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INTRODUZIONE
Il Mediterraneo può essere considerato come un intreccio di culture, popoli, storie e
territori che nell’arco dei secoli (e tutt’ora) si sono incontrati e scontrati creando
rapporti incredibilmente articolati.
Abbandonando il punto di vista unico che abbiamo ereditato dalla versione razionale
della modernità ed esplorando quindi, le acque di questo bacino rendendolo uno
spazio critico, luogo di interrogazioni e prospettive inaspettate, è possibile far
emergere un “altra” storia, solitamente occultata a favore di una visione etnocentrica.
In tale ottica ho sviluppato questo lavoro iniziando nel 1° capitolo, a ripercorrere la
formazione di questo mare alla luce di ciò che solitamente viene trascurato,
attraverso una serie di ricostruzioni storico-culturali e letterarie.
Ho cominciato mostrando i diversi stadi dell’evoluzione storica delle regioni
mediterranee, evidenziando come la fluidità del paradigma centro-periferia possa
perfettamente interpretare lo spostamento di centralità avvenuto all’interno del
bacino: dal millenario primato del Mediterraneo orientale all’affermazione delle città
occidentali nei secoli XII-XVI; dalla progressiva decadenza del Seicento alla
successiva periferizzazione a vantaggio delle nuove gerarchie economiche
dell’Europa atlantica; dalla ritrovata centralità del Mediterraneo occidentale alla
marginalità della sponda meridionale e orientale, tributaria la prima di un passato
coloniale che ha finito per tradursi in una dipendenza generalizzata.
Dopo aver navigato storicamente in questo spazio, per mostrare come questo mare
evoca il continuo intrecciarsi di radici e rotte diverse mi sono servita del linguaggio
artistico, in quanto permette di andare dove spesso altri linguaggi, ancorati nella loro
appartenenza nazionale, non consentono.
Partendo dall’analisi del romanzo di Amitav Ghosh, Lo schiavo del manoscritto che
propone una complessa rete di legami tra Egitto e India nel XII e XX secolo e le loro
relazioni ad ampio raggio nello spazio e nel tempo, ho poi dedicato una parte ad
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un’ulteriore espressione di una complessità storica inesorabile: quella tramandata
dalla testimonianza culturale della musica. A tal proposito ho citato artisti quali
Eugenio Bennato e gli Almamegretta che hanno sempre con successo “contaminato”
la propria musica con sonorità di culture mediterranee e hanno fatto dell’unione tra
popoli e culture il proprio tratto distintivo. Infine mi sono inoltrata nella realtà
multiculturale del flamenco in quanto unisce la sponda nord e sud del Mediterraneo,
oriente e occidente, passato e presente.
Nel 2° capitolo ho cercato di riconfigurare la formazione del Mediterraneo moderno
attraverso il postcolonialismo, il quale ha come obiettivo principale il rifiuto dei
modi occidentali di pensare il mondo. A tal proposito ho ritenuto opportuno ri-
indirizzare e rielaborare un’eredità complessa, occultata, portando al centro voci
diverse, trascurate, corpi ignorati provenienti dalla sponda Sud di questo bacino, dal
mondo dei colonizzati.
Attraverso la lezione di Edward Said, uno dei maggiori esponenti della critica post-
coloniale, sull’orientalismo e su quella disposizione di sapere-potere che ha reso il
resto del mondo oggetto della soggettività-sovranità occidentale, ho poi affrontato le
problematiche riguardanti il “subalterno” provando ad ascoltare la sua voce e a
rendere il suo corpo visibile attraverso le testimonianze delle donne d’Algeri che
spingono la realtà verso una configurazione diversa e aprendo uno spazio sulla figura
del migrante disprezzato soprattutto a causa del rifiuto da parte del mondo
occidentale a rovistare in un passato che vuole rimuovere.
Nel 3° ed ultimo capitolo ho scelto di portare alla luce uno dei molteplici scontri tra
sponda Nord e Sud del Mediterraneo, spesso occultato e marginalizzato, quello del
colonialismo italiano in Africa. Una realtà ricca di orrori che costituisce un capitolo
non ancora integrato nella storia del nostro Paese, in obbedienza al mito di un
colonialismo dal “volto umano”.
Riesaminando le pesanti discriminazioni razziali del Corno d’Africa, analizzando il
film Il leone del deserto, rimasto a lungo censurato in quanto mostra l’indecenza
della conquista della Libia ed esaminando le conseguenze del colonialismo attraverso
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le voci del popolo femminile oppresso, ho cercato di recuperare questo pezzo di
storia che è stato oscurato.
In conclusione, ciò che emerge è che parlare del Mediterraneo significa muoversi in
uno spazio che desta sconcerto, in quanto richiama un intricarsi infinito di radici e
diramazioni. I confini di questo mare relativamente inalterati, hanno offerto ospitalità
a processi storici imprevedibili e a formazioni culturali estremamente variegate che
fanno di questo bacino un enigma difficile da districare che manda allo sbaraglio le
precedenti certezze critiche derivanti dall’ottica occidentale predominante.
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1. LE COMPLESSE AMBIGUITÀ DEL MEDITERRANEO
1. PREMESSA: LA FRANTUMAZIONE DEL MITO DELL’UNITÀ DEL
MEDITERRANEO
L’immagine del Mediterraneo che abbiamo ereditato è decisamente chiusa e
definitiva poiché il mondo è stato incorniciato, da una prospettiva unilaterale, in
un’oggettività incentrata sul soggetto europeo. Per tale motivo siamo stati abituati a
pensare a questo mare con uno sguardo che parte dal Nord, “dall’Europa moderna”
dove tutto appare consensualmente scontato e senza spiacevoli sorprese.
Il mito dell’unità del Mediterraneo è antico quanto l’impero romano. Ma la realtà
storica presenta fratture, squilibri, contrapposizioni. Dietro la bella immagine di
questo mare come culla originaria della cultura europea si cela una costellazione di
storie sicuramente ricca di “complesse ambiguità”.
Esso, è sempre stato e continua ad essere un luogo di transito in cui tre continenti-
Europa, Africa ed Asia – si incontrano, si scontrano e si sovrappongono. Per tale
motivo il Mediterraneo può essere considerato come un intreccio di correnti e di
movimenti, popoli,di storie e di culture, tale da caratterizzarla come area plurima,
frammentata, il cui divenire storico ne ha fatto, per eccellenza, l’area della
divergenza.
E’ una realtà estremamente ricca, ma altrettanto complessa, che riproduce le più
ampie problematiche del sistema-mondo ed è proprio per questo motivo che ci si
continua ad interrogare sulla sua dimensione di “spazio della coesione o della
divisione”.
Ripercorrere la formazione culturale di questo mare ci aiuta a ri-configurarlo alla
luce di tutto ciò che è stato rimosso, cancellato e negato. Trasformandolo in uno
spazio critico, luogo di interrogazioni e prospettive inaspettate dove si evoca il
continuo intrecciarsi di radici e rotte diverse, si rallenta e devia il ritmo della
modernità, la sua ansia nevrotica per la linearità e il progresso ripiegandola in altri
modi di essere in una modernità molteplice, eterogenea.
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Per descrivere il labirinto Mediterraneo occorre innanzitutto stabilirne i confini. I
limiti dell’area mediterranea possono essere definiti in differenti maniere. Si può
individuare un “Mediterraneo esteso” che si sviluppa dallo stretto di Gibilterra al
Mare d’Azov, o un “Mediterraneo limitato”, compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il
Bosforo.
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O ancora in maniera più approssimativa, ma efficiente ai fini della
comprensione della complessità precedentemente citata, i suoi confini si srotolano a
nord verso il Baltico, a est verso il levante e oltre, a ovest verso il mondo atlantico, e
a sud, seppure su questo aspetto spesso si sorvoli, verso il Nord Africa e la parte sub-
sahariana del continente.
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Un mare che congiunge mondi culturalmente,
economicamente e politicamente distinti che sono stati continuamente spinti verso
sentieri di convergenza e/o di divergenza attraverso l’esperienza dei commerci e dei
conflitti. Il passato coloniale, le forme di contrasto ideologico e di potenza, il
traguardo dell’Europa comunitaria hanno progressivamente prodotto asimmetrie che
gli eventi più recenti sembrano accentuare.
Storicamente il Mediterraneo e l’Europa stessa, sono stati dominati da una serie di
sguardi che partono dal Sud e dall’Oriente in quanto seppure non costantemente
questo mare e la sua sponda sud-orientale hanno rivestito in determinati momenti
una posizione centrale (l’Europa era periferia).
Riaprendo l’archivio sarà possibile riportarlo in una cartografia storico-culturale
diversa. Attraverso una serie di ricostruzioni storico-culturali e letterarie possiamo
far emergere gli altri lati di questo mare, trasformandolo da un fatto geografico e
politico già dato, in uno spazio critico, luogo di prospettive inaspettate.
2. ACCENNO STORICO: DA CENTRO A PERIFERIA E VICEVERSA
Dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, le regioni che oggi siamo abituati a
considerare come i Paesi avanzati per eccellenza, offrivano un ben triste spettacolo.
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Cfr. MAURO SPOTORNO (a cura di), Società Geografica Italiana, Atlante dell’Italia nel
Mediterraneo, Roma, Carocci editore, 2008, p.13.
2
Cfr. IAIN CHAMBERS, Paesaggi Migratori. Cultura e identità nell’epoca postcoloniale, trad. it,
Roma, Meltemi editore, 2003, p.134.