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2.4 I poeti e le loro intuizioni sulla verità umana
Il poeta racconta di un mondo interiore che si muove, dice di sé, della
propria realtà umana più profonda. Latente. Anche l’educatore nel suo
lavoro di riabilitazione deve rivolgersi per lo più a una realtà nascosta, e
latente. Rispettando sempre la sua posizione professionale senza mai
confondersi con quella medica, solo il medico può usare il bisturi per curare
il paziente. Oltre l’osservazione del fenomeno manifesto deve saper
comprendere anche un invisibile e saper leggere una difficoltà psicologica
che va oltre il comportamento. E’ in questo senso che la poesia può offrire
piccole conferme a una ricerca scientifica.
Come afferma la Dottoressa Cecilia Iannaco nel libro “La medicina della
mente, Storia e metodo della psicoterapia di gruppo”, poeti e scrittori si
sono sempre confrontati con un mondo fatto di sensazioni e di immagini,
con una realtà non cosciente che, sebbene mai veramente indagata e studiata
nella storia della cultura, è stata definita e descritta come realtà non umana,
realtà animale, realtà mostruosa e demoniaca. Inconsapevolmente i poeti
hanno saputo svelare bugie, hanno saputo dire con parole ciò che non sono
riusciti a dire studiosi, filosofi e scienziati. Cardine della loro capacità di far
poesia è la fantasia:
«Dimmi, dove nasce la fantasia,
nel cuore o nella testa?
Come si genera, come si sviluppa?
Dimmi, dimmi.
Dagli occhi si genera,
si nutre dal guardare e muore
nella culla dove vive.
Suoniamo a morto
la campana della fantasia.
Din-don, din-don […]»
15
Ivi, pp. 34-35.
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«Tell me where is fancy bred,
How begot, how nourished?
Reply, reply
It is engender’d in the eyes
Whit gazing fed; and fancy dies
In the cradle where it lies.
let us all ring fancy’s knell;
I’ll begin it. Ding dong, bell
Ding, dong bell» (III.2.63-72).
L’idea di tradurre “where is fancy bread” in “dove nasce la fantasia” è di
Massimo Fagioli
16
.
E’ lo Shakespeare de “Il mercante di Venezia” che parla. Il poeta non lo sa
ma, forse senza rendersene conto, allude alla possibile perdita della fantasia:
il primo pensiero, è la capacità di immaginare che realizza ogni bambino nel
venire alla luce può andar perduto nella culla dove vive, gli occhi.
È un linguaggio, quello del poeta, che non dà propriamente la conoscenza:
dice di un senso che per essere poi conoscenza deve essere ‘tradotto’ in un
linguaggio che, comprensibile a tutti, racconti un pensiero. Tuttavia dice
molto.
Il poeta usa le parole di sempre, che tutti conoscono, ma le unisce in un
modo che, oltre a suscitare una sensazione di bellezza, racconta di un
rapporto profondo con il proprio mondo interiore. Il poeta fa poesia (dal
greco pòiesis che ha la stessa radice del verbo poièin, ‘fare’, ‘creare’) cioè
crea, fa nascere, fa sì che qualcosa esista. Verbo pericoloso, ‘creare’ è poco
usato dagli studiosi perché indefinito e perché troppo spesso accostato alla
religione e al trascendente. Eppure la parola indica “passaggio da ciò che
non esiste a ciò che esiste”, da ciò che non è a ciò che è. Il poeta è creativo
poiché crea un nuovo linguaggio, che non vuol dire inventare parole, ma
saper accostare, unire parole conosciute, usuali, comuni, per dire qualcosa
che usuale non è. Le sue parole raccontano altro, non proprio il significato,
16
William Shakespeare, Il mercante di Venezia, Sansoni, Firenze 1977, p. 432, in
Colamedici D., Masini A., Roccioletti G., La medicina della mente, storia e metodo della
psicoterapia di gruppo, L’Asino d’oro, Roma 2011, p. 31.
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ma il senso profondo della dimensione umana. Raccontano non solo di una
fantasia che può andare perduta, come ci ha detto Shakespeare, ma anche di
una fantasia che può essere conservata o recuperata
17
.
Ma i poeti devono essere compresi: occorrono fantasia e intelligenza
sensibile per cogliere il senso invisibile dell’espressione poetica.
Shakespeare parla di fantasia, questa perla letteraria crea l’immagine di un
recupero della fantasia perduta, di una possibile recovery: la fantasia che
troppo spesso, troppo presto, va perduta - nella culla dice Shakespeare -; La
perdita della capacità di immaginare, dall’altra, la possibilità del recupero di
questa fantasia, che sta alla base di ogni essere umano. E se questa fantasia,
creatività umana, gioia di vivere, viene persa, ecco la tristezza di “Antonio”
che fa la depressione che non è solo tristezza, questo abbattimento
dell’umore, sconforto, mancanza di entusiasmo. E la rabbia, l’odio feroce, la
bramosia e l’avidità di “Shylock” che forse potrebbe essere una depressione
ancor più grave: “Tristezza o Depressione? La differenza è enorme, tornerò
a scrivere della ‘Depressione’ quando non è solo tristezza in un altro
capitolo”.
I poeti, continua la Dottoressa Cecilia Iannaco, senza rendersene conto,
hanno spesso avuto grandi intuizioni. Per chi voglia proporsi una ricerca più
profonda è importante accostarsi agli artisti con curiosità e rispetto,
cercando di cogliere il senso vero di ciò che esprimono e che, magari, non è
immediata comprensione. Se guardiamo a tanta formazione universitaria
letteraria, accademica e non, vediamo che, da sempre, questa ha posto il
rapporto fra letteratura, scienza, psicologia, considerando la letteratura come
semplice ancella delle altre discipline. Non si “ascolta” il pensiero poetico,
ma si piega e distorce il senso della rappresentazione per un proprio fine, per
dire qualcosa che, in realtà, il poeta e lo scrittore non raccontano. Se
guardiamo, ancora, a tanta critica letteraria che usa l’analisi del testo
strutturale, vediamo come questa spezzetti il testo, la parola, e cercando
17
D. Colamedici, A. Masini, G. Roccioletti, La medicina della mente, storia e metodo della
psicoterapia di gruppo, L’Asino d’oro, Roma 2011, pp. 30-32.
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l’assonanza, l’allitterazione, snaturi e impoverisca quello che è il pensiero
altrui. È fondamentale, al contrario, avere rispetto per il senso della
rappresentazione che è poi, pensiero: ‘ascoltare’ il pensiero dell’altro senza
imporre il proprio. Il rispetto che occorre nell’avvicinarsi alla letteratura è
un atteggiamento per l’immagine nel suo insieme, per un dire nascosto
dell’immagine. E’ come se fosse un sogno che va colto nel suo senso,
nell’insieme di un pensiero
18
. “Come ci si confronta allora con questo
linguaggio?” continua la Dottoressa. Secondo lei ci si confronta chiedendosi
cosa sta dietro, oltre la parola, chiedendosi se la parola dice o meno una
verità; comprendendo che alcune parole sono esistite senza indicare di fatto
ciò che volevano dire o indicare, senza avere il loro oggetto. Mancavano di
senso. Per comprendere meglio il tutto, l’aiuto può venire dalla poesia
19
.
Leggendo il libro “La medicina della mente” di D.Colamedici, A.Masini e
G.Rocchetti mi sono potuta soffermare su questa frase che mi ha colpito sin
da subito, «…ecco allora che ascoltando i poeti possiamo trovare la verità
delle cose».
Mi sono chiesta “quale verità?”. Quella di una realtà umana, nascosta
silenziosamente tra le righe dei poeti, che con la loro intuizione hanno
contribuito al patrimonio non solo culturale ma soprattutto umano. E allora
qual è l’esigenza fondamentale dell’essere umano?
Quella di riempirsi di contenuti umani validi e delle cosiddette esigenze che
si differenziano dai bisogni (studiare, dipingere, creare, scrivere, leggere
ecc.) e di cercare la creatività e la fantasia in ogni forma d’arte per non
vivere solo nei bisogni primari dell’uomo. L’essere umano unico nella sua
specie, è l’unico capace di disegnare la linea, quella linea che ancor prima di
oggi tracciavano i primitivi nelle grotte. Quindi se è dotato di ciò (collegato
ad una mente sana e ricca di immagini) può scrivere un’opera, una poesia,
una canzone. Queste, nel silenzio della solitudine dello scrittore, diverranno
capolavori, che quasi sempre, senza una connotazione precisa e razionale,
18
Ivi, p. 33.
19
Ivi, p. 34.
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hanno contribuito a spiegare l’origine dei grandi malesseri e delle grandi
problematiche che l’uomo, essendo un animale sociale, possiede. La poesia,
il dramma, la commedia e tutto quello che il meraviglioso Shakespeare è
stato capace di fare, veniva forse da una sua sanità mentale e non scissa.
Perché solo colui che possiede la capacità di narrare e di scrivere di
personaggi malinconici, tristi, dubbiosi, incerti e avidi avrà certamente
vissuto una vita fatta di molte emozioni, e chissà se il Bardo inglese
inconsciamente non ci ha voluto parlare di una sua nascostissima tristezza.
L’opera nasce probabilmente da colui che ha scavato dentro la sua psiche
(per esempio i dubbi famelici di esistenza di Amleto, la rabbia di Shylock e
lo smarrimento di Antonio, immagini chiare per dire di una perdita interna,
di uno svuotamento psichico). Il poeta pur non essendo un medico arriva
dritto al cuore delle persone che, senza sapere, alle volte, trovano la risposta
a molti dubbi leggendo anche solo una frase, una parola in un mondo di
lettere.
Nella letteratura alcuni esempi o concetti vengono colti senza una precisa
spiegazione razionale, questa intuizione dei poeti che senza rendersene
conto, hanno distinto il rapporto esatto, sano con la realtà - vedere cioè la
realtà per ciò che è - da quello patologico, falso e confuso. Forse con una
ricerca nuova, e con un senso profondo, possiamo denunciare l’orribile
bugia di un uomo che è uguale a sé stesso dall’origine del tempo, l’inganno
che l’uomo non si possa modificare. Non è vero che ciò debba essere così.
Per sempre. Se riusciamo a sradicare da dentro di noi la convinzione
dell’impossibilità di trasformarsi che l’essere umano ha sempre avuto,
rendiamo possibile una trasformazione in senso evolutivo, in senso
creativo
20
.
20
Ivi, p. 38.