tipologie di prodotti derivati. Pur contraddistinti da un’apparente complessità,
dal punto di vista matematico i titoli derivati risultano relativamente semplici
da comprendere, considerato che il loro valore dipende soltanto dal prezzo del
sottostante, dal tasso di interesse, e da pochi altri parametri. Visto il crescente
interesse del mondo degli investitori non istituzionali verso l’utilizzo degli
strumenti derivati, il presente lavoro si pone l’obiettivo di analizzare il mercato
italiano dei Futures su Azioni per valutare l’esistenza di strategie di copertura
che consentano nel contempo di realizzare profitti e per valutare se, in
complesso, tale mercato può considerarsi efficiente.
Il lavoro si articola in quattro parti.
La prime due consistono nella presentazione dello strumento Future, delle
nozioni teoriche e matematiche che gli riguardano, del funzionamento dello
stesso e delle più note strategie di copertura e speculative realizzabili attraverso
esso.
La terza parte consiste nell’analisi del Mercato Italiano dei derivati con
particolare riguardo al mercato degli IDEM stock futures, ossia all’applicazione
di questo contratto su titoli azionari, ed al confronto con un mercato simile già
esistente sulla piazza di Londra (LIFFE).
L’ultima parte sperimentale si realizzerà con l’analisi di dati reali e, attraverso
un processo empirico, si cercherà di individuare se sussistono possibilità di
arbitraggio nel mercato italiano degli stock futures e quali tecniche risultano
maggiormente praticate. Successivamente si evidenzierà come, analizzando il
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valore del future su un titolo azionario, si possano trarre interessanti indicazioni
relative al dividendo pagato dall’azione sottostante.
Concludono il presente lavoro alcune considerazioni circa la possibilità di un
effetto destabilizzante di tale strumento sul mercato finanziario e circa la
possibile evoluzione dello stesso.
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CAPITOLO 1
INTRODUZIONE AI
CONTRATTI FUTURES
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1.1 ORIGINI STORICHE DEL MERCATO DEI FUTURES
Le origini storiche dei mercati dei futures si possono far risalire al Medio Evo.
Essi nacquero per soddisfare le necessità di agricoltori e mercanti di coprirsi
dai rischi derivanti dalle fluttuazioni dei prezzi. Il problema del rischio di
fluttuazione dei prezzi delle materie prime coinvolgeva varie figure contraenti:
il produttore, il commerciante e l’utilizzatore, i quali ovviamente cercavano di
trarre un vantaggio economico dalla funzione svolta, e generalmente evitavano
il più possibile l’alea della speculazione. Nessuno di essi poteva però sottrarsi
alle perdite provocate dal ribasso dei prezzi, quando possedevano giacenze di
materie prime o di prodotti lavorati.
Per porre rimedio a queste fluttuazioni occorreva far ricorso a vendite con
consegne differite, trasferendo sui compratori i rischi di fluttuazione dei prezzi.
Affinché i detentori di giacenze di merci potessero “immunizzarsi” dal rischio
di ribasso dei prezzi occorreva perciò che esistessero compratori disposti a farsi
carico di tale rischio, acquistando appunto per futura consegna. Costoro non
potevano certo essere gli utilizzatori, sicuramente non inclini alla speculazione,
e perciò occorreva che un terzo operatore, inserendosi nella filiera commerciale
fra il produttore di materie prime e l’utilizzatore, assumesse in proprio i rischi
mercato. Questo personaggio è lo speculatore, che mette a rischio i propri
capitali per trarre vantaggio dai movimenti dei prezzi: è la logica del “forte
rischio, forte guadagno “, che in ogni epoca ha sempre raccolto vaste schiere di
adepti.
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Si definì quindi la differenza tra mercati a pronti e mercati a termine. La
differenza di denominazione dipende sostanzialmente dal momento della
regolazione del contratto. Nel mercato a pronti è immediata, mentre nel mercato
a termine differita nel futuro. Praticamente sul mercato a termine si conclude
oggi un contratto, fissandone tutte le caratteristiche, che verrà regolato a
scadenza. Tali mercati, come già detto, nascono storicamente con l’esigenza di
frazionare i rischi derivanti dall’aleatorietà del futuro. I primi prodotti che
videro la nascita di mercati a termine furono le “commodities”: prodotti
agricoli, minerali, ecc.. Il mercato a termine serviva per stabilire in anticipo i
prezzi ai quali sarebbe stata acquistata/venduta la merce, ciò al fine di evitare
sgradite sorprese dovute a particolari condizioni di domanda e di offerta a
scadenza.
Ad esempio si consideri un allevatore che sa di dover acquistare una certa
quantità di grano tra un po’ di mesi (lo stesso esempio funziona per un’azienda
che lavora con l’estero e deve pagare una fattura in valuta); mesi in cui non sa
se il tempo sarà bello o brutto e di conseguenza la produzione abbondante o
scarsa, con le ovvie conseguenze sul prezzo. Tale allevatore potrebbe accordarsi
con l’agricoltore e fissare oggi un prezzo “medio” a cui si scambieranno il
prodotto. Sostanzialmente i due soggetti hanno diviso il rischio. Se la
produzione sarà abbondante e il prezzo relativamente basso, l’agricoltore ci
guadagna e l’allevatore ci perde, viceversa accade il contrario. Nascevano così i
cosiddetti contratti forward, contratti in cui, al momento della stipula, si decide
di scambiarsi una determinata quantità di beni (sottostante), ad un prezzo
fissato ad una certa data futura. I forward sono i precursori dei contratti futures;
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questi sono concettualmente identici ai primi, ma standardizzati in termini di
quantità e scadenze e scambiati su un mercato regolamentato: il mercato dei
derivati.
1.1.1 La genesi dei contratti futures dell’era moderna
La genesi dei futures contracts dell’era moderna va ricercata soprattutto nei
primi anni di contrattazioni della Borsa merci di Chicago, la Chicago Board of
Trade ( CBOT ), fondata nel 1848 da 82 mercanti di cereali. Lo sviluppo del
Commercio indusse i principali mercanti del settore ad istituire un luogo in cui
i compratori e venditori potessero incontrarsi per trattare gli affari. Questi
contratti non erano però standardizzati riguardo alla qualità e alla scadenza, e
frequentemente capitava che qualche contraente si dichiarasse inadempiente:
così, nel 1865 gli ordinatori del CBOT introdussero nel commercio dei cereali
esercitato nella Borsa uno schema uniforme di contrattazione con la
standardizzazione dei termini, dando così vita al futures contract. Il future
contract è perciò un contratto standardizzato riguardo alla quantità, qualità,
termine e luogo di consegna della merce, mentre il prezzo costituisce l’unica
variabile.
Mercanti ed agricoltori avevano capito che i contratti futures li avrebbero
protetti dalle future fluttuazioni dei prezzi delle merci acquistate o vendute a
pronti. A loro volta, gli speculatori subivano l’attrattiva del mercato dei futures,
perché vi potevano agevolmente acquistare e rivendere (o viceversa) uno o più
contratti riscuotendo i profitti al sopraggiungere del termine tutte le volte che le
loro previsioni si avveravano. Ad accrescere l’attrattiva dei contratti futures ha
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contribuito l’adozione del cosiddetto “margining system“, un sistema di
garanzie a tutela del buon fine delle negoziazioni nei confronti degli operatori
non intenzionati a portare a termine l’impegno contrattuale. Cosicché, fin dal
lontano 1865, operavano quei principi fondamentali che rappresentavano la
base degli odierni mercati a termine di Borsa.
Sotto un profilo storico, le prime Borse merci al mondo organizzate a trattare
anche operazioni a termine sono state quelle di Trieste su caffè e zucchero, di
Genova su grani e caffè. Seguirono, in ordine di tempo, la Chicago Board of
Trade nel 1865, il New York Cotton Exchange nel 1870, il New Orleans Cotton
Exchange nel 1880, il London Metal Exchange nel 1882 e tanti altri mercati a
termine sorti in Europa e in America.
Oltre a sviluppare considerevolmente il volume degli affari sulle merci lungo
numerosi decenni, dopo l’ultimo conflitto mondiale, per soddisfare le nuove
esigenze dell’economia, il CBOT estese la sua offerta di contratti al nascente
mercato dei financial futures, dando la possibilità agli operatori di trattare
anche il rischio finanziario.
1.2 GLI OPERATORI
Coloro che utilizzano il mercato dei financial futures sono spesso un’ampia
rappresentanza degli operatori più impegnati nelle attività dei mercati
finanziari. La natura di questi soggetti è sempre stata un argomento dibattuto,
anche in ragione del fatto che le motivazioni che spingono tali operatori ad
agire non sono evidenti e si sovrappongono tra loro così da essere difficilmente
riconoscibili.
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Nonostante sia difficile operare una netta distinzione, tradizionalmente, si è
soliti classificare gli attori che intervengono nel mercato dei financial futures
nelle seguenti tre categorie:
1. hedgers;
2. speculatori;
3. arbitraggisti.
1.2.1 Hedgers
Da quanto detto finora, il fine originario dei futures era connesso alla copertura
dai rischi delle fluttuazioni del mercato: finalità di hedging. Gli Hedgers quindi
erano coloro che intendevano coprirsi dai rischi diminuendo l’esposizione al
rischio stesso mediante la sottoscrizione di contratti di acquisto (posizioni
Long) e contratti di vendita (posizioni short) di un titolo nel futuro.
Questo gruppo di operatori è sicuramente il nucleo vitale di ogni mercato futures.
Essi rappresentano il punto di partenza per lo sviluppo di qualsiasi contratto, e
senza la loro attiva partecipazione, ogni mercato stenterebbe ad avere una
dimensione sufficiente per la sua sopravvivenza. L’obiettivo che questi operatori si
prefiggono di raggiungere, nel momento in cui decidono di entrare in un
mercato di financial futures, è quello di annullare o limitare i rischi derivanti da
posizioni presenti e/o future nei mercati finanziari a pronti. E’ quindi evidente
quanto numerosa possa essere la categoria di operatori economici che persegue
finalità di copertura attraverso l’utilizzo del mercato di financial futures.
I principali soggetti definiti “hedgers” possono essere così schematizzati:
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¾ Aziende di credito. Il potenziale interesse delle banche commerciali ad
un mercato di financial futures nasce innanzitutto dalle più ampie
possibilità tecniche che questi strumenti offrono per la gestione delle
attività e passività bancarie. Obiettivo di questa gestione è il miglioramento
del margine di interesse, misura di redditività cruciale per un’azienda
creditizia. Tuttavia l’attività bancaria non si esaurisce nell’erogazione di
prestiti e nella raccolta di depositi: le aziende di credito sono sempre più
rivolte verso nuovi servizi e prodotti finanziari che accrescono le
opportunità di profitto, ma che nel contempo aumentano la complessità
gestionale di una banca moderna. Tutto ciò accentua l’interesse per
l’utilizzazione di un mercato di financial futures in grado di facilitare la
gestione dei portafogli finanziari, l’attività di compravendita titoli, la
gestione finanziaria internazionale e molte altre operazioni proprie
dell’attività bancaria.
¾ Banche d’investimento ed altri intermediari in titoli. Questi operatori
sono potenzialmente interessati ad un mercato di financial futures per molte
operazioni che caratterizzano la loro attività. Basti pensare alle nuove
emissioni, sottoscrizioni, collocamenti di titoli azionari od obbligazionari
che una banca d’affari o un intermediario in titoli devono frequentemente
curare nei mercati finanziari. L’utilizzo dei financial futures si rivela
necessario per la gestione del rischio di oscillazione dei tassi di interesse o
dei mercati azionari se non si vuole compromettere seriamente il profitto di
queste operazioni, o addirittura il buon esito delle stesse.
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¾ Fondi d’investimento e fondi pensione. Questi intermediari finanziari
sono frequentemente impegnati nell’ottimizzazione della gestione dei loro
portafogli finanziari composti da titoli a reddito fisso e titoli azionari. I
financial futures possono essere di grande aiuto per assicurare la redditività
degli investimenti, specie in momenti caratterizzati da aspettative di
diminuzione dei tassi o di ribasso del mercato azionario.
¾ Società di assicurazione. Questi soggetti sono potenzialmente interessati
all’utilizzo dei financial futures sia per la gestione di portafogli finanziari,
che frequentemente accolgono la gran parte delle loro riserve di liquidità
costituite a fronte dei rischi assicurativi, sia per la copertura di rischi più
specifici dell’attività assicurativa nel caso essi siano fortemente
condizionati dall’andamento dei mercati finanziari.
¾ Imprese industriali e commerciali. L’interesse delle imprese per un
mercato di financial futures può essere collegato alla necessità di
proteggersi da determinati rischi:
– rischio di aumento dei costi finanziari: pensiamo al caso di una
nuova emissione obbligazionaria o di negoziazione di un prestito con
delle istituzioni finanziarie. L’impresa potrà assicurarsi il tasso attuale
utilizzando i financial futures, nell’ipotesi in cui sia previsto un rialzo
dei tassi per il momento in cui si procederà al collocamento o alla
concessione del prestito;
– rischio su operazioni nei mercati azionari: si pensi al caso di un
nuovo aumento di capitale sociale da realizzarsi soltanto dopo un certo
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periodo di tempo dal momento della decisione. Utilizzando i contratti
su indici azionari, l’impresa può garantirsi dall’incertezza
sull’andamento del mercato, favorendo quindi il buon esito
dell’operazione;
– rischio di diminuzione dei ricavi finanziari: nell’ipotesi in cui sia
previsto un calo dei tassi, sarà possibile assicurarsi i rendimenti attuali
operando con i futures. Pertanto gli investimenti, solitamente a breve
termine, resi possibili con attuali o future disponibilità liquide potranno
usufruire di una maggiore protezione dalle oscillazioni dei mercati
finanziari;
– rischio di cambio: l’utilizzo dei currency futures (futures sulle
valute) è un utile strumento per la copertura dei rischi di cambio nelle
operazioni commerciali e finanziarie che un’impresa può dover
effettuare nei mercati internazionali.
1.2.2 Speculatori
Dalle caratteristiche intrinseche dei derivati emerge poi la figura degli
speculatori. Essi sono agenti che prendono posizione sul mercato scommettendo
“su una direzione”. La differenza rispetto all’investimento sul mercato a pronti
è che sul mercato a termine non è richiesto alcun esborso iniziale (forward), o
perlomeno limitato (futures), incrementando l’effetto di leva finanziaria
(leverage) dell’investimento, cioè con un esborso iniziale relativamente
contenuto si è in grado di assumere un’ampia posizione speculativa.
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Rispetto agli hedgers, che utilizzano il mercato per ridurre i rischi finanziari,
solitamente gli speculatori si assumono maggiori rischi operando con i futures
nell’aspettativa di ottenere un profitto. Gli speculatori assolvono comunque un
ruolo fondamentale nel mercato dei financial futures, in quanto rappresentano
la controparte più importante e continua degli hedgers, se si esclude la parte
delle operazioni di hedging che si compensano tra loro. Questa funzione di
bilanciamento della domanda di copertura consente di aumentare la liquidità dei
contratti, di ridurre i costi di transazione, ed in definitiva di rendere efficaci
questi mercati per la loro funzione di hedging. Solo un mercato che vede
un’attiva partecipazione degli speculatori può esprimere dei prezzi significativi
che, oltre a rendere efficiente il mercato futures, migliorano globalmente
l’efficienza informativa del mercato dei capitali. Da notare che anche i soggetti
solitamente impegnati nelle attività di hedging possono agire in veste di
speculatori: ciò accade quando l’utilizzo dei futures si fonda su aspettative
diverse in merito all’evoluzione dei mercati finanziari. E’ importante rilevare
che recentemente la visione dello speculatore come soggetto caratterizzato da
una minore avversione al rischio rispetto all’hedger, è stata da più parti messa
in discussione. In altre parole, è riduttivo definire la figura dello speculatore
esclusivamente in funzione del grado di propensione al rischio. Ciò conferma
ancora una volta che la distinzione tra hedging e speculazione è più sfumata di
quanto si possa pensare. Anziché concentrarsi su questa rigida
contrapposizione, sarebbe forse più giusto far riferimento alla distinzione
generale tra trading speculativo e non speculativo.
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Ricorrendo alla distinzione proposta da Working
1
, la speculazione nei mercati
futures può essere funzionalmente classificata in quattro tipi di operazioni:
¾ “Position trading”. Attività speculativa nella quale gli operatori basano
le loro decisioni sulle attuali e future condizioni della domanda e
dell’offerta. L’informazione rilevante consentirà di stimare il prezzo futuro
rispetto al livello attuale dei prezzi.
¾ “New trading”. In questo caso l’informazione rilevante è caratterizzata
da recentissime indicazioni sulle previsioni di domanda e offerta. Gli
operatori, una volta attivate le loro posizioni, cercheranno di pubblicizzare
immediatamente queste informazioni in modo da lucrare sulle prevedibili
variazioni dei prezzi.
¾ “Scalping”. Si tratta di un’attività speculativa con un orizzonte
temporale molto ridotto, che può essere anche solo di pochi minuti. In
questo caso l’obiettivo consiste nel realizzare profitti da piccole
fluttuazioni nel livello dei prezzi. Difficilmente queste oscillazioni saranno
causate da variazioni nelle condizioni economiche fondamentali del bene
sottostante al contratto futures, per cui il soggetto che pratica questo tipo di
speculazione (detto “scalper”) cercherà di chiudere velocemente le
posizioni con operazioni di segno contrario. E’ importante notare che la
maggior parte dell’attività speculativa presente nei mercati futures è
1
Holbrook WORKING, Tests of a theory concerning floor trading on Commodity Exchanges,
Food Research Institute Studies, Vol. 7, Suppl. 1967, pp. 5-48, Proceedings Symposium on
Price effects of Speculation.
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sviluppata proprio dagli scalpers, il cui ruolo è estremamente importante
per assicurare la liquidità del mercato.
¾ Altri tipi di trading. Sono le posizioni speculative restanti, che si
ottengono combinando assieme le diverse tipologie di attività viste
precedentemente.
Commenti di Keynes e Hicks
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John Maynard Keynes e John Hicks sostennero che, se gli hedgers tendono ad
avere posizioni corte e gli speculatori tendono ad avere posizioni lunghe, il
prezzo futures sarà minore del valore atteso dal futuro prezzo spot. Gli
speculatori chiedono infatti un compenso per i rischi che sopportano e saranno
disposti a stipulare solo se si attendono che il presso future salga. Se gli
hedgers tendono ad avere posizioni lunghe e gli speculatori tendono ad avere
posizioni corte, secondo Keynes ed Hicks il prezzo future deve essere maggiore
del valore atteso del futuro prezzo spot. Il motivo è analogo. Al fine di
compensare gli speculatori per i rischi che sopportano, ci si deve attendere che
il prezzo future scenda.
La situazione in cui il prezzo future è inferiore al valore atteso del futuro
prezzo spot è nota come “deporto” (normal backwardation); la situazione in cui
il prezzo future supera il valore atteso del futuro prezzo spot è nota come
“riporto” (contango).
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John C. Hull, Introduzione ai mercati dei futures e delle opzioni, pp. 30-31.
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