VI
fatto che i Paesi produttori di petrolio sono ubicati in zone ad alto
rischio politico.
Per quanto concerne il primo aspetto, quello relativo alle riserve, i
pareri sono discordanti. Alcuni affermano che le riserve avranno una
durata di circa 80 anni, ai ritmi di consumo attuali; su queste posizioni
si riconoscono i geologi che fanno capo al King Hubbert Center i quali
sono del parere che la durata delle riserve è sicuramente incerta e che
entro il 2020 vi sarà in ogni caso una forte riduzione dell’estrazione e
quindi un forte aumento della durata delle riserve petrolifere.
Riguardo il secondo aspetto, quello che abbiamo definito ad alto
rischio politico, va rilevato che proprio in questi ultimi anni, esso si è
manifestato più acuto, tanto da fare lievitare il prezzo del greggio da
25 dollari al barile fino a 60 dollari al barile ed oltre. Tutto ciò
comporta una forte destabilizzazione nelle economie dei Paesi che
utilizzano come fonte primaria di energia il petrolio.
Inoltre, sempre in relazione al forte rimbalzo del prezzo, si è aperto un
ampio dibattito sulla necessità di trovare una possibile soluzione ai
problemi che hanno investito le economie dei Paesi industrializzati
dopo l’ascesa del prezzo del petrolio.
VII
Si sono così delineate due posizioni:
• Logica del consumatore: Si giudica ogni livello superiore ai
costi come un lucro ingiustificato per i produttori. Secondo tale
logica le grandi multinazionali prima e l’OPEC poi agiscono
come un cartello per mantenere i prezzi molto al di sopra dei
costi di estrazione e di commercializzazione..
• Logica del produttore: tale logica, invece, respinge l’idea che il
prezzo del greggio debba essere determinato con riferimento al
suo costo, e sostiene che in quanto risorsa esauribile, esso debba
avere in sè un valore implicito di scarsità discendendo la sua
valorizzazione dal costo opportunità delle sue fonti alternative,
mentre, ogni livello inferiore rappresenterebbe di fatto uno
sfruttamento del prodotto ed un deprecabile spreco di una
risorsa finita.
Il presente lavoro si articola in quattro parti, e si propone di fornire
possibili spiegazioni sull’incidenza che il mercato del petrolio ha
sull’andamento dell’economia mondiale.
Nel primo capitolo si sono evidenziati i protagonisti del mercato del
petrolio, raggruppati principalmente in quattro attori: imprese
petrolifere, governi dei paesi produttori - esportatori, governi dei paesi
VIII
importatori e organismi internazionali; altrettanto importanti sono
l’istituzione dell’ OPEC e i fallimenti del mercato che, come meglio
verrà chiarito, hanno per oggetto la sicurezza, che in realtà non è
incerta, degli approvvigionamenti esteri di petrolio.
Successivamente vengono analizzate le problematiche storiche
relative alle crisi petrolifere, partendo dalla prima crisi del 1973-1974
dove si registrano forti tensioni nel rapporto domanda - offerta e dove
l’intera struttura dei prezzi di mercato tende ad aumentare passando da
5-6 dollari al barile fino ad arrivare a 31 dollari; la seconda crisi del
1978-1979 causata fondamentalmente dagli alti tassi di inflazione; e la
terza crisi petrolifera 2002-2005 e la ricerca di fonti alternative al
petrolio, sono stati determinati da una forte impennata del prezzo del
greggio che, com’è noto, ha raggiunto oltre i 60 dollari al barile. Sono
stati altresì analizzati i processi di aggiustamento riguardanti i prezzi
dell’energia e del petrolio, il crollo della domanda e l’aumento
dell’offerta, e infine l’OPEC considerata come produttore residuale e
come “cartello”.
Nel terzo capitolo si andranno ad analizzare i fattori che incidono
sull’economia del petrolio, tra i quali l’alta intensità di capitale e il
fattore rischio, il livello e la struttura dei costi di produzione del
petrolio, e le economie di scala, in cui un importante rilievo assumono
IX
i casi della raffinazione e dei trasporti. Infine è altresì analizzata la
domanda di greggio.
Nell’ultimo capitolo sono esposte le problematiche che afferiscono sul
mercato petrolifero; ovvero la conquista del mercato europeo da parte
delle compagnie petrolifere, i prezzi e il pendolo del mercato segnati
dal ritorno della domanda e soprattutto dal rafforzamento dei poteri
dell’OPEC, nonchè i criteri di formazione dei prezzi del greggio.
1
CAPITOLO 1: I PROTAGONISTI DEL
MERCATO PETROLIFERO
1.1-GLI ATTORI
Volendo schematizzare – in base alla tipologia di interesse - le forze
in gioco nel mercato del petrolio, possiamo raggrupparle
principalmente in quattro attori: imprese petrolifere, governi dei paesi
produttori – esportatori, governi dei paesi importatori, organismi
internazionali. La struttura dell’industria petrolifera e le dinamiche di
mercato sono la risultante nel tempo della complessa interazione di
queste forze, delle ragioni di conflitto o di cooperazione di volta in
volta prevalenti, delle relazioni–contro reazioni a cui davano luogo.
Rivalità tra produttori, interessi strategici e politici dei governi,
condizioni politico-economiche nelle aree petrolifere, sono solo alcuni
degli aspetti che hanno segnato l’evoluzione dei rapporti tra gli attori
della scena petrolifera. Questo processo interattivo è per sua natura
complesso e tale da non potersi analizzare o potere di sortire i suoi
esiti in un breve arco di tempo. Questa complessità è accresciuta
2
inoltre dalla disomogeneità o non piena identità di interessi (e quindi
di funzioni obiettivo) all’interno di ogni categoria di attori.
1.1.1- Le imprese petrolifere
Si fa un distinzione all’interno del raggruppamento delle imprese è tra
le grandi imprese e quelle di minore dimensione che si sono affacciate
sul mercato negli anni Cinquanta e Sessanta.
Una simile distinzione, ancora sostanzialmente vera negli aspetti
economici, ha perso molto della sua significatività sotto il profilo dei
rapporti di potere esistenti sul mercato, dacché i paesi produttori
hanno esercitato per interno la loro parte.
Con grandi imprese internazionali (o international majors) si fa
riferimento a sette compagnie petrolifere (Mobil Oil, Texaco, British
Petroleum) che erano associate alle Compagnie francesi del petrolio
(CFP) costituita dal governo francese nel 1924 per subentrare agli
interessi tedeschi nell’Impero Ottomano.
Le caratteristiche comuni di queste imprese erano: la lunga tradizione
ed esperienza professionale accumulate; la grande dimensione
(assoluta e relativa); l’alto grado di diversificazione geografica e
3
produttiva; l’alto e bilanciato grado di integrazione verticale a partire
dall’essenziale e più remunerativa produzione di greggio.
1
Fino agli anni Sessanta le majors mantengono un assoluto dominio
della scena petrolifera internazionale. Dell’intera produzione di
petrolio nei paesi ad economia di mercato poco meno del 70% è nelle
loro mani. Da allora le cose sono cambiate, così che quella
percentuale si è ridotta da allora di circa cinque volte ad appena il
14%. Al di là de loro ridotto ruolo nel mercato internazionale del
greggio, le majors petrolifere mantengono una dimensione assoluta e
relativa dominante nell’intero panorama industriale mondiale. Nel
1995 le sette majors hanno realizzato un giro di affari di circa 830
mila mld. lire, pari a poco meno della metà dell’intero prodotto
interno lordo dell’Italia.
La seconda categoria di imprese sono le imprese indipendenti, perché
estranee delle majors. Esse manifestano in genere una dimensione
relativamente molto più contenuta; strategie di entrata sul mercato
tipiche dei newcomers; una diversificazione geografica più contenuta
e con una vocazione d’insieme spesso tipicamente nazionale. In questa
categoria d’impresa rientra la più parte delle imprese americane
1
Abbot Jennifer, Achbar Marc, Bakan Joel, “The corporation”, 2005, p. 17.
4
(Union Oil, Getty Oil), alcune imprese europee (Petrofina) e d’altri
paesi.
La terza categoria è rappresentata dalle imprese di Stato, imprese
petrolifere con capitale azionario controllato dagli Stati consumatori e
produttori. Queste imprese costituirono lo strumento con cui gli Stati
miravano a conseguire finalità di interesse nazionale. Quali nel caso
dei paesi consumatori: acquisire il controllo di risorse petrolifere;
contrastare il dominio delle majors. Questa fu la principale missione
assegnata ad imprese come l’ENI
2
. La rilevanza di queste imprese fu
soprattutto nel tipo di strategia competitiva che esse posero in essere
nei confronti delle majors. Oggi non sussistono differenze sostanziali
rispetto all’impronta privatistica e alle strategie delle altre imprese, ciò
anche nei casi in cui il controllo azionario è rimasto pubblico. Nel
2005 l’ENI ha continuato a tesserare la sua rete di alleanze
internazionali, rafforzando la propria presenza in India. Infatti ENI e
l’indiana Oil & Natural Gas Corporation (Ongc) hanno firmato un
protocollo d’intesa che stabilisce la collaborazione reciproca tra le
compagnie con l’obiettivo di definire nuove opportunità di business
nell’esplorazione e produzione di idrocarburi.
2
Costituita in Italia nel 1953. www.eni.it.
5
Questo accordo prevede anche la condivisione di informazioni relative
all’esplorazione di giacimenti offshore in acque profonde sia in India
che in altri paesi e la possibilità di reciproci scambi di partecipazioni
in progetti upstream e midstram di particolare importanza.
3
Vi è un’ultima categoria di imprese, di cui un tempo si faceva scarsa
mensione: perché marginali e strumentali rispetto alle altre imprese,
ma soprattutto perché ininfluenti sulle dinamiche di mercato. Ci
riferiamo:
a) operatori minori, che operano in singole fasi e/o singoli paesi, con
posizionamento in piccole nicchie di mercato;
b) traders e brokers che operano unicamente nelle fasi di
commercializzazione del greggio e dei prodotti derivati.
Si è conferito loro un potere tutt’altro che marginale
nell’intermediazione commerciale, nel controllo dell’informazione di
mercato e, in ultima analisi, nella fissazione dei prezzi.
3
da “Il Sole 24 ore” di giovedì 8 settembre 2005, n°246, articolo di A.AZ.
6
1.1.2- Gli Stati
Questa categoria di attori, non meriterebbe troppo conto se il loro
ruolo si fosse limitato a quello da essi normalmente svolto verso i
settori produttivi che assumono rilevanza particolare sulle sorti delle
economie nazionali, sui costi di produzione, sulla dinamica dei prezzi
ecc.. Le cose cambiano, invece, quando a queste ragioni di interesse
economico se ne aggiungono – come nel caso del petrolio – altre
d’ordine politico che, sommate alle prime, hanno spinto gli Stati ad
adottare comportamenti e azioni tali da condizionare strategie risultati
delle imprese.
Sul versante dei paesi consumatori, con alterazioni delle convenienze
di mercato per riorientare in una direzione auspicata le scelte di
acquisto dei consumatori o di investimento dei produttori; facilitando
la penetrazione all’estero degli interessi industriali di origine interna, e
poi assicurando loro protezione; condizionando le correnti di traffico
verso paesi ritenuti più affidabili o con cui si intrattenevano particolari
relazioni politico-commerciali.
Sul versante dei paesi produttori le politiche hanno inteso di sostenere
lo sviluppo di industrie nazionali; condizionare l’operato di quelle
estere; appropriarsi della più larga parte della rendita dei produttori.
4
4
Balcet Giovanni, “Economia italiana. Evoluzione, problemi e paradossi”, 1999, p.53.
7
Quello che interessa sottolineare è che:
• nel tempo l’azione degli Stati è risultata molto differenziata (per
intensità e per direzione) così da non potersi sempre considerare come
determinante prioritaria delle dinamiche di mercato;
• sono sempre esistite forti diversità di interessi all’interno dei due
aggregati di paesi (consumatori e produttori);
• quel che non consente di far riferimento alla loro rispettiva azione
come a un tutt’uno decisionale se non in circoscritte e rare occasioni.
Le ragioni di questi conflitti di interessi originano direttamente dalle
diversità di situazioni che i singoli paesi manifestano rispetto alla
questione petrolifera. Sul versante dei paesi consumatori una prima
distinzione è senz’altro tra quelli costretti all’importazione di petrolio
(o di altre fonti di energia) perché sostanzialmente privi di produzioni
interne (è il caso dell’Italia e Giappone) e quelli che all’importazione
ugualmente devono ricorrere, potendo però ad essa affiancare ampie
produzioni interne (è il caso degli Stati Uniti). Ad un interesse dei
primi a minimizzare il più possibile i prezzi di importazione del
petrolio si contrappone una convenienza dei secondi ad evitare che
bassi prezzi internazionali possano compromettere la competitività ,
quindi l’offerta, delle risorse interne. Una seconda distinzione che
decorre tra i paesi consumatori è quella tra paesi ricchi, capaci di
8
importare petrolio a qualsiasi prezzo, e paesi poveri costretti a non
farlo quando questi oltrepassano livelli incompatibili con le proprie
capacità di spesa e di indebitamenti.
5
Nel versante dei paesi produttori, la prima distinzione è tra produttori-
esportatori netti, che destinano la più parte della loro produzione ai
mercati esteri, e produttori-consumatori che rivolgono al mercato
interno la totalità della loro produzione: derivando dalle due situazioni
di diversità di interessi sulle dinamiche dei prezzi internazionali; la
seconda distinzione è tutta interna ai produttori-esportatori, tra quelli
che dispongono di grandi riserve minerarie (con un loro basso tasso di
sfruttamento) e quelli che hanno un orizzonte ravvicinato di loro
esaurimento. A tale distinzione la natura ha voluto che si sommasse
nei due casi un diverso grado di assorbimento della rendita petrolifera,
assolutamente basso per i primi (per la ridotta popolazione e lo scarso
livello di sviluppo) e addirittura esorbitante per i secondi. Queste
situazioni individuano diverse funzioni obiettivo e quindi diverse
preferenze quanto a combinazioni prezzi-quantità nel breve e nel
lungo termine.
6
5
Borzi Nicola, “La crisi di fiducia del mercato mondiale”, 2002 p.20.
6
Organization for Economic Cooperatio & Developmente, “Energy Balances of lea countries:
italy 2003”, 2003.
9
1.1.3- Gli organismi internazionali
Vi è, infine, una terza categoria di attori, gli organismi internazionali,
il cui ruolo è stato di minore rilevanza rispetto a quello svolto da
imprese e Stati, ma che un determinate situazioni ha assunto un suo
rilievo. Rilievo in nessun caso riconducibile a una capacità decisionale
di tali organismi distinta da quella dei paesi membri.
Tra gli organismi internazionali che hanno assunto maggiore rilievo vi
è, dal lato dei paesi consumatori, la Comunità Economica Europea
(CEE) costituita con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957 da sei
paesi europei, cioè Italia, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo,
Paesi Bassi; dal 1973 è costituita da nove membri Gran Bretagna,
Irlanda, Danimarca in più; dal 1981 dieci membri in più è la Grecia;
nel 1986 i membri arrivarono a dodici con l’entrata della Spagna e del
Portogallo; nel 1995 è costituita da quindici membri Australia,
Finlandia e Svezia; infine nel 2004 diventarono venticinque membri
cioè in più Slovenia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca,
Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania, Cipro e infine Marta
7
.
E’ nel 1951 a Parigi fu firmato il trattato CECA (Comunità Europea
del Carbone e dell’Acciaio), riunisce la Francia, la Germania, l’Italia,
e i paesi del Benelux; l’obiettivo di questo trattato è introdurre la
7
da WIKIPEDIA, l’enciclopedia libera
10
libera circolazione del carbone e dell’acciaio e garantire il libero
accesso alle fonti di produzione, dove l’alta Autorità comune vigila
sul mercato, sul rispetto delle regole della concorrenza e sulla
trasparenza dei prezzi
8
. Un altro punto di riferimento dei paesi
consumatori è rappresentato dall’Organizzazione per la Cooperazione
e lo sviluppo Economico (OCSE) costituita nel 1961 tra i paesi
industrializzati, specie da quando nel 1974 dopo la prima crisi
petrolifera è stata affiancata ad essa un’apposita Agenzia
Internazionale per l’Energia (AIE)
9
che ha cinque obiettivi principali
di lavoro:
• Assicurare il rifornimento del petrolio e dei prodotti petroliferi in
situazioni di emergenza attraverso: la costituzione di un “common
emergency self-sufficiency sistem” per la fornitura del petrolio; misure
comuni di restrizione della domanda; un meccanismo di ripartizione
del gregge disponibile.
• Gestire un sistema di informazione sul mercato internazionale del
petrolio ed un meccanismo di consultazione con le compagnie del
settore.
8
dal sito www.politicaonline.net
8
De Vito G., Petrobelli C., Pugliesi E., “Economia. Casi pratici e
teorici”, 2005, p.229
9
De Vito G., Petrobelli C., Pugliesi E., “Economia. Casi pratici e teorici”, 2005, p.229.