2
istituzioni politiche transnazionali presentano caratteri ancora non approfonditi.
L’impostazione sociologico-giuridica di questo lavoro è motivata in parte dalla
volontà di fornire una prospettiva storica dell’ombudsman, come richiede del resto
uno studio non superficiale di qualsiasi istituto giuridico. In parte sono le
caratteristiche stesse di questo organo, che nella sua attività si colloca spesso a
cavallo fra la norma e il fatto, a richiedere che venga prestata una particolare
attenzione al profilo dell’effettività.
Nella prima sezione si cercherà di approfondire la comprensione
dell’ombudsman, un istituto di giustizia relativamente giovane e dalle
caratteristiche innovative, cercando in primo luogo di comprendere le circostanze
storiche in cui è sorto e si è sviluppato, sino a verificarne lo stato di evoluzione ai
giorni nostri (capitoli 1 e 2).
A tale fine, si tenteranno di individuare alcuni punti fermi relativi al concetto di
burocrazia e ai problemi delle strutture burocratiche, che costituiscono la ragion
d’essere dell’ombudsman (capitolo 3).
Con qualche certezza in più su tali questioni, ci si è proposti di verificare
l’ipotesi di partenza, ossia che l’ombudsman sia un istituto di fondamentale rilievo
nell’instaurazione di un rapporto democratico e non autoritario fra i cittadini e i
pubblici poteri, e che proprio per questa ragione sia sorto in quei paesi che per
primi hanno adottato i principi dello stato di diritto e della rule of law. Una risposta
positiva a questo quesito indurrebbe anche a ritenere che il rafforzamento e la
diffusione dell’ombudsman siano da incoraggiare e al tempo stesso rappresentino
un indice della maturità democratica raggiunta dagli apparati pubblici (capitoli 4 e
5).
Nella seconda sezione il lavoro si incentrerà sul Mediatore Europeo. Con
l’analisi delle norme che ne regolano l’attività e prendendo in considerazioni i
risultati della sua azione, si cercherà di rispondere alla domanda se esso possa
giungere nell’ordinamento comunitario agli stessi risultati positivi cui sono giunti
3
gli ombudsman nazionali. A questo scopo verrà tracciato un bilancio sommario dei
primi quattro anni di attività del Mediatore, prendendo in considerazione le
iniziative di maggiore rilievo per verificare quale influenza effettiva esso abbia
esercitato sulle prassi e sulle norme regolatrici dell’attività amministrativa. Dai dati
statistici sull’attività del Mediatore si tenterà di comprendere quale sia stato
l’impatto complessivo della sua presenza nell’ordinamento comunitario e la
percezione del suo ruolo da parte dei cittadini europei (capitoli 6 e 7).
La seconda parte della ricerca si basa su una serie di dati e di indici
necessariamente limitata, se si considera il breve arco temporale lungo il quale si è
sinora svolta l’attività del Mediatore. Va inoltre sottolineato che per rendere conto
di tutti gli aspetti dinamici del funzionamento dell’ufficio occorrerebbe procedere
ad un’osservazione diretta del lavoro del Mediatore. Nonostante il fatto che le
informazioni sull’organizzazione di tale istituto e sulla distribuzione dei compiti al
suo interno siano ancora scarse, è comunque possibile ricostruire un quadro
esauriente, sebbene sintetico, dell’attività da esso svolta attraverso l’esame delle
sue decisioni e dei documenti ufficiali reperibili.
Un ringraziamento particolare va al personale dell’ufficio del Mediatore, che è
stato particolarmente efficiente e celere nel rispondere alle richieste di
informazioni e nel fornire la documentazione necessaria a integrare i dati già a
disposizione.
4
SEZIONE PRIMA
LA DIFESA CIVICA
5
CAPITOLO PRIMO
LE ORIGINI STORICHE DEI DIFENSORI CIVICI
1.1 – Il defensor civitatis romano
Il primo difensore civico moderno, lo Justitie Ombudsman, nacque in Svezia nel
1809. Nelle lingue scandinave ombudsman significa incaricato, procuratore,
ovvero colui che fa da tramite.
Le funzioni esercitate dagli ombudsman hanno portato ad accostarli al defensor
civitatis romano, una figura di magistrato sorta nella prassi delle istituzioni
municipali in età imperiale e poi istituzionalizzata con una costituzione di Valente
e Valentiniano del 364 d.C. Questi interventi del potere centrale non mutavano le
caratteristiche originarie dei defensores e si limitavano a statalizzarne le funzioni,
trasformandoli in organi periferici della burocrazia statale e dimostrando la
cointeressenza dello stato rispetto a tale forma organizzatoria
1
. Il rinvenimento di
testimonianze papirologiche sempre risalenti al IV secolo d.C. testimonia peraltro
come anche in Egitto operassero a quel tempo autorità con poteri analoghi
2
.
Il defensor, che negli atti ufficiali veniva anche chiamato patronus plebis, era
incaricato di proteggere gli abitanti delle città dalle vessazioni dei potenti, in
special modo da quelle che colpivano gli strati più umili della popolazione, spesso
1
V. Mannino, Ricerche sul "defensor civitatis", Giuffrè, Milano, 1984, p. 69 e sgg. e p. 79.
2
V. Mannino, op. cit., p. 16.
6
oggetto di abusi da parte dell’aristocrazia senatoria
3
. Le modalità di elezione di tale
figura e le sue funzioni variarono nel corso dei secoli. Se in una prima fase il
defensor venne fu nominato dal praefectus, una volta che tale organismo fu esteso
a tutte le province si passò all’elezione diretta da parte del popolo o di
un’assemblea di maggiorenti.
La circostanza che in epoca più prossima l’elezione del defensor richiedesse il
duplice intervento del praefectus e dell’assemblea dei notabili ha indotto gli
studiosi a parlare di “organo per metà statale e per metà municipale”
4
, anche se in
alcune epoche prevalse la tendenza ad accentuare il controllo da parte del potere
centrale.
I compiti del defensor erano esplicitamente rivolti alla protezione dei cives e
consistevano principalmente nella vigilanza sull’imparzialità delle altre
magistrature e nell’esercizio diretto della giurisdizione sulle cause minori (in
particolare in materia di imposte, settore in cui il defensor aveva il potere di
promuovere una causa di propria iniziativa). Talvolta esso esercitava anche
funzioni di natura amministrativa e di certificazione e poteva conferire con il
praefectus. Successivamente gli vennero attribuiti poteri di polizia nella
persecuzione degli eretici e dei pagani.
Ai nostri giorni, le autorità indipendenti costituite in molti paesi sull’esempio
dell’Ombudsman svedese e chiamate a vigilare sugli apparati pubblici hanno
assunto denominazioni che richiamano quella magistratura dell’epoca romana:
difensore civico in Italia, defensor del pueblo in Spagna, Volksanwalt in Austria. In
realtà è agevole dimostrare che queste autorità discendono direttamente dalle
esperienze scandinave e che il riferimento alla tradizione romana è forse un
tentativo di nobilitare a priori la loro attività qualificandole come eredi di un
3
Ivi, p. 75.
4
Ivi, p. 147.
7
illustre antenato decaduto. Il defensor civitatis deteneva cospicui poteri decisionali
e giurisdizionali in senso proprio, mentre gli odierni difensori civici come vedremo
operano con strumenti e finalità differenti. In ogni caso, nelle pagine che seguono
si utilizzeranno indifferentemente il termine ombudsman e l’espressione difensore
civico per riferirsi in generale a tutte le autorità che oggi svolgono funzioni di
difesa civica
5
.
1.2 – L’età medievale e l’assolutismo
Con le invasioni barbariche e la decadenza delle amministrazioni municipali il
defensor civitatis entrò in una fase di declino, e vi sono ancora testimonianze della
sua presenza solo presso i Franchi
6
.
In realtà, anche in epoca medievale e soprattutto con la nascita degli stati
monarchici assoluti, i sudditi erano in grado di portare all’attenzione del potere le
proprie doglianze e i propri reclami rivolgendosi direttamente alle istanze
responsabili dei loro problemi. In una fase successiva l’esame dei reclami venne
affidato a fiduciari del potere sovrano incaricati specificamente di questo compito,
come ad esempio i maîtres des requêtes che operavano in Francia
7
, anche se non
esistevano ancora procedure formalizzate che garantissero i diritti dei sudditi, e
l’accoglimento delle richieste di questi ultimi era sostanzialmente rimesso
all’arbitrio dei funzionari.
All’interno dei regni era in atto un processo di accentramento delle funzioni di
governo e in senso lato “pubbliche” e a questo carico di nuovi compiti si cercava di
5
Sulle definizioni di difesa civica, vedi infra cap. 3.
6
S. Romano, “Defensor civitatis”, Novissimo Digesto Italiano, UTET, Torino, 1960.
7
A. Padoa-Schioppa, Il diritto nella storia d’Europa, CEDAM, Padova, 1995, p. 266.
8
fare fronte con la crescita degli apparati e la diversificazione e la specificazione
delle loro funzioni
8
. Anche durante la dominazione araba nella penisola iberica vi è
notizia di funzionari che svolgevano questi compiti
9
.
I rapporti tra i sudditi e le istanze supreme del potere erano di fatto improntati
alla soggezione più totale e le richieste al sovrano avevano per lo più il carattere di
implorazioni. L’unico potere in grado di contrapporsi efficacemente alla corona era
quello delle assemblee di dignitari che spesso assumevano il nome di “tribunali”
ma che in realtà in questa fase non avevano nulla a che vedere con la funzione di
tutela delle prerogative individuali. Questo limite ai poteri del re costituiva infatti
un retaggio dell’età medievale, uno spazio d’influenza concesso ai rappresentanti
del vecchio mondo feudale come parziale compensazione per la perdita della
primazia. Questi organi affiancavano e consigliavano il sovrano nell’esercizio del
potere e per lungo tempo costituirono l’unico vero contrappeso alle prerogative
regie.
Nei secoli che seguirono alla fine del Medio Evo e all’inizio convenzionale
dell’età moderna, l’idea dei diritti individuali si affermò progressivamente nelle
teorizzazioni politiche e nella realtà degli ordinamenti, attraverso un percorso che
vide le sue tappe fondamentali nelle opere di John Locke e degli Illuministi, nel
Bill of Rights inglese del 1689, nella Dichiarazione d’indipendenza americana del
1776 e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. La
proprietà e la libertà personale, il diritto alla vita e alla ricerca individuale della
felicità sono i cardini di quella che potrebbe essere definita una rivoluzione
copernicana nella concezione dei rapporti fra individuo e società.
8
A. Padoa-Schioppa, op. cit., p. 265.
9
J. Söderman, “La difesa civica in Europa. Ruolo del Médiateur”, in N. Olivetti Rason e L. Strumendo (a cura di),
Il difensore civico. Tutela e promozione dei diritti umani e di cittadinanza. Atti dei seminari di studio organizzati nel
1994 e nel 1996 dal Centro di studi e di formazione sui diritti dell'uomo e dei popoli dell'Università di Padova,
CEDAM, Padova, 1997, p. 138.
9
1.3 – Lo Justitie Ombudsman svedese
Come abbiamo già detto, la prima figura di difensore civico dell’epoca moderna
è quella dell’Ombudsman svedese, istituito con la Costituzione del regno di Svezia
del 1809, la quale attribuiva al Parlamento (Riksdag) il potere di nominare un
funzionario indipendente di elevata competenza, con il compito di vigilare sul
rispetto della legalità da parte delle autorità dipendenti dall’esecutivo. Il mandato
dell’Ombudsman comportava il potere di sindacare l’attività di tutte le autorità
pubbliche, civili e militari, compresi i tribunali, con l’eccezione dell’attività dei
ministri, che esprimeva l’indirizzo politico e poteva essere oggetto di controllo da
parte del solo Parlamento. L’Ombudsman non era però in grado di imporre al
soggetto controllato la modifica delle sue decisioni o della sua condotta e poteva
rivolgergli solo osservazioni critiche o raccomandazioni. Il controllo si attivava
normalmente su reclamo dei cittadini, ma era prevista la possibilità di un intervento
d’ufficio e il cittadino che presentava una denuncia non vantava diritti particolari
nel corso delle procedura oltre a quello di essere informato sui motivi
dell’archiviazione.
Nello svolgimento delle indagini l’Ombudsman poteva avvalersi del pubblico
ministero e i suoi poteri erano rilevanti: poteva presenziare alle deliberazioni delle
decisioni degli organi giudiziari e i funzionari erano tenuti a fornire le informazioni
e i documenti che venivano loro richiesti.
Al termine della sua inchiesta, quando riteneva di dover rivolgere una
raccomandazione agli uffici coinvolti nell’indagine, l’Ombudsman esprimeva il
proprio punto di vista e suggeriva quale fosse il comportamento corretto da
adottare. Nel caso che fossero accertate delle irregolarità, egli poteva anche
decidere la messa in stato di accusa o l’inizio di un procedimento disciplinare nei
confronti del funzionario negligente e in questa eventualità svolgeva il ruolo di
pubblico accusatore.
10
L’Ombudsman era pienamente indipendente: le norme generali che regolavano
la sua attività erano stabilite da una legge e gli era attribuita una piena autonomia
nell’organizzazione dell’ufficio e nella gestione del personale. Il Parlamento
poteva indirizzargli direttive di natura generale, che non potevano quindi contenere
indicazioni riguardo al comportamento da tenere su casi specifici. Inoltre il suo
mandato era a termine e coincideva con la durata della legislatura e, nel caso di
impedimenti o nel caso si rendesse colpevole di gravi negligenze, poteva essere
revocato solo su deliberazione del Parlamento a maggioranza qualificata.
Lo Justitie Ombudsman si affiancò allo Justitie Kansler (cancelliere di
giustizia), che era stato istituito un secolo prima con analoghi compiti di controllo
sulle amministrazioni ma che era legato funzionalmente all’esecutivo: per questo
era ritenuto meno affidabile e non ebbe quella fiducia generale di cui poi godette
l’Ombudsman.
1.4 – Il controllo politico dell’esecutivo
L’istituzione dell’Ombudsman rappresentava indubbiamente un progresso nella
tutela delle posizioni individuali, ma il suo ruolo primario restava comunque quello
di consentire un controllo esterno sulle attività amministrative nell’interesse
dell’organo legislativo. Era il Parlamento a vantare un diritto a che l’esecutivo non
agisse illegalmente, ed era al Parlamento che l’Ombudsman riferiva sul risultato
della sua attività, tanto che l’altra sua denominazione ufficiale era quella di
Commissario Parlamentare. In questa fase, la nomina dell’Ombudsman aveva una
valenza fortemente politica, e la difesa dello specifico diritto individuale leso
assumeva una funzione solo strumentale, tanto che era prevista anche l’iniziativa
d’ufficio. La “Legge sulla forma di governo” (Regeringsformen) del 1809 era del
resto una costituzione breve, che si limitava a stabilire limiti istituzionali al potere
11
sovrano e quindi sprovvista di un bill of rights.
L’ordinamento svedese prevedeva una netta separazione fra attività esecutiva di
natura politica, che era di competenza degli organi di governo di vertice (i ministri)
e attività esecutiva di natura tecnico-amministrativa, svolta dagli uffici della
pubblica amministrazione e che in virtù del principio di separazione dei poteri non
era sindacabile direttamente dal Parlamento
10
. Anche se in ultima istanza la
responsabilità del ministro di fronte al Parlamento e la sua sovraordinazione
gerarchica all’interno dell’apparato amministrativo garantivano formalmente il
rispetto della legalità anche da parte dei funzionari pubblici di livello inferiore, si
preferì approntare un mezzo ulteriore di tutela contro possibili abusi e negligenze
che fosse più vicino ai cittadini e da questi direttamente attivabile. In questo
periodo storico non si poteva ancora parlare di una responsabilità politica del
governo nel senso in cui è intesa oggi: i poteri delle assemblee elettive erano
ancora scarsi o comunque limitati alla tutela dei princìpi fondamentali di libertà, e
constavano di veri e propri poteri decisionali solo in alcune materie quali
l’imposizione dei tributi e l’impegno bellico. Era del tutto assente l’idea di un
potere legislativo generalizzato, così come non era ancora individuabile un nucleo
di posizioni soggettive invocabili nei confronti dei pubblici poteri, posizioni che
andranno via via precisandosi e definendosi parallelamente al sorgere dei primi
istituti di giustizia amministrativa.
In questo quadro storico e istituzionale, le motivazioni che stavano alla base
della creazione di un ufficio come quello dell’Ombudsman risiedevano nella
convinzione che un organo autorevole e tecnicamente competente, che a fronte di
irregolarità e abusi fosse capace di portare i funzionari responsabili davanti a un
tribunale, era più efficace che non un intervento diretto del Parlamento, non ancora
in grado di esercitare un’influenza decisiva sulla composizione del governo e sulle
10
E. Bernardi, Ombudsman, Novissimo digesto italiano, UTET, Torino, 1986.
12
sue attività.
1.5 – La tutela delle posizioni soggettive
Con le “carte dei diritti” che videro la luce sul finire del XVIII secolo si
assistette al riconoscimento formale da parte del potere sovrano di un primo nucleo
di diritti civili e politici in capo ai sudditi. Queste solenni proclamazioni, che
scaturivano da eventi sociali traumatici e dalla “progressiva presa di coscienza
della necessità di dotare l’idea dei diritti, che [apparivano] storicamente come
diritti naturali, di uno statuto giuridico che [permettesse] la loro efficace
applicazione e la concreta protezione dei soggetti che ne [erano] titolari
11
”,
sancirono l’inizio del processo di positivizzazione dei diritti.
Nel corso del secolo successivo il processo di positivizzazione accelerò in
maniera inarrestabile e accanto a esso si avviò parallelamente e in maniera
inscindibile un processo di generalizzazione, con il graduale superamento della
situazione per cui si affermava in linea di principio che “i diritti umani sono
naturali, vale a dire, spettanti a tutti gli esseri umani” ma di fatto vigeva “una
pratica restrittiva che limitava il loro godimento a una classe sociale, la
borghesia”
12
.
La positivizzazione e la generalizzazione dei diritti allargarono la base dei
soggetti che formalmente potevano invocare diritti e prerogative: erano sempre
meno i “sudditi” e sempre in aumento i “cittadini”.
Sul versante istituzionale i pubblici poteri si adeguarono a tale mutamento e le
assemblee elettive assunsero un ruolo di primo piano, anche se solo una ristretta
11
G. Peces-Barba, Teoria dei diritti fondamentali (1991), tr. it. Letizia Mancini, Giuffrè, Milano, 1993, p. 139.
12
G. Peces-Barba, op. cit., p. 143.
13
parte della popolazione godeva dei diritti politici. Le forme di governo
costituzionali cedettero il passo alle forme parlamentari. Se nelle prime il re era
capo incontrastato dell’esecutivo e gli unici limiti al suo potere erano l’attività del
Parlamento e la Carta costituzionale, nelle seconde il governo poteva operare solo
con la fiducia dell’assemblea legislativa, e il monarca vedeva ridotti in maniera
consistente i suoi margini di decisionalità. L’assemblea dal canto suo vide
ampliarsi i campi in cui poteva legiferare, potendo attribuire direttamente ai
cittadini diritti e doveri.
L’allargamento della base dei soggetti di diritto e l’estendersi delle posizioni
soggettive direttamente invocabili influì direttamente, come è comprensibile,
sull’attività pubblica di tutela dei diritti: gli organi giurisdizionali videro estendersi
le proprie funzioni e aumentare il proprio carico di lavoro. Questo processo
evolutivo coinvolse tutta l’Europa, con notevoli differenze e con periodi di
incubazione più o meno lunghi a seconda delle realtà storiche che venivano
toccate. Fu un processo lungo e faticoso non sempre irreversibile che nella teoria
politica verrà definito come il passaggio fra lo stato monarchico assoluto e lo stato
liberale di diritto.
La Svezia era alla testa di questo movimento: la sua dinastia regnante era fra le
più illuminate d’Europa e comprese che opporsi al mutamento era inutile. Essa fu
quindi fra le prime monarchie a cedere al Parlamento e ad accettare una carta che
limitasse i propri poteri.
Fra queste limitazioni vi fu quella posta dall’attività dello Justitie Ombudsman,
che nel corso del XIX secolo, in conseguenza dell’evoluzione della forma di
governo da monarchia costituzionale in monarchia parlamentare, si ritagliò un
nuovo ruolo nel sistema istituzionale. Se in un primo periodo i tratti dominanti
dell’istituto erano quelli del prosecutor parlamentare, successivamente
l’Ombudsman acquistò caratteristiche sempre più rilevanti dal punto di vista della
protezione dei diritti individuali. Il Parlamento era in grado di fare valere
14
autonomamente i suoi poteri di controllo nei confronti di tutti i livelli della
pubblica amministrazione, e l’esigenza più pressante era ora quella di tutelare le
posizioni soggettive dei singoli, che venivano limitate dalle attribuzioni sempre più
penetranti degli apparati burocratici, vigilando che ciò avvenisse senza abusi e
disfunzioni
13
.
13
E. Bernardi, Ombudsman, Novissimo Digesto Italiano, UTET, Torino, 1986.