raggiunti, per dare infine uno sguardo alle prospettive future di tale
organo.
Attraverso l’analisi delle norme che ne regolano l’attività e prendendo
in considerazione i risultati della sua azione, si cercherà di rispondere
alla domanda se esso possa giungere, nell’ordinamento comunitario,
agli stessi risultati positivi cui sono giunti gli Ombudsman nazionali
nei Paesi scandinavi.
In conclusione le due figure verranno confrontate ed affiancate in
modo tale da cogliere le affinità o le eventuali differenze sia sul piano
dei poteri che dei risultati ottenuti attraverso le rispettive attività.
LE ORIGINI STORICHE DEI
DIFENSORI CIVICI
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Il defensor civitatis romano. – 3.
L’età medievale e l’assolutismo.
1. Il primo Difensore Civico moderno, lo Justitie
Ombudsman,
1
fu istituito per la prima volta in Svezia con la
costituzione del 1809.
2
Poiché le caratteristiche tipiche e le funzioni
esercitate dagli Ombudsmen hanno portato ad accostarli al defensor
civitatis romano, figura operante in età imperiale, uno studio sulla
difesa civica non può non comprendere una ricostruzione anche in
termini storico-evolutivi del fenomeno, a partire proprio dalla figura
del defensor civitatis imperiale, passando per il medioevo e toccando
1
Il termine deriva da un’antica radice: Umbup. cioè potere, autorità, da cui proviene il verbo
ombjuda = conferire un incarico. Analoga è la radice islandese unband derivante da bioda =
offrire. Questi due termini sono collegati con l’antico tedesco biotan = investigare. La parola
Ombudsman nelle lingue scandinave letteralmente significa incaricato, procuratore, ovvero colui
che fa da tramite.
2
Art. 96: In ogni legislatura ordinaria il Parlamento provvederà a nominare due cittadini svedesi di
provata esperienza nel campo giuridico ed onestà; essi assisteranno il Parlamento, l’uno come
Procuratore per la materia giudiziaria, e l’altro come Procuratore per tutto ciò che concerne la
materia militare; ed entrambi avranno l’alto compito, quali rappresentanti del Parlamento e
secondo le singole istruzioni ricevute, di sorvegliare che le leggi e i principi fondamentali dello
Stato siano osservati. Il Procuratore per la materia militare curerà che i tribunali militari applichino
le leggi raccolte nel codice militare e sorveglierà altresì l’operato dei funzionari retribuiti dalla
cassa per la difesa nazionale; il Procuratore giudiziario sorveglierà il modo di applicazione delle
leggi nei Tribunali e nei Ministeri, citando in giudizio, ove occorra, i funzionari disonesti per
azioni scorrette commesse in casi che rientrino nella sua competenza. Questi due consiglieri del
Parlamento non saranno esenti da responsabilità sia civile che penale, ma saranno regolarmente
sottoposti alla legge. (1865-66, 1915).
poi l’istituzione ormai bisecolare dell’Ombudsman svedese, per
analizzare infine la sua diffusione ed evoluzione a livello europeo.
2. La figura del defensor civitatis, investito del compito di
difendere la plebs dell’Illirico contro le vessazioni dei potentes, viene
fatta risalire ad un provvedimento del 368 d.C. attribuito a
Valentiniano I ed a Valente; tuttavia dall’esame di alcuni documenti e
testi emerge l’esistenza di soggetti simili anche in epoca precedente: i
cosiddetti ecdici e syndici, i primi adibiti alla tutela degli interessi di
alcune città greche, mentre i secondi sembrerebbero piuttosto essere i
rappresentanti delle città nominati per trattare affari particolari presso
il governatore provinciale oppure presso lo stesso imperatore.
3
Basandosi poi su alcuni papiri del IV secolo d.C. dove si
accenna ad un ecdicos, ad un syndicos e a un defensor operanti in
Egitto, diversi Autori sono giunti alle stesse conclusioni: che esistono
i prodromi dei defensores civitatum imperiali.
4
Ciò ha dato luogo, nel
corso del tempo, ad un ricco e vivace dibattito con coloro i quali,
invece, hanno negato la sussistenza di eventuali segni precursori della
defensio civitatis romana.
5
3
MANNINO, Ricerche sul defensor civitatis, Milano,1984.
4
Cfr. DE MARTINO, Storia della Costituzione Romana, I-V, Napoli, 1967. L’autore ha
comunque riconosciuto l’obiettiva difficoltà di enucleare l’eventuale differenza tra le funzioni
svolte dall’ecdicos e dal syndicos, uniformandosi con quanto era stato già espresso dal JONES in
The Greek City from Alexander to Justinian, Oxford, 1940.
5
Alcuni autori hanno infatti sostanzialmente glissato sulla questione dei rapporti tra il defensor
della legislazione imperiale ed i suoi eventuali prodromi. Cfr., fra gli altri, DE FRANCISCI, Storia
del diritto romano, III, Milano, 1936; GUARINO, Storia del diritto romano, Napoli, 1975. Mentre
TURNER, Egypt and the Roman Empire, in JEA, 22, 1926, pag. 7 e sgg., ammonisce ad evitare
frettolose identificazioni in particolare tra il defensor civitatis e i suoi supposti prodromi egiziani.
Inoltre alcuni Autori hanno suggerito che le stesse fonti
consentono di creare un collegamento e rinvenire tratti comuni fra la
figura e le funzioni esercitate dal defensor civitatis imperiale e tali
soggetti menzionati nei papiri.
6
Ad ogni modo nel provvedimento emanato da Valentiniano I, che si
ritiene generalmente istitutivo della defensio, l’imperatore stesso
precisò al suo prefetto del pretorio d’Illirico, d’Italia e d’Africa, che la
difesa della plebs di tutto l’Illirico dovesse assicurarsi attraverso la
creazione di appositi patroni, i quali dovevano essere, comunque,
persone di alta dignità. La selezione di tali patroni era affidata al
prefetto del pretorio, ma l’imperatore specificò che essi non potevano
essere scelti fra i funzionari dello stesso prefetto del pretorio.
7
I defensores ed i plebei avevano diritto di denunciare ai governatori
provinciali tutti gli abusi perpetrati in caso di subscriptiones.
Conseguentemente a tale denuncia, i governatori restavano obbligati
ad aprire un’inchiesta e ad esprimere un giudizio sulla questione.
Il defensor, che negli atti ufficiali veniva soprattutto chiamato
patronus plebis, era perciò incaricato di proteggere gli abitanti delle
città dalle vessazioni dei potenti, in special modo da quelle che
colpivano gli strati più umili della popolazione, spesso oggetto di
abusi da parte dell’aristocrazia senatoria. Del resto fu lo stesso
Valentiniano I ad ordinare che la plebs dell’Illirico venisse difesa
contra potentium iniurias. Il nuovo ufficio era perciò concepito come
6
Ad esempio PETIT, Historie de l’Empire romain, Parigi, 1974, pag. 685, a proposito
dell’espressione syndicos, sostiene che essa corrisponderebbe a quella latina di defensor
plebis/civitatis, aggiungendo che le città greche avevano spesso degli ekdicoi.
7
MANNINO, op. cit., pag. 71.
un organo a tutela di un’unica classe, nel senso che era adibito alla
protezione della povera gente contro i soprusi dei potentes.
Proprio tale caratteristica permette di operare una distinzione tra i
patroni plebis, creati per l’Illirico, e i defensores della legislazione
orientale, che non erano adibiti alla difesa di una sola classe sociale e
che, per altro, rimanevano strutture locali, al contrario di quelle statali
ma operanti in periferia dei patroni.
La ratio del provvedimento emanato nel 368 d.C., quindi, si intuisce là
dove si pone l’accento sulla crisi socio-economica in cui versava
l’impero. Si veniva a delineare, infatti, la necessità di individuare e
valorizzare certi elementi di coesione, tra cui quello di una buona
amministrazione e predisposizione di organi operanti in periferia che
potessero assicurare una idonea protezione e tutela della classi meno
abbienti.
Solo all’inizio del V secolo d.C. i patroni occidentali
acquistarono rapidamente varie funzioni, esercitate per conto delle
città, e che si allontanavano dall’esercizio di un’attività di tutela della
povera gente. A dimostrare tale mutamento vi è il fatto che nelle
diverse costituzioni ad essi relative non si parla più di defensores/
patroni plebis, bensì di defensores civitatum oppure urbium.
Si stabilì inoltre che questi dovessero esercitare una vera e propria
funzione di polizia, anche in campo tributario, contro gli esattori delle
imposte. I defensores erano autorizzati, qualora avessero accertato la
frode, ad arrestare i colpevoli e a condurli davanti al tribunale del
governatore presentando le prove dei misfatti compiuti. Erano gli
stessi cittadini, inoltre, a poter segnalare, in genere, le loro lamentele
ai defensores.
Fino all’entrata in vigore del Codex Theodosianus
8
si verificò
quindi un progressivo e veloce incremento delle funzioni esercitate dai
defensores. Funzioni di natura non solo amministrativa, ma anche
poliziesca, giudiziaria, protettiva in generale dei sudditi e di
determinate categorie sottoprotette. Anche per questo motivo i
defensores civitatum vengono tendenzialmente considerati titolari di
un potere misto, per metà appartenente alla burocrazia imperiale e per
metà alle strutture amministrative della città.
9
Fu comunque proprio il Codex Theodosianus a conferire una organica
e generale sistemazione alla figura del defensor, nonché a
rappresentare un momento di sintesi legislativa tra la situazione
normativa occidentale e quella orientale.
L’ultimo provvedimento imperiale relativo all’istituto della
defensio, emanato prima della caduta della pars occidentale
dell’impero, risale al 458 d.C. ed è attribuito a Maggiorano. Egli muta
sia il sistema di reclutamento sia il diritto alla conferma della scelta
dei defensores, assegnata direttamente all’imperatore e non più,
quindi, al prefetto del pretorio. Tuttavia tale ufficio mantiene
comunque il carattere misto, per metà municipale e per metà statale
(visto anche il duplice sistema elettorale che vede coinvolti sia i
cittadini sia l’imperatore.)
Tale caratteristica, infine, pare fu conservata anche dai defensores che
operarono con notevole vitalità ancora durante il regno degli
Ostrogoti.
8
Fatto compilare da Teodosio II nel 438 e contenente le Constitutiones da Costantino allo stesso
Teodosio II.
9
MANNINO, op. cit., pag.133.
3. Con le invasioni barbariche e la decadenza delle
amministrazioni municipali il defensor civitatis entrò in una fase di
declino, e vi sono ancora testimonianze della sua presenza solo presso
i Franchi.
10
In realtà, anche in epoca medievale e soprattutto con la nascita degli
stati monarchici assoluti, ai sudditi era riconosciuta la facoltà di
portare all’attenzione del potere le proprie doglianze e proteste
rivolgendosi direttamente alle istanze competenti.
In una fase successiva l’esame dei reclami venne affidato a fiduciari
del potere sovrano incaricati di questo specifico compito, come ad
esempio i maîtres des requêtes operanti in Francia,
11
anche se non
esistevano ancora procedure formalizzate che garantissero i diritti dei
sudditi, e l’accoglimento delle richieste di questi ultimi era
sostanzialmente rimesso all’arbitrio dei funzionari stessi.
All’interno dei regni era in atto un processo di accentramento delle
funzioni di governo e in senso lato “pubbliche” e a questo carico di
nuovi compiti si cercava di fare fronte con la crescita degli apparati
amministrativi e la diversificazione e la specificazione delle loro
funzioni.
I rapporti tra i sudditi e le istanze supreme del potere erano di fatto
improntati alla soggezione più totale dei primi e le richieste al sovrano
avevano per lo più il carattere di suppliche. L’unico potere in grado di
contrapporsi efficacemente alla corona era quello delle assemblee di
dignitari che spesso assumevano il nome di “tribunali” ma che, in
realtà, in questa fase non avevano nulla a che vedere con la funzione
10
ROMANO, Defensor civitatis, in Novissimo Digesto Italiano, Torino, 1960.
11
PADOA-SCHIOPPA, Il diritto nella storia d’Europa, Padova, 1995.
di tutela delle prerogative e dei diritti individuali. Questo limite ai
poteri del re costituiva difatti un retaggio dell’età medievale, uno
spazio d’influenza concesso ai rappresentanti del vecchio mondo
feudale come parziale compensazione per la perdita della loro
supremazia. Questi organi affiancavano e consigliavano il sovrano
nell’esercizio del potere e per lungo tempo costituirono l’unico vero
contrappeso alle prerogative regie.
Ai nostri giorni, le autorità indipendenti costituite in molti stati
sull’esempio dell’Ombudsman svedese e chiamate a vigilare sugli
apparati pubblici hanno assunto denominazioni che richiamano quella
del defensor civitatis dell’epoca romana: Difensore Civico in Italia,
Defensor del Pueblo in Spagna, Volksanwalt in Austria. E’ quindi
ipotizzabile che queste autorità discendano direttamente dalle
esperienze scandinave e che il riferimento alla tradizione romana sia
forse un tentativo di nobilitare a priori le loro attività qualificando
queste figure come eredi di un illustre antenato decaduto.
Nonostante i paralleli, il defensor civitatis deteneva cospicui poteri
decisionali e giurisdizionali in senso proprio, mentre gli odierni
difensori civici, come vedremo, operano con strumenti e finalità
differenti. In ogni caso, nelle pagine che seguono si utilizzeranno
indifferentemente il termine Ombudsman e l’espressione Difensore
Civico per riferirsi in generale a tutte le autorità che oggi svolgono
funzioni di difesa civica.
I MODELLI ATTUALI NEI PAESI
SCANDINAVI
SOMMARIO: 1. Il modello svedese: Origini storiche. – 1.1 Il XIX
secolo. – 1.2 Età contemporanea. – 1.3 Situazione attuale: Oggetto e
ampiezza dei suoi poteri. – 1.4 Il procedimento davanti
all’Ombudsman. – 1.5 I poteri decisionali. – 1.6 L’efficacia
dell’istituto. – 1.7 Aspetti critici e considerazioni conclusive. – 2. Il
modello danese: Origini storiche. – 2.1Età contemporanea. – 2.2
Situazione attuale: I rapporti con il Parlamento. – 2.3 Oggetto e
ampiezza dei suoi poteri. – 2.4 La procedura dei ricorsi. – 2.5 I poteri
decisionali. – 2.6 Efficacia dell’istituto e considerazioni conclusive. –
3. Il modello norvegese: Origini storiche e situazione attuale. – 3.1 I
rapporti con il Parlamento. – 3.2 Oggetto e ampiezza dei suoi poteri.
– 3.3 La procedura dei ricorsi. – 3.4 I poteri decisionali. – 3.5
Considerazioni conclusive. – 4. Cenni sul modello finlandese. – 4.1
La procedura dei ricorsi e i poteri decisionali. – 4.2 I rapporti con il
Parlamento. – 4.3 Considerazioni conclusive.
1. La prima figura di Difensore Civico che si incontra
nell’epoca moderna è quella dell’Ombudsman svedese, istituito con la
Costituzione del regno di Svezia del 6 giugno 1809.
Questi aveva, nella stessa Svezia comunque, un suo archetipo:
l’Ombudsman reale, creato nel 1713 da Re Carlo XII, che governò
come monarca assoluto.
Il Re a quel tempo si trovava in Turchia e il risultato della sua lunga
assenza (trascorse infatti ben 13 anni fuori dal paese) fu il diffondersi
del caos nell’amministrazione del regno di Svezia. Con lo scopo di
ristabilire l’ordine il Re impose la creazione di un nuovo ufficio che in
Svezia avrebbe fatto capo a una persona investita del titolo di
JustitieKansler. Egli, in qualità di primo rappresentante del Re,
avrebbe avuto il compito di garantire il rispetto della legge da parte
dei funzionari di corte e l’adempimento dei loro rispettivi obblighi. La
principale arma nelle mani dell’Ombudsman consisteva nel diritto di
perseguire legalmente quei funzionari che fossero stati giudicati
colpevoli.
Suddetto ufficio, più tardi conosciuto come Cancelliere della
Giustizia, è tuttoggi presente e coesiste con l’istituto dell’Ombudsman.
Quando Re Gustavo Adolfo fu deposto nel 1809 il Parlamento
svedese adottò una nuova Carta fondata sul principio dell’equilibrio di
poteri fra il Re e il Parlamento (Riksdag). La Svezia aveva in effetti
conosciuto, nei due secoli precedenti, gli abusi dell’assolutismo
monarchico e si comprese perciò la necessità di attuare una divisione
di poteri fra Corona e Dieta, tale da poter costituire garanzia di
reciproca moderazione e di mutuo controllo. Movendo dagli spunti
che già offriva la Costituzione del 1772, fu accentuata la distinzione
delle funzioni e degli organi così che il potere legislativo fu attribuito
congiuntamente al Re e al Riksdag, rifuggendo quindi da una integrale
applicazione del principio della separazione dei poteri.
La Carta stabilì che il Re avrebbe nominato il Cancelliere della
Giustizia, mentre al Riksdag spettava l’elezione dello
Jiustitieombudsman. Costui doveva essere “un uomo dalla rinomata
abilità nel campo giuridico e di grande integrità”. Avrebbe assistito il
Parlamento in materia giudiziaria, e quale rappresentante dell’organo
legislativo e secondo le istruzioni ricevute, avrebbe avuto il compito
di sorvegliare l’osservanza delle leggi e dei principi fondamentali
dello Stato.
12
12
EKLUNDH, The Swedish Parliamentary Ombudsman System, in Human Rights Commissions
and Ombudsman Offices, The Hague, 2000.
Uno dei motivi che portarono alla creazione di questo ufficio è
rappresentato dal fatto che il Riksdag svedese iniziava ad avvertire la
necessità di dar vita ad una istituzione che potesse svolgere una
funzione di supervisione sull’osservanza di leggi e decreti da parte di
tutti i giudici e di altri funzionari, ma che al tempo stesso fosse
totalmente indipendente dalla figura del monarca.
Una fondamentale differenza tra l’Ombudsman reale e il
Difensore Parlamentare consiste in ciò: il primo agisce nel puro
interesse del sovrano, al contrario l’attività di vigilanza del secondo ha
lo scopo di proteggere i diritti dei singoli cittadini.
Il mandato dell’Ombudsman comportava allora il potere di sindacare
l’attività di tutte le autorità pubbliche, civili e militari, e il diritto di
ispezionare la Corte suprema amministrativa, le Corti inferiori, i
Collegi dello Stato o le Commissioni istituite in loro vece, nonché le
Preture, eccezione fatta però per l’attività svolta dai ministri, in quanto
esprimeva l’indirizzo politico e poteva quindi essere oggetto di
controllo da parte del solo Parlamento. L’Ombudsman non era però in
grado di imporre al soggetto controllato la modifica delle decisioni
assunte o della sua condotta; poteva esaminare i verbali e rivolgere poi
solamente osservazioni critiche o raccomandazioni. La verifica
comunque si attivava su reclamo dei cittadini, ma era anche prevista la
possibilità di un intervento d’ufficio.
E’ importante sottolineare che colui che presentava una denuncia non
vantava diritti particolari nel corso delle procedura d’inchiesta se non
quello di essere informato sui motivi dell’eventuale archiviazione.
Durante lo svolgimento delle indagini l’Ombudsman poteva avvalersi
della presenza del Pubblico Ministero, i cui poteri erano piuttosto
rilevanti: poteva presenziare alle deliberazioni delle decisioni degli
organi giudiziari e i funzionari erano tenuti a fornire le informazioni
e i documenti che venivano loro richiesti.
Al termine della sua inchiesta, qualora avesse ritenuto necessario
rivolgere una raccomandazione agli uffici coinvolti nell’indagine,
l’Ombudsman avrebbe espresso il proprio punto di vista e suggerito
quindi il comportamento corretto da adottare. Nel caso in cui fossero
state accertate delle irregolarità o negligenze, egli avrebbe potuto
anche stabilire la messa in stato di accusa o l’avvio di un
procedimento disciplinare nei confronti del funzionario disonesto: in
questa eventualità avrebbe svolto il ruolo di pubblico accusatore.
L’Ombudsman nacque quindi come istituto pienamente
indipendente: le norme generali che regolavano la sua attività erano
stabilite da una legge del Parlamento e gli era attribuita una piena
autonomia nell’organizzazione del proprio ufficio e nella gestione del
personale. Il Riksdag poteva indirizzargli direttive di natura generale,
che non potevano quindi contenere indicazioni riguardo al
comportamento da tenere su casi specifici. Inoltre il suo mandato era a
termine e coincideva con la durata della legislatura e, nel caso di
impedimenti o nel caso si fosse reso colpevole di gravi negligenze,
sarebbe stato revocato solo su deliberazione dell’organo parlamentare
a maggioranza qualificata.
L’Ombudsman inoltre doveva riferire al Parlamento, (ciò giustifica
l’altra sua denominazione ufficiale cioè quella di Commissario
Parlamentare) all’inizio di ogni legislatura ordinaria, sull’attività
svolta nel campo riservatogli: illustrare come le leggi erano state
applicate e indicare gli errori commessi, nonché quelli che erano insiti
nelle leggi stesse e nei principi fondamentali del Regno di Svezia,
facendo proposte per un loro miglioramento. Era il Parlamento quindi
a sorvegliare, attraverso l’attività del Difensore Civico, l’esecutivo
affinché questo non agisse illegalmente.
L’istituzione dell’Ombudsman rappresentava indubbiamente
un notevole progresso nel campo della tutela delle posizioni
individuali, ma il compito primario di questo difensore restava
comunque quello di consentire un controllo esterno sulle attività
amministrative nell’interesse dell’organo legislativo. In questa fase, la
nomina dell’Ombudsman aveva quindi una forte valenza politica e la
difesa di un diritto individuale leso assumeva una funzione solo
strumentale, tanto che era prevista anche l’iniziativa d’ufficio.
La “Legge sulla forma di governo” (Regeringsformen) del 1809 era
del resto una costituzione breve, che si limitava a stabilire limiti
istituzionali al potere sovrano e quindi sprovvista di un bill of rights,
di una parte riguardante l’affermazione e la tutela di diritti e libertà
individuali.
L’ordinamento svedese prevedeva una netta separazione fra attività
esecutiva di natura politica, che era di competenza degli organi al
vertice del governo (i ministri) e attività esecutiva di natura tecnico-
amministrativa, svolta dagli uffici della pubblica amministrazione e
che, in virtù del principio della separazione dei poteri non era
sindacabile direttamente dal Parlamento.
13
Nonostante in ultima istanza la responsabilità del ministro di fronte al
Parlamento e la sua sovraordinazione gerarchica all’interno
dell’apparato amministrativo garantissero formalmente il rispetto della
legalità anche da parte dei funzionari pubblici di livello inferiore, si
preferì creare un ulteriore mezzo di tutela contro eventuali abusi e
13
BERNARDI, Ombudsman, in Novissimo digesto italiano, Torino, 1986.
negligenze: uno strumento che fosse più vicino ai cittadini e da questi
direttamente attivabile.
In questo periodo storico non si poteva ancora parlare di
responsabilità politica del governo nel senso in cui essa è intesa oggi: i
poteri delle assemblee legislative erano ancora deboli o comunque
limitati alla tutela dei principi fondamentali di libertà e il Parlamento
possedeva veri e propri poteri decisionali solo in alcune materie quali
l’imposizione dei tributi e l’impegno bellico. Del resto gli autori della
Costituzione del 1809 avevano concepito le funzioni del Governo
come essenzialmente attive e quelle della Dieta come passive; solo col
tempo il Parlamento andrà assumendo in modo sempre crescente le
attività di iniziativa legislativa e di indirizzo politico.
Era del tutto assente quindi l’idea di un potere legislativo
generalizzato, così come non era ancora individuabile un nucleo di
posizioni soggettive invocabili nei confronti dei pubblici poteri.
In questo quadro storico e istituzionale, le motivazioni che stavano
alla base della creazione dell’ufficio dell’Ombudsman risiedevano
nella convinzione che un organo autorevole e tecnicamente
competente, che a fronte di irregolarità, abusi e negligenze fosse
capace di trascinare i funzionari responsabili davanti a un tribunale,
era di certo più efficace che non un intervento del Parlamento stesso,
non ancora in grado di esercitare un’influenza decisiva sulla
composizione del governo e sulle sue attività.