6
che si tratti dei contadini senza terra dell’Asia, che degli umili lavoratori delle
favelas dell’America Latina o ancora degli esclusi dei paesi industriali, il
problema della povertà riguarda in primis la mancanza d’accesso al capitale.
In questo conteso l’investimento di capitale, nell’ordine delle grandi o delle
piccolissime cifre, crea sempre un impulso per la vita economica e creativa;
unendo al capitale in denaro il proprio capitale umano, le persone migliorano la
propria vita e la realtà dell’ambiente in cui vivono.
L’interesse del microcredito è dato dal fatto che apre l’accesso al capitale a
milioni di persone, senza mettere in discussione l’attuale distribuzione della
ricchezza e, quindi, senza provocare la reazione degli abbienti. Il principale
obiettivo del Microcredito consiste nel favorire l'accesso al credito a persone in
situazioni economiche e sociali svantaggiate e che, proprio a causa della loro
condizione, sono escluse dal sistema bancario tradizionale, offrendo loro,
mediante la formazione e la consulenza necessarie, l'opportunità di sviluppare le
proprie capacità, di diventare economicamente autonome e garantire, in questo
modo, un futuro migliore a se stesse e alle loro famiglie.
La fiducia è l’ingrediente essenziale per la realizzazione di questo progetto,
poiché è proprio a causa della sua assenza che si realizza il circolo vizioso della
marginalità e della devianza e che in base al sistema creditizio tradizionale, solo
chi ha già risorse economiche, e quindi garanzie reali, può accedere ai prestiti,
mentre chi non ne ha, ne è escluso a priori.
Fondandosi su dati universali, quali il rispetto dell’uomo e della sua capacità
imprenditoriale, la necessità di combinare lavoro e capitale al fine di creare
ricchezza, l’importanza della fiducia e dello scambio per fondare relazioni
economiche e sociali, il microcredito nasce per dare la possibilità ai poveri di
accedere al credito secondo modalità adeguate al povero. Esso consegue risultati,
sia sotto il profilo bancario, sia sotto il profilo della lotta contro la povertà, molto
apprezzabili. Il livello delle sofferenze è molto contenuto e questa è la migliore
dimostrazione che è possibile fare attività bancaria anche laddove non ci siano
clienti “bancabili” in senso tradizionale.
La conferma proviene da fonti autorevoli. Infatti uno studio della Banca
Mondiale conferma che i programmi di microcredito accrescono gli standard di
7
vita soprattutto per le donne e i loro familiari, le quali si sono rivelate molto più
affidabili degli uomini.
«I programmi di microcredito – afferma James D. Wolfensohn, Presidente
della Banca Mondiale – hanno infuso nei villaggi e nelle popolazioni più
diseredate del pianeta l’energia dell’economia di mercato. Muovendosi in
un’ottica di mercato, milioni di persone hanno trovato i mezzi per uscire
dignitosamente dalla miseria».
Anche se la microfinanza non dovrebbe essere l'unico strumento per la
riduzione della povertà, essa traccia un cammino ben delineato per ridurre la
povertà e l’esclusione, le quali alimentano guerre e terrorismo e rappresentano una
vergogna per tutti noi.
La mia speranza, nonché il mio obiettivo, è che questa tesi possa contribuire
a rompere le muraglie dei pregiudizi, i quali assumono spesso la forma di
muraglie di denaro. «E’ meglio accendere una candela che maledire l’oscurità»,
diceva Confucio. Io mi limito a seguire il suo consiglio con la speranza che altre
candele illumineranno il cammino verso una maggiore giustizia sociale, una
maggiore libertà d’impresa, una maggiore solidarietà tra gli uomini.
Entro questa cornice vengono presentati quattro capitoli, il cui contenuto è
stato organizzato in due parti: la prima (rappresentata dal primo capitolo) ha
l’intento di fornire le basi concettuali della teoria economica da cui ha avuto
origine il microcredito; nella seconda parte (imperniata sui restanti tre capitoli),
muovendo dalle origini, viene prospettato l’attuale scenario internazionale,
europeo ed italiano su cui si affaccia il microcredito.
8
Tabelle 1
La distribuzione mondiale del credito
Paesi ad alto reddito. 53 Paesi con 955 milioni di abitanti, 26.710 dollari
di reddito pro capite e l’80,3% del reddito mondiale.
93,4% del
credito
totale
Paesi a medio reddito. 90 Paesi con 2 miliardi 667 milioni di abitanti,
1.850 dollari di reddito pro capite e il 16,3% del reddito mondiale.
5,5% del
credito
totale
Paesi a basso reddito. 65 Paesi con 2 miliardi 510 milioni di abitanti, 430
dollari di reddito pro capite e il 3,4% del
Reddito mondiale
1,1% del
credito
totale
Fonte: World Bank (2001)
9
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato a portare a termine
questo lavoro. In primis, la mia gratitudine va al Prof. Gianluigi Coppola per la
costante disponibilità e cortesia avute nei miei confronti; particolarmente preziosi
sono risultati i suoi consigli e le sue indicazioni, con cui mi ha costantemente
guidata sia sotto il profilo professionale che quello umano durante l’elaborazione
di questa tesi.
Un doveroso ringraziamento al Consiglio Regionale del Piemonte, nella
veste del Dott. Chiezzi, e alla Fondazione S. Giuseppe Moscati di Napoli, nella
veste del Dott. Venanzi, per la professionalità e la cordialità con cui hanno
accolto le mie richieste.
Un grazie di cuore alla mia famiglia, per avermi supportato ma soprattutto
sopportato nell’arco della mia carriera universitaria: con questo lavoro spero di
poter ripagare, almeno in parte, tutti i sacrifici fatti per consentirmi di
raggiungere questo traguardo così desiderato.
Uno speciale grazie a Luca, per avermi incoraggiata con i suoi preziosi ed
amorevoli consigli che tanto mi hanno aiutata nella stesura di questa tesi, ma
soprattutto per essere arrivato quando più avevo bisogno di lui.
Un ringraziamento particolare a zia Pina, per la dolcezza e la saggezza con
cui mi è sempre stata accanto; alle mie cugine, amiche insostituibili; ai miei
colleghi di università, indimenticabili compagni d’avventura; e a tutte le persone
che hanno significato qualcosa nella mia vita e ne hanno segnato il corso.
10
Capitolo 1: La teoria economica del credito
Lo scopo principale di questo capitolo consiste nel dare un quadro di
riferimento concettuale e teorico all’attività economica del concedere credito. Si
vuole infatti spiegare l’esistenza di alcune importanti relazioni economiche. Nel
capitolo si affronteranno i problemi relativi ad alcuni concetti chiave:
informazione, contratti (completi e incompleti), costi di transazione, reputazione,
fiducia ed in modo particolare al ruolo delle asimmetrie informative intese come
ostacolo al funzionamento dei mercati di scambio. Si mostrerà, infatti, come le
modalità di transazione nel mercato di credito si fondino sulla riconoscibilità dei
soggetti coinvolti e quindi sull’individuazione di precise caratteristiche personali.
In particolare, si vedrà come l’economia dell’informazione tramite la teoria dei
contratti, fornisca un efficace e generale inquadramento concettuale per lo studio
dell’interazione sociale ed economica in presenza di asimmetrie informative.
Pertanto, se si vuole confrontare l’efficienza relativa delle istituzioni
finanziarie, ad esempio se si considera un sistema basato principalmente sui
mercati oppure sulle banche (come nel caso in questione), la teoria dei contratti
incompleti costituirà il paradigma corretto in cui inquadrare l’analisi.
A non-economist might well feel that
representing reality as distortion of a non-
existent and purely hypothetical perfection was
logically absurd; but one can scarcely deny the
power of much economic analysis conducted
from this point of view.
M. Chapman e P. Buckley
11
1.1 Informazione e teoria economica
Un inquadramento concettuale del ruolo strategico dell’informazione in
base alle elaborazioni della teoria economica non può prescindere dal riferirsi in
primo luogo all’approccio che sostanzialmente prescinde da tale ruolo: la teoria
dell’equilibrio economico generale neowalrasiano, sviluppata soprattutto nel corso
degli anni cinquanta e sessanta. Questo programma di ricerca costituisce
certamente un’imponente costruzione logico-formale, ma il suo contenuto
descrittivo è piuttosto scarso. In questi modelli, infatti, gli individui sono concepiti
come entità autonome ma incapaci di influenzare gli esiti sociali ed economici,
che interagiscono tra loro esclusivamente mediante il sistema dei prezzi.
Tuttavia, non è necessaria molta evidenza empirica per rendersi conto che il
mondo sociale è differente. D’altro canto, anche teoricamente questo paradigma
non tiene conto di una serie di aspetti considerati di fondamentale importanza per
comprendere il funzionamento del sistema economico: i problemi di
incentivazione tra soggetti coinvolti in progetti i cui esiti sono determinati da
fattori imperfettamente osservabili; le difficoltà di funzionamento dei mercati
quando l’informazione è distribuita asimmetricamente; i costi di transazione;
l’impossibilità di concorrenza perfetta a causa delle relazioni continuative tra
soggetti economici e conseguentemente della formazione di potenti istituzioni
finanziarie e industriali.
La teoria economica ha affrontato questo genere di problemi sviluppando
l’economia dell’informazione, ossia lo studio sistematico dei meccanismi,
impliciti o espliciti, che soprassiedono alla interazione tra individui forniti non
solo di dotazioni e gusti diversi, ma anche di differenti informazioni, capacità,
volontà, poteri di contrattazione. L’ipotesi principale su cui si fondano queste
riflessioni teoriche è che l’informazione sia dispersa tra gli agenti e di
conseguenza sia costoso acquistarla.
E’ importante notare che l’informazione è un bene particolare, che gli
economisti hanno definito semipubblico, giacché è possibile escludere
dall’usufruirne chi non paga - al contrario di quanto avviene per i beni c.d.
pubblici puri come la sicurezza o la difesa - ma il suo consumo non ne riduce
12
l’ammontare disponibile per il consumo degli altri, diversamente da quanto
avviene per i beni cosi detti privati come il cibo
1
. La disponibilità privata di
informazione ed il ruolo particolare che questa svolge nell’interazione socio-
economica tra agenti implica in primo luogo che ciascun soggetto è monopolista
nel “vendere” l’informazione a sua disposizione, minando quindi l’idea stessa di
concorrenza perfetta che sottende tutto il programma di ricerca walrasiano
2
.
Per ridurre la complessità dei tanti aspetti considerati, la teoria economica,
tramite la c.d. teoria dei contratti
3
, solitamente ricorre al “paradigma del
principale-agente”, in cui figurano due individui, ad uno solo dei quali viene
allocato tutto il potere di contrattazione, mentre i diversi aspetti che regolano lo
scambio tra i due, vengono definiti come “contratto” (esplicito o implicito,
formale o informale).
I modelli sviluppati in quest’ambito permettono di classificare le situazioni
di informazione asimmetrica in tre grandi categorie: i modelli di selezione avversa
(adverse selection) in cui una parte è imperfettamente informata sulle
caratteristiche della controparte e propone un contratto al soggetto con
informazione privata; i modelli di segnalazione (signalling) che hanno la
medesima struttura informativa, ma nei quali la parte con informazione privata
propone per prima il contratto; i modelli di comportamento opportunistico (moral
hazard) nei quali non è perfettamente osservabile il comportamento di uno dei
contraenti, mentre entrambi gli scambisti osservano l’esito dell’accordo.
La conclusione principale cui giunge questa letteratura è che lo scambio tra
parti asimmetricamente informate, solitamente è inefficiente se basato
esclusivamente sul prezzo e che, conseguentemente, esistono forti incentivi per lo
sviluppo endogeno di contratti più complessi rispetto al semplice scambio di un
bene ad un prezzo fissato, in modo da evitare almeno parzialmente i fallimenti del
mercato
4
. Il limite più vistoso di questa letteratura consiste allora nell’assumere
1
E’ interessante notare che questa caratteristica del bene informazione è al centro degli studi
teorici più recenti sulle caratteristiche delle new economy, si veda ad esempio C. Shapiro e H.
Varian, Information Rules, Boston, 1999.
2
Lo strumento logico principale usato per lo studio di questi problemi di interazione in presenza di
asimmetria informativa, è la teoria dei giochi: per una visione completa ed approfondita si veda
D. Fudenberg e J. Tirole, Game Theory, Cambridge, 1991.
3
Cfr. B. Salaniè, The Economics of Contracts, Cambridge, 1997.
4
Cfr. D. Kreps, A course in Microeconomic Theory, Princeton, 1990.
13
che non esistano costi nell’escogitare contratti per quanto complessi ed articolati.
Questo implica che una buona struttura di relazione prevederà come le parti
dovranno comportarsi in qualsivoglia possibile situazione, cioè si articolerà in
contratti completi, totalmente comprensivi di ogni possibile evenienza.
La letteratura economica più recente ha affrontato questi problemi
raffinando la teoria dei contratti incompleti, inquadramento concettuale per lo
studio dei problemi connessi al funzionamento delle istituzioni socioeconomiche
5
.
L’idea sottesa è la seguente: poiché le modalità di interazione non possono
prevedere cosa fare per ogni possibile evenienza, a fronte di avvenimenti non
previsti dal contratto, le parti devono ricontrattare le modalità di interazione
stesse, e l’esito di tale contrattazione dipenderà dalle modalità istituzionali in
essere ed in particolare dall’allocazione di potere di controllo che queste
prevedono.
La conclusione cui giunge tale approccio si contrappone vivamente a quanto
affermato dall’ipotesi di contratti completi: mentre in un mondo di contratti
perfettamente comprensivi, l’allocazione dei diritti decisionali e di autorità è
rilevante solo a fini distributivi ma non di selezione dell’esito sociale ed
economico, in un universo di contratti incompleti invece, le particolari forme
assunte dall’organizzazione dell’interazione sociale ed economica hanno
importanti implicazioni sul funzionamento del sistema economico e quindi sulla
sua efficienza.
La teoria dei contratti si collega chiaramente ad un’altra teoria altrettanto
importante, la teoria dei costi di transazione. La definizione più generale di costo
di transazione (o costo dell’interazione) deriva dal postulato che, per impegnarsi
in una transazione, gli individui devono percepire i termini dello scambio come
equi. L’equità rimanda, a sua volta, a quegli standard di reciprocità descritti come
universale prerequisito per l’azione collettiva, intendendo la reciprocità in termini
sia di stretta equivalenza del valore dei beni scambiati sia dell’obbligo
consensuale che crea.
5
La teoria dei contratti incompleti si sviluppa alla fine degli anni ottanta (si veda in particolare O.
Hart e J. Moore, Incomplete Contracts and Renegatiation, in “Econometrica”, 1998), ma
recentemente ha avuto significativi sviluppi ed applicazioni, ad esempio in J. Tirole, Incomplete
Contracts: Where Do We Stand?, in “Econometrica”, 1999.
14
I costi di transazione sono, dunque, essenzialmente costi informativi che
sorgono quando la natura dei beni scambiati è intrinsecamente ambigua e sussiste
la mancanza di fiducia tra le parti; per questo sono distinti in costi ex ante, di
identificazione, misurazione e negoziazione, e costi ex post, di controllo e di
esecuzione.
Il quesito fondamentale posto dalla teoria dei costi di transazione è il
seguente: perché le relazioni di scambio tra i vari soggetti sono organizzate in un
modo piuttosto che in un altro
6
? Il nucleo dell’economia transazionale risiede
nell’affermazione che a generare attriti nel meccanismo dello scambio, sia la
confluenza di fattori umani ed ambientali. Le dimensioni critiche che influiscono
sul modo in cui si forma una struttura di governo della transazione, sono
identificate in tre caratteristiche:
- a) l’incertezza, che può essere causata da eventi non prevedibili,
oppure da eventi che hanno a che fare con il comportamento
opportunistico delle parti;
- b) la frequenza e la ricorrenza della transazione stessa, che spinge ad
elaborare delle routine che sedimentano quanto è stato appreso
attraverso l’esperienza;
- c) la specificità delle risorse coinvolte per la realizzazione della
transazione
7
. Qualora vengano attivate risorse non generiche, non
fungibili per altre transazioni e in cui i costi siano irrecuperabili, il
rapporto di interdipendenza tra venditore ed acquirente tenderà a
trasformarsi in una relazione di scambio bilaterale di lungo periodo:
infatti almeno una delle due parti si troverà bloccata nella
transazione in modo rigido ed entrambe verranno ad essere non più
reciprocamente sostituibili con altri agenti.
Il caso più interessante dal nostro punto di vista è rappresentato da quella
particolare organizzazione che è la banca, in quanto impegnata in transazioni
marcatamente idiosincratiche e tendenzialmente ricorrenti. Idiosincratiche perché,
operando in condizioni di asimmetria informativa, la banca deve investire in
6
Cfr. M. Grillo e F. Silvia, Impresa, concorrenza, organizzazione, Roma, 1989.
7
Cfr. O. Williamson, The Economic Institution of Capitalism, New York, 1985.
15
risorse che permettano ogni volta di discriminare tra buoni e cattivi debitori.
Transazioni ricorrenti per almeno tre ragioni:
- a) l’informazione ottenuta in un dato momento può aiutare a valutare
il rischio connesso a prestiti successivi e quindi relazioni
continuative possono ridurre i costi nel tempo;
- b) la rescissione di un rapporto di debito-credito in essere può
convogliare verso le banche ricorrenti un’informazione negativa sul
rischio associato ai progetti del debitore;
- c) la minaccia di interrompere la linea di credito può fungere da
deterrente e indurre il debitore ad intraprendere investimenti più
sicuri
8
.
La banca è comunque disposta ad investire risorse nel vaglio del merito di
credito del cliente, nella valutazione dei progetti relativi a nuovi investimenti e
nell’operazione di monitoraggio sull’attività dell’impresa soltanto se conta di
ricavare un profitto. D’altro canto, la banca potrà conseguire profitti solo se
l’impresa mantiene per un certo periodo di tempo relazioni esclusive con la banca
stessa. La relazione di lungo periodo tra banca e impresa ed il monitoraggio
continuo della prima sulla seconda, stanno alla radice del vantaggio informativo
che la banca guadagna rispetto al mercato; di conseguenza sarà utile sottolineare il
diverso tipo di relazione che si instaura tra i soggetti di una transazione finanziaria
se si ricorre ad un intermediario finanziario, quale la banca, oppure al mercato.
Nel primo caso è coinvolto un numero ristretto di persone in un rapporto
personale, solitamente di lungo periodo, che consente una migliore valutazione
delle caratteristiche individuali, conoscenza privata dei soggetti (adverse
selection) ed una eventuale rinegoziazione dei termini della transazione al
sopravvenire di eventi imprevisti, cioè una maggiore flessibilità. La possibilità di
rinegoziare le modalità di relazione ha però due effetti contraddittori: da un lato
permette, come detto, alle parti di adeguarsi a nuovi eventi imprevisti; dall’altra,
riduce l’efficacia di sanzioni e minacce contro comportamenti opportunistici
perché crea un problema di inconsistenza intertemporale: sebbene ex ante possa
essere nell’interesse di entrambe le parti introdurre la minaccia di una sanzione
8
Cfr. R. Masera, Intermediari mercati e finanza di impresa, Bari, 1991.
16
(ad esempio la revoca immediata del prestito) a conseguenza di un
comportamento sleale, ex post al momento di implementare effettivamente la
minaccia può essere ancora nell’interesse comune rinunciare alla revoca del
credito, rinegoziando i termini del contratto, ma allora chiaramente la minaccia
iniziale perde qualsiasi valore incentivante. Nel caso di ricorso al mercato, al
contrario, sono coinvolte più persone in una relazione anonima riferita
essenzialmente solo ai prezzi e che implicitamente determina una maggiore
pressione competitiva sui soggetti e quindi un minor rischio di opportunismo
(moral hazard). E’ da notare che in questa eventualità risulta molto costoso
rinegoziare i termini dei contratti, in quanto l’operazione dovrebbe coinvolgere
molti operatori (il mercato). Nel contempo è importante rilevare che il ricorso al
mercato permette ai soggetti coinvolti di non concordare nelle loro valutazioni,
mentre un efficace ricorso agli intermediari finanziari richiede una maggiore
omogeneità di giudizi, più facilmente riscontrabile in ambienti ristretti e/o con
cultura condivisa, omofili per classe, educazione ed etnia.
In conclusione, dunque, mercati e intermediari finanziari sono istituzioni
che assolvono la stessa funzione ma con modalità differenti e diversi gradi di
successo in relazione alle caratteristiche dell’ambiente in cui sono inseriti. Quale
configurazione istituzionale finisca per prevalere è allora frutto di eventi
contingenti e quindi argomento di ricerca storica per eccellenza.
1.2 Il mercato del credito
E’ connaturato alle caratteristiche del mercato del credito che chi offre e chi
chiede fondi, abbiano gradi diversi di accesso all’informazione riguardo al rischio
del progetto che con quei fondi viene finanziato, «in particolare, le imprese che
chiedono finanziamenti conoscono le proprie capacità di rimborsare il debito
molto meglio dei creditori
9
».
Enfatizzando il fatto che differenze nel grado di accessibilità
all’informazione aprano la strada a potenziali fallimenti del meccanismo dello
9
Cfr. R. Tilly, La banca universale in prospettiva storica, in “Banca, Impresa, Società”, 1990.
17
scambio, la teoria economica più recente ha portato avanti l’indagine sulle cause e
sulle implicazioni dell’esistenza di sistemi alternativi di finanza di impresa,
identificandoli in base alla modalità in cui l’informazione è raccolta ed elaborata.
Il riferimento più immediato è il noto articolo di Akerlof
10
sul mercato delle auto
usate (pionieristico tentativo di modellare il meccanismo di selezione avversa), in
cui si argomenta che, laddove esistano asimmetrie informative, i mercati ad asta
possano finire per incepparsi.
L’economia dell’informazione offre una stilizzazione del mercato del
credito, definito come “mercato del cliente” in contrapposizione ai “mercati ad
asta”, che possiamo esporre come segue. Gli agenti scambiano una merce di tipo
non omogeneo, ossia una promessa di pagamento. Pertanto, lo scambio non
avviene simultaneamente in quanto la promessa di pagamento viene scambiata nel
futuro a fronte di un pagamento offerto in un dato momento. Inoltre non è
anonimo: poiché le promesse di una persona non sono uguali a quelle di un’altra,
l’identità dei contraenti diviene in questo caso rilevante ed il prezzo della merce,
rappresentato dal tasso d’interesse, non contiene tutte le informazioni necessarie
per la valutazione dell’oggetto di scambio. Poiché il tasso d’interesse indica
soltanto quanto l’individuo promette di ripagare e non quanto effettivamente
ripagherà, esso non è l’unica dimensione del contratto di credito. Oltre al prezzo,
esiste anche un’altra dimensione dello scambio, ossia l’incertezza riguardante la
capacità e/o la volontà del debitore di onorare i suoi impegni. E’ importante notare
che tali caratteristiche individuali, capacità e volontà, sono informazione privata
del debitore e, quindi, non osservabili, mentre le decisioni delle parti che
scambiano, devono basarsi su aspetti mutuamente riconoscibili: ad esempio
relazioni familiari, amicali, etniche o connotate rispetto al genere
11
.
Al contrario, nel mercato standard o “mercato ad asta” modellato dalla
teoria neowalrasiana, gli agenti scambiano una merce omogenea, il cui insieme di
caratteristiche è generalmente conosciuto sia dal venditore che dall’acquirente,
quindi si assume che tutte le informazioni rilevanti per gli scambisti possano
essere sintetizzate dal segnale di prezzo: non ponendosi problemi di asimmetria, il
10
Cfr. G. Akerlof, The Market for Lemons, Quality, Uncertainty and the Market Mechanism, in
“Quarterly Journal of Economics”, 1970.
11
Cfr. V. Zamagni, Introduction, in Finance and the Enterprise, London, 1992.
18
prezzo svolge unicamente il ruolo di valore di scambio, risultando così anonimo,
nel senso che non dipende dall’identità dei contraenti
12
.
Ridurre l’incertezza presente in ogni investimento non significa altro che
produrre nuova informazione: generarla, farla circolare, usarla. I problemi di tipo
informativo che la banca fronteggia, sono dunque peculiarmente due: a) quello di
accertarsi del merito di credito di coloro cui presta fondi; b) quello di convincere
del proprio merito di credito coloro da cui ottiene fondi. Come questi problemi
informativi interagiscano e quali principi vengano selezionati nel disegnare una
politica aziendale piuttosto che un’altra, costituisce materia prima per un intero
sentiero di ricerca sulla banca in prospettiva storica. Tuttavia, ciò che in
particolare si vuole mettere in evidenza è che nel mercato di credito la relazione
tra due partner è stretta ed altamente personale e che, conseguentemente, esistono
importanti vantaggi per entrambe le parti nel mantenere un rapporto continuativo
nel tempo. Un rapporto siffatto è tipico della banca in quanto non è altro che un
intermediario finanziario tra chi presta e chi prende a prestito e potrebbe
rappresentare la soluzione dinamica ai problemi posti dall’esistenza di asimmetrie
informative.
L’esistenza di asimmetrie informative rende, infatti, inefficace l’operare del
tasso d’interesse come strumento di discriminazione tra buoni e cattivi e progetti
di investimento in base al rischio associato a ciascun progetto. L’asimmetria
informativa porta con sé anche un’asimmetria di incentivi attraverso l’operare
congiunto dei meccanismi noti come adverse selection e moral hazard
13
. Il tasso
d’interesse che una banca applica, può influenzare sia la selezione che il
comportamento delle imprese che fanno richiesta di prestiti. Interessi più alti
tendono infatti: ex ante, a richiamare i clienti con i progetti di investimento più
rischiosi (effetto di adverse selection); ex post, a modificare il comportamento di
chi ha ottenuto il credito spingendolo verso progetti più rischiosi di quelli che
sarebbero stati altrimenti intrapresi (effetto di moral hazard). Ne consegue che i
progetti di investimento che promettono di ripagare i tassi più alti non sono
necessariamente quelli il cui rendimento atteso è più elevato.
12
Cfr. S. Zamagni, Economia politica. Corso di microeconomia, Bologna, 1990.
13
Sui meccanismi di adverse selection e moral hazard in generale cfr. P. Milgrom e J. Roberts,
Economics and Management, London-New York, 1992.