di azoto (N2O); idrofluorocarburi (HFC); perfluorocarburi
(PFC); esafluoro di zolfo (SF6). Per il periodo anteriore al 2008, gli Stati contraenti si impegnano ad
ottenere entro il 2005 concreti progressi nell'adempimento degli impegni assunti e a fornirne le prove.
Gli Stati contraenti possono utilizzare il 1995 come anno di riferimento per le emissioni di HFC, PFC e
SF6. Il Protocollo propone anche alcuni strumenti che indicano come tradurre in pratica gli obiettivi ed
in particolare:
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ξ L'istituzione di politiche nazionali di riduzione delle emissioni;Il miglioramento dell'efficienza
energetica;La promozione di forme di agricoltura sostenibili;
ξ Lo sviluppo e promozione di fonti energetiche rinnovabili;
ξ La cooperazione sotto forma di scambi d' informazioni ed esperienze.
Il protocollo di Kyōto prevede inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilità di servirsi di un sistema di
meccanismi di mercato detti “meccanismi flessibili” per l'acquisizione di crediti di emissioni:
Clean Development Mechanism (CDM): consente ai paesi industrializzati e ad economia in transizione
di realizzare progetti nei paesi in via di sviluppo, che producano benefici ambientali in termini di
riduzione delle emissioni di gas-serra e di sviluppo economico e sociale dei Paesi ospiti e nello stesso
tempo generino crediti di emissione (CER) per i Paesi che promuovono gli interventi.
Joint Implementation (JI): consente ai paesi industrializzati e ad economia in transizione di realizzare
progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un altro paese dello stesso gruppo e di utilizzare
i crediti derivanti, congiuntamente con il paese ospite.
Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra paesi industrializzati e ad
economia in transizione; un paese che abbia conseguito una diminuzione delle proprie emissioni di gas
serra superiore al proprio obiettivo può così cedere (ricorrendo all‟ET) tali "crediti" a un paese che, al
contrario, non sia stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-serra.
L'obiettivo dei Meccanismi Flessibili è di ridurre le emissioni al costo minimo possibile; in altre parole,
a massimizzare le riduzioni ottenibili a parità di investimento.
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L'Unione Europea ha ratificato il Protocollo di Kyoto il 31 maggio 2002 ed è così entrato in vigore il
16 febbraio 2005, dopo la firma della Russia. Vari paesi industrializzati non hanno voluto ratificare il
protocollo, tra cui spiccano gli Stati Uniti e l'Australia.
Utilizzando come riferimento il rapporto 2005 dell'Authority per l'energia, il nostro Paese nel 2004 ha
consumato 143,4 Mtep. Il valore comprende l'intera domanda di energia, composta non solo
dall'elettricità, ma anche dai carburanti per i trasporti e dall'industria [2]. A fronte di una domanda di
143,4 Mtep il nostro paese ha offerto nello stesso anno di riferimento 195,5 Mtep. La differenza, pari a
52 Mtep (1/3 della domanda nazionale di energia) è composta da consumi e sprechi del settore
energetico italiano. Si tratta di una quota significativa che lascia intravedere un margine di
miglioramento dal lato dell'efficienza del sistema energetico italiano. L'Italia importa gran parte delle
risorse energetiche primarie ed ha una capacità di produzione di energia minima, pari a circa 30 Mtep,
pertanto deve importare ben 165,5 Mtep di energia dall'estero, pari al 84,6% della domanda energetica
nazionale. I valori evidenziano una quasi totale dipendenza energetica dall'estero, ma si tratta da una
situazione non dissimile da quella di molti altri paesi occidentali industrializzati. Il fabbisogno
energetico italiano è fortemente dipendente dal petrolio per il 45% e dal gas per il 32%.
A questo punto, come suggerisce il Trattato di Kyoto, la riduzione delle emissioni e dei consumi
energetici può avvenire fondamentalmente in due modi:
1. Riduzione del consumo di energia fossile attuale della stessa percentuale, quindi di 3.8 Mtep
all'anno;
2. Sostituzione con la produzione derivante dalle energie rinnovabili.
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Per quanto concerne la riduzione dei combustibili fossili, molti ritengono che sia un'operazione
destinata a rimanere un'utopia: infatti, con la crescita economica e le cifre che indicano gli aumenti del
PIL di paesi come Cina ed India, è intuitivo ritenere che la domanda sia destinata inevitabilmente a
crescere. Addirittura, secondo il rapporto ENEA 2005, la tendenza del consumo nazionale di
combustibili fossili per il futuro è in aumento di oltre il 2% all'anno.
Sull'energia rinnovabile ci sarebbe molto da dire, e forse neanche basterebbe. Sintetizzando la
situazione allo situazione italiana, i dati ENEA 2005 mostrano un contributo dell'energia rinnovabile
endogena pari all' 8.3% del consumo complessivo e deriva in gran parte dalla produzione idro -
geotermoelettrica (5.5%), mentre le NFER (Nuove Fonti Energia Rinnovabile) contribuiscono per
l'1.3%. Però, poiché il contributo dell'elettricità importata dall'estero proviene essenzialmente dalla
produzione nucleare di Francia e Svizzera, si considera come "rinnovabile" anche la quota del 5%
d'importazione. Pertanto nelle statistiche europee viene attribuita all'Italia una quota di produzione di
energia rinnovabile pari a circa il 16% del consumo nazionale di energia.
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Un dato importantissimo è inoltre dato dall‟energia eolica applicata in Italia, secondo i dati ISES del
gennaio 2005 infatti, si ha che la potenza eolica totale installata al 2004 era di 1260 MW con una
produzione di elettricità di circa 1.8 TWh. In termini di energia fossile sostituita, l'intera attività eolica
equivale ad un risparmio di combustibile pari a circa 0.4 Mtep, cioè lo 0.23% del consumo totale di
fossili, a cui corrisponde la rimozione di circa 1.1 Mt di emissioni di CO2, cioè lo 0.23% di quelle
totali emesse dal nostro sistema energetico.
Rispetto alle dimensioni sopra evidenziate, si conclude che anche il contributo eolico è oggi irrilevante
e che, quindi, si dovrebbe fare un massiccio ricorso, oltre che all'eolico, anche agli impianti delle altre
fonti rinnovabili tra i quali, non ultimo, l‟idroelettrico.
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Cenni storici
I greci e i romani furono le prime civiltà nel Mondo allora conosciuto, ad utilizzare l'immensa potenza
dell'acqua, e più precisamente dell'energia cinetica prodotta dal liquido; si deve specificare però che
queste due antiche civiltà sfruttarono questo tipo di energia rinnovabile solo per azionare semplici ruote
idrauliche per mulini all‟uopo di macinare il grano.
Un progresso tecnico di enormi proporzioni si è avuto alla fine dell'Ottocento all'inizio della Seconda
Rivoluzione Industriale avvenuta in Europa e poi nel resto del mondo , in seguito all'evoluzione della
ruota idraulica in turbina, ovvero in una macchina motrice costruita da una ruota a pale imperniata su
un asse, all'inizio grossolane e schematiche, che dalla prima metà del Novecento divennero sempre più
perfezionate ed efficienti.