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INTRODUZIONE
La valutazione di un’azienda consiste in un processo finalizzato alla stima del suo
valore tramite l’utilizzo di uno o più metodi specifici. Essa, pertanto, rappresenta un tema
centrale nell’ambito delle discipline aziendali e ha da sempre suscitato grande interesse
nel mondo professionale e in quello accademico, tenuto conto dei sui rilevanti risvolti
pratici e teorici.
Diversi sono i metodi che possono essere utilizzati per la valutazione di un’azienda
in funzionamento: da un lato i metodi assoluti, che prediligono un approccio fondato sui
flussi (di cassa o di reddito) o su grandezze stock; dall’altro, i metodi relativi, che deter-
minano il valore dell’impresa sulla base dei prez zi espressi dal mercato.
Il presente lavoro si pone l’obiettivo di ridimensionare l’assunto secondo cui non
esisterebbe in assoluto un metodo di valutazione migliore degli altri, provando ad
evidenziare quegli elementi che rendono i metodi finanziari, e il Discounted Cash Flow in
particolare, capaci di offrire maggiori garanzie di risultato e di porsi, così, un gradino
sopra gli altri.
In particolare, nel Capitolo I, dopo alcuni cenni sulla valutazione e sull’oggetto
della stessa - il valore economico del capitale -, si procede con una breve disamina delle
metodologie di valutazione attualmente più conosciute, mettendo in risalto per ciascuna di
esse la logica di fondo.
Nel Capitolo II si dà ampio spazio al metodo finanziario del Discounted Cash Flow:
vengono dapprima messe in evidenza le caratteristiche che lo rendono preferibile agli altri
metodi; quindi si procede ad illustrarne gli elementi fondamentali, dai flussi di cassa attesi
al terminal value, passando per una attenta analisi dei tassi di attualizzazione. Questo
senza mai perdere di vista quegli aspetti che fanno di tale metodo lo strumento di
valutazione per eccellenza.
Il Capitolo III è dedicato alla trattazione di un caso aziendale al fine di avvalorare
quanto affermato nei capitoli precedenti. In particolare, viene preso in esame un gruppo
leader nel settore delle costruzioni, il Gruppo ASTALDI, partendo da una breve
panoramica sullo stesso e operando quindi una valutazione mediante l’applicazione del
Discounted Cash Flow, del Metodo Reddituale e quello dei Multipli di mercato. Si
conclude con una riflessione sui risultati ottenuti.
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CAPITOLO 1
LOGICA E METODI DI VALUTAZIONE
1.1. Introduzione alla valutazione d’azienda
Quello della misurazione del valore delle imprese è un problema che viene da
lontano ma che soltanto di recente ha acquistato notevole importanza. Da qualche decen-
nio, infatti, a fronte di un forte dinamismo della realtà aziendale, il tema è divenuto una
componente imprescindibile nel bagaglio delle conoscenze di imprenditori, manager,
operatori finanziari, consulenti, professionisti e di tutti coloro che, a vario titolo, si
occupano di Economia aziendale.
Per comprendere l’importanza del la valutazione aziendale e, quindi, del crescente
interesse che l’accompagna, basta guardare agli ambiti operativi nei quali risulta indi -
spensabile. Il primo che merita di essere richiamato, non fosse perché è l’ambito
tradizionale, è quello delle strategie di sviluppo, di integrazione e di ristrutturazione.
A tale ambito vengono ricondotte le operazioni di finanza straordinaria, le operazioni di
Merger & Acquisition, di leveraged buyout, di management buyout, di turnaround e le
quotazioni in Borsa. Si tratta di operazioni di carattere eccezionale, sia per la frequenza
di manifestazione, sia per i risvolti strutturali, strategici e operativi che interessano le
imprese coinvolte. In questi casi l’attribuzione di un valore all’impresa, quanto più
possibile adeguato, è fondamentale per due ordini di motivi. In primo luogo, per
tutelare gli interessi di tutti gli stakeholders coinvolti nelle sorti della realtà aziendale,
su tutti gli azionisti di minoranza
1
; in seconda analisi, per avere un riferimento impor-
tante nella definizione del valore di scambio delle realtà oggetto di transazione, ed
evitare così di incorrere in fenomeni poco auspicabili come, ad esempio, acquisizioni a
prezzi eccessivi, cessioni a condizioni inadeguate o tentativi di scalata. In particolare,
nel contesto di un’operazione di quotazione in Borsa (IPO)
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la stima del capitale
dell’impresa contribuisce al processo di pricing dei titoli della società quotanda, mentre ai
fini della realizzazione di operazioni di Mergers & Acquisitions può rappresentare uno
strumento di analisi preliminare sull’opportunità dell’operazione .
1
E’ il caso, ad esempio, delle operazioni di f usione, dove il rapporto di cambio viene def inito in relazione al
valore del capitale delle società partecipanti all’operazione e da cui dipende la misura in cui i soci di
ciascuna delle società prenderanno parte al complesso risultante dalla procedura.
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L’acronimo IPO sta per Initial Public Offering, ovvero Offerta Pubblica Iniziale in un processo di
quotazione in Borsa.
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Un ulteriore ambito nel quale la valutazione ha, di recente, fatto la propria comparsa
è quello della formazione del bilancio. C on l’adozione dei nuovi principi contabili
internazionali (IAS/IFRS), che hanno determinato la sostituzione dello storico principio
del costo con il concetto di fair value,
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un numero sempre maggiore di professionisti
della contabilità è chiamato a misurarsi con i processi di valutazione per rispondere al
necessario adeguamento dei valori contabili a quelli di mercato. Questo passaggio è
dipeso, sostanzialmente, da una serie di problematiche: dall’accresciuto peso degli
intangibles nell’attivo azien dale, all’ impairment test,
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alla valutazione delle perdite
durevoli sulle partecipazioni, nonché alla necessità di rendere comparabili i risultati dei
bilanci in un’epo ca di forte sviluppo dei mercati finanziari.
L’ultimo, ma non meno importante, ambito cu i è legata la misura del valore riman-
da all’obiettivo finale della gestione aziendale, ossia alla creazione del valore. Anni di
dibattito hanno portato gli studiosi a ritenere che un’azienda per sopravvivere e crescere
nel tempo debba essere in grado di creare qualcosa che abbia un “valore” per i suoi
interlocutori.
5
Proprio in virtù di tale obiettivo, è maturata la convinzione che l’azienda
deve costantemente verificare se e in che misura le strategie messe in atto contribuisco-
no alla crescita del proprio valore. Al riguardo, Guatri scrive: “Nasce così l’idea che
l’impresa debba periodicamente «valutare se stessa», in quanto solo la dinamica del
valore rappresenta un’efficace misura della sua performance ”.
6
Questa ulteriore inter-
pretazione del valore quale strumento di autodiagnosi e di orientamento strategico-
gestionale risulta utile, in alcuni casi, anche per il calcolo della retribuzione dei
manager. Nelle public company,
7
ad esempio, dove c’è separazione tra proprietà e
controllo, la retribuzione del management è legata alle performance fatte registrare e,
quindi, in ultima analisi, al valore creato dalla gestione.
La valutazione dell’azienda viene, in definitiva , effettuata in un ampio ventaglio di
operazioni, prevalentemente di finanza straordinaria, ed è destinata a ricoprire in futuro
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Il concetto di fair value trova la sua fonte più autorevole nello IAS 32, dove viene definito come “ il
corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e
disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti”.
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Impairment test è una procedura, disciplinata dallo IAS 36, volta ad accertare se un’attività abbia subito o
meno una riduzione di valore. Tale esame avviene mediante il confronto del valore contabile con il valore
recuperabile calcolato come il maggiore tra il fair value e il valore d’uso.
5
L’approccio al valore, seppur con diverse peculiarità, trova particolare enfasi nello Shareholder Value
Approach e nella Teoria di Creazione del Valore, i modelli teorici di riferimento.
6
Guatri L., Bini M., Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005, op. cit., pag. 7.
7
Con il termine public company si fa riferimento a quelle società quotate ad azionariato diffuso in cui la
forte f rammentazione del capitale azionario f a sì che nessun azionista abbia azioni suff icienti a governare
l’impresa. Di qui, la delega della gestione dell’impresa a professionisti (manager) all’uopo nominati.
6
un ruolo sempre più centrale in conseguenza della crescente sensibilità rivolta alle te-
matiche della creazione e della gestione del valore. E’ opinione comune, infatti, che i
risultati contabili d’eserc izio sono insufficienti e inadeguati a stimare il valore del-
l’azienda. Le ragioni di tale discredito sono da ricondurre , secondo Guatri
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, a vari
fattori come:
le regole giuridico-formali che condizionano i risultati di bilancio;
le politiche di bilancio utilizzate per compiacere le varie categorie di stakeholders
a discapito della neutralità;
la scarsa considerazione riservata fino ad oggi al valore degli intangibili;
il fatto che i risultati di bilancio sono da sempre orientati al passato trascurando,
così, le variazioni dei rischi che gravano sull’impresa e sui suoi flussi attesi.
Il processo di valutazione dell’azienda ri uscirebbe invece a quantificare, con buona
approssimazione, il valore intrinseco delle imprese in normali condizioni di fun-
zionamento, valore che non emerge dai documenti di bilancio ma si estende fino a
considerare le potenzialità dell’impresa e ad assumere i tratti di valore “potenziale”.
Occorre, tuttavia, tener presente che la valutazione d’azienda pone importanti
questioni nella pratica professionale. Il metodo prescelto dal valutatore, infatti, non si
esaurisce nella semplice applicazione di una formula matematica, ma è la sintesi di un
complesso processo di stima che richiede un’ adeguata conoscenza della realtà oggetto
di valutazione, delle sue logiche di funzionamento, delle strategie, nonché del settore e
del sistema economico in cui opera. “E’ pura illusio ne l’idea che l’applicazione di poche
formule a grandezze non adeguatamente elaborate, analizzate e ponderate significhi
valutare un’impresa. Per queste considerazioni il processo valutat ivo diventa spesso una
visione di sintesi di molti aspetti e problemi dell’impresa.”
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Parafrasando le parole di
Guatri, la criticità del processo di valutazione sta proprio nella necessità, da parte del
valutatore, di sintetizzare le caratteristiche qualitative e quantitative dell’impresa in
un unico valore (stand alone value). Tutte le ipotesi, gli assunti e gli scenari che pre-
cedono la stima del valore, evidenziano l’elevato livello di soggettività implicito nel
processo.
10
Per cui, appare sciocco immaginare di poter pervenire ad una stima puntuale e
obiettiva del valore di un’azienda ; l’idea è invece quella di definire in modo razionale,
8
Guatri L., Bini M., La valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2007, cit., pag. 7.
9
Guatri L., Bini M., Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2005, cit., pag. 8.
10
“The models that we us e in valuation may be quantitative, but the inputs leave pl enty of room for
subjective judgments. Thus, the final value that we obtain from these models is colored by
the bias that we bring into the process. Damodaran. A., Investment Valuation, op. cit., pag. 7.
7
con l’aiuto di una solida base informativa e di un’attenta analisi fondamentale, un
intervallo di valori attendibili e dimostrabili.
1.2. Il concetto di valore economico del capitale.
Per determinare il valore di un’azienda occorre partire dalla consapevolezza che la
stessa non è un semplice aggregato di fattori, ma rappresenta un sistema nuovo, orga-
nizzato e complesso, in grado di operare e perdurare nel tempo grazie all’interconnes -
sione degli elementi che la compongono. E’ evidente allora che il processo di valutazione
non può esaurirsi nella mera determinazione del valore di ogni singolo bene, ma deve
necessariamente essere orientato al valore intrinseco dell’azienda considerata nella sua
interezza, ovvero il valore del capitale economico.
Sebbene diversi Autori si siano espressi su questo tema,
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la teorizzazione del
concetto di capitale economico si deve a Gino Zappa, il quale, già a metà del secolo
scorso, scriveva: “il capitale economico non è un fondo di valori diversi sebbene
coordinati ma è un valore unico, risultante dalla capitalizzazione dei redditi futuri” .
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Da tale definizione emerge con chiarezza l’inscindibile relazione esistente tra reddito
e capitale, dove il primo ha natura di valore originario mentre il secondo di valore
derivato. Da questo punto di vista, infatti, l’azienda viene osservata come un sistema
unitario preordinato alla realizzazione di rendimenti economici prospettici e il capitale
assume il significato di valore attribuibile all’azienda in relazione alla sua capacità di
remunerare l’investitore.
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In sostanza, quanto maggiore risulta la capacità di un’azienda
di produrre redditi futuri, tanto maggiore sarà il valore acquisito dal capitale.
L’evoluzione degli studi in materia di valutazioni ha, tuttavia, portato a una
rivisitazione del pensiero di Zappa, per cui il valore del capitale economico sarebbe
“funzione della capacità dell’impresa di generare, in senso lato, flussi di cassa, siano
essi di natura reddituale o finanziaria.”
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Alla base di tale assunto, vi è la convinzione
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La rassegna è ampia, su tutti si vedano: Ferrero G. La valutazione economi ca del capital e d’impr esa ,
Giuffrè, Milano, 1966.; Zanda G., Lacchini M., Onesti T., La valutazione delle aziende, Giappichelli,
Torino, 1992; Onida P., Economia d’azi enda, II ed., Utet, Torino, 1965.
12
Zappa G., Il reddito d’impresa, 1950, cit. pag. 81.
13
Giovanni Ferrero, sulla stessa linea di pensiero, afferma che il valore di un’azienda “è desumibile dal
processo di valutazione economica del capitale d’impresa in funzione delle prospettive di redditività della
gestione medesima.”, La valutazione del capitale di bilancio, Giuffrè, Milano, 1995, op. cit. pag. 3.
14
Pace R., Manelli A., Finanza di impresa. Analisi e metodi, ISEDI, Torino, 2009, pag. 512.