INTRODUZIONE
Oggetto di questa tesi è l’analisi politica del Medio Oriente moderno, condotta
sulla base della teoria dei “livelli di analisi” enunciata nel 1959 da Kenneth Waltz, il
padre del Neorealismo che è uno dei più importanti paradigmi delle Relazioni
Internazionali (RI). Nel suo celebre saggio The Man, State and War
4
, Waltz categorizza
le cause della politica internazionale nei seguenti tre livelli di analisi.
Il primo riguarda gli individui e i gruppi responsabili delle decisioni politiche: ad
esempio, nel caso della Seconda Guerra Mondiale le cause andrebbero ricercate nei
comportamenti di Hitler, di Mussolini, della cricca militare nipponica. Il secondo livello
si concentra sul ruolo svolto dall’apparato statale e dalla società nel suo insieme, dando
così preminenza a fattori interni di natura politica, sociale, economica, ideologica: il
nazismo, il revanscismo tedesco, il fascismo, il militarismo giapponese. Infine, il terzo
livello è detto “sistemico” perché riguarda il Sistema Internazionale (SI) nel suo
insieme. In questo caso, l’analisi è centrata sulla “struttura” del SI, vale a dire come il
potere è distribuito tra le grandi potenze (i cosiddetti “poli”). Quindi nel terzo livello le
cause della Seconda Guerra Mondiale andrebbero ricercate nella crisi del sistema
multipolare: da una parte la Gran Bretagna non era più in grado di svolgere il suo ruolo
tradizionale di garante del balance of power europeo mentre gli Stati Uniti preferivano
persistere nella politica dell’isolazionismo disinteressandosi delle vicende europee;
dall’altra la Germania, in quanto potenza revisionista, voleva cambiare lo status quo a
proprio vantaggio ricorrendo all’uso della forza militare.
4
K. Waltz, The Man, State and War, New York, Columbia University Press (tr. it. L’uomo, lo
Stato e le guerre, Milano, Giuffrè, 1998).
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Per il padre del Neorealismo, tutti e tre i livelli sono importanti, ma mentre il
primo e il secondo riguardano le cause immediate dell’avvenimento di politica
internazionale preso in esame, il terzo livello riguarda la causa più profonda, che nel
caso della Seconda Guerra Mondiale era la condizione instabilità del SI.
Nella sua opera più importante, Theory of International Politics (1979), Waltz
divide le teorie delle RI in teorie riduzioniste, che cioè riducono (abbassano) l’analisi ai
primi due livelli (individuo e stato/società) e che quindi sono tese a individuare le cause
«efficienti» o immediate dell’evento internazionale; e teorie sistemiche, che riguardano
la struttura del SI e quindi concernenti la causa «permissiva» di tal evento. Il problema
dei livelli di analisi è strettamente connesso con il dibattito sul rapporto agente-struttura,
cioè sull’interrelazione tra attori (I e II livello d’analisi) e struttura del sistema (III
livello).
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Sulla base di questi assunti teorici, peraltro fatti propri anche da noti
internazionalisti fautori di altri paradigmi, questa tesi è divisa in due parti, seguendo per
l’appunto l’intelaiatura dei livelli di analisi ispirata al paradigma waltziano. Nella prima
parte della tesi si privilegerà il terzo livello, con un’analisi teorica di tipo sistemico
ispirata al teoria realista; nella seconda parte, invece, l’analisi sarà essenzialmente
fattuale riguardante il primo e il secondo livello, che come abbiamo ricordato
privilegiano rispettivamente l’esame dei comportamenti e decisioni dei grandi leader
politici, e le cause di natura socio- politiche, economiche e ideologiche.
Dal punto di vista contenutistico, il tema riguarda il Medio Oriente “moderno”
visto come “sub-sistema” o “sistema regionale” nell’ambito del SI nel suo insieme;
l’arco temporale è compreso tra la crisi dell’Impero Ottomano fin verso la fine della
Guerra Fredda. L’analisi ha come focus l’Egitto, che è uno degli attori più
5
Cfr. Mazzei F. Le Relazioni Internazionali, EGEA, Milano, 2016.
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rappresentativi della grande famiglia araba per la sua storia, per i suoi dati geopolitici e
per il ruolo svolto nella regione durante il periodo preso in esame.
Dopo questa breve introduzione teorico-metodologica, il lavoro si articola in
un’analisi dell’evoluzione sistemica del sub-sistema mediorientale e in tre capitali in
cui, favorendo i primi due livelli di analisi, si illustrano i mutamenti essenziali della
politica egiziana dalla crisi dell’Impero Ottomano quando l’Egitto ne faceva parte, fino
alla tragica fine di Sādāt, successore di Nāṣṣer alla guida del Paese,e assassinato nel
1981, passando attraverso l’indipendenza del Paese e la “Rivoluzione del 1952”. Gli
avvenimenti più saliente o controversi storiograficamente sono trattati in specifiche
digressioni.
Per la prima parte, paradossalmente, la bibliografia è scarsa. Un testo
particolarmente utile è l’analisi di Raymond Hinnebusch, La politica internazionale in
Medio Oriente.
6
Come si vede dalla bibliografia riportata, quella relativa agli aspetti
evenemenziali è abbondante, tuttavia ben sono poche le opere sistematiche.
6
Hinnebusch, R, La politica internazionale in Medio Oriente, il ponte, 2010.
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PARTE PRIMA:
ANALISI SISTEMICA DEL MEDIO ORIENTE
1. La nozione politica di “Medio Oriente”
Storicamente, la nozione di Medio Oriente nasce ai tempi del colonialismo
europeo. Si ritiene che per la prima volta fosse usata verso la metà dell’Ottocento dalla
burocrazia inglese, e precisamente dall'India Office. A quel tempo la denominazione si
riferiva alla regione compresa tra l’Arabia e l’India. L’espressione poi venne ripresa,
agli inizi del Novecento, nel 1902, dal celebre geopolitico americano Alfred Mahan
teorico delle geopolitica
7
. Da rilevare che nello stesso periodo il Foreign Office e il
Ministero delle Colonie inglesi usavano anche l’espressione Near East ("Vicino
Oriente") per indicare specificamente il mondo arabo che allora faceva parte
dell’Impero Ottomano, a cominciare dal Marocco fino a comprendere la stessa Turchia,
e limitatamente ai primi due decenni del XIX secolo anche la Grecia. In quel contesto,
la denominazione opposta Far East ("Estremo Oriente") si riferiva all'area che si
estendeva ancor più a oriente dell'India ed è tuttora utilizzata: l’Asia di Nord-Est (Cina,
Giappone e Corea) e l’Asia di Sud-Est (Indocina, Arcipelago malese-indonesiano).
Grande Medio Oriente è una nuova nozione geopolitica, introdotta - dopo l’attacco
terroristico alle Torri Gemelle del 2001 - dall'Amministrazione del presidente G.W.
Bush durante i lavori preparatori per il summit del G 8 del 2004 e promossa dai
7
Cfr. il suo articolo "The Persian Gulf and International Relations", pubblicato nella rivista britannica
National Review, settembre 1902.
5
“neocons” americani. Essa indica genericamente la vastissima regione che si estende dal
Marocco al Pakistan e va vista come un’unica entità essenzialmente geostrategica
8
.
In Francia, s’impiegava (e tuttora si impiega), forse più correttamente, la
tripartizione in Proche-Orient, Moyen-Orient ed Extrême-Orient. Questa tripartizione è
stata usata anche in Itala: Vicino Oriente, Medio Oriente (essenzialmente il sub-
continente indiano) ed Estremo Oriente. Significativamente, gli studi orientalistiche
presso l’Istituto Orientale di Napoli (oggi Università degli Studi di Napoli
“L’Orientale”) seguiva questa tripartizione nell’organizzazione dei corsi. Poi
gradualmente si è finito con accomunare Vicino Oriente con Medio Oriente, con una
predilezione per quest'ultima definizione, e ciò a causa forse della inadeguata
categorizzazione geo-politica dell'intera area, conseguenza a sua volta delle
caratteristiche della storia coloniale italiana. In altre parole, il colonialismo italiano
rimase limitato all'area africana e pertanto non avvertì la necessità burocratica di
individuare regioni del mondo diverse. In effetti, per riferirsi all’Eritrea, alla Somalia e
all’Abissinia si usò l'espressione Africa Orientale Italiana (A.O.I.)
9
. Comunque sia,
l'espressione "Medio Oriente" è stata recepita dal mondo arabo (al-Sharq al-awsaṭ) che
peraltro ricorre assai più volentieri ai termini "Maġreb" e "Maŝreq". Il primo indica
"Occidente" (Libia, la Tunisia, l’Algeria, la Mauritania e il Marocco); il secondo
"Oriente" (Egitto, Sudan, Giordania, Libano, Siria, Palestina, Iraq, Arabia Saudita,
8
Ottaway, M. & Carothers, T., 2004, “The Greater Middle East Initiative: Off to a False Start, Policy
Brief”, Carnegie Endowment for International Peace, 2004; Perthes, V. “America's ‘Greater Middle East’
and Europe: Key Issues for Dialogue”, in Middle East Policy, Volume XI, No.3, 2004.
9
Era questa la denominazione ufficiale dei possedimenti coloniali italiani nel Corno d'Africa, proclamata
da Benito Mussolini il 9 maggio 1936 dopo la conquista italiana dell'Etiopia. L'Africa Orientale Italiana
comprendeva l'annesso impero d’Etiopia e le colonie dell'Eritrea e della Somalia Italiana, ed era a sua
volta divisa in sei governatorati. L'A.O.I. cessò di esistere alla fine del novembre 1941.
6
Oman, Yemen, Bahrein, Qatar, Kuwait, Emirati Arabi Uniti).
10
In questa trattazione, la
definizione di Medio Oriente seguita è essenzialmente quella di Raymond Hinnebusch e
di George Friedman.
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2. Dall’Impero Ottomano all’ordine coloniale
Il Medio Oriente è forse la regione del Pianeta che forse è stato maggiormente
plasmato dalla guerra nell’ultimo secolo, segnatamente nel periodo della Guerra Fredda
(che però in Medio Oriente, come del resto in Asia, è stata molto “calda”). A questo
riguardo va rilevato che sono parte di questa regione i due più vecchi focolai di guerra
del nostro tempo: la fondazione di Israele, a spese dei palestinesi, e il petrolio nel Golfo.
Le tante guerre che ne sono derivate si sono alimentate reciprocamente, come
nell’embargo petrolifero del 1973 scatenato dalla guerra arabo-israeliana scoppiata in
quell’anno, creando fonti d’instabilità per il sistema internazionale nel suo insieme.
Ma per comprendere la struttura di questo “sistema regionale” del periodo della
Guerra Fredda è necessario tracciare la struttura nella fase ottomana e in quella
coloniale, quest’ultima – come vedremo - imposta dalle potenze europee, segnatamente
dalla Francia e dal Regno Unito.
10
Per una introduzione generale a questo tema, utili sono stati E. Brighi, F. Petito (a cura di), Il
Mediterraneo nelle relazioni internazionali, Vita e Pensiero, Milano, 2009, e F. Mazzei, World Politics.
Appunti e riflessioni sulla politica internazionale, L’Orientale Editrice, Napoli, 2010. Va rilevato che la
confusione “vicino/medio oriente” non si propone per le aree "vicino-orientali" d'età antica (cioè
precedenti alla conquista araba) per le quali il mondo accademico ha adottato l'espressione
universalmente attestata di "Vicino Oriente antico".
11
Hinnnesch, R. La politica internazionale in Medio Oriente, cit.; Friedman, G. The Next Deacade,
Empire and Republic in a Changing, World Paperback, New York, 2012
Il tema principale del libro di Friedman è come i presidenti degli Stati Uniti nel corso nel secondo
decennio del XXI secolo dovrebbero controllare il balance of power nelle varie regioni del mondo: in
pratica, non attraverso interventi militari diretti ma perseguendo una strategia di “contro bilanciamenti
interni” ai singoli sub-sistemi regionali: ad esempio, nell’Area estremorientale la crescente potenza della
Cina dovrebbe essere controbilanciata dal Giappone... Per quanto riguarda specificamente l’area di nostro
interesse, secondo Friedman, come vedremo, gli USA dovrebbero cercare ripristinare equilibri distrutti
dagli interventi americani nella regione dopo l’11 Settembre (Guerra in Afghanistan del 2011 e Seconda
Guerra del Golfo del 2013). In concreto egli ritiene che gli USA dovrebbero disimpegnarsi almeno in
parte da Israele, che egli considera strategicamente ormai sicuro, e nel contempo fare una accommodation
con l’Iran (eventualmente da controbilanciare poi con la Turchia). E’ appena il caso di rilevare che
questo è quanto il Presidente Obama sta facendo verso la fine del suo secondo mandato.