Giovanni Giacomo Mannarella Il Mediterraneo di Giufà:Prospettive Interculturali
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contrapposizione che la cultura mediterranea, e in particolare
del sud Italia, ha elaborato nella sua storia.
La mafia siciliana, la camorra campana, la ‘ndrangheta
calabrese e la figlia sacra corona unita, nate con lo scopo di
proteggere le tradizioni delle terre del sud Italia hanno
presto dimenticato la loro battaglia contro l’affermazione
dello stato Savoia e sono in breve tempo riuscite a sostituirsi
ad esso, ad affiancarlo, richiudendo in se stesse quelle
tradizioni di cui si facevano portatrici.
La contrapposizione con la figura di Giufà è, dunque, netta:
da una parte le mafie, che si richiudono culturalmente in se
stesse, e dall’altra Giufà, che, invece, si apre al mondo e del
mondo è protagonista in maniera positiva, radunando attorno
ai suoi racconti, bambini e adulti.
Lo svolgimento dello studio ha mosso i primi passi quando
navigando su internet cominciai una ricerca di tutte le
tradizioni a cui Giufà appartiene. Le ricerche furono
all’epoca per me sensazionali, già sapevo delle tradizioni
arabe e siculo-calabresi del personaggio ma mi stupì molto il
gran clamore che trovai attorno alla figura del mediterraneo
orientale, Nasreddin Hoca.
Proseguendo con le ricerche trovai molte connessioni tra i
due personaggi e l’incontro con un docente di Filologia
dell’Università di Messina che mi suggerì il libro di
Wesselski - Der Hodscha Nasreddin
1
- mi aprì
1
Wesselski A., Der Hodscha Nasreddin : türkische, arabische, berberische, maltesische, sizilianische, kalabrische,
kroatische, serbische und griechische Märlein und Schwänke / gesammelt und herausgegeben von Albert Wesselski. -
Weimar : Duncker, 1911. - 2 v.
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definitivamente un percorso su cui lavorare: riconoscere
Giufà in ogni abitante delle coste Mediterranee.
L’affiancamento dell’eroe del Mediterraneo ad un lavoro
educativo interculturale venne, dunque, da sè. Nel Marzo del
2007 partecipai ad un corso di formazione interculturale a
Milano, organizzato dalla rete delle ONG lombarde –
Portare il mondo a scuola - e seppi in poco tempo che Giufà,
in un modo o nell’altro, era già entrato nel mondo della
scuola italiana.
Cominciai così a lavorare a questa tesi approfondendo le
tematiche interculturali e didattiche per elaborare un lavoro
che, mettendo in luce la figura di Giufà nella storia e nella
società mediterranea, potesse render più semplici le
dinamiche di integrazione scolastica.
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Capitolo I
Mediterraneo, tra storia e intercultura
Il Mediterraneo è un mare piuttosto chiuso, forse è anche da
questo che deriva la sua etimologia: dal latino
Mediterraneus, infatti, da medium “in mezzo” e terraneus
“terra”, significa ai nostri giorni che è “in mezzo alle terre”,
ciò a dimostrazione del fatto che risulti allo sguardo come un
luogo chiuso.
In realtà vi è un piccolo scambio delle acque con l’Atlantico
sullo stretto di Gibilterra e con il mar Nero sullo stretto del
Bosforo ad Istanbul. All’estremo est il canale di Suez,
sebbene navigabile, è soltanto una comunicazione artificiale
con il mar Rosso.
Il continente africano da sempre si spinge lentamente verso
il continente europeo.
Fin dalla preistoria l’uomo non è riuscito a star fermo per
molto tempo davanti a distese d’acqua limitate, la curiosità
innata e la voglia di avventura lo spinsero a ingegnarsi
rivoluzionarie costruzioni che gli permettessero di esplorare
il mare. 5000 anni fa, l’uomo sbarcava su isole quali Cipro e
Malta e lentamente si avviava a popolare tutto il bacino del
mediterraneo.
Il Mare “in mezzo” ha da sempre rappresentato, dunque, un
punto di facile incontro per popoli e culture differenti ed
ancora oggi è il crocevia di tali civiltà.
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Il mare nostrum, è in realtà il bacino di un luogo che
abbracciando i tre continenti ne fonde e ne sviluppa civiltà
lingue e culture differenti.
Numerosi popoli che parlano e professano religioni diverse
abitano ed hanno abitato le sponde e i territori vicini a tale
mare il quale li ha da sempre avvicinati per la facilità dei
collegamenti marittimi, dando luogo ad una lunghissima
tradizione di rapporti economici e sociali.
L’influenza di queste civiltà è sempre presente perché noi
siamo ciò che eravamo. Le mescolanze delle razze attraverso
le migrazioni, le dominazioni, gli stupri e le seduzioni, fa sì
che da queste popolazioni ognuno di noi conservi una parte
dei loro geni, dei loro pensieri, della loro arte e delle loro
religioni.
L’attitudine al commercio derivata dalla cultura Persiana fu
ereditata dai Fenici che al contrario degli egiziani, i quali
commerciavano principalmente lungo le sponde del Nilo, e a
causa della stretta striscia di terra della costa libanese in cui
prosperavano Biblos, Sidon e Tiro, si spinsero lungo le coste
ampliando tramite il mare il loro sviluppo commerciale.
E’ da qui che l’uomo ha iniziato a navigare verso ovest
conquistando altri territori.
Il lungo e avventuroso viaggio di Ulisse, narrato nella
celeberrima Odissea, presumibilmente, di Omero, è la prima
testimonianza efficace ha dimostrare l’importanza e il timore
che il mare nostrum guadagnava col passare dei secoli. Tale
viaggio, infatti, svolto interamente sul “nostro” mare,
trasfigurando in epopea coste, isole e acque del Mar
Mediterraneo ne riflette la profonda riverenza che i popoli a
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esso soggetto gli riferiscono, svelando luoghi e miti fino ad
allora presumibilmente tramandati oralmente da coraggiosi
marinai che ne affrontavano, senza l’odierna tecnologia e
senza carte nautiche, le difficili acque.
Agli esametri di Omero si sono poi aggiunti quelli di
Virgilio, poeta latino, con i quali ha raccontato il
predestinato viaggio di Enea da Troia al Lazio.
Solcando le onde del mare mediterraneo, per dare con la sua
stirpe origine alla città eterna: Roma, le sue imprese sono
alla base di tutta la letteratura occidentale e mediterranea.
Allo stesso modo la politica, la filosofia, l’ingegneria, hanno
avuto i loro centri di propulsione dalla antica civiltà greco-
romana.
Al principio del VII secolo d.c. una nuova forza, politica,
religiosa e militare, prese ad espandersi in modo a dir poco
sorprendente lungo le coste del nord africa: i musulmani.
Nati dentro la penisola arabica tra le città, sante, di Medina e
Mecca, sviluppatisi attorno al proprio Profeta, Mohammad, i
musulmani si affacciarono alla storia del mediterraneo come
nuova linfa socio-culturale.
I successori di Mohammad, i Califfi “ben guidati”,
intrapresero un rapida politica espansionistica e già a metà
del secolo VII dominavano l’Egitto, la Siria, la Palestina e
l’Africa settentrionale.
In seguito, nell’VIII sec., all’interno del quadro della lotta
tra Bisanzio e gli arabi per il dominio del Mediterraneo
centrale viene conquistata la Spagna e, per la sua importanza
geo-politica, la Sicilia e saltuariamente anche la Calabria.
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In quest’ultima arrivarono, però, i Saraceni, tribù nomadi e
ribelli che poco avevano in comune con la raffinata civiltà
orientale dei Califfi.
Il mondo musulmano, insieme a quello bizantino, esercitò
sull’Occidente sino al secolo XII, una reale egemonia
economica e culturale
2
ma i fronti su cui si scontrarono le
due civiltà, quella islamica e quella cristiana erano due:
l’Italia meridionale e la Spagna, ed è proprio in questi
territori che più si diffusero i racconti del personaggio che in
questa tesi tenteremo di inquadrare: Giufà.
La nuova linfa culturale e sociale importata nelle regioni del
nord del mediterraneo contribuì notevolmente allo sviluppo
di un intreccio di tradizioni, di storie, cultura nella cultura;
vi fu un incredibile fusione di tradizioni fino a quel
momento divise ed auto-esclusesi dal mare.
Nei territori conquistati dai musulmani,vennero fondate
nuove città e soprattutto venne favorita l’agricoltura con
l’introduzione di nuove coltivazioni: albicocche, agrumi,
carciofi, cotone e canna da zucchero, prodotti ancora oggi
alla base della cucina mediterranea.
Diffondendo, inoltre, l’uso dello zucchero, gli arabi, furono
gli iniziatori di una vera e propria tradizione gastronomica
dolciaria, soprattutto in Sicilia.
Gli stessi, anche durante le loro conquiste, ebbero grande
rispetto nei confronti delle diverse culture con cui venivano
a contatto.
Fu proprio questo il valore aggiunto delle neonate comunità
islamiche in Spagna.
2
Marc Bloch, La società feudale, Einaudi, Torino, 1984 pag. 16
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Al-Andalus è il nome che i musulmani diedero alla parte
della Penisola iberica da essi controllata e governata.
I musulmani, a discapito di quanto oggi si possa credere,
considerano e considervano i cristiani e gli ebrei “gente del
libro” che a differenza dei pagani non dovevan subire l’onta
di una conversione forzata all’islam, anzi proprio per la loro
parentela monoteista con i fratelli islamici furono beneficiari
di una patto speciale, la dhimma
3
, ricavata proprio dal corano
stesso:
«Combattete coloro che non credono in Dio e nel Giorno
Estremo, e che non ritengono illecito quel che Dio e il Suo messaggero
han dichiarato illecito, e coloro, fra quelli cui fu data la Scrittura, che
non s'attengono alla Religione della Verità. Combatteteli finché non
paghino il tributo, uno per uno, umiliati»
4
La dhimma permise, quindi, agli indigeni di Al-Andalus di
godere di maggiori diritti anche rispetto ai periodi storici
precedenti, garantendo la libertà “monoteistica” di culto e
una relativa autonomia giuridica.
Sotto il califfato, la Spagna musulmana, raggiunse il suo
apogeo sviluppando delle sofisticate istituzioni e
un’amministrazione centralizzata. Mentre la sua flotta
dominava sul Mediterraneo Cordova divenne un importante
centro culturale e artistico con scuole, biblioteche, università
in cui si insegnava medicina, matematica, letteratura e
3
La dhimma è un patto stretto tra un non musulmano e un’autorità di governo musulmana. Un dhimmi era, quindi, un
cittadino non musulmano all’interno di uno stato governato dalla svaria, al quale venivano garantiti determinati diritti
interni alla propria dottrina religiosa. La parola dhimmi, di derivazione araba, significa “la gente del libro” ciò ad
indicare ebrei e cristiani, che con i musulmani venerano un Dio Monoteista
4
Corano, traduzione di A. Bausani, Sansoni, Firenze, 1961; Sura IX. vv. 29