Introduzione
Il 17 settembre 2007 è diventato operativo il Mercato Alternativo del Capitale (MAC),
il primo listino alternativo di Borsa Italiana dedicato alle piccole e medie imprese.
Il MAC rientra nella categoria dei cosiddetti Multilateral Trading Facilities (Mtf),
sistemi autonomi di negoziazione promossi e organizzati dalla medesima società di
gestione dei mercati regolamentati, con l’obiettivo di segmentare la propria offerta
attraverso l’istituzione di circuiti di scambio adatti a particolari tipologie di emittenti ed
investitori
1
. Il panorama borsistico italiano si è così arricchito di un nuovo comparto
concepito e strutturato in base alle peculiarità e agli specifici bisogni delle realtà che
costituiscono l’asse portante del sistema produttivo nazionale: le PMI.
L’esigenza di creare uno strumento volto a favorirne la capitalizzazione trova
fondamento nel fatto che le piccole e medie aziende italiane, tradizionalmente
caratterizzate da un eccessivo ricorso all’indebitamento, presentano una dotazione
media di capitale di rischio molto spesso inadeguata per far fronte ai cambiamenti che il
contesto economico impone e, comunque, inferiore rispetto a quella delle altre imprese
comunitarie operanti nei Paesi trainanti (30% del passivo contro il 35% nelle PMI della
Germania, il 40% in Francia e il 48% in Spagna).
“Si aprono nuovi mercati, aumentano gli scambi internazionali, cambia la geografia
della produzione. Lo scenario economico evolve rapidamente e offre opportunità per
crescere: le piccole e medie imprese italiane hanno le qualità per coglierle, ma servono
soluzioni finanziarie a supporto”
2
.
In effetti, a fronte della riconfigurazione continua e sempre più accelerata delle
condizioni competitive indotta dal processo di globalizzazione, gli ormai
imprescindibili imperativi con cui le piccole realtà produttive si devono confrontare -
crescita interna ed esterna, raggiungimento e mantenimento di elevati livelli di
concorrenzialità, realizzazione di nuove idee imprenditoriali, maggiore investimento in
innovazione tecnologica - mettono in luce i condizionamenti derivati dalle
caratteristiche dimensionali e palesano la necessità di un processo di sviluppo teso non
solo ad un irrobustimento operativo delle PMI ma, prima ancora, ad un’ottimizzazione
1
I Multilateral Trading Facilities, o Sistemi Multilaterali di Negoziazione, sono regolati in dettaglio dalla
direttiva 2004/39/CE sui mercati degli strumenti finanziari, conosciuta meglio con l'acronimo inglese
MIFID (Market in Financial Instruments Directive).
2
Il Mercato Alternativo del Capitale per le piccole e medie imprese, presentazione disponibile sul sito
Internet gestito da PRO MAC, la società di promozione del mercato.
della loro struttura finanziaria, che di tale irrobustimento rappresenta del resto una pre-
condizione essenziale.
L’esigenza di rafforzare il patrimonio delle piccole e medie aziende si manifesta
anche in relazione all’applicazione dell’accordo internazionale di Basilea 2: “se
vogliono finanziarsi a condizioni favorevoli, le imprese devono migliorare il rating loro
assegnato dalle banche”
3
.
Al fine di sostenere la crescita e lo sviluppo aziendale in senso lato, il Mercato
Alternativo del Capitale mira perciò a garantire alle PMI un più agevole accesso al
capitale di rischio e un conseguente rafforzamento della struttura finanziaria.
I fattori su cui fa leva sono la snellezza e la semplicità del processo di ammissione
alle negoziazioni, gli adempimenti formali molto contenuti, i bassi costi, l’apertura
esclusiva agli investitori professionali e il supporto degli abituali referenti finanziari, le
banche del territorio, che intervengono a fianco delle società quotande in qualità di
sponsor.
La decisione di approfondire l’argomento in questione è maturata proprio nel corso
di uno stage svolto presso un istituto bancario nel periodo precedente al lancio del
mercato (luglio-settembre 2007). L’esperienza nell’Ufficio Crediti di alcune filiali che
stavano sperimentando un programma interno per l’attribuzione di un rating alle aziende
clienti, ha stimolato interesse in merito alla variazione del giudizio sul merito di credito
nell’eventualità che l’impresa oggetto di valutazione fosse quotata su un mercato come
il MAC. In più, la circolazione interna di diverso materiale informativo relativo alla
nuova piattaforma di Borsa Italiana e la condivisione di opinioni in merito alla validità
dei presupposti alla base della sua istituzione e alle sue potenzialità operative hanno
fornito interessanti spunti di riflessione.
Negli ultimi decenni l’evoluzione tecnico-organizzativa della maggior parte dei
mercati finanziari mondiali è stata impressionante, guidata da un lato dallo sviluppo
delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni, dall’altro dalla crescente
complessità dei prodotti finanziari. Tuttavia, una caratteristica della realtà italiana è
rimasta invariata: il binomio “PMI - mercati azionari” non è mai decollato.
Borsa Italiana, nel tentativo di attrarre le aziende di minori dimensioni, ha perseguito
diverse politiche volte alla creazione di un listino maggiormente articolato: sono stati
3
Il Mercato Alternativo del Capitale per le piccole e medie imprese, presentazione disponibile sul sito
Internet gestito da PRO MAC, la società di promozione del mercato.
modificati i criteri di ammissione alle negoziazioni con l’intento di premiare le
possibilità di crescita prospettica delle imprese anziché rigidi e retrospettivi criteri di
redditività e, parallelamente, si sono segmentati i mercati (prima con il lancio del Nuovo
Mercato, poi con l’istituzione dei segmenti Star ed Expandi) al fine di offrire servizi
specifici in base alle diverse esigenze mostrate dalle diverse tipologie di emittenti.
Nonostante questo, però, sia per effetto della storica ritrosia degli imprenditori
domestici ad aprire il proprio capitale a soci esterni, sia a causa dell’eccessiva
complessità della disciplina giuridica riguardante le società quotate, appesantita a
seguito dei numerosi scandali finanziari e senza alcuna differenziazione per le piccole
realtà produttive, i risultati conseguiti si sono sempre rivelati al di sotto delle aspettative
e ben lontani da quelli registrati in altri Paesi.
Ispirandosi all’esperienza anglosassone dell’Alternative Investment Market (AIM),
l’Mtf più importante a livello mondiale, e di altre piattaforme alternative europee che ne
hanno adottato la logica di base, il MAC si pone quindi l’obiettivo di promuovere quel
definitivo “salto culturale” che potrebbe permettere di annoverare l’Italia nell’ambito di
quei Paesi che si affrancano da un tipo di cultura imprenditoriale basata solamente sulla
proprietà familiare, le cui imprese tendono ad inserire manager esterni nel proprio
assetto organizzativo e considerano il capitale di rischio, l’equity, una valida alternativa
che contribuisce a strutturare fortemente la finanza d’azienda.
Scopo del presente contributo è esaminare le scelte di finanziamento delle imprese di
piccole dimensioni e l’evoluzione in corso dei rapporti tra le PMI e il mercato del
credito e dei capitali, nel tentativo di determinare i canali attraverso i quali le piccole e
medie imprese potrebbero finanziarsi in prospettiva dell’adozione di una struttura
finanziaria ottimale e quelli che nella realtà italiana sono a loro disposizione.
In quest’ottica, può risultare di un certo interesse un’analisi diretta a verificare la
validità dei presupposti alla base dell’istituzione di un mercato alternativo in Italia, a
valutare l’effettiva snellezza degli elementi che ne contraddistinguono la struttura e ad
appurare i benefici per il sistema imprenditoriale derivanti da una sua eventuale
affermazione.
La metodologia di ricerca si è basata, in primis, su una revisione del materiale
bibliografico italiano e straniero disponibile e, al fine di realizzare un contributo di
rilevanza empirica, sulla partecipazione a due convegni di promozione organizzati da
PRO MAC (la società di promozione del mercato, costituita nel dicembre 2006 da 8
istituzioni nazionali e 17 banche e SIM allo scopo di favorirne e sostenerne lo sviluppo
e la conoscenza)
4
e sulla somministrazione di questionari ad alcune personalità di
riferimento del settore bancario, alle imprese quotate e ad alcune potenziali matricole.
La condivisione di informazioni con gli organi promotori ha permesso di chiarire le
motivazioni alla base della costituzione del mercato, di evidenziare i bisogni ai quali si è
cercato di dare risposta, di comprendere le fasi in cui si è articolato l’iter di
progettazione e realizzazione e quanto sia stato determinante, in questo senso, il
modello dell’AIM. Interessanti spunti di riflessione sono anche emersi in merito ai
risultati registrati dal MAC dopo un anno di operatività e al suo probabile trend di
sviluppo.
Il questionario rivolto alle società quotate e quotande è stato invece strutturato in tre
parti in modo tale da evidenziare: le iniziative imprenditoriali che hanno dato origine al
fabbisogno finanziario, le modalità di finanziamento prese in considerazione e i fattori
determinanti per la decisione finale di quotazione; le valutazioni alla base della scelta
del MAC, i soggetti coinvolti, i cambiamenti intercorsi a livello strutturale,
organizzativo e di governance, e la compatibilità dei vari aspetti del processo con le
caratteristiche di una PMI; gli effetti concreti generati dalla quotazione, un giudizio in
merito all’esperienza sperimentata e, più in generale, nei confronti del mercato.
4
Si tratta di: 1) Ciclo di incontri “Piccole Imprese Crescono”, promosso dal Comitato Piccola Industria di
Confindustria Cuneo, “Mercato Alternativo del Capitale” del 16 novembre 2007 e 2) Convegno promosso
dalla Camera di Commercio di Firenze, “Mercato Alternativo del Capitale: strumento di crescita per
l’impresa” del 13 marzo 2008.
1
CAPITOLO 1
Le PMI italiane:
peculiarità e fabbisogno finanziario
1.1) La definizione, la diffusione e il ruolo delle PMI
“Le microimprese e le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono il motore
dell’economia europea. Sono una fonte essenziale di lavoro, generano spirito
imprenditoriale e innovazione nell’UE e sono quindi essenziali per favorire la
competitività e l’occupazione”.
“Le microimprese, le piccole imprese e le medie imprese (PMI) svolgono un ruolo
centrale nell’economia europea. Sono tra le piø importanti fonti di competenze
imprenditoriali, d’innovazione e di occupazione. Nell’Unione Europea circa 23 milioni
di PMI forniscono intorno a 75 milioni di posti di lavoro e rappresentano il 99% di
tutte le imprese”.
“Il sostegno alle PMI costituisce una priorità al fine di conseguire la crescita
economica, la creazione di posti di lavoro e la coesione economica e sociale”.
“In un mercato unico senza frontiere interne, è essenziale che le misure a favore delle
PMI siano basate su una definizione comune per migliorare la loro coerenza ed
efficacia e limitare le distorsioni della concorrenza”
1
.
Quelle proposte sono alcune delle considerazioni che hanno portato la Commissione
Europea ad elaborare una nuova definizione di PMI quale base comune in vista di un
1
Commissione Europea, La nuova definizione di PMI, Pubblicazioni della Direzione Generale per le
Imprese e l’Industria, Ufficio delle Pubblicazioni, 2006.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
2
miglioramento del loro ambiente operativo e di un’armonizzazione degli interventi volti
a promuoverne l’imprenditorialità, gli investimenti e la crescita.
Tale definizione
2
identifica l'appartenenza alla categoria “piccole e medie imprese”
attraverso tre criteri:
- il numero di dipendenti (requisiti di struttura);
- il fatturato o il totale di bilancio (requisiti economico-finanziari);
- l’indipendenza economica (requisiti di capitale).
Sostanzialmente, l’individuazione della dimensione aziendale - micro, piccola, media
o grande - si basa sul rispetto dei diversi limiti massimi fissati con riferimento al
numero degli effettivi, al fatturato o al totale di bilancio, da calcolarsi tenendo in
considerazione il cosiddetto “status” dell’impresa. A questo proposito diventano
fondamentali gli eventuali rapporti con altre imprese, al fine di poter stabilire se ci si
trova di fronte ad un’unità autonoma, associata o collegata e, quindi, a significativi
legami finanziari che potrebbero comprometterne la natura di PMI
3
.
Tabella 1.1: Le nuove soglie dimensionali.
IMPRESA
NUMERO
OCCUPATI
(unità lavorative
anno-ULA)
FATTURATO
ANNUO
** * *
(milioni di Euro)
TOTALE DI
BILANCIO
ANNUO
** * ** * * *
(milioni di Euro)
Media meno di 250 inferiore a 50 inferiore a 43
Piccola meno di 50 inferiore a 10 inferiore a 10
Micro meno di 10 inferiore a 2 inferiore a 2
Fonte: Articolo 2 dell’allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE.
2
Contenuta nella Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, entrata in
vigore l’1 gennaio 2005 e recepita in Italia con D.M. del 18 aprile 2005.
3
In generale, la maggior parte delle PMI sono autonome poichØ o sono completamente indipendenti o
hanno una o piø partecipazioni di minoranza (ciascuna inferiore al 25%) con altre imprese. Se questa
partecipazione non supera il 50%, si considera che il rapporto è tra imprese associate. Al di sopra di
questo tetto, le imprese sono collegate.
In: Commissione Europea, La nuova definizione di PMI, Pubblicazioni della Direzione Generale per le
Imprese e l’Industria, Ufficio delle Pubblicazioni, 2006.
* Determinato calcolando il reddito che l’impresa ha ricavato durante l’anno di riferimento dalla vendita
di prodotti e dalla prestazione di servizi, dopo il pagamento degli eventuali oneri. Non comprende l’IVA
o altre imposte indirette.
** Si riferisce al valore dei principali attivi della società.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
3
E' importante sottolineare che, mentre è obbligatorio rispettare le soglie relative agli
effettivi, un’impresa può scegliere di rispettare il criterio del fatturato oppure il criterio
del totale di bilancio. La previsione di questa alternativa risponde alla necessità di
garantire che le PMI siano trattate in modo equo dal momento che il fatturato delle
imprese commerciali e di distribuzione è, per sua stessa natura, piø elevato che non nel
settore manifatturiero.
La categoria delle micro, piccole e medie imprese è dunque costituita da aziende che
occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di Euro
oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di Euro
4
.
Passando a considerare il panorama nazionale, il punto di partenza non può che
riguardare la verifica del peso assunto dalle imprese di diverse dimensioni nell’ambito
del contesto produttivo.
I dati relativi alle indagini di struttura effettuate dall’Istat
5
delineano uno scenario
contraddistinto dall’assoluta prevalenza delle imprese minori (99,42%).
Grafico 1.1: Distribuzione per classi di addetti delle imprese, degli addetti complessivi e
del fatturato.
Fonte: Elaborazione propria su dati Istat 2007.
4
Da questo punto in poi, se non specificato diversamente, tale categoria sarà indicata con il termine PMI.
5
Cfr. Istat, Struttura e dimensione delle imprese e Struttura e competitività del sistema delle imprese
industriali e dei servizi, sezione Statistiche in breve, ottobre 2007.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
4
In particolare, piø della metà delle aziende censite sono di tipo individuale e, tra le
altre realtà produttive, risulta prioritario il ruolo di quelle con meno di 10 addetti. Se si
aggiungono le medie imprese, il quadro appare pressochØ completo in quanto il peso
delle grandi aziende sfiora appena il punto percentuale.
La netta preponderanza delle classi dimensionali inferiori trova ulteriore conferma se
si guarda al numero degli effettivi dal momento che le PMI coprono oltre due terzi
dell’occupazione complessiva (80,15%).
Sempre dal punto di vista occupazionale, assume un certo rilievo il limitato impatto
esercitato dalla media impresa: le aziende che impiegano tra 50 e 250 persone pesano
infatti poco piø del 10%. Questo dato mette in luce il carattere sostanzialmente
polarizzato della struttura produttiva italiana, che vede una contrapposizione tra un
numero elevatissimo di piccole imprese e poche unità di grandi dimensioni che
rivestono un ruolo non marginale assorbendo una parte considerevole (20%) della
restante porzione di addetti.
A sostegno delle medie aziende bisogna comunque considerare lo sviluppo notevole
- seppur contenuto in termini relativi - di cui sono state protagoniste nel corso degli
ultimi quindici anni, raddoppiando in numero (dallo 0,2% nel 1991 allo 0,5% attuale) e
per quota di occupati (dal 6,5% nel 1991 al 12,5% di oggi). Per contro, il peso relativo
delle imprese con oltre 250 addetti ha registrato nello stesso periodo un trend
discendente.
L’analisi per aree geografiche (Grafici 1.2 e 1.3) denota un’accentuazione ancor piø
marcata del predominio delle micro e delle piccole realtà produttive nelle regioni
centro-meridionali e insulari
6
.
Due sono i motivi che possono spiegare questo fenomeno: il primo è da ricondurre al
tradizionale svantaggio dell’economia del Sud e delle Isole; il secondo alla
specializzazione produttiva delle imprese di tali aree che si caratterizzano per l’assenza
dell’elemento dimensionale come fattore critico nel contesto competitivo.
In termini di distribuzione dell’occupazione emergono considerazioni analoghe, ma
spicca un dato in controtendenza relativamente al Centro. In quest’area geografica,
infatti, si registra una quota piø rilevante di addetti impiegati nelle grandi imprese
imputabile, oltre alla specializzazione settoriale della regione, anche alla presenza nel
Lazio di sedi legali di aziende che, in realtà, sono operative in altre zone territoriali.
6
Cfr. Istat, Ottavo censimento dell’industria e dei servizi, 2001.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
5
Grafico 1.2: Distribuzione delle imprese Grafico 1.3: Distribuzione degli addetti
per aree geografiche. per aree geografiche.
Fonte: Elaborazione propria su dati Istat 2001. Fonte: Elaborazione propria su dati Istat 2001.
Allargando la visione geografica a livello europeo - seppur con riferimento alle sole
aziende manifatturiere - si ottiene una conferma della specificità della struttura
produttiva italiana. Il sottodimensionamento delle imprese è infatti un tratto distintivo
che emerge non solo in termini assoluti, analizzando la ripartizione interna per classi di
addetti, ma anche in termini relativi.
Tabella 1.2: Distribuzione percentuale degli occupati per classe dimensionale nel settore
manifatturiero.
Classi Danimarca Germania Spagna Francia Irlanda Italia
Paesi
Bassi
Austria Portogallo Finlandia
Regno
Unito
1-19 14,4 14,9 31,3 18,5 10,8 40,9 22,5 18,4 32,8 13,9 18,3
20-49 12,2 7,6 19,4 12,5 13,5 15,9 13,8 11,1 17,4 9,9 12
50-249 26,4 23,4 23,2 22 32,1 21 28,2 26,9 29,1 22,8 25,5
Oltre 250 47 54,1 26,1 47 43,6 22,2 35,5 43,6 20,7 53,4 44,2
Totale 437.562 7.293.159 2.618.209 3.940.778 230.002 4.771.484 795.320 624.464 886.253 422.294 3.533.782
Fonte: Elaborazione propria su dati Centro Studi Confindustria (CSC) 2003
7
.
7
Centro Studi Confindustria, Note Economiche, L’industria italiana protagonista della ripresa, Working
Paper n.2, 2007.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
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Il peso della forza lavoro impiegata nelle PMI italiane (77,80%) è inferiore a quello
del Portogallo, ma si attesta su valori notevolmente piø elevati rispetto a tutti gli altri
Paesi dove si rileva, per contro, un piø massiccio impatto occupazionale delle grandi
imprese.
Tabella 1.3: Distribuzione percentuale del fatturato per classe dimensionale nel settore
manifatturiero.
Classi Danimarca Germania Spagna Francia Irlanda Italia
Paesi
Bassi
Austria Portogallo Finlandia
Regno
Unito
1-19 10,7 5,5 15 14,9 2,9 20,9 9,2 8,7 15,5 6,9 9,9
20-49 9,2 4,4 13,8 9,1 4,5 14,5 10,6 7,3 12,9 5,7 7,5
50-249 24 18,3 23,5 16,2 19,8 25,8 24,8 27,4 28,9 16 20,9
Oltre 250 56,1 71,8 47,7 59,8 72,9 38,8 55,5 56,6 42,7 71,5 61,7
Totale 76.544 1.490.475 423.922 980.790 104.912 806.335 222.983 115.466 69.186 107.243 646.219
Fonte: Elaborazione propria su dati Centro Studi Confindustria (CSC) 2003.
Considerando la distribuzione del fatturato, le differenze appaiono ancora piø
marcate: l’Italia è l’unico Paese in cui le piccole e medie aziende generano una quota di
fatturato pressochØ doppia rispetto a quella prodotta dalle grandi.
Si potrebbe dire, in sostanza, che la struttura dimensionale delle imprese risulta
inevitabilmente condizionata dal modello di specializzazione settoriale che
contraddistingue il sistema produttivo italiano. La focalizzazione sui settori tradizionali
(alimentare, tessile e abbigliamento, conciaria, carta, stampa e editoria, legno, ecc.) è
infatti coerente con la presenza di molteplici PMI, in quanto le caratteristiche delle
produzioni in questi comparti determinano minori necessità di sviluppo dimensionale
rispetto a quanto non avvenga in altri settori cosiddetti scale intensive e science based
8
.
Tuttavia, dal confronto internazionale, emerge come lo squilibrio verso le imprese
minori possa essere attribuito solo in parte alle differenze nella specializzazione
produttiva, dal momento che l’Italia si caratterizza per una dimensione aziendale media
inferiore a quella degli altri Paesi in tutti i settori di attività.
8
Secondo la nota tassonomia di Pavitt (classificazione dei settori merceologici compiuta sulla base delle
fonti e della natura delle opportunità tecnologiche e delle innovazioni, dell'intensità della ricerca e
sviluppo e della tipologia dei flussi di conoscenza), settori “ad alta intensità di scala”, cioè basati sullo
sfruttamento delle economie di scala (metalli di base, autoveicoli e relativi motori, beni di consumo
durevoli), e settori “basati sulla scienza”, quindi a piø alto contenuto tecnologico (chimica, farmaceutica,
elettronica, informatica).
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
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La Tabella 1.4 fornisce alcune informazioni in merito: innanzitutto permette di
osservare come le dimensioni aziendali medie siano inferiori ai 10 addetti nella quasi
totalità dei comparti; in secondo luogo evidenzia la prevalenza, anche in termini di
impatto occupazionale, dei settori maggiormente sbilanciati verso le piccole realtà
produttive.
Tabella 1.4: Dimensioni medie aziendali (addetti per impresa), numero totale di addetti e
peso % sul totale complessivo per settore di attività.
Fonte: Elaborazione propria su dati Istat 2005.
Il Grafico 1.4 fornisce invece una visione d’insieme dei diversi settori di attività con
specifico riferimento all’industria manifatturiera. A conferma di quanto sostenuto, si
nota come i settori tradizionali, pur caratterizzandosi per dimensioni aziendali
contenute, svolgano un ruolo di primo piano nell’economia italiana e,
contemporaneamente, come nei comparti a piø alta intensità di ricerca e sviluppo o che
potrebbero sfruttare vantaggi connessi alla scala produttiva, le dimensioni medie
risultino comunque limitate.
Settori Dimensioni medie Totale addetti % sul totale
Elettricità, gas e acqua 44,4 117.467 0,70%
Estrazione minerali 12,2 42.314 0,25%
Industria manifatturiera 8,9 4.598.195 27,35%
Attività finanziarie 8,3 570.166 3,39%
Trasporti 7,7 1.217.590 7,24%
Alberghi e ristoranti 4,0 1.073.316 6,39%
Costruzioni 3,1 1.795.318 10,68%
Servizi pubblici 2,8 1.335.646 7,94%
Commercio 2,7 3.371.769 20,05%
Attività immobiliari 2,6 2.691.412 16,01%
TOTALE 3,8 16.813.193 100%
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
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Grafico 1.4: Settori dell’industria manifatturiera: dimensioni aziendali medie e numero
totale di addetti.
Fonte: Elaborazione propria su dati Istat 2007.
Le peculiarità che contraddistinguono il tessuto industriale italiano alimentano da
tempo un ampio ed acceso dibattito tra coloro che sostengono il ruolo di primaria
importanza rivestito dalle piccole e medie imprese all’interno dell’economia nazionale e
coloro che, al contrario, vedono nella consistente presenza di realtà produttive minori un
segno di arretratezza e un sintomo di “nanismo imprenditoriale”.
I dati cui si è fatto riferimento in precedenza mostrano che le PMI rappresentano il
99% delle imprese esistenti, forniscono l’80% dell’occupazione e producono il 70% del
fatturato e del valore aggiunto complessivi. Questi specifici punti di forza le rendono un
fattore chiave di stabilità e competitività, ma contrastano con gli svantaggi comparativi
legati alla loro piccola dimensione. In effetti, le PMI devono far fronte a tradizionali
problemi - mancanza di finanziamenti, difficoltà di sfruttamento della tecnologia, bassi
investimenti in ricerca e sviluppo, scarsa produttività, vincoli normativi - che si
aggravano in un sistema globalizzato e in un ambiente dominato dall’innovazione fino a
rappresentare un ostacolo alla crescita.
Le profonde modificazioni in atto nei mercati di riferimento e nelle modalità di
svolgimento della concorrenza sembrano dunque determinare un innalzamento della
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Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
9
soglia dimensionale di sopravvivenza, dando conferma alla voce di quanti considerano
le imprese minori un punto di debolezza del nostro sistema produttivo.
D’altro lato, però, bisogna dare adito al fatto che la rimozione del problema della
ridotta dimensione d’azienda non comporta necessariamente la risoluzione del problema
della crescita. La perdita di competitività di cui hanno sofferto e soffrono certi comparti
industriali è senza dubbio legata alle difficoltà riscontrate da alcune piccole e
piccolissime realtà produttive, ma va oltre la pura questione dimensionale: le grandi
imprese non sono certo state esenti da fasi involutive e di profonda crisi, così come
molte delle piccole unità hanno conosciuto momenti di forte espansione, registrando
performance positive, con bilanci in attivo, mercati in espansione e tenuta
dell’occupazione anche in anni critici. Spesso le PMI sono state prese a modello per la
loro vivacità imprenditoriale, la flessibilità e il forte dinamismo; inoltre esprimono
valori umani, professionali, capacità creative e know-how
9
, tutti elementi che hanno
costituito e costituiscono tratti distintivi del sistema industriale italiano apprezzati in
tutto il mondo.
Si viene a delineare in questo modo una porzione numerica di PMI capace di
crescere non solo in termini quantitativi, ma anche e soprattutto qualitativi, fungendo da
traino per la parte restante del tessuto produttivo e trasferendogli il proprio modello di
sviluppo. Le aziende piccole che sfruttano le nicchie, le aziende piccole che diventano
medie, le aziende piccole e medie che fanno innovazione quotidiana esprimono oggi la
dinamica di una minoranza, la minoranza delle imprese vitali
10
.
In sostanza, anche la piccola impresa può essere performante, sopperendo alle ridotte
dimensioni con una visione innovativa dei processi gestionali interni, della propria
struttura economico-finanziaria e, di conseguenza, dell’approccio alle fonti di
finanziamento. In effetti, al fine di rispondere alle sfide competitive in un’ottica di
valorizzazione e di slancio qualitativo, per le PMI si manifesta la necessità di reperire
capitali freschi da impiegare in percorsi di sviluppo e di crescita.
9
Conoscenza tacita, idiosincratica, molto specifica.
10
In: Falcone F., Castori A., Coletta V., Addonisio G., “Modelli di crescita delle PMI”, Il Sole24Ore,
2007.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
10
1.2) Il fabbisogno finanziario e le alternative di finanziamento
Il fabbisogno finanziario costituisce l’insieme delle risorse finanziarie di cui l’impresa
necessita ai fini dello svolgimento della propria attività.
Si può dire, in termini generali, che la dinamica finanziaria delle imprese sia
influenzata da quattro principali elementi che concorrono a determinarne il fabbisogno:
- investimenti finalizzati a mettere a punto il progetto, che hanno natura
prevalentemente immateriale essendo basati su attività di ricerca, analisi di
mercato, selezione del management, pianificazione, ecc;
- investimenti strutturali finalizzati a predisporre la capacità produttiva e
l’operatività di altre funzioni aziendali, che sono per lo piø di natura materiale
(immobili, impianti, macchinari), ma in alcuni casi anche di tipo immateriale (ad
esempio per lanci pubblicitari o promozionali);
- investimenti in capitale circolante per sostenere l’avvio dell’attività, variabili a
seconda delle caratteristiche del ciclo connesso al processo
acquisti/produzione/vendita;
- investimenti e progetti finalizzati a supportare il successivo sviluppo
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.
Concentrandosi in particolare sull’ultimo elemento, determinante nel
contraddistinguere le imprese performanti e innovative di cui si accennava in
precedenza, si può dire che qualsiasi necessità, dal sostegno di nuovi investimenti
dovuti alla crescita del fatturato (acquisto di nuovi impianti o macchinari, sostenimento
di costi pluriennali finalizzati all’innovazione tecnologica, incremento del magazzino o
del credito concesso alla clientela) all’ingresso in nuovi mercati, dalla crescita per linee
esterne mediante l’acquisto di aziende che operano nello stesso settore o di fornitori a
processi di internazionalizzazione, implica l’insorgere di un’esigenza di copertura
finanziaria che va in qualche modo soddisfatta.
Strettamente correlato al problema della definizione del fabbisogno finanziario vi è
dunque quello delle fonti di finanziamento, vale a dire dell’individuazione delle
modalità mediante le quali l’impresa raccoglie i mezzi finanziari di cui necessita.
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In: Dessy A., Vender J., “Capitale di rischio e sviluppo dell’impresa”, Egea, Milano, 2001.
Il Mercato Alternativo del Capitale (MAC) per le PMI
Le PMI italiane: peculiarità e fabbisogno finanziario
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1.2.1) Autofinanziamento
Il rendiconto finanziario rappresenta lo strumento di sintesi per illustrare quanto può
avvenire in merito alla dinamica finanziaria d’azienda.
Tabella 1.5: Rendiconto finanziario.
(+) Reddito operativo
(–) Imposte
(+) Svalutazioni
(+) Accantonamenti
(+) Ammortamenti
Flusso di circolante della gestione corrente
(–) Variazione del capitale circolante
Flusso monetario della gestione corrente
(–) Investimenti
(+) Disinvestimenti
(–) Rimborso debiti
(–) Interessi passivi
(–) Dividendi
Saldo monetario di esercizio
Fonte: Perrini F., 1998
12
.
Il flusso di circolante della gestione corrente indica l’entità delle risorse generate
dall’attività caratteristica di acquisto/produzione/vendita. Tali risorse vengono integrate
dai disinvestimenti e dai nuovi finanziamenti e sono investite in parte ancora in capitale
circolante, in parte in nuovi investimenti fissi, in parte nel rimborso di finanziamenti e
in parte nella corresponsione di interessi passivi e di dividendi.
L’eventuale saldo monetario di esercizio, se positivo, costituisce una liquidità residua
che l’azienda può impiegare per crescere.
Qualora invece l’autofinanziamento non sia sufficiente a sostenere il tasso di
sviluppo potenziale dell’impresa, si manifesta un fabbisogno finanziario esterno. Le
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Perrini F., “Capitale di rischio e mercati per PMI: metodologie e canali di accesso al capitale per lo
sviluppo”, Egea, Milano, 1998. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Ferrero F., Dezzani F., Pisoni
P., Puddu L., “Analisi di bilancio e rendiconti finanziari”, Giuffrè, Milano, 2006.