10
economico il fulcro di detta operazione è l’utilizzo del patrimonio, o comunque dei flussi di
cassa dell’impresa acquistata, per finanziare l’acquisizione stessa, cosicché, all’esito
dell’operazione, la società target avrà un indebitamento maggiore rispetto a quello che le era
proprio prima di detta operazione. I debiti contratti per acquisire il controllo della società
target, infatti, una volta traslati sul suo patrimonio per effetto della fusione, assumeranno una
carattere “anomalo” che li distinguerà dagli altri debiti oggetto di traslazione (
2
).
Sotto il profilo giuridico, detta operazione risulta caratterizzata da due fasi principali: una
prima fase, nella quale si procede all’acquisto della società target; ed una seconda, connotata
solitamente dalla fusione tra l’acquirente e la società bersaglio, con conseguente unificazione
dei due patrimoni (
3
).
Sotto il profilo lessicale leveraged buy out sta appunto a significare “acquisizione attraverso
debito”: l’espressione buy out deriva dal fatto che il leveraged buy out è l’evoluzione di un
fenomeno, sviluppatosi negli Stati Uniti negli anni settanta, cosiddetto di “going private”,
consistente nella sottrazione al mercato di azioni diffuse tra il pubblico, cioè di azioni di una
public company, per concentrarle nelle mani di un unico o pochi possessori (
4
).
1.1.1 LA COSTITUZIONE DELLA NEWCO E L’EROGAZIONE DEL
FINANZIAMENTO
La prima fase dell’operazione di leveraged buy out consiste solitamente (
5
) nella costituzione
di una nuova società (newco), la quale avrà come unico scopo quello di procedere
all’acquisizione del controllo della società target. E’ opportuno precisare che la newco è e
rimane una “scatola vuota”, una società priva di assets, nella quale il capitale di rischio
apportato dai soci è ridotto al minimo, in quanto l’intera operazione sarà realizzata attraverso
il finanziamento erogato solitamente da un istituto di credito (
6
).
2
Cfr. M.S. SPOLIDORO, 2004, Fusioni pericolose (merger leveraged buy out), in Rivista delle Società, Milano:
Giuffrè, n. 49, vol. I, p. 233
3
Si veda in proposito A. MORANO, 2003, (n. 1), p. 952.
4
Si veda in proposito P. MONTALENTI, 2004, Il leveraged buy out, (n. 1), p. 794, il quale richiama nella nota 2
A. BORDEN, 1974, Going Private – Old Tort, new tort o no tort?, in N.Y U.L. Review, p. 1039
5
E’ ovviamente possibile che sia una società già esistente ed operativa a procedere all’acquisizione di target
attraverso indebitamento.
6
Cfr. L.G. PICONE, 2001, Orientamenti giurisprudenziali e profili operativi del leveraged buy out, Milano:
Giuffrè, p. 10-11; E. ADDUCCI, R. SPARANO, 2006, I profili legali dell’operazione di MLBO, Matelica (MC):
11
La fase successiva è rappresentata dalla stipulazione di uno o più contratti di finanziamento:
detto finanziamento verrà utilizzato per il pagamento del corrispettivo relativo all’acquisto
delle azioni di target. Si tratta dunque di un contratto di mutuo di scopo: l’utilizzo delle
somme per altri fini costituirà inadempienza del debitore agli obblighi assunti con il
finanziatore (
7
). Il prestito potrà essere erogato alternativamente: mediante un unico
finanziamento a medio-lungo termine (solitamente in questo caso, in vista della fusione tra
newco e target, nel contratto di finanziamento viene inserita una clausola con cui il
finanziatore dà il suo consenso preventivo all’operazione, essendo un creditore legittimato a
fare opposizione) (
8
); ovvero attraverso un finanziamento a breve termine (normalmente un
anno), che consentirà a newco di acquisire le quote di target e che verrà poi rimborsato,
contraendo un nuovo finanziamento a medio-lungo termine, che verrà erogato a seguito della
fusione tra target e newco. Questa seconda modalità si è venuta affermando nella prassi a
seguito delle critiche avanzate da quella corrente dottrinale (
9
), supportata anche da alcune
pronunce della giurisprudenza (
10
), che ha espresso non poche perplessità in merito alla liceità
delle operazioni di leveraged buy out. In particolare, vi era il timore che esplicitando tutti i
passaggi dell’operazione (acquisizione, fusione, costituzione delle garanzie) in un’unica fase,
si incrementasse il rischio di evidenziare il “disegno unitario” dell’acquirente: in quest’ottica
risulterebbe non solo comprovata la volontà dell’acquirente di traslare sul patrimonio della
società target i debiti contatti per la sua acquisizione, ma altresì ciò fosse stato noti ai
soggetti finanziatori (
11
). Precedentemente alla riforma, infatti, la dottrina era nettamente
divisa sulla liceità o meno del leveraged buy out nel nostro ordinamento: secondo una
corrente di pensiero la struttura così disegnata (fusione con acquisizione a seguito di
indebitamento) avrebbe indirettamente violato il divieto di assistenza finanziaria di cui all’art.
Halley Ed., p. 18, dove gli Autori aggiungono anche che “solitamente la parte di debito utilizzata
nell’operazione ammonta ad un 70-75 %, che proviene da finanziamenti di Istituti di crediti o anche, in parte, da
soci nuovi e/o vecchi delle due compagini sociali, mentre la parte restante è rappresentata da conferimenti in
denaro dei soci”;
7
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 11-12; E. ADDUCCI, R. SPARANO, 2006, (n. 6), p. 31-32 i quali fanno
inoltre notare che “questa lettura sembra uniformarsi al dettato dell’art. 2501 bis c.c. Si pensi, al riguardo, alla
descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere”, di cui si dirà in seguito, “con l’operazione che deve
essere contenuta nella relazione predisposta dall’organo amministrativo.”
8
Cfr. E. ADDUCCI, R. SPARANO, 2006, (n.6), p. 32
9
In argomento vedi capitolo 4 § 3
10
In argomento vedi ad esempio capitolo 3 § 2.2
11
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 13
12
2358 c.c. (
12
), concretizzando un negozio in frode alla legge ex art. 1344 c.c.; secondo un’altra
corrente di pensiero, invece, l’operazione sarebbe stata lecita in quanto non vi si sarebbero
ravvisati i caratteri della frode alla legge, volti a raggirare il divieto di assistenza finanziaria
(
13
).
Nella prassi si sono dunque elaborati dei diversivi per rendere più difficile la lettura unitaria di
tutti gli atti che compongono l’operazione di leveraged buy out (
14
): al fine di scollegare tra
loro le varie fasi dell’operazione, la pratica ha dunque messo a punto il sistema dei due
finanziamenti, scomponendo l’operazione in due fasi giuridicamente distinte. Mediante il
primo finanziamento (definito junior loan o finanziamento ponte) a durata medio-breve,
solitamente non accompagnato da garanzie, se non da pegno, sulle azioni della target, la
newco procede all’acquisizione delle azioni di target; successivamente alla fusione, la società
risultante contrae un secondo finanziamento (senior loan) di durata medio- lunga, che servirà
ad estinguere il primo, il quale sarà invece accompagnato da garanzie reali sul patrimonio già
appartenuto alla società target.
1.1.2 L’ACQUISIZIONE DELLA TARGET E LA SUCCESSIVA FUSIONE
A questo punto, utilizzando le somme conferite a titolo di capitale e quelle ricevute dai
finanziatori, la newco procederà all’acquisizione della target, pagandone il prezzo.
Successivamente, a seguito dell’acquisizione del controllo di target, le due società
procederanno alla fusione. Solitamente nella prassi la fusione avviene per incorporazione di
target in newco (
15
), la quale subentrerà alla società incorporata, a norma dell’art. 2504 bis
c.c., in tutti i rapporti, anche di natura processuale, eccetto quelli intrasmissibili. Quindi, per
effetto della fusione, newco si ritroverà ad avere nell’attivo dello stato patrimoniale tutto il
12
In argomento vedi capitolo 4 § 3
13
In argomento vedi capitolo 4 § 2
14
Cfr. Tribunale di Milano, 13 maggio 1999, in Le Società, 2000, Milano: Ipsoa, n. 1, vol. I, p. 75 con nota di
M.S. SPOLIDORO, Incorporazione della controllante nella controllata e “leveraged buy out”; e in
Giurisprudenza Italiana, Torino: Utet, 1999, vol. II, c. 2105 ss. con nota di P. MONTALENTI, Leveraged buy
out: una sentenza chiarificatrice
15
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 14; P. MONTALENTI, 2004, Commento, (n. 1), p. 2311; P.
MONTALENTI, 2004, Il leveraged buy out, (n. 1), p. 795; A. MORANO, 2003, (n. 1), p. 953; A. MORANO,
2005, “Leveraged buy out” nelle operazioni di fusione dopo la riforma, in Notariato, Milano: Ipsoa, n. 6, vol. II,
p. 654; M. REBOA, 2003, (n. 1), p. 1204; E. ADDUCCI, R. SPARANO, 2006, (n. 6), p. 37; M M. BERNARDI,
2003, (n. 1), p. 44
13
patrimonio già di target, ed al passivo, oltre al passivo patrimoniale di target, anche il debito
contratto per procedere alla su acquisizione.
Ma lo scenario della fusione può presentare anche l’ipotesi della cosiddetta fusione inversa,
ovverosia della incorporazione della newco nella controllata target. Ciò potrebbe essere
conveniente, ad esempio, se target fosse titolare di una pluralità di immobili: in questo caso
la fusione inversa eviterebbe onerose formalità di trascrizione. Ancora, si pensi al caso in cui
target sia titolare di una licenza o autorizzazione personale ed, in quanto tale, intrasmissibile
ad altro soggetto; oppure al caso in cui target sia titolare di rapporti non trasmissibili senza il
preventivo consenso di terzi soggetti (si pensi ad esempio al caso in cui target sia
concessionaria di un pubblico servizio); o al caso in cui target abbia la propria sede in un
luogo più rinomato o di maggiore rilevanza ambientale (
16
). Nel caso di fusione inversa le
azioni di target possedute dall’acquirente-incorporata verranno annullate e, secondo il
rapporto di cambio che verrà determinato dalle parti, le nuove azioni di target verranno
proporzionalmente assegnate ai soci di newco, in cambio delle azioni di newco annullate (
17
).
1.2 LE VARIE TIPOLOGIE DI LEVERAGED BUY OUT
Appare tuttavia doveroso chiarire che la fattispecie sopra esposta si adatta meglio a descrivere
solo la variante più diffusa del leveraged buy out, vale a dire il leveraged buy out realizzato
attraverso il procedimento di fusione (il c.d. merger leveraged buy out), che, tra l’altro, è stata
l’unica variante ad essere stata espressamente oggetto dell’attenzione del legislatore
nazionale. Tutta la dottrina è concorde nel ritenere che sotto l’etichetta “leveraged buy out”
siano spesso catalogate operazioni di acquisizioni societarie molto differenti tra loro, sia per la
struttura finanziaria, sia per le forme giuridiche attraverso le quali l’acquisizione viene
perfezionata (
18
). Varie infatti sono le tipologie di leveraged buy out venutasi a creare nella
prassi. Come accennato, prima della riforma del diritto societario, sia in dottrina che in
giurisprudenza si erano formate varie opinioni in ordine alla liceità o meno di questo istituto:
16
Cfr. E. ADDUCCI, R. SPARANO, 2006, (n. 6), p. 37; L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 17-18
17
Cfr. Massime ufficiose del Tribunale di Milano del giugno 1997, in Rivista delle Società, 1997, Milano:
Giuffrè, n. 42, vol. 1, p. 850 : “nel caso di fusione inversa, agli azionisti della società incorporata devono essere
attribuite pro quota le azioni proprie dell’incorporante […]; le azioni proprie risultanti dalla fusione inversa
devono essere annullate e convertite in azioni da assegnare ai soci dell’incorporata.”
18
Si vedano per tutti L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 5, nota 18 L. ARDIZZONE, 2003, (n. 1), p. 466 dove
l’Autore afferma che “con questo termine [il leveraged buy out - N.d.R.] comunemente vengono definite e
ricomprese operazioni tra loro parzialmente differente per soggetti, procedure e finalità.”
14
il problema centrale di tutta l’operazione era l’ipotetica violazione del divieto di assistenza
finanziaria contemplato nell’art. 2358 c.c.
A seguito della fusione tra newco e target, il patrimonio di target sarebbe servito di fatto a
garantire o a ripagare il finanziamento contratto da newco per l’acquisto di target, stessa
venendo a violare, secondo alcuni Autori, il divieto di assistenza finanziaria. Nella prassi si
sono dunque venute a creare alcune strutture alternative di operazioni di acquisizione
societaria, realizzate con l’apporto di finanziamenti esterni e volte a traslare il debito assunto
dall’acquirente sul patrimonio della target, allo scopo di minimizzare, anche alla luce dei
pochi precedenti giurisprudenziali significativi editi fino alla riforma (
19
), il rischio di
violazione del divieto di assistenza finanziaria. Tali operazioni sono state infatti strutturate in
maniera tale da fare venire meno i presupposti essenziali della disciplina della frode alla
legge, cosicché non fosse possibile affermare che l’operazione così strutturata fosse
esclusivamente finalizzata ad aggirare il divieto di cui all’art. 2358 c.c. Anche se in tutte le
operazioni descritte di seguito la traslazione del debito sul patrimonio della società acquisita è
strutturata in modo da non violare in modo nemmeno indiretto il disposto (o la ratio) dell’art.
2358 c.c., tali varianti della forma classica del leveraged buy out non sono comunque state
esenti da critiche da parte della dottrina (
20
) stante l’incertezza di applicazione del principio
della frode alla legge (
21
). Analizziamo brevemente dette varianti (
22
).
19
Mi riferisco in particolare ai casi: “Farmitalia” Tribunale di Milano, Sezione Civile, 14 maggio 1992 in Il
Foro Italiano, 1992, Roma: Il Foro Italiano ed., n. 115, vol. I, parte II, c. 2829-2835 e Tribunale di Milano,
Sezione Penale, 30 giugno 1992 in Foro Italiano, Roma: Il foro italiano ed., n. 116, vol. I, 1993, c. 168 con nota
di E. SCODITTI, Il caso Farmitalia fra il leveraged buy out ed acquisto di azioni proprie per interposta
persona; “Manifattura di Cuorgnè” Tribunale di Ivrea, 12 agosto 1995 in Giurisprudenza Italiana, 1996, Torino:
Utet, n. 2, vol. I, p. 196; “Marzoli” Tribunale di Brescia, 1 giugno 1993 in Rivista delle Società, 1996, Milano:
Giuffrè, n. 41, vol. I, p. 550-554 con nota di A. CRESPI, Rassegna di diritto societario (1993-1994).
Disposizioni penali in materia di società e consorzi; in particolare al caso “Trenno” Tribunale di Milano, 13
maggio 1999 (n. 14) che ha segnato una spaccatura in dottrina; “Papperland” Tribunale di Milano, 4 maggio
1999, in Le Società, 2000, Milano: Ipsoa, n. 3, vol. I, p. 333, con nota di M.S. SPOLIDORO, Effetti patrimoniali
e rappresentazione contabile della fusione inversa; “D’Andria” Cassazione Penale, V sezione, 4 febbraio 2000,
n. 5503, con nota di L.G. PICONE, 2000, in Le Società, Milano: Ipsoa, n. 6, vol. I, p. 711 ss. Tali sentenze
verranno analizzate assieme alle varie correnti formatesi in dottrina nel corso del presente lavoro.
20
Si veda per tutti P. MONTALENTI, 1991, Il leveraged buy out (dattiloscritto), atti di un convegno, Milano
21
Per un’analisi più completa di ciascuna variante si veda L.G. PICONE, 2001, (n. 6), pp. 233-273
22
La descrizione di dette varianti è riportata in maniera più analitica da L.G. PICONE, 2001, (n. 6), pp. 233-271
15
1.2.1 IL SISTEMA DELLE “DUE NEWCO”
Il sistema della due newco è senza dubbio la variante più diffusa del leveraged buy out
classico (
23
). Tale variante prevede l’utilizzo di due società create ad hoc, l’una socia unica
dell’altra, per procedere all’acquisizione della target. La prima società, che chiameremo
newco 1, viene costituita solitamente con capitale minimo e contrae debito per l’importo che
le occorrerà all’acquisto della target. A questo punto viene costituita newco 2, con socio unico
newco 1, con capitale minimo e sovrapprezzo massimo generato da tutte le liquidità a
disposizione di newco 1 conferite in newco 2. Allo step attuale newco 1 si trova indebitata con
i finanziatori, ma newco 2 non ha alcun debito. Successivamente newco 2 procede
all’acquisizione del controllo di target, utilizzando i fondi ricevuti a titolo di sovrapprezzo da
newco 1. Perfezionata l’acquisizione, newco 2 assorbirà target mediante fusione per
incorporazione. A questo punto l’assemblea di newco 2 delibererà la distribuzione del
sovrapprezzo versato dai soci: avendo utilizzato tutti i fondi a disposizione per l’acquisizione
di target, gli amministratori dovranno ricorrere ad un finanziamento esterno. Con le liquidità
ricevute, newco 1 estinguerà il finanziamento contratto inizialmente, e rimarrà solo quello
contratto per attuare la distribuzione del sovrapprezzo in capo a newco 2. Parte della dottrina
aveva tuttavia criticato questa impostazione: non era ben chiaro se newco 2 potesse
liberamente determinare l’ammontare del sovrapprezzo e, soprattutto, se newco 2 potesse
legittimamente ricorrere ad un finanziamento esterno per procedere alla distribuzione della
riserva sovraprezzo.
1.2.2 IL LEVERAGED MANAGEMENT BUY OUT
23
Una struttura analoga a quella di seguito illustrata è stata ad esempio utilizzata per l’acquisizione di Seat
S.p.A. da parte di Ottobi S.p.A. (società newco posseduta interamente da Otto S.p.A.) nell’ambito della
privatizzazione di Seat S.p.A. nel 1998, nonché per l’acquisizione della Aeroporti di Roma S.p.A. da parte della
newco Leonardo S.p.A., nell’ambito della privatizzazione di Aeroporti di Roma S.p.A. nel 2000.
16
Con il termine leveraged management buy out si intende invece quella forma di leveraged buy
out realizzata dai managers della società target attraverso la costituzione della newco tra loro
oppure tra loro ed enti finanziari esterni (
24
). In merito, già da prima della riforma, vi era una
sostanziale concordia in dottrina nel ritenere che detta operazione fosse lecita nel nostro
ordinamento. Occorre tuttavia precisare che una parte della dottrina riteneva che l’operazione
fosse lecita solo se contenuta nei limiti di cui all’art. 2358, 3° comma, c.c. Tale disposizione
precisa infatti che le limitazioni all’acquisto di azioni proprie o alla fornitura di garanzie per
farlo da parte della società non si riguardano le operazioni effettuate per favorire l’acquisto di
azioni da parte dei dipendenti della società o di quelli della controllante o di società
controllate, a condizione che i finanziamenti e le garanzie della società siano contenute nei
limiti delle riserve disponibili e degli utili distribuibili. Ulteriore dibattito si era sviluppato
allorché nelle operazioni di management buy out partecipassero, oltre ai managers dipendenti
della società target, anche i finanziatori esterni: in questo caso, infatti, l’operazione non
sarebbe stata esclusivamente finalizzata a favorire l’azionariato dei dipendenti, ma anche di
terzi.
1.2.3 IL TASFRERIMENTO D’AZIENDA
Altra variante del leveraged buy out consiste nella compravendita anziché delle azioni di
target, dell’intera sua azienda, ovvero di un suo ramo. In questa variante la newco contrarrà
quindi un debito non per acquistare le azioni, ma bensì l’azienda di target. I beni di target
fungeranno da garanzia al debito contratto per il loro acquisto che sarà ripagato con le
liquidità generate dall’attività caratteristica dell’azienda di target. Una volta incassato il
prezzo per la cessione dell’azienda, target verrà posta in liquidazione ed i soci della stessa
riceveranno, in sede di distribuzione del residuo dopo il soddisfacimento dei creditori sociali,
il corrispettivo della compravendita. L’operazione, seppur fiscalmente molto più onerosa, era
ritenuta lecita anche dalla parte della dottrina contraria alla liceità del leveraged buy out nel
nostro ordinamento (
25
).
24
Si vedano P. MONTALENTI, 2004, Il leveraged buy out, (n. 1), p. 795; P. MONTALENTI, 2004, Commento,
(n. 1), p. 2315; L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 8; A. MORANO, 2003, (n. 1), p. 953; R. PARDOLESI, 1989,
Leveraged buy out: una novità a tinte forti (o fosche?), in Giurisprudenza Commerciale, Milano: Giuffrè, vol. I,
parte I, p. 404
25
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), pp. 249-251
17
1.2.4 IL CONFERIMENTO D’AZIENDA
Struttura analoga a quella appena descritta è raffigurata dal leveraged buy out realizzato
mediante conferimento d’azienda. L’operazione presenta tuttavia una peculiarità: la newco è
costituita con capitale sociale minimo non dagli acquirenti, ma bensì da target stessa, la quale
ne sarà socia unica. In sede di costituzione (ovvero in un momento immediatamente
successivo) target conferirà l’azienda in newco, ma solo una minima parte del suo valore sarà
imputata a capitale in quanto si imputerà gran parte del valore a sovrapprezzo. A questo punto
target procederà alla vendita di tutte le azioni di newco al soggetto acquirente, il quale
contrarrà un debito per pagarne il prezzo. Successivamente all’acquisto, newco delibererà la
distribuzione del sovrapprezzo ai nuovi soci, contraendo un nuovo finanziamento, il quale
sarà utilizzato dai nuovi soci-acquirenti per estinguere il finanziamento iniziale. La struttura in
esame pone tuttavia problemi analoghi a quelli analizzati nella c.d. “struttura delle due
newco”: anche nell’operazione prospettata vi è una determinazione arbitraria dell’entità del
sovrapprezzo, sovrapprezzo che verrà poi distribuito ai soci mediante ricorso ad un
finanziamento esterno.
1.2.5 IL CONFERIMENTO DELLA PARTECIPAZIONE DEL CONTROLLO
La struttura appena esaminata può venire realizzata, anziché con la vendita, mediante
conferimento del pacchetto di controllo di target nella società intermedia a valori di perizia ex
art. 2343 c.c. (
26
). Come nel caso del conferimento d’azienda, la nuova società avrà capitale
minimo e sovrapprezzo massimo. All’esito della fusione tra target e la società veicolo, le
attività di target si troveranno in buona parte bilanciate al passivo dalla riserva sovrapprezzo
che verrà poi distribuita ai soci sfruttando la capacità di indebitamento di target. L’operazione
è appunto finalizzata a liquidare ai soci della società target una quota del capitale economico
della società, sfruttando la capacità di indebitamento di target stessa. Come nel caso di cui al
precedente paragrafo, anche quello in esame presenta i medesimi problemi della struttura
delle due newco (determinazione arbitraria dell’entità del sovrapprezzo e sua distribuzione
mediante debito). Tuttavia, esso presenta un minore numero ancora di punti di contatto con il
merger leveraged buy out classico: non vi è infatti alcun debito contratto a monte per
acquisire una partecipazione di controllo.
26
Caso tratto da S. CACCHI PESSANI e L.G. PICONE, 2005, Le operazioni di “leveraged recapitalization”
nella nuova disciplina dell’art. 2501 bis, in Le Società, Milano: Ipsoa, n. 1, vol. I, p. 34
18
1.2.6 LA SCISSIONE PARZIALE DI TARGET IN NEWCO
Come accennato, parte della dottrina vedeva nella fusione realizzata nell’ambito di
un’operazione di leveraged buy out, un mezzo elusivo del divieto di assistenza finanziaria.
Una possibile struttura alternativa è stata elaborata nella scissione parziale di target in newco:
successivamente all’acquisto del pacchetto di controllo di target da parte di newco, le due
società delibereranno la scissione parziale di target nella beneficiaria newco. Per effetto della
scissione, parte del patrimonio di target andrà a confluire in newco, e potrà liberamente essere
usata per garantire o rimborsare il debito contratto da newco per acquistare il pacchetto di
controllo di target. Come noto, per effetto della scissione vi sarà un’assegnazione delle azioni
(o delle quote) della beneficiaria ai soci della società scissa: la scissa ridurrà il capitale sociale
in considerazione dell’entità del patrimonio netto trasferito alla beneficiaria; la beneficiaria, al
contrario, aumenterà il capitale sociale al servizio della scissione, al fine di assegnare azioni
(o delle quote) ai soci della scissa. Tuttavia, nel caso del leveraged buy out realizzato tramite
scissione parziale di target in newco, solo gli eventuali soci di minoranza di target
riceveranno azioni concambiate, essendo target una controllata di newco: le corrispondenti
azioni di spettanza di newco non saranno concambiate, ma bensì annullate. L’operazione
appena descritta non è comunque stata esente da critiche da parte della dottrina in quanto gli
effetti che andava a produrre erano del tutto assimilabili ad una “fusione parziale” (
27
) di
target in newco: tutte le perplessità sollevate da dottrina e giurisprudenza in merito al
leveraged buy out classico permangono anche nel caso in esame.
1.2.7 LA LIQUIDAZIONE VOLONTARIA DI TARGET
Un’operazione che, di primo acchito, non ha nulla a che spartire con il leveraged buy out, è la
liquidazione volontaria di target. Dopo che newco avrà acquisito il controllo di target,
l’assemblea di target delibererà la messa in liquidazione della società. In tal caso, una volta
pagati i creditori sociali o accantonate le somme necessarie per farlo, la parte residua del
patrimonio di target potrà essere ripartita tra i soci; newco riceverà quindi una parte dei cespiti
di target, che userà per garantire o rimborsare il prestito contratto per l’acquisizione del
controllo di target. Sebbene l’operazione appena descritta non sembri avere nulla a che
spartire con il leveraged buy out, se si aderisse alla tesi della frode alla legge prospettata da
27
Cfr. E. CUSA, 1992, Prime considerazioni sulla scissione delle società, Milano: Giuffrè , p. 57
19
parte della dottrina (
28
), si potrebbe sostenere che in ogni caso, alla fine dell’operazione,
newco userà i beni di target per garantire il prestito a suo tempo contratto per l’acquisto di
target stessa. Parte della dottrina, prima della riforma, si era dunque chiesta se fosse legittima
la delibera di scioglimento anticipato di target, ovvero se possa configurarsi un’ipotesi di
conflitto di interessi nella deliberazione di messa in liquidazione.
1.2.8 LA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI E DELLE RISERVE DISTRIBUIBILI
Ulteriore ipotesi, avente fini assimilabili a quelli del leveraged buy out, è ravvisabile nel caso
in cui newco proceda all’acquisto di target mediante il ricorso a capitale di debito e, al
momento dell’acquisto, target abbia nel proprio stato patrimoniale consistenti riserve o utili
distribuibili. In tal caso, nella fase successiva all’acquisto di target, l’acquirente potrebbe far
deliberare la distribuzione di dette riserve ed utilizzare tali somme al fine di ripagare il
finanziamento contratto per l’acquisto di target. Non è stato espresso alcun dubbio, nemmeno
dalla parte della dottrina contraria alla liceità del leveraged buy out (
29
), che in questo caso la
società acquirente possa in ogni istante deliberare, in sede di assemblea dei soci della società
target, la distribuzione degli utili e delle riserve che l’ordinamento permette di distribuire.
Anche se, a seguito della distribuzione degli utili e delle riserve distribuibili, l’acquirente
utilizzerà indirettamente le risorse di target per rimborsare il finanziamento contratto per la
sua acquisizione, non è ravvisabile, nemmeno indirettamente, la violazione del disposto di cui
all’art. 2358 c.c.
1.2.9 LA RIDUZIONE DEL CAPITALE SOCIALE DI TARGET
Altra variante del c.d. leveraged buy out classico in uso nella prassi è quella secondo cui
newco, una volta divenuta socia di controllo di target, procede alla riduzione volontaria del
capitale sociale di target. Tale somma verrà trasferita alla newco e sarà da questa utilizzata
per procedere al rimborso del finanziamento contratto per l’acquisto di target. Occorre in
merito ricordare che il capitale sociale può essere ridotto solamente nel caso in cui esso risulti
esuberante per il conseguimento dell’oggetto sociale: tale deroga trova fondamento e
giustificazione nel fatto che, durante la vita della società, il capitale di rischio raccolto può
risultare eccessivo rispetto alle esigenze poste dal conseguimento dell’oggetto sociale (
30
). In
28
In argomento vedi capitolo 4 § 3
29
Cfr. P. MONTALENTI, 1991, (n. 20), p. 47
30
Si veda G. F. CAMPOBASSO, 1994, Diritto Commerciale, Diritto delle Società, Torino: Utet, vol. II, p. 451
20
questo caso il problema, che diviene centrale, esula dalla violazione del divieto di assistenza
finanziaria di cui all’art. 2358 del c.c.: il dibatto in dottrina rispetto al caso in esame si era
dunque spostato sul quando il capitale sociale possa ritenersi “esuberante” (
31
).
1.3 I TERMINI DEL PROBLEMA
Come affermato nelle pagine precedenti, con il termine leveraged buy out si individua un tipo
di acquisizione societaria mediante la quale il soggetto acquirente contrae un debito per
procedere all’acquisizione della società bersaglio, debito che, a seguito dell’acquisizione
stessa, viene traslato sul patrimonio della società le cui azioni sono state oggetto dell’acquisto.
Il dibattito, sviluppatosi in dottrina ed in giurisprudenza prima della recente riforma del diritto
societario e dell’introduzione dell’art. 2501 bis c.c., riguardava il questito se la società target
prestasse o meno, direttamente o indirettamente, assistenza finanziaria all’acquisto delle
proprie azioni in violazione dell’art. 2358 c.c. Il problema nasceva dal fatto che la citata
norma viene considerata dalla giurisprudenza come estrinsecazione di un principio di ordine
pubblico, ed, in quanto tale, inderogabile (
32
). Non solo, la norma viene vista come “norma
materiale”, volta a vietare il conseguimento del risultato in essa previsto, indipendentemente
dalle forme in cui si struttura il procedimento per ottenere tale risultato (
33
).
Tuttavia, se è vero che la fattispecie normativa individuata nell’art. 2358 c.c. può essere
violata da alcune operazioni di acquisizione di azioni che rientrano nella tipologia del
leveraged buy out, non è vero il contrario: non è cioè vero che qualsiasi acquisizione, che
rientra nella tipologia leveraged buy out, integri violazione della fattispecie normativa dell’art.
2358 c.c. In particolare, l’operazione di merger leveraged buy out si collocava in una “zona
grigia” di applicazione della norma, al confine tra validità e invalidità, a seconda della lettura
che alla norma veniva data (
34
). Occorre precisare che, sia in dottrina che in giurisprudenza, vi
era una sostanziale concordanza nell’affermare che in un’operazione di merger leveraged buy
out nessuna delle singole fasi sopra descritte, se presa singolarmente, violasse direttamente il
disposto di cui all’art. 2358 c.c. Infatti, nel momento in cui vengono perfezionati i contratti di
31
Per una sintesi del problema, cfr. B. QUATRARO, A. FUMAGALLI, S. D’AMORA, 1996, Le deliberazioni
assembleari e consiliari, Aspetti civili e tributari, Casi e Materiali, Milano: Giuffrè, p. 679
32
Cfr. ad esempio Cassazione, 21 gennaio 1970, in Giustizia Civile, 1970, Milano: Giuffrè, n. 123, vol. I, p. 76
33
Cfr. Cassazione Penale, V sezione, 4 ottobre 1984, n. 4916, in Rivista di Diritto Commerciale, 1985, Milano:
Vallardi Ed., vol. I, sez. II, p. 85
34
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), pp. 25-26
21
finanziamento per l’acquisto delle azioni della società target, essa è estranea a tali operazioni
e non fornisce alcuna assistenza finanziaria (
35
). Anche nel momento in cui si perfeziona la
fusione di target in newco non vi è alcun atto imputabile a target, che possa integrare
violazione del divieto di assistenza finanziaria, poiché l’assunzione del debito contratto dalla
società incorporante da parte della società incorporata è una mera conseguenza della fusione
(
36
). Per effetto della fusione, le azioni della società target vengono successivamente
annullate; pertanto, le garanzie vengono prestate da un soggetto diverso da target stessa.
Il problema della liceità dell’operazione di leveraged buy out si pone dunque allorquando, in
una lettura unitaria dell’intera operazione, si dà rilevanza giuridica alle conseguenze
economico-patrimoniali dell’operazione, e si guarda alla fusione come chiave dell’intera
operazione, che viene posta in essere con l’unico intento di aggirare la portata della norma
citata (
37
). Infatti l’art. 2358 c.c. vieta di accordare prestiti o fornire garanzie e, stante l’ampia
portata della norma (
38
), in genere ogni figura negoziale intenzionalmente posta in essere dalla
società al fine di migliorare la posizione finanziaria di un soggetto, per agevolare l’acquisto o
la sottoscrizione delle proprie azioni o quote, trasferendo di converso sulla società stessa
l’onere e/o il rischio finanziario o patrimoniale del suddetto acquisto o sottoscrizione (
39
).
In merito la posizione della giurisprudenza non è mai risultata netta. Fino alla sentenza 13
maggio 1999 del Tribunale di Milano sul caso “Trenno S.p.A.”, la giurisprudenza che si era
occupata di leveraged buy out non aveva mai dato utili indicazioni per giungere a tesi
conclusive circa la liceità o meno del leveraged buy out nel nostro ordinamento. Non solo, ma
dall’analisi dei pochi casi significativi, si può notare come la giurisprudenza abbia utilizzato il
termine leveraged buy out per rappresentare soltanto alcune delle varie sfaccettature nelle
quali il leveraged buy out può realizzarsi, con la conseguenza che venivano tramandati
principi di diritto riferiti al leveraged buy out in generale, mentre essi si sarebbero dovuti più
correttamente riferire alle rispettive ipotesi di leveraged buy out oggetto dello specifico
35
Cfr. F. GRAMEGNA, 1993, Note in punto di Leveraged buy out, in Rivista di Diritto Commerciale, Padova:
Cedam, parte II, vol. II, p. 77-85
36
Cfr. F. MARASCO, 1996, Leveraged buy out e management buy out: operazioni lecite, operazioni in frode e
funzioni del notaio, in Notariato, Milano: Ipsoa, n. 2, vol. I, p. 168
37
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 30
38
Cfr. G. PARTESOTTI, 1991, Le operazioni sulle azioni, in Trattato delle Società per Azioni, dir. da G. E.
Colombo e G.B. Portale, Torino: Utet, vol. II, p. 473
39
Cfr. A. FRIGNANI, 1989, Il Leveraged buy out nell’ordinamento italiano, in Giurisprudenza Commerciale,
Milano: Giuffrè, n. 16, vol. I, p. 423
22
giudizio (
40
). In sostanza, circa la fattispecie più diffusa di leveraged buy out, e cioè il merger
leveraged buy out, la giurisprudenza non si è mai schierata nettamente, contribuendo in parte
ad alimentare il dibatto che invece si era acceso in dottrina.
A fronte dei ridotti interventi giurisprudenziali, infatti, il tema del leveraged buy out ha
suscitato in dottrina un notevole interesse. Come accennato, vi era una sostanziale concordia
nell’affermare che il merger leveraged buy out non violasse direttamente il divieto di
assistenza finanziaria. Tuttavia si erano formate due correnti di pensiero (
41
): la maggioranza,
erano i sostenitori della tesi c.d. “formalistica”, i quali sostenevano la liceità formale delle
singole fasi dell’operazione e concludevano che anche l’intera operazione, unitariamente
considerata, non realizzava i presupposti di un negozio in frode alla legge; invece i sostenitori
della tesi c.d. “sostanzialista”, al contrario, affermavano che la sostanza dell’operazione di
merger leveraged buy out evidenziva un disegno unitario, volto a violare alcune norme
imperative, tra le quali appunto il divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c. (
42
).
Occorre tuttavia premettere, anticipando in parte le conclusioni del presente lavoro, che i
principi della tesi formalistica sono stati quelli che hanno trovato maggior riscontro nella
riforma del diritto societario, con l’inserimento nel nostro ordinamento dell’art. 2501 bis c.c.
Questioni analoghe a quelle che hanno per molto tempo hanno alimentato il dibattito
dottrinale e giurisprudenziale in Italia sono emerse anche in altri paesi. Ad esempio: negli
Stati Uniti, paese dove il leveraged buy out è nato, sono emerse problematiche circa la tutela
degli azionisti di minoranza, frode alla legge, responsabilità degli amministratori in relazione
alla sussistenza di una valida ragione economica e alla ragionevolezza delle assunzioni alla
base dei piani industriali sui cui si basa l’operazione di leveraged, tutela dei creditori di fronte
ad un impoverimento della società target. Spesso infatti si possono scorgere, nelle
interpretazioni dottrinali italiane, affinità con gli orientamenti emersi dalle decisioni dei
tribunali americani circa dette problematiche. Per quanto riguarda il diritto comunitario,
interessante è invece osservare come il diritto inglese abbia progressivamente mitigato il
divieto di financial assistance, o come in Francia la particolarità della normativa fiscale e
commerciale abbiano di fatto impedito che le operazioni di leveraged buy out si finalizzassero
con la fusione della società target e newco come avviene normalmente negli altri paesi, o
40
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), pp. 43-44
41
In argomento vedi capitolo 4 § 2 e 3
42
Cfr. L.G. PICONE, 2001, (n. 6), p. 189; L.G. PICONE, 2003, (n. 1), p. 1394