1 INTRODUZIONE
1.1 Origine e obiettivi della tesi
Il Medio Oriente è considerato, fin dall’antichità, una terra ricca di risorse e di conse-
guenza teatro di conflitti internazionali ma anche di lotte interne. L’area è caratterizzata
da una vasta gamma di eterogeneità che la contraddistinguono dalle altre aree del Mon-
do. In questa zona possiamo trovare nazioni molto ricche, come ad esempio l’Arabia
Saudita, ed altre economie tipicamente molto povere come lo Yemen.
Tutta la zona ha vissuto importanti cambiamenti nell’ultimo secolo, a partire dalla sem-
pre maggiore importanza a livello globale del petrolio, principale fonte di ricchezza del-
la maggioranza delle nazioni mediorientali, e dal processo di globalizzazione, che si è
assistito in tutto il globo. La maggior parte dei paesi del Medio Oriente sono entrati a far
parte dell’OMC (Organizzazione Mondiale per il Commercio), ma nonostante questo
molti di essi sono ancora sostanzialmente chiusi al commercio internazionale. Spesso si
è assistito a politiche di sostituzione delle importazioni o all’applicazione di dazi eleva-
ti. Nel caso della prima soluzione, molte volte si è poi riscontrata anche una riduzione
delle esportazioni e di conseguenza ad un peggioramento del saldo commerciale.
I benefici della globalizzazione vengono spiegati con la visione liberista delle teorie del
commercio internazionale fondata sui vantaggi derivanti dal libero scambio. L’interesse
delle potenze mondiali, si è concretizzato con l’incremento degli investimenti nella zo-
na, soprattutto nel campo dell’estrazione petrolifera, anche se molto spesso questo in-
tervento, che a volte è stato anche a livello di controllo politico, ha rallentato la forma-
zione di governi locali efficienti favorendo in diversi casi la nascita di regimi.
Questa tesi si propone lo studio dell’evoluzione economica dell’ultimo decennio
dell’area, partendo dall’analisi delle caratteristiche geografiche e della struttura econo-
mica, fino ad arrivare all’analisi del commercio internazionale e degli IDE. Gli ultimi
dieci anni sono stati caratterizzati da periodi di crescita continua (fino al 2007) e poi da
un brusco rallentamento dovuto alla crisi globale, seguito da una leggera ripresa. È inte-
ressante andare ad analizzare come i paesi mediorientali abbiano reagito alla crisi; alcu-
ni, grazie alle vaste riserve accumulate con i ricavi provenienti dal petrolio, sono riusciti
ad uscirne quasi indenni, altri invece, nonostante non possedessero vaste risorse mone-
tarie per adottare le politiche necessarie sono comunque riusciti a superare la crisi anche
grazie alla loro sostanziale chiusura al commercio internazionale.
La crisi globale ha evidenziato le peculiarità delle economie dei principali paesi del
Medio Oriente. Solitamente, i sistemi economici di questi paesi, si basano
sull’estrazione petrolifera, mentre gli altri settori sono poco sfruttati e molto arretrati.
Questo sottopone la maggior parte delle nazioni analizzate a continui shock dovuti alle
fluttuazioni del prezzo del petrolio. Per evitare il ripetersi degli errori del passato, la pa-
rola chiave per il futuro di questi paesi, sarà la diversificazione del proprio sistema eco-
nomico e l’apertura al commercio internazionale. Solamente tramite queste precauzioni,
la crescita potrà durare ancora a lungo e garantire nel medio lungo periodo, anche una
maggiore stabilità economica.
Come modello di stato, che si è mosso in questa direzione, si è scelto Dubai il quale ver-
rà analizzato nell’ultimo capitolo di questa tesi. L’emirato ha fatto del turismo e del set-
tore immobiliare i suoi nuovi punti di forza, a differenza degli anni passati, quando, la
sua economia, era caratterizzata soprattutto dal settore petrolifero. Dopo una crescita i-
ninterrotta, durata sei anni, a partire dal 2000, Dubai, ha subito un brusco arresto; la cri-
si mondiale e successivamente, a fine 2009, lo scoppio della bolla immobiliare,hanno
messo a dura prova l’economia dell’emirato. In futuro, Dubai, dovrà essere più accorto
nelle scelte di investimento, per evitare il ripetersi delle speculazioni che hanno portato
al recente crack finanziario.
Lo studio di Dubai riguarderà specialmente i settori nei quali l’emirato ha ampliato gli
investimenti negli ultimi anni e che lo hanno portato ad essere considerato il più impor-
tante polo commerciale di tutto il Medio Oriente.
1.2 Struttura della tesi
La tesi è articolata in cinque capitoli. A parte questo capitolo introduttivo, il secondo
conduce una piccola introduzione sulla storia e le caratteristiche geografiche, politiche
ed economiche che hanno portato negli anni allo sviluppo del Medio Oriente. Nei primi
due paragrafi del capitolo vengono analizzate le particolarità dei paesi mediorientali
partendo da quelle geografiche e storiche, fino ad arrivare alle caratteristiche economi-
che, sociali e politiche; in particolare si vogliono mettere in evidenza caratteristiche co-
muni e differenze significative tra le economie dei paesi appartenenti all’area analizzata,
in modo da poter comprendere le dinamiche del commercio intraregionale e internazio-
nale e individuare i motivi che han hanno portato il Medio Oriente ad una rapida cresci-
ta e all’aumento della sua importanza a livello internazionale. Nel terzo paragrafo è pre-
sentata l’analisi macroeconomica dell’ultimo decennio, lo studio si basa sulle principali
variabili macroeconomiche quali GDP (Gross Domestic Product), inflazione, investi-
menti, consumi, domanda e offerta aggregate, oltre che il saldo delle partite correnti.
L’analisi è stata affrontata suddividendo il periodo in due periodi temporali: prima della
crisi mondiale e dopo la crisi,i paesi sono stati ulteriormente suddivisi in due gruppi:
paesi esportatori di petrolio e paesi non esportatori di petrolio.
Il terzo capitolo affronta nello specifico i rapporti internazionali di questi paesi. Nel
primo paragrafo vengono elencate le principali organizzazioni internazionali operanti
nell’area e alcuni tra i più importanti accordi internazionali stipulati dalle nazioni prese
in considerazione. Il secondo paragrafo tratta del commercio internazionale, flussi di
import-export, degli ultimi anni e dei principali partner commerciali dell’area. Nel terzo
e ultimo paragrafo si passa invece all’analisi degli IDE (Investimenti Diretti Esteri), sia
per quanto riguarda i flussi in entrata che in uscita, suddivisi per tipologia.
Nel quarto capitolo viene analizzata la situazione di Dubai. Emirato degli EAU(Emirati
Arabi Uniti) che a differenza della maggior parte degli stati del Medio Oriente fa del
commercio, del turismo e del settore finanziario, la sua fonte di ricchezza. Dopo una
breve introduzione sulla sua struttura economica e sui progetti per lo sviluppo futu-
ro,specialmente per quanto riguarda il Dubai Strategic Plan 2015, fatta nel primo para-
grafo, nel secondo paragrafo vengono presentate le Free Trade Zones, una delle qualità
che permette a Dubai di essere il polo preferito per gli IDE nell’area del Medio Oriente.
Nel terzo paragrafo vengono analizzate la propensione al turismo e gli investimenti che
il governo dell’emirato ha effettuato per sviluppare ancora di più questo settore, spe-
cialmente nel settore immobiliare. Il quarto paragrafo presenta lo sviluppo del settore
finanziario di Dubai e la questione della “bolla speculativa” esplosa a fine 2009, colle-
gata con l’incontrollato investimento in attività immobiliari.
2 IL MEDIO ORIENTE
2.1 Cenni storici
Il Medio Oriente può essere inteso come la regione dove Europa, Asia e Africa si incon-
trano. Individuarne i confini precisi è relativamente difficile ma a livello internazionale
si tende ad includere nella regione le seguenti nazioni
1
: Iran, Iraq, Bahrain, Israele,
Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Siria, Yemen ed Emirati Ara-
bi Uniti.
Da sempre questa zona è caratterizzata da una mescolanza di popolazioni, culture e ide-
ologie talvolta in contrasto tra di loro che han fatto si che la regione mediorientale sia da
sempre un territorio contraddistinto da un’elevata instabilità politica e sociale.
Nelle prime fasi storiche il dominio sulla zona era dell’impero Ottomano,ma con
l’inizio del suo declino l’impero fu attraversato da movimenti nazionalisti e moderniz-
zatori che portarono, nel XIX secolo, alla decisione di adottare alcune riforme ispirate ai
modelli politici, amministrativi ed economici europei.
Già nel XVII secolo le maggiori potenze europee e la Russia tentarono di risolvere a
proprio favore l’iniziale crisi dell’impero Ottomano; nacque così la cosiddetta “questio-
ne orientale”
2
. Quest'ultima fu poi anche una delle cause che portarono allo scoppio del-
la prima guerra mondiale, al termine della quale tutto il Medio Oriente cadde diretta-
mente o indirettamente sotto il controllo europeo. Negli anni successivi in seguito ad
accordi (Egitto) o a prese di potere (Iran) la maggior parte degli stati ripresero ad essere
indipendenti dalle nazioni europee, che comunque continuarono ad avere una certa in-
fluenza sulla zona fino a dopo la seconda guerra mondiale.
Nel frattempo il petrolio, diventato indispensabile per lo sviluppo industriale, nel XX
secolo assunse un rilievo politico ed economico sempre maggiore, dando il via alla
“questione mediorientale”. Con la dissoluzione dell’impero ottomano la regione diventò
una delle più instabili del globo, scoppiarono diversi conflitti causati per lo più da ra-
gioni economiche (petrolio). Le potenze Occidentali misero il Medio Oriente al primo
posto in quanto ad importanza strategica per il petrolio e volevano continuare ad averne
1
Definizione adottata dal WTO
2
Dibattito riguardante la sistemazione dei domini ottomani nei Balcani.
il controllo. Di fatto questo atteggiamento ostacolò la formazione di sistemi politici ed
economici corrispondenti alle necessità e alle tradizioni locali, favorendo invece
l’instaurarsi di regimi.
In seguito al fallimento della Repubblica Araba Unita (1961) e alla drastica sconfitta dei
paesi arabi nella guerra dei Sei giorni,
3
il Medio Oriente vide intensificarsi i conflitti in-
terni come dei fermenti antioccidentali, guidati soprattutto da gruppi religiosi che vole-
vano ripristinare la tradizione sia in campo religioso che politico. Con la salita al potere
dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, nel 1979, l’impulso al movimento fondamentalista
fu ampliato e l’Occidente venne accusato di essere la causa della crisi della comunità
islamica nel suo complesso, oltre che della perdita della Palestina.
Negli anni Settanta e Ottanta la situazione, avendo come scenari costanti la guerra ara-
bo-israeliana e la corsa al petrolio, è peggiorata di anno in anno. Nel 1975 in Libano
scoppiò una guerra civile, nel 1977 l’Egitto firmò una pace separata con Israele, che
portò ad una violenta protesta del mondo arabo; nel 1979 vi fu la prima jihad antisovie-
tica in Afghanistan e la rivoluzione in Iran, nel 1980 l’Iraq di Saddam Hussein diede il
via alla guerra contro l’Iran e nel 1990 invase il Kuwait portando allo scoppio della
Guerra del Golfo (1991), nella quale diversi paesi arabi si schierarono con le potenze
occidentali intervenute direttamente nel teatro mediorientale.
La situazione è sembrata migliorare durante gli anni Novanta con l’avvio del processo
di pace tra israeliani e palestinesi, culminato in un accordo nel 1993, ma già verso la fi-
ne del decennio una nuova e violenta rivolta nei territori palestinesi fece precipitare di
nuovo la situazione. L’attacco dell’11 settembre 2001 agli Stati Uniti e la successiva
guerra in Iraq, non hanno altro che confermato la centralità del Medio Oriente nelle di-
namiche strategiche (economiche e geopolitiche) globali del XXI secolo.
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Nel 1967 in seguito ad una serie di provocazioni arabe Israele reagì con un attacco a sorpresa e
devastante nei confronti di Egitto, Giordania e Siria (che erano appoggiati da una serie di nazioni
arabe) che portò all’ingrandimento di oltre quattro volte il proprio territorio.
2.2 I motivi della crescita economica
La crescita del Medio Oriente è da sempre legata alle sue materie prime, in particolar
modo al petrolio, risorsa che la maggior parte dei paesi della regione hanno in abbon-
danza e componente principale delle esportazioni(Esfahani, 2007).
Negli anni Sessanta e Settanta e nella prima metà degli anni Ottanta la causa principale
della crescita è stata l’aumento del prezzo del petrolio; i paesi che ne sono esportatori
soffrono di questa volatilità e lega il loro sviluppo economico all’andamento del prezzo
del greggio. Questo è dovuto soprattutto alla mancanza di diversificazione che aumenta
il rischio di essere sottoposti a shock esterni(Makdisi, Fattah, Limam, 2007).
La crescita è poi legata in vari modi con le principali variabili macroeconomiche; ad e-
sempio è legata negativamente con l’inflazione, con pesanti disavanzi di bilancio e con
le distorsioni del mercato dei cambi. Molto spesso questi paesi sono poi accusati di con-
sumi inappropriati e della ricerca della ricchezza tramite investimenti altamente rischio-
si; a questo si aggiunge anche la caduta dei prezzi delle materie prime degli ultimi de-
cenni che ha portato un’elevata incertezza che influisce sulla crescita.
La presenza di parecchie risorse naturali può portare effetti negativi allo sviluppo, cau-
sando una supervalutazione della moneta, impedendo il progresso dei paesi non petroli-
feri. Oltre a questo ci possono essere anche effetti positivi, in quanto i ricavi delle espor-
tazioni di petrolio possono contribuire al miglioramento del welfare e possono essere
investiti in infrastrutture e capitale umano.
Una delle determinanti della crescita di una nazione è anche il grado di apertura interna-
zionale, questo però non accade per i paesi del Medio Oriente; nella maggior parte dei
casi, infatti, i paesi hanno adottato politiche di sostituzione delle importazioni e hanno
applicato dazi doganali elevati, ad eccezione dei paesi del Golfo.
Infine possiamo osservare, come caratteristica comune alla maggior parte delle nazioni
analizzate, la minor efficienza rispetto al resto del mondo in termini di burocrazia e un
sistema economico-finanziario che disincentiva gli investimenti e riduce gli utili.
Altri fattori negativi sono la presenza massiccia del settore pubblico sul mercato e gli
elevati tassi di analfabetismo, soprattutto fra le donne, che vengono riscontrati in tutti i
paesi medio orientali.