2
tradizionalmente sono state caratterizzate da un esteso intervento
pubblico (le comunicazioni, la posta, l'energia, il trasporto).
La natura di interesse economico generale ed il carattere di
monopolio naturale di tali attività hanno, infatti, tradizionalmente,
giustificato un loro affidamento ad operatori pubblici o solo
formalmente privati.
Nell’ultimo decennio le trasformazioni annunciate portano ad
una progressiva riduzione del ruolo pubblicistico dello Stato ed un
conseguente ampliamento della presenza di operatori e imprenditori
privati.
I processi che hanno determinato queste importanti
trasformazioni vengono comunemente chiamati privatizzazione e
liberalizzazione: essi, a partire dagli anni ’80-’90, intervengono, per
accelerare il passaggio, nel regime giuridico delle attività
economiche, dal monopolio pubblico alla libertà di impresa,
attraverso la rimozione di ostacoli, barriere e protezioni che nel
3
corso degli anni erano stati introdotti a tutela di interessi e situazioni
varie e la definizione di assetti organizzativi più contendibili.
Le attività e i settori in questione verrebbero, sostanzialmente,
liberati dall'intervento pubblico per essere affidati al libero gioco
della concorrenza tra privati; le regole giuridiche imposte dallo
Stato lascerebbero il campo alle regole economiche del mercato.
Questo lavoro ha ad oggetto l'analisi del mercato dell'energia
elettrica e la sua evoluzione dal regime monopolistico alla recente
(parziale) liberalizzazione, attraverso una disamina dei più
importanti interventi legislativi del settore.
Particolare rilevanza assume, in tale processo evolutivo, come
vedremo, il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, che introduce
la nuova disciplina del mercato elettrico.
Tale decreto rappresenta il primo tentativo, benché incompleto
(restano ancora da emanare numerosi decreti attuativi e regolamenti
che completeranno la riforma) di una liberalizzazione del settore ed
apertura alla concorrenza dello stesso, sia pure nel rispetto di regole
4
che garantiscano il soddisfacimento di esigenze obiettive legate alla
natura di servizio pubblico dell’attività.
5
CAPITOLO PRIMO
I SERVIZI PUBBLICI
SOMMARIO: 1. Nozione di servizio pubblico. - 2. Il regime tradizionale dei servizi
pubblici. - 3. Il nuovo regime dei servizi pubblici. - 4. La disciplina della concorrenza.
1. Nozione di servizio pubblico
Nel nostro ordinamento non si è affermato un concetto unitario
di servizio pubblico, così come non c'é un diritto dell'insieme dei
servizi pubblici, ma differenti discipline che ne regolano i diversi
aspetti.
Secondo un’accezione terminologica comune, sono
tradizionalmente definiti servizi pubblici quei servizi che soddisfano
esigenze fondamentali della collettività, quali, ad esempio, i
trasporti di linea, le telecomunicazioni, le radiodiffusioni, il recapito
della corrispondenza postale, la somministrazione di energia
elettrica e di gas naturale: essi forniscono in maniera indifferenziata,
6
a collettività stanziate su un determinato territorio, alcune utilità che
noi oggi riteniamo essenziali.
1
La nozione di servizio pubblico è, a tutt’oggi, oggetto di
contesa fra una concezione soggettiva o nominalistica e una
concezione oggettiva.
Per la concezione soggettiva
2
, pubblico servizio è ogni attività
destinata agli amministrati e imputabile (direttamente o
indirettamente) allo Stato o a un ente pubblico.
La concezione oggettiva
3
, invece, fa leva sulla natura
dell'interesse di utilità pubblica che sta alla base delle attività in cui
si concreta il pubblico servizio: l'attributo “pubblico” prescinde,
1
S. CASSESE, Servizi pubblici a rete e governo del territorio, nella Relazione al
Convegno Enel – Inu su “Reti, città e Territorio: infrastrutture e urbanistica”, tenutosi a Roma
l’8 settembre 1997, in Giorn. Dir. amm., 1997, p. 1075 osserva che non fu scontato, in passato,
che i servizi dovessero essere forniti al pubblico in generale e quindi secondo criteri che
superassero i limiti territoriali e si ispirassero al principio di uguaglianza. Lentamente, però, si
affermò il principio che negli Stati Uniti fu chiamato common carrier (il “trasportatore” che
mette a disposizione del pubblico una gamma di strumenti necessari all’offerta dei servizi su
base non discriminatoria) ed in Francia service public: ci si rese conto che questi servizi erano
essenziali e che la loro offerta non poteva essere limitata ad una parte della popolazione o ad
una parte del territorio.
2
Relativamente a tale concezione, Cfr. M. S. GIANNINI, Istituzioni di diritto
amministrativo, Milano, 1981, p. 544, 545; F. MERUSI, I servizi pubblici instabili,
Bologna, 1990, p. 15 ss.
7
pertanto, dalla persona che esercita l'attività ed attiene, piuttosto, al
fatto che quel servizio è diretto al pubblico, inteso come “utenza
finale di carattere diffuso”
4
.
Come è stato autorevolmente sostenuto entrambe le concezioni
sono accettabili, dato che rispecchiano punti di vista diversi
5
.
Nell’ultimo decennio, sotto la spinta del legislatore
comunitario, si è affermata, sia pure in via interpretativa, la nozione
di servizio pubblico comunitario che è affine, per molti aspetti, al
concetto di servizio pubblico in senso oggettivo innanzi delineato:
in particolare, affinché possa parlarsi di attività di servizio pubblico
comunitario occorre che queste siano funzionali alla soddisfazione
di obiettivi di interesse economico generale, la cui individuazione è
3
Il contributo più significativo all’affermarsi della nozione oggettiva di servizio pubblico è
rappresentato dall’opera di U. POTOTSCHNIG, I pubblici servizi, Padova, 1964.
4
In tal senso, R. ABENANTE, Il servizio di pubblica utilità in campo energetico, in Riv.
Energia, 2000, p. 17.
5
ALESSI e OLIVIERI, La disciplina della concorrenza e del mercato, Torino, 1991,
pag. 37. In particolare, deve riconoscersi che ambedue contengono elementi validi tenuto
specialmente conto del fatto che la diverse ipotesi teoriche sono state formulate in relazione a
stadi diversi di evoluzione dell’ordinamento amministrativo: Così, S. CATTANEO (alla
voce) Servizi, Servizi pubblici, in Enciclopedia giuridica Treccani, Roma, 1991, vol. XXIII, p.
368.
8
riconducibile a una decisione di un pubblico potere
6
; siano svolte,
indifferentemente, da soggetti pubblici o privati e siano offerte al
pubblico senza discriminazioni tra gli utilizzatori.
Alla nozione di servizio pubblico sono, infine, riconducibili i
concetti di servizi a rete e servizio universale, anch’essi di matrice
comunitaria.
S’intendono per servizi a rete i servizi pubblici ramificati su
tutto il territorio nazionale, con collegamenti strutturali e funzionali
tra le sedi di produzione del bene o di svolgimento della prestazione
oggetto del servizio
7
.
Quanto al servizio universale, esso costituisce un sottoinsieme
del servizio pubblico e si qualifica come un “insieme minimo
definito di servizi, di una data qualità, a disposizione di tutti gli
utenti indipendentemente dalla localizzazione geografica e offerto,
6
Così, N. RANGONE, I servizi pubblici, Bologna, 1999, p. 313;
7
Definizione contenuta nell’art. 1, comma 2, del disegno di legge n. 2579 - AC-XI legislatura
che ha preceduto la legge n. 481/95.
9
in funzione delle specifiche condizioni nazionali, a un prezzo
abbordabile”
8
; il servizio universale è, dunque, un servizio minimo
che consente di garantire il perseguimento degli obiettivi sociali non
assicurati dal libero gioco del mercato.
2. Il regime tradizionale dei servizi pubblici
Nella tradizione europea si è affermata una concezione
organica o soggettiva di servizio pubblico che ha posto un legame
diretto tra servizi pubblici e pubblici poteri e si è tradotta nella
diffusa coincidenza tra servizio pubblico e gestione in monopolio
legale.
In particolare, soprattutto l’Italia è stata caratterizzata da un
esteso settore pubblico.
I servizi pubblici sono stati riservati, tradizionalmente, ai
pubblici poteri e gestiti direttamente o in regime di concessione.
8
Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio Ce n. 20, art. 2, comma 2, lett. f.
10
Con la riserva originaria o esclusiva, tutti i soggetti vengono
privati della legittimazione ad assumere la qualità di imprenditori
nel settore “riservato”
9
.
Le attività riservate possono essere gestite direttamente dallo
Stato, attraverso un proprio organo o da un altro ente pubblico, che
mantiene la titolarità e l’esercizio del servizio.
Esse, inoltre, possono essere affidate in concessione a soggetti
privati esclusi dalla titolarità dell'impresa e ammessi all'esercizio
solo in base a scelte discrezionali dei pubblici poteri: l’attività
riservata viene attribuita, con provvedimento dello Stato, a società
per azioni che svolgono in forma imprenditoriale il servizio, ma
nella veste di concessionari e quindi non in quanto imprenditori retti
dal principio di libertà di inziativa economica privata. Ciò significa
9
In Italia, il regime della riserva ha trovato una consacrazione nell'art. 43 della Costituzione
che ha reso costituzionalmente possibile, ai fini di utilità generale, la riserva o il trasferimento
delle imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali a favore dello Stato o di enti
pubblici ed anche a favore di comunità di lavoratori o utenti. La previsione di tre diverse
destinazioni rivela come “la gestione di imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali
non soltanto non è più attribuzione esclusiva di pubbliche amministrazioni, ma può venire
addirittura sottratta agli enti pubblici per essere riservata o trasferita, sempre a fini di utilità
generale, a soggetti diversi”: U. POTOTSCHNIG, cit. alla nota 3, p. 54.
11
che essi acquisiscono la qualifica di imprenditore in virtù di un
provvedimento autoritativo e singolare che conferisce loro il
compito di svolgere l'attività di impresa con esclusione di altri
10
.
Il servizio in concessione può essere gestito da un soggetto
privato sotto il controllo pubblico oppure, da una SpA a
partecipazione pubblica.
In definitiva, possiamo affermare che i servizi pubblici hanno
avuto, tradizionalmente, una gestione pubblica in regime di
privilegio giustificata dalla necessità di garantire a tutti la fruizione
di servizi di interesse economico generale.
Il soddisfacimento di esigenze fondamentali della collettività
non poteva essere assicurato dal libero gioco del mercato: emergeva,
così, la netta contrapposizione tra servizio pubblico e concorrenza.
10
Così, S. CASSESE, La nuova costituzione economica, Roma-Bari, 2000, p. 85.
12
3. Il nuovo regime dei servizi pubblici
Verso la fine degli anni ‘70, il sistema dei grandi enti pubblici
comincia a perdere slancio e ad incontrare difficoltà aggravate,
perdipiù, dalla crisi fiscale dello Stato.
La crisi del servizio pubblico, lo sviluppo tecnologico e
l’affermazione della disciplina della concorrenza a livello
comunitario e nazionale portano al superamento della dissociazione
tra quest’ultima e sevizio pubblico, per affermare l'opposto criterio
della complementarietà tra le regole del mercato e il perseguimento
di obiettivi di interesse generale
11
.
La nuova disciplina dei servizi pubblici, che discende
soprattutto dagli interventi comunitari di armonizzazione
12
e
liberalizzazione, comporta il passaggio da un regime di monopolio
11
Sull’argomento, Cfr. E. FERRARI, La disciplina dei servizi a rete e la dissoluzione
della figura dei servizi pubblici, in I servizi a rete in Europa, a cura di E. FERRARI, Milano
2000, p. 20.
12
“Il Consiglio, deliberando all’unanimità, su proposta della commissione e previa
consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive
volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione e sul funzionamento del mercato
comune” (art. 94 del Trattato Ce come modificato dal Trattato di Amsterdam).
13
pubblico ad un regime di concorrenza e libertà di accesso a più
operatoti.
Il contributo fondamentale del diritto comunitario
13
consiste, in
particolare, nell’aver:
-individuato a livello sopranazionale gli obiettivi del servizio
pubblico: il bisogno di interesse generale soddisfatto dal servizio
pubblico è definito a livello comunitario;
-distinto il carattere pubblico del servizio dalla natura pubblica o
privata del gestore: il servizio pubblico è svincolato, pertanto, da
una gestione pubblica necessaria;
-imposto la caduta di privilegi e oneri;
-definito un nuovo regime dei servizi pubblici. Quest'ultimo
comporta: la soppressione dei diritti speciali o esclusivi esistenti; la
sostituzione del sistema di accesso ai mercati basato su concessioni
con autorizzazioni non discrezionali; l'affidamento delle funzioni di
regolazione a organismi indipendenti dagli operatori di settore; il
13
Si veda per un approfondimento, N. RANGONE, cit. alla nota 6, p. 314.
14
superamento della natura pubblicistica del rapporto giuridico
intercorrente tra erogatori ed utenti dei servizi, disciplinato da
norme di diritto pubblico ed il riconoscimento della natura
pienamente contrattuale dello stesso, regolato da norme di diritto
comune
14
.
Nel nuovo regime dei servizi pubblici si affermano principi
(separazione tra regolazione e gestione, equilibrio economico del
servizio pubblico, continuità, uguaglianza del trattamento,
adattamento ai bisogni e universalità della prestazione) ispirati ai
diritti nazionali ed interpretati a livello comunitario per divenire il
nucleo centrale del diritto dei servizi pubblici.
L’applicazione dei principi comunitari influenza
profondamente i diritti amministrativi interni, imponendo una nuova
definizione dell’ambito e dell’estensione dell’area pubblica.
14
G. CAIA, La disciplina dei servizi pubblici, in Manuale di Diritto Amministrativo, a cura
di L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F. A. ROVERSI MONACO e F. G.
SCOCA, Bologna, 1998, p. 957 e ss.
15
4. Disciplina della concorrenza
Con l’introduzione del nuovo regime dei servizi pubblici e la
conseguente apertura al mercato e alla concorrenza, si è attribuita a
più operatori la possibilità di esercitare liberamente l’attività
d’impresa nei settori prima riservati, prescindendo dalla loro natura
pubblica o privata e vietando discriminazioni fondate sulla
nazionalità.
In tale contesto, assume un ruolo fondamentale la disciplina
della concorrenza, formulata a livello comunitario negli articoli 81 e
seguenti del Trattato e a livello nazionale nella legge del 10 ottobre
1990, n. 287.
Entrambe affermano il principio in base al quale i diversi
servizi pubblici sono innanzitutto assoggettati alle regole della
concorrenza, limitando gli spazi di discrezionalità pubblica entro
confini precisi e giustificabili in termini di benessere sociale.