PREFAZIONE
Questo elaborato di tesi ha lo scopo di approfondire il tema del Microcredito, i suoi
obiettivi, meccanismi e riflessi positivi sull'economia attraverso lo studio del c.d.
microcredito moderno così come teorizzato dal professor Muhammad Yunus, premio Nobel
per la pace nel 2006, e, la ricerca di sue forme primordiali nell'attività della Sezione Monte
di Credito su Pegno del Banco di Napoli.
Partendo da una sintesi della situazione storico-economica dell'Italia, nel periodo 1926 -
1962, attraverso le tappe più significative di questa, come la nascita dello Stato
Imprenditore, l'unificazione del diritto di emissione, la riforma bancaria della tutela del
risparmio del 1926 e la grande crisi del 1929; ho cercato di ricostruire il quadro generale in
cui il Banco di Napoli ha operato e si è trasformato adattando le sue attività ai cambiamenti
socio economici del paese.
Attraverso un lavoro di ricerca presso l'Archivio Storico del Banco di Napoli e di una
ricerca bibliografica operata principalmente sui testi scritti dal prof. Francesco Balletta editi
dall'Istituto Banco di Napoli Fondazione; ho approfondito la storia e l'evoluzione del Banco
nel periodo 1926 -1962 guardando allo sviluppo dell'attività delle sue sezioni e in
particolare all'attività senza fini di lucro, della Sezione Monte di Credito su Pegno, nella
quale si ritrovano similitudini - sopratutto di scopo - con quella del microcredito moderno
operato dalla Grameen Bank in Bangladesh; attività questa che permetteva ai più poveri e
bisognosi un, seppur limitato, accesso al credito per il consumo e la produzione.
Nell'elaborato ho approfondito, altresì, il meccanismo di accesso ai progetti di Grameen e
confrontato l'operato di questa banca con quello delle banche tradizionali nei paesi in via di
sviluppo e nel resto del mondo.
CAPITOLO I - ECONOMIA ITALIANA DAL 1926 al 1962
PREMESSA
Nel contesto Europeo, l'Italia fu uno degli ultimi paesi ad unificare il diritto di
emissione. Sì arrivò all'unificazione gradatamente. Nel 1849, la Banca di
sconti o depositi e conti correnti di Genova e la Banca di Torino vennero fuse
costituendo la Banca Nazionale del Regno degli Stati Sardi che prese
successivamente il nome di Banca Nazionale nel Regno d'Italia, assorbendo
anche la Banca di Parma
1
.
Nel 1865, la Banca Nazionale Toscana
2
decise la fusione con la Banca
Nazionale nel Regno d'Italia in virtù della insostenibile concorrenza che si
sarebbe venuta a creare tra i due istituti; l'istituto toscano, nato e strutturato su
di un'economia regionale, sarebbe risultato certamente perdente. Vi era, poi, la
consapevolezza della volontà di mettere in atto nel paese un processo di
accentramento dell'unificazione delle emissioni. L'operazione di fusione non
fu portata a termine, una commissione nominata dalla Banca di Toscana
ritenne, infatti, che ci fossero “maggiori pericoli” per l'istituto
nell'unificazione.
1 F. Ferrara, Dei biglietti di banco di Bologna, Bologna, 1859; De Mattia, L'unificazione monetaria
italiana, in “Archivio Economico dell'unificazione italiana”, Torino, 1959.
2 Tra il 1857 e il 1860 dall'unione di varie piccole banche esistenti in toscana, nacque la Banca
Nazionale Toscana; nello stesso anno fu costituita la banca Toscana di Credito per l'industria e il
commercio con capacità di emettere buoni di cassa al portatore.
[Rapporto della Commissione incaricata di esaminare e riferire sulla fusione della banca Toscana
con la Banca di Torino, Firenze 1863; osservazioni sul rapporto letto nell'adunanza generale degli
azionisti della Banca nazionale tenuta a Torino il 7 ottobre 1863]
5
Prima dell'unità d'Italia, esistevano, nello Stato Pontificio, due banche di
emissione: La Banca dello Stato Pontificio, che prese poi il nome di Banca
Romana, e La Banca Pontifica delle Quattro Legazioni – operante su Bologna,
Ferrara, Ravenna e Forlì – che, nel 1861, fu assorbita dalla Banca Nazionale
del Regno d'Italia
3
.
Anche nel Regno delle Due Sicilie, operavano due banche di circolazione –
emittenti le Fedi di credito - prima dell'unità d'Italia: Il Banco delle due
Sicilie che, dopo l'unità, divenne Banco di Napoli e il Banco regio dei Reali
domini al di là del faro, che, dopo l'Unità, divenne il Banco di Sicilia.
I due banchi meridionali, nel 1866
4
, ebbero la facoltà di emettere cartamoneta
al portatore. Con la legge del 1874 venne istituito il “Consorzio bancario
per la circolazione cartacea a corso forzoso”; fu limitata l'emissione di
biglietti per conto dello Stato e, ai banchi meridionali fu riconosciuto il diritto
di emettere cartamoneta.
Operavano, così, sei istituti di emissione: La Banca Nazionale nel Regno
d'Italia, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, La Banca Nazionale Toscana,
La Banca Toscana di Credito per l'industria e il commercio e la Banca
Romana.
Nel 1893, dalla fusione della Banca Nazionale nel Regno d'Italia, la Banca
3 C. Fontanelli, Intorno al riordinamento degli istituti di emissione, Firenze – Roma, 1886
4 Introduzione del corso forzoso.
[Gli istituti di emissione in Italia; Storia della banca dalle origini ai giorni nostri, De Simone; Le
avventure della lira, Cipolla; L'ordinamento delle banche di emissione, le antiche banche italiane,
Corriere della Sera 1926.]
6
nazionale Toscana, la Banca Toscana di credito e la liquidazione della Banca
Romana; si costituì la Banca d'Italia riducendo il numero degli istituti di
emissione a tre.
Nei primi anni dell'Unità, la Banca Nazionale nel Regno d'Italia, aprì molte
filiali nella penisola, sostenendo l'obiettivo del monopolio della circolazione
cartacea, collegandolo al potere politico dello Stato
5
. L'obiettivo del
monopolio veniva sostenuto dai grandi uomini di Stato; quali, Cavour, Crispi e
Sonnino e, allo stesso tempo, costantemente avversato dagli economisti illustri
della scuola liberale e dal Parlamento che si opponeva violentemente
sostenendo l'utilità della concorrenza fra le banche e la necessità di rispettare
interessi e autonomie locali.
La ferma volontà di acquisire il monopolio della emissione, della Banca
nazionale, non favorì la realizzazione di una politica unitaria, fin dal 1874,
infatti, gli istituti emittenti si caratterizzarono per assoluta indipendenza e,
essendo la regolamentazione riguardante l'emissione sostanzialmente
differente dà istituto a istituto, le singole valute sottintendevano garanzie a
salvaguardia di diverso significato.
Nel 1866, la trasformazione dei banchi meridionali in istituti di emissione e
l'introduzione del corso forzoso; complicarono maggiormente la questione
dell'unificazione
6
. L'incertezza, la frammentarietà delle regolamentazioni e i
5 F. Mastrangeli, L'unificazione dell'emissione in Italia del 1926; G. Prato, Il significato della banca
unica.
6 G. Fabbri, Storia della banca nazionale, 1993; C.M. Cipolla, Le avventure della lira.
7
dissensi per la generale situazione di caos si aggravavano di anno in anno. Il
proliferare di una circolazione disorganica e priva di garanzie da ragione a
regione, resuscitò, in Parlamento, la corrente avversa alla anarchia bancaria.
I contrasti interni al Parlamento influirono sull'approvazione della legge del
1874, costituente il Consorzio, definita da alcuni come un fenomeno di
patologia del credito, in cui unità bancaria e libertà scompaiano nel paradosso
di una pluralità monopolistica. Le controversie teoriche, fra le tesi avverse, si
basavano tutte sull'esigenza di una base monetaria sana, che mancava in Italia
da quasi dieci anni. Né seguì un ventennio di confusione
7
che si risolse nella
febbre speculativa culminata nella disastrosa crisi del credito degli anni 1889-
1893.
La legge dell'agosto del 1893, rappresentò quanto di meno peggio si potesse
realizzare nella perdurante situazione di disorientamento creatasi, riducendo a
tre gli istituti di emissione e stabilendo una prevalenza della Banca
d'Italia, rappresentò un passo importante verso il monopolio. Attuando un
risanamento della circolazione
8
, questo regime ebbe il merito di correggere
progressivamente una preoccupante situazione; per circa un trentennio si
spensero le controversie fra i due sistemi rivali.
7 In Parlamento proseguiva lo scontro fra teorie avverse, si affermava alla Camera l'incompatibilità
della libertà bancaria con il corso forzoso.
[Il significato della banca unica, Prato, affermazioni alla Camera di Minghetti, 1874[
8 Risanamento della circolazione realizzato nel 1908.
[le banche di emissione in Italia, Canovai; La fabbrica dei soldi. Istituti di emissione e questione
bancaria in Italia, Pecorari]
8
I. LA NASCITA DELLO STATO IMPRENDITORE
Tra la fine del ottocento e i primi trent'anni del novecento l'Italia conobbe un
processo di concentrazione nel settore delle aziende di credito, determinato
dall'evoluzione industriale. La nascita della grande industria richiede, infatti,
l'adeguamento dell'impresa bancaria, affinché sia in grado di supportare le
esigenze di finanziamento e di compressione dei costi
9
.
La stessa aleatorietà insita nelle operazioni bancarie, richiede l'allargamento
dell'attività e la compressione dei rischi attraverso la diversificazione degli
impieghi.
Lo sviluppo economico, accompagnato dall'accrescimento del reddito
individuale e dell'esigenza di alte quote d'investimento, determina un aumento
della massa di risparmio e la conseguente necessità di un'organizzazione
capillare di sportelli per la raccolta che necessita di enti di vaste dimensione
per sostenerne i costi di mantenimento.
Questo processo di concentrazione, industriale e bancario, portò alla
concentrazione dei capitali italiani nella mani di pochi grandi istituti, i quali
acquisirono una posizione predominante nella vita del paese. Questa
evoluzione procurò il progressivo allontanamento della banca dal tipo classico
9 D. Miani-Calabrese, Statistica del credito, 1959; F. Balletta, La concentrazione e la deflazione
bancaria in Italia dal 1926 al 1935.
9
dell'impresa privata per assumere i caratteri dell'impresa pubblica. Lo Stato
prese a esercitare il proprio controllo su queste imprese in virtù di un principio
di ordine collettivo e sociale
10
.
Nello stesso arco di tempo, il sistema bancario italiano subì tre fasi di
concentrazione:
IV . la prima, subito dopo la nascita della banca mista,che si sostituì agli
istituti di credito mobiliari falliti;
V . la seconda, con la costituzione di 114 nuove società bancarie con circa
500 milioni di capitale sottoscritto, durante gli anni della seconda
guerra mondiale;
VI.la terza, dovuta alla politica di razionalizzazione del sistema bancario
perseguita dal governo e dalla Banca d'Italia.
Con la legge del 1926 si ebbe una svolta nell'assetto del sistema, che portò
verso una maggiore concentrazione.
Lo sviluppo della grande banca di tipo moderno, si ebbe in Italia tra la fine del
XIX e l'inizio del XX secolo, soprattutto sotto forma della banca mista;
seguendo un evoluzione comune al resto dei paesi Europei. Gli accadimenti
decisivi per la nascita della grande banca
11
, in Italia furono; l'accentramento
10 G. Nicotera, Aspetti politici ed economici della legislazione bancaria italiana, in Rassegna
economica del Banco di napoli” 1941.
11 P. Bianchi, La ricorsa frenata. L'industria italliana dall'unità nazionale all'unificazione europea,
2002.
10
degli istituti di emissione, la graduale decadenza degli istituti di credito
mobiliare
12
e il crescente sviluppo economico durato fino allo scoppio della
prima guerra mondiale.
La banca mista contribuì a questo sviluppo, favorendo il progresso industriale
ed economico attraverso la realizzazione di tecniche creditizie più moderne ed
efficaci. L'impulso positivo, trasmesso dalla banca mista alle altre istituzioni e
al mercato, avrebbe necessitato di maggior tempo per essere recepito a pieno;
il ciclo espansivo dell'economia fu invece interrotto dagli accadimenti bellici
del 1914- 19 e, trovava inoltre, un limite insuperabile nell'assenza di spessore
del mercato dei capitali e nella massima concentrazione dell'intermediazione
del risparmio nelle mani del sistema bancario.
La prosperità e l'intenso sviluppo di depositi da essa generato, nel primo
quindicennio del XX secolo, fecero si che le banche mantenessero un elevato
grado di liquidità. Le banche miste parteciparono allo sforzo di ricostruzione
economica del paese mobilitando il risparmio e finanziando la creazione di
interi settori produttivi. Nonostante ciò, lo sviluppo del dopoguerra si realizzò
in un regime inflazionistico che portò le banche ad esporsi eccessivamente con
le industrie legate all'economia di guerra.
La facilità di raccogliere depositi in regime di inflazione, determinò il sorgere
di numerose banche sfornite di capitali adeguati, e spinse molte aziende ad
12 Conclusasi intorno al 1890.
De Mattia, Storia degli istituti di emissione italiani dal 1845 al 1936 attraverso i dati dei loro
bilanci,1990.
11
estendere senza misura l'azione rispettiva, andando a generare dipendenze
pericolose. Sì determino, infatti, un afflusso di somme cospicue nelle casse di
banche e banchieri spesso avventati, lanciati in operazioni speculative in
assenza di tutela delle ragioni altrui.
Negli anni '20 la situazione raggiunse gli eccessi tipici della mancanza di
barriere all'entrata; ci fu una notevole crescita della struttura bancaria, crebbe
il numero delle banche e degli sportelli e, molte banche si trasformarono in
vere e proprie holding industriali.
Dal 1921 al 1927, il numero delle banche si quadruplicò, ebbe inizio, in
Italia, il passaggio dalla banca mista alla banca commerciale
13
.
Le prime manifestazioni della volontà della banca d'Italia di controllare l'intero
sistema bancario del paese, si erano già avute all'indomani dell'Unità d'Italia
con l'istituzione della Banca Nazionale nel Regno d'Italia; ma la realizzazione
di tale controllo cominciò negli anni venti del novecento quando, l'allora
direttore Bonaldo Stringher, iniziò a prendere provvedimenti che interessavano
anche gli altri istituti di emissione (Banco di Napoli e Banco di Sicilia), senza
chiederne il consenso.
Le decisioni piuttosto che dall'accordo dei tre istituti, venivano prese spesso in
piena autonomia dalla Banca d'Italia senza nessuna interlocuzione; così come
dimostrano i documenti dell'epoca.
13 M. De Mattia, Moneta, credito e finanza; G. Guarino e G. Toniolo, Collana storica della banca
d'Italia.
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