imprese del settore saranno capaci di cogliere le nuove opportunità dei mercati
internazionali.
Questo sviluppo può contare sul valore aggiunto “unico” del nostro Paese,
riconosciuto a livello internazionale per la vocazione e la tradizione
enogastronomica.
Tuttavia, per proseguire con successo sulla strada tracciata, occorre lavorare
ancora sui territori e sul modello organizzativo del sistema di produzione che
risulta estremamente ricco di specificità, ma al tempo stesso troppo
frammentato per vincere le sfide della globalizzazione.
Il mercato del vino visto nella sua dimensione internazionale appare più
articolato perché sono aumentati i paesi con un forte orientamento
all’esportazione, grazie alla nuova vocazione di quei produttori che ormai
vengono definiti comunemente, nel loro insieme, “il Nuovo Mondo del vino”,
cui appartengono principalmente gli Stati Uniti, l’Australia, l’Argentina, il
Cile, la Nuova Zelanda e il Sud Africa.
L’affermarsi sulla scena internazionale del vino di questi Paesi ha determinato
un nuovo scenario competitivo che viene spesso letto attraverso uno schema
interpretativo che vede una contrapposizione tra il Nuovo Mondo del vino e il
Vecchio Mondo costituito principalmente dai Paesi produttori dell’Unione
Europea.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare lo scenario competitivo
mondiale del settore vitivinicolo al fine di avere una visione globale circa le
dinamiche della produzione, del consumo e degli scambi internazionali nonché
effettuare un’analisi delle modificazioni qualitative/quantitative della domanda
e le conseguenze che queste hanno sulla produzione.
L’analisi mira ad analizzare come l’evoluzione del mercato abbia influito sulla
posizione competitiva dell’Italia attraverso una valutazione dei punti di forza e
criticità dell’intero sistema al fine di definire quali siano i punti sui cui si deve
far leva per reagire all’attuale contesto e, dunque, le possibili strategie da
2
attuare, idonee a garantire alle imprese italiane dinamicità e forte vantaggio
competitivo, nell’attuale mercato globale.
Nel primo capitolo si analizzerà, in dettaglio l’evoluzione del mercato
vitivinicolo mondiale, le cause dei cambiamenti nonché gli effetti sulla
posizione dei singoli paesi focalizzando l’attenzione sul dualismo tra nuovo e
vecchio mondo.
Si analizzeranno la produzione, le superfici vitate, i consumi con particolare
riferimento all’evoluzione della figura del consumatore e al problema delle
asimmetrie informative. Si valuterà la dinamica del commercio internazionale
facendo anche riferimento alle maggiori aziende mondiali del settore.
Il secondo capitolo tratta della riforma dell’ocm del vino, entrata in vigore il 1
agosto del 2008, che ha apportato numerose modifiche al settore in Europa al
fine di aumentarne la competitività.
Nel terzo capitolo viene definita la filiera vitivinicola italiana nelle sue fasi;
agricola, industriale e commerciale; al fine di tracciare i rapporti di influenza al
suo interno e capire quali siano i principali punti di forza e criticità sui quali è
necessario agire per garantire migliori performance globali. Nell’analisi della
filiera si pone l’attenzione al problema della tracciabilità di filiera e della
rintracciabilità, aspetti particolarmente importanti specie nel settore agro-
alimenta
Il quarto capitolo analizza il mercato domestico in termini di offerta con
particolare riferimento alla ripartizione territoriale della produzione sia in
termini quantitativi che qualitativi. Nello specifico si sofferma l’attenzione sul
sistema delle denominazioni d’origine e sul marketing del vino ponendo
l’accento sul ruolo attuale della distribuzione.
Si analizzano i consumi interni di vino nonché i canali mediante i quali
avvengono gli acquisti.
Nel quinto capitolo si valuta la competitività del settore vitivinicolo italiano in
termini di performance competitive, di potenziale competitivo e di processi. Il
capitolo si chiude con l’analisi economica-produttiva dei leader del settore,
3
tracciando i lineamenti di alcune specifiche realtà cooperative, industriali e
famigliari.
Nell’ultimo capitolo viene trattato un caso pratico avente ad oggetto l’azienda
Banfi s.r.l., conosciuta come Castello Banfi, che è un esempio emblematico di
teoria aziendale del Nuovo Mondo, inserita all’interno del contesto italiano ma
che opera a livello mondiale. È un caso molto originale, in quanto pur essendo
un’ impresa portatrice di una filosofia aziendale statunitense si è trovata ad
operare in un contesto quale quello italiano, in particolare Montalcino,
ottenendo nel tempo ottimi risultati utilizzando, però una mentalità industriale
diversa rispetto a quella che caratterizza da sempre le imprese italiane
appartenenti al Vecchio mondo.
La grande novità apportata da questa impresa all’interno del panorama
vitivinicolo italiano, è stata la sua pionieristica capacità di far penetrare nel
tessuto commerciale nuovi prodotti provenienti da paesi del Nuovo Mondo.
Si analizza l’azienda in tutte le sue sfaccettature partendo dalla storia sino ad
arrivare alla situazione attuale.
4
CAPITOLO 1
IL MERCATO MONDIALE DEL VINO: DUALISMO TRA
NUOVO E VECCHIO MONDO
1.1 L’evoluzione del mercato vitivinicolo internazionale
Il mercato del vino è cambiato in modo rilevante negli ultimi venti anni ed è
tuttora in mutamento in conseguenza dell’evoluzione dei consumi, delle
strategie competitive dei nuovi paesi produttori e dell’evoluzione del quadro
normativo ed in particolare delle politiche di sostegno e regolazione attuate
dall’Unione Europea (UE), che trovano oggi espressione nella nuova
Organizzazione Comune di Mercato (OCM). La prima caratteristica
dell’evoluzione del mercato è la crescita degli scambi internazionali e la
creazione di un sistema mondiale sempre più articolato. Sono infatti aumentati
i paesi con una forte vocazione all’esportazione grazie alla vocazione recente
di diversi paesi del nuovo mondo.
La seconda caratteristica è che la differenza tra paesi del nuovo e vecchio
mondo è la polarizzazione.
Nel nuovo mondo si è delineato un sistema dove poche imprese dominano il
mercato interno nonché l’export dei vini più commerciali mentre una
costellazione di piccole imprese opera nel segmento quantitativamente ristretto
ma a più alto valore aggiunto dei vini di elevata qualità.
Nei paesi del vecchio mondo il mercato dei vini più commerciali è, invece,
conteso da un numero elevato di imprese di medie dimensioni che trovano
ancora una ragione di essere nella dimensione e nella struttura attuale del
mercato interno.
La terza caratteristica evolutiva è dovuta a mutamenti nei consumi. Nei grandi
paesi vitivinicoli tradizionali d’Europa come la Francia, l’Italia, il Portogallo e
5
la Spagna si assiste ad una caduta del consumo pro-capite al contrario di quei
paesi non produttori o lontani dalla cultura mediterranea in cui l’aumento del
consumo di vino è stato notevole negli ultimi anni.
Tuttavia un elemento che ovunque ha caratterizzato l’evoluzione dei mercati è
stato l’aumento dei consumi di gamma medio alta; gli anni ’90 hanno visto una
crescita della disponibilità a pagare che oggi, però, appare rallentata in quanto
emerge un atteggiamento selettivo del pubblico rispetto ai prezzi elevati, che si
considerano giustificati solo da contenuti del prodotto coerenti, robusti e non
solo simbolici.
Per comprendere tale fenomeno evolutivo è necessario individuare le forze che
nel passato e che ora guidano il mutamento e determinano le trasformazioni
nella ripartizione geografica della produzione e nella posizione competitiva dei
singoli paesi.
Tali forze sono le seguenti:
• marcata separazione dei mercati del vino economico e di pregio;
• crescente caratterizzazione industriale del vino economico;
• nuove articolate esigenze dei consumatori, che determinano una
domanda fortemente differenziata, ma che tende ad assumere un
modello di differenziazione analogo nei Paesi nei quali il vino è
bevanda tradizionale e in quelli che si sono avvicinati al prodotto più di
recente;
• articolazione complessa del mercato dei vini di pregio per l’interazione
delle esigenze sensoriali e cognitive degli acquirenti;
6
• modificazione degli stili di marketing dominanti, in conseguenza
dell’accresciuto ruolo dei paesi nuovi produttori, che stanno dando uno
spazio inedito e crescente alle politiche di marca;
• crescita del ruolo della distribuzione in generale e del potere della
grande distribuzione, con una conseguente ridefinizione degli equilibri e
rapporti nella catena del valore, tendenzialmente a svantaggio dei
produttori di vino;
• rilevante incremento delle potenzialità competitive per le aziende di
maggiori dimensioni rispetto a quelle piccole e medie, in conseguenza
della citata crescente importanza delle politiche di marca e del ruolo
della grande distribuzione.
L’attivazione di queste forze è il risultato di nuovi ruoli giocati da attori che
sono stati sempre presenti nel mercato del vino e dell’ingresso di nuovi attori
nell’arena competitiva caratterizzati da strategie nuove per il mercato del vino.
L’evoluzione della domanda ha determinato una richiesta di qualità in termini
assoluti, di valore (ossia di rapporto qualità/prezzo), di diversificazione delle
esperienze sensoriali e, elemento molto importante, di individualità e
riconoscibilità dei prodotti, che si è trasmessa alle aziende produttrici
innescando severi processi di selezione dell’offerta.
Queste nuove esigenze dei consumatori, sono state poi mediate da un sistema
della grande distribuzione, che nel commercio del vino, come in generale per
tutti i prodotti agro-alimentari, ha ampliato il suo ruolo.
La grande distribuzione, è stata quindi in grado di giocare un ruolo dominante
nei rapporti di filiera, potendo imporre alle imprese di produzione gli standard
di fornitura.
In questo è stata agevolata dalla crescita del ventaglio di potenziali fornitori in
tutte le aree geografiche, che consente una notevole diversificazione degli
7
approvvigionamenti e quindi l’aumento del potere contrattuale; oltre a ciò i
fenomeni di concentrazione in corso della grande distribuzione affidano a un
numero assai limitato di operatori il controllo su quantitativi molto elevati di
prodotto commercializzato.
Crescita del ruolo della grande distribuzione e crescita delle esigenze della
domanda rendono ormai il mercato del vino un mercato dei compratori, e
determinano nuove esigenze di comunicazione e quindi il potenziamento del
ruolo di un altro attore tradizionale: il sistema dei media. Questo deve essere
coinvolto infatti, in modo efficace nelle nuove strategie di marketing delle
imprese, che richiedono azioni intensive di comunicazione in grado di
bilanciare in modo appropriato attività di tipo pull e push.
La crescita del ruolo della grande distribuzione nella commercializzazione del
vino e l’esigenza di una maggiore individualità dei prodotti da parte del
pubblico ha poi creato una condizione favorevole all’emergere della marca
come elemento potenzialmente importante nelle strategie di marketing delle
imprese, la marca nel senso più ampio, è diventata successivamente uno degli
elementi cha hanno caratterizzato la natura market oriented (orientamento alla
comprensione delle esigenze dei clienti e alla loro soddisfazione) di quelle
imprese che possono essere considerate i soggetti che hanno innescato
l’incremento della competizione nel mercato del vino, inteso soprattutto nella
sua dimensione internazionale.
1.2 Il mercato mondiale ed europeo del vino
Il mercato del vino visto a livello mondiale, si presenta come un mercato di
notevole ampiezza. In via primaria occorre analizzare i paesi tradizionali
produttori di vino. I tradizionali produttori di vino sono la Francia, l’Italia e la
8
Spagna. Questi tre paesi rappresentano da soli circa il 50% del volume
produttivo mondiale esprimendo ancora una quota rilevante del consumo
mondiale anche se la domanda si è ridotta in quasi tutti i paesi e solo di recente
si va stabilizzando. Ad essi seguono poi, in termini produttivi l’Argentina, gli
USA, l’Australia, il Sudafrica, il Cile, la Germania, la Grecia ed altri.
Il calo di consumi che ha caratterizzato i principali paesi produttori europei è
stato però fortemente compensato dai paesi non produttori. L’insieme dei paesi
del nord Europa, infatti costituiscono un’area rilevante, come consistenza e
dinamica, per i consumi e le importazioni
1
.
Il mercato di maggiori dimensioni è il Regno Unito dove i consumi nell’ultimo
decennio sono raddoppiati, seguito a distanza dal Belgio. Tassi di crescita
elevati si sono registrati in Danimarca, Svezia, Finlandia e Irlanda; solo in
Olanda si è verificato il trend opposto.
Il trend positivo del gruppo è spiegato sia dal netto aumento del consumo di
vino rispetto ad altre tipologie di alcolici in generale, sintomo sia di un
cambiamento nello stile di vita, sia dalla crescita del consumo pro capite dove
risulta molto elevato in Danimarca (circa 32 litri).
Per quanto riguarda i nuovi membri dell’UE come Ungheria, Cipro,
Slovacchia, Repubblica Ceca e Slovenia rappresentano poco meno del 2,6%
del consumo mondiale e la crescita della domanda è stata positiva ma
contenuta. Il principale mercato è l’Ungheria con un consumo pro capite di un
certo rilievo (35 litri). Si segnalano come mercati in espansione la Polonia, la
Lituania, l’Estonia, la Lettonia.
In America centro settentrionale il mercato più rilevante in termini di
produzione, consumo ed esportazioni è costituito dagli Usa. Pur rimanendo un
paese importatore netto, gli Usa hanno registrato un sensibile incremento delle
esportazioni sia in termini quantitativi che di valore superando il 4% in termini
di peso sull’export mondiale.
1
Solo nel Regno Unito ed in Belgio si producono modestissime quantità di vino
9
In America Latina nel corso dell’ultimo decennio la produzione è aumentata
raggiungendo un livello produttivo dell’11% circa del totale mondiale, mentre i
consumi si sono ridotti.
Questo andamento è il risultato di dinamiche nazionali molto diversificate. In
Argentina, che rappresenta circa il 60% del volume produttivo dell’area, la
produzione è stabile mentre è aumentata notevolmente quella di altri paesi
dell’area come in Cile. Il consumo pro capite in Argentina si è ridotto negli
anni pur rimanendo, rispetto ad altri paesi nuovi consumatori a livelli elevati.
Infatti tra il 1995 e il 2006 esso è passato da 40 litri a 32 litri. Per l’Argentina
la contrazione del mercato interno, che comunque assorbe quasi il 90% della
produzione, ha stimolato la ricerca di sbocchi sui mercati internazionali
conseguendo risultati modesti. Il vero boom delle esportazioni si è registrato,
però, in Cile che evidenzia un volume esportato molto importante.
In Brasile, invece, a fronte di una lieve contrazione della produzione si è
registrato un notevole incremento delle importazioni sia in termini quantitativi
che in termini di valore.
In Oceania si è registrato un netto incremento sia delle superfici coltivate che
delle produzioni.
I consumi in Australia sono lievemente aumentati, mentre nella Nuova Zelanda
hanno subito una contrazione anche se risultano abbastanza elevati ( 20 e 17
litri rispettivamente). La quota produttiva destinata ai mercati esteri è in
crescita raggiungendo quasi il 70% per l’Australia e superando il 50% per la
Nuova Zelanda aumentando così, il loro peso sul commercio mondiale in
maniera consistente.
La produzione di vino nel continente Africano è concentrata per più dell’85%
nella Repubblica Sudafricana e quasi il restante 15% nei paesi del Maghreb.
Sia per ragioni economiche, culturali che religiose i consumi risultano essere
veramente bassi; anche il volume importato è irrilevante.
Dalle considerazioni generali appena fatte circa l’andamento della produzione
e del consumo di vino, è possibile vedere come risultano essere in leggero
10
aumento a livello mondiale, mentre sembrano diminuire seppur di poco in
Europa.
Già da ciò è possibile dedurre che occorre puntare sui mercati esteri. E ciò non
significa considerare solo quelli che ormai sono altamente profittabili per le
aziende italiane: quindi Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio,
ma soprattutto quelli che mostrano un potenziale interno elevatissimo come
Russia, Cina, Giappone e India.
Partendo proprio dall’India, il primo dato da citare è il numero di abitanti: 1,1
miliardi di potenziali bevitori di vino: si è stimato che il 25% della popolazione
tende a bere vino sempre più frequentemente da far aumentare il consumo pro-
capite di 5 ml l’anno. Cifra irrisoria ma importante se si pensa alla diversità
culturale indiana.
Inoltre occorre far presente le liberalizzazioni attuate dal governo che hanno
dato una scossa alle importazioni. Si veda a tal proposito come l’export italiano
verso l’India abbia subito una variazione positiva passando in termini di valore
dai 92 mila € nel 2000 a 1,6 milioni € del 2007 . Pertanto si può evincere che ci
sono tutte le premesse per puntare con decisione sul mercato indiano.
Discorso diverso va fatto per la Russia: primo dato che serve anche a
differenziare questo mercato con quello precedente è il consumo pro-capite:
6,2 litri annui. Si tratta infatti di una società molto più influenzata dalla cultura
enologica occidentale ed attenta ai cambiamenti. Molto esigenti poiché
prediligono vini che, generalmente, si attestano su segmenti qualitativi medio
alti.
Come già fatto per l’India è possibile individuare il dato che rende questo uno
dei mercati emergenti più importanti ed interessanti per le aziende italiane:
l’export italiano verso la Russia è passato dai 7 milioni di € del 2000, ai 56
milioni di € del 2007. Se poi si pensa anche all’attenzione che i russi pongono
alla cucina italiana questo permette di aumentare le vendite dei nostri prodotti
passando per il canale Ho.Re.Ca.
11
In poche parole si tratta di aumentare la promozione del vino italiano e tentare
di “spiegarlo”alla società russa, la quale si dimostra interessata e incuriosita dai
nuovi prodotti.
Unico problema può essere rappresentato dalla produzione interna, che è
aumentata negli ultimi anni grazie sia all’incremento dei terreni coltivati a
vigneto che all’ammodernamento dei macchinari. Da qui è possibile affermare
che il segmento medio basso (sotto i 3 €) è occupato dal prodotto interno.
Quindi le aziende italiane possono e devono imporsi sui segmenti
immediatamente superiori dove presto concorreranno anche le stesse aziende
russe, visti i passi avanti fatti dalle stesse imprese .
Per quanto riguarda il Giappone bisogna dire anzitutto che questo è il mercato
più ricco e al tempo stesso variegato che si possa trovare. Dopo un vero e
proprio boom che ha interessato tutti i prodotti italiani e maggiormente il vino,
c’è stato un notevole calo negli ultimi anni con una sostanziale ripresa a partire
dal 2005. Qui il consumo pro-capite è basso ma la profittabilità di questo
mercato è elevatissima. Si possono trovare vini provenienti da tutto il mondo.
Ed è proprio per questo che la concorrenza è spietata. La concorrenza derivante
dalle aziende californiane e australiane che rispetto alle aziende italiane (si
consideri il cambio €/$ sfavorevole) hanno potuto offrire un prodotto ottimo ad
un prezzo più basso oltre ad essere all’avanguardia in fatto di innovazione.
Dato il dinamismo di questo mercato diventa importante mettere in pratica
nuove idee, con le quali stuzzicare la curiosità dei giapponesi facendoli
avvicinare alla cultura italiana.
Il tutto tramite un miglioramento delle strategie di marketing, facendo bene
attenzione a privilegiare ed informare il cliente dell’appartenenza territoriale di
un vino e ponendo in risalto la stretta dipendenza che questo ha con un
determinato cibo.
La Cina è un mercato tutto da scoprire. E soprattutto da esplorare e
conquistare. Le stime indicano come l’export italiano verso la Cina sia passato
da 1,3 milioni di € del 2003 ai 14,8 milioni di € del 2007. Da segnalare le
12
opportunità fornite dall’Expo del 2010 a Shanghai e dallo sviluppo di una città
come Macao che mettono i presupposti per aumentare il wine business cinese.
Secondo stime i consumatori abituali sono 10 milioni anche se previsioni
confermano un aumento al 2010 che potrebbe attestarsi a circa 100 milioni di
consumatori; nel 2012 la cifra dovrebbe superare il tetto di un miliardo.
L’Italia è seconda solo ai francesi i quali hanno saputo muoversi prima,
creando una sorta di cooperazione con le stesse imprese cinesi.
La produzione interna che si aggira sui 6 milioni di ettolitri annui non è in
grado di soddisfare le pretese di una certa clientela cinese. Inoltre non è in
grado di fornire vini di adeguata qualità, non esistendo nemmeno i presupposti
per un possibile miglioramento vista la necessità di impegnare superfici per
fornire cereali e non vigneti. Di sicuro le imprese italiane dovranno cercare di
infiltrarsi con più decisione ed intensità anche attraverso importatori specifici
solo per i vini italiani. Bisogna anche informare ed insegnare ai cinesi le
caratteristiche peculiari del vino italiano, le differenza con i rivali vini francesi,
scegliendo ed aumentando anche le possibilità di esposizione per il prodotto
italiano. Ovvio il riferimento a fiere appositamente organizzate. Il percorso di
penetrazione commerciale in questi paesi tanto distanti dall’Italia sia
geograficamente sia culturalmente non è facile. Si tratta solo di riuscire a
studiare le strategie migliori, cercando di privilegiare il canale
dell’esportazione diretta. Occorre incoraggiare i piccoli imprenditori
vitivinicoli ad intraprendere la strada dell’esportazione del proprio prodotto
magari con percorsi di affiancamento durante tutta la fase di insediamento
commerciale
2
.
E’ anche vero che questi potenziali esportatori avendo a disposizione un
budget spesso limitato, preferiscono continuare la vendita nel mercato interno.
2
Alla luce della stima diramata dal Mipaaf tra le decisioni strategiche adottate dalle aziende
vitivinicole per poter aumentare la competitività, spicca con un 71,4% la modifica del
mercato di vendita.
13
Ma occorre tenere presente che con la progressiva liberalizzazione del mercato
internazionale si determinerà una progressiva concorrenza nello stesso mercato
italiano, con il rischio che le stesse piccole aziende si possano trovare in forte
competizione e difficoltà.
Questo è il punto. Occorre capire che investire all’estero deve essere un rischio
calcolato ed al tempo stesso un investimento atto a far crescere la propria
azienda.
1.3 Superfici vitate e produzione di vino nel mondo
Analizzando il posizionamento dell’Italia nei mercati internazionali
osserviamo dapprima, la dinamica delle superfici destinate a vigneto.
Al riguardo si segnala una sostanziale stabilità nell’ultimo decennio dopo il
diffuso e sensibile calo dei primi anni novanta. Allo stesso tempo è, invece,
cambiata la loro distribuzione per area geografica: al calo dell’incidenza dei
principali produttori europei si contrappone la crescita delle superfici destinate
a vigneto in quei paesi che rappresentano i principali competitor di settore
come Australia, Nuova Zelanda, Cile e Sudafrica, nonché in Cina e USA.
Queste differenti dinamiche emergono in maniera evidente dai grafici seguenti
che prendono in esame rispettivamente i principali produttori europei e quei
Paesi che cercano di affermarsi come nuovi protagonisti mondiali del settore.
Prendendo in considerazione gli anni tra il 1990 e il 2005 è possibile vedere
che il calo delle superfici destinate a vigneto nel continente europeo è stato
molto marcato proprio nei paesi con forte tradizione vitivinicola; per la Francia
un - 6,2%, il Portogallo, l’Italia e la Spagna registrano, invece, una riduzione
delle superfici vitate maggiore, attorno al 20%. Pur restando su livelli di
superfici ben lontani da paesi come Francia, Spagna e Italia, sono al contrario
eccezionali le performance di alcuni competitor come Cina, Australia e Nuova
14