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Introduzione
INTRODUZIONE
Lo studio della stabilità di un versante o di un fronte di scavo in roccia comporta
innanzitutto la definizione di un modello geomeccanico in grado di descrivere
compiutamente sia le modalità di manifestarsi che le cause delle potenziali
instabilità, in termini di cinematismi e di azioni instabilizzanti, sia i meccanismi di
resistenza intrinseci del materiale coinvolto, in grado di contrastare la perdita di
equilibrio statico.
In altre parole, per ogni potenziale cinematismo occorre definire le azioni e le
resistenze in gioco per analizzare, prevedere ed eventualmente prevenire e
contrastare la perdita di stabilità.
A tal fine un ammasso roccioso può essere definito come un insieme di blocchi
isolati di matrice rocciosa aventi geometria individuata dalle discontinuità di
diverso tipo che li separano.
La matrice rocciosa si può definire come la porzione di materiale roccia, o roccia
intatta, che costituisce i blocchi separati dalle discontinuità.
La discontinuità è invece un qualunque piano di origine meccanica o sedimentaria
che isola o separa i blocchi di matrice rocciosa.
Il considerare la matrice rocciosa, oppure le discontinuità, oppure l’ammasso nella
sua globalità dipende dalla scala del problema da affrontare. Se il volume di
ammasso roccioso significativo nell’ambito del problema di stabilità considerato è
esteso, ad esempio se si analizza un intero versante, il suo comportamento è
governato dall’insieme combinato dei giunti e della matrice. Invece a scale un po’
più piccole nella valutazione della stabilità può assumere maggiore significato la
presenza dei giunti. Ad una scala ancora più piccola, come può essere quella del
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Introduzione
piede del gradone, si può ritenere effettivamente significativo lo stesso materiale
roccia.
Si noti che la stessa matrice rocciosa è pervasa da discontinuità (ad esempio
scistosità, foliazione, clivaggio) presenti già alla scala del campione roccioso.
Si può senz’altro affermare che la resistenza del volume di roccia considerato
diminuisce all’aumentare della dimensione del volume medesimo proprio a causa
della presenza delle discontinuità.
Per indagare le capacità dell’ammasso di opporsi alle potenziali instabilità è
necessario definire le seguenti grandezze:
- la resistenza del materiale roccia;
- la resistenza dell’ammasso roccioso;
- la resistenza delle discontinuità.
Tali grandezze verranno descritte nel capitolo 1 perché facenti parte dei cenni
della meccanica delle rocce.
Passando al problema specifico dei pendii in roccia, la definizione temporale e
spaziale delle possibili instabilità risulta difficile da effettuarsi sulla base dei
metodi meccanici. Ciò a causa della difficoltà di avere informazioni dettagliate
sulle caratteristiche di resistenza, sulla geometria delle discontinuità e sulla entità
dei fattori scatenanti, quali le pressioni idrauliche.
Per questo motivo si fa molte volte riferimento ai cosiddetti metodi empirici che
permettono di valutare la stabilità di un pendio sulla base di informazioni più
qualitative.
Nel presente lavoro si fa riferimento alla classificazione di Romana,
specificatamente sviluppata per l’analisi dei pendii in roccia. Dopo una
descrizione della metodologia (cap. 4) si passa all’applicazione del metodo di
Romana al sito della Val D’ossola.
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Capitolo 1 Meccanica delle rocce
CAPITOLO 1
MECCANICA DELLE ROCCE
1.1 Resistenza del materiale roccia
La resistenza del materiale roccia si determina indagando il comportamento a
rottura di un provino di roccia in laboratorio. Le prove di uso più comune sono:
carico puntuale (Point Load Test);
compressione semplice;
trazione indiretta (Brasiliana);
compressione triassiale.
La finalità delle prove è quella di determinare il criterio di rottura (funzione di
plasticità) del materiale roccia, cioè le espressioni analitiche che consentono di
rappresentare la resistenza del materiale in funzione degli sforzi applicati e delle
sue proprietà intrinseche, per permettere una previsione di quando e come avviene
la rottura.
1.1.1 Criterio di rottura di Mohr-Coulomb
Esprime la relazione tra gli sforzi normali e tangenziali che agiscono al momento
della rottura attraverso una funzione lineare tra i parametri di resistenza al taglio
del materiale, coesione c e angolo di resistenza al taglio φ:
τ = c + σn tgφ
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Capitolo 1 Meccanica delle rocce
La funzione viene individuata attraverso un inviluppo rettilineo degli stati di
sforzo a rottura rappresentati nel piano τ-σ, o, in funzione degli sforzi principali,
nel piano σ1 - σ3.
In questo caso (fig. 1) il modello mette in relazione gli sforzi principali con
l’angolo φ e la resistenza a compressione monoassiale della matrice.
Dove:
σ
c
= resistenza a compressione monoassiale della matrice
σ
c
= 2c {(1+senφ)/(1-senφ)}
0.5
= 2c Kp
0.5
σ
1
e σ
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= sforzi principali massimi e minimi a rottura
φ = angolo di resistenza al taglio
Kp = tg (45+φ/2)
2
Figura 1 – Criterio di rottura Mohr-Coulomb
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Capitolo 1 Meccanica delle rocce
E’ un criterio semplice ma poco realistico poiché l’inviluppo a rottura è
palesemente curvilineo. La resistenza, infatti, aumenta meno con l’incremento
della pressione normale di confinamento rispetto a quanto ci si aspetterebbe con
una legge lineare. Ciò può comportare errori nella definizione della resistenza
all’esterno del campo tensionale per il quale sono disponibili risultati delle prove
di laboratorio.
Nelle analisi di stabilità la resistenza del materiale roccia viene utilizzata solo in
casi specifici, quando, di fatto, corrisponde alla resistenza d’ammasso. Questa
condizione si verifica nel caso delle rocce tenere, ad esempio, dove le
discontinuità sono poco influenti, oppure nei casi in cui le discontinuità sono
significative anche alla scala del campione di laboratorio, come nelle rocce a
tessitura finemente scistosa. Oppure quando la porzione di ammasso considerata
non è affetta da discontinuità sia per la sua ottima qualità sia per la ridotta scala
del problema (verifiche di stabilità locali).
1.2 Resistenza di ammasso
Quando l’ammasso roccioso è molto fratturato per la presenza di più sistemi di
discontinuità, che lo scompongono in blocchi, in termini di resistenza si valuta
un comportamento globale dell’ammasso. Per le dimensioni e le collocazioni
del volume significativo dell’ammasso, non è possibile, evidentemente,
realizzare prove in situ o in laboratorio, che forniscano dati rappresentativi del
comportamento globale. Si ricorre allora a:
metodi indiretti basati su indici di qualità (classificazioni
geomeccaniche);
metodi empirici con ricorso a ipotesi sul ruolo delle discontinuità;
modelli matematici basati su back analysis.
Gli indici di qualità derivanti dalle classificazioni geomeccaniche permettono una
stima approssimata del comportamento dell’ammasso. Per alcuni di essi vengono
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Capitolo 1 Meccanica delle rocce
fornite correlazioni tra classi di qualità degli ammassi rocciosi e relativi parametri
di resistenza (coesione c e angolo di resistenza al taglio ).
I metodi empirici si fondano su criteri di rottura che permettono di valutare la
resistenza di un ammasso roccioso in funzione dello stato di sforzo, dalle
proprietà del materiale roccia che costituisce i singoli blocchi dell’ammasso e
dell’influenza delle discontinuità sul comportamento dell’ammasso.
I metodi basati su back analysis permettono di valutare la resistenza dell’ammasso
roccioso tramite la modellazione numerica di un fenomeno reale, di cui sono note
le condizioni intrinseche e al contorno (stratigrafia, spessore, presenza di acqua,
ecc.) e il cinematismo (tipologia della rottura, superficie di scivolamento, ecc).
Parleremo più approfonditamente di indici di qualità e classificazioni
geomeccaniche nel capitolo 3.
1.3 Resistenza al taglio delle discontinuità
I piani di discontinuità presenti all’interno di un ammasso roccioso possono
condizionarne in modo sostanziale le sue proprietà e le sue caratteristiche di
resistenza, al punto che, negli ammassi rocciosi caratterizzati da piani di
debolezza preferenziali isoorientati, la resistenza che governa il comportamento
dell’ammasso nell’ambito della stabilità è quella intrinseca dei piani di
discontinuità. La resistenza al taglio delle discontinuità è determinabile con prove
di taglio in situ o in laboratorio, oppure può essere stimata con metodi empirici
che si basano sul rilevamento geomeccanico delle famiglie di discontinuità
presenti in un ammasso roccioso, cioè sulla descrizione delle loro caratteristiche
fisiche e geometriche come, ad esempio, secondo lo standard procedurale indicato
dalla ISRM (1978). La descrizione delle differenti famiglie di discontinuità deve
essere sistematica e deve includere i seguenti parametri:
orientazione
spaziatura
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Capitolo 1 Meccanica delle rocce
persistenza
rugosità e ondulazione
apertura
riempimento
resistenza a compressione superficiale delle pareti del giunto
dimensione dei blocchi
condizione di umidità e grado di alterazione
A partire da tali dati sono stati introdotti criteri empirici, lineari e curvilinei, per
valutare il comportamento meccanico delle discontinuità. In tutti i casi è
considerata nulla la resistenza a trazione.
Il criterio empirico più noto e utilizzato per la determinazione della resistenza al
taglio delle discontinuità è il criterio di Barton e Choubey (1977) che è un criterio
empirico che tiene conto della rugosità, della discontinuità e della resistenza di
parete.
1.3.1 Criterio di Barton e Choubey (1977)
Per questo criterio si definisce unicamente una resistenza di tipo attritivo che
dipende da tre fattori:
un fattore “frizionale” rappresentato dall’angolo di attrito di base φ
b
un fattore “geometrico” rappresentato dal coefficiente JRC (fig. 2)
un fattore che indica la resistenza della parete del giunto, dato dal rapporto
JCS/σ
n
.