7
caratteristiche biologiche preesistenti. Il genere, definisce e rappresenta i
comportamenti connessi con le aspettative sociali legate allo status di uomo o donna
e rinforza socialmente e culturalmente le differenze biologiche e ormonali che
esistono tra i due sessi. Di qui il ricorso alla nozione d' “identità di genere”,
considerata come la percezione sessuata di se stessi e la persistenza della propria
individualità “maschile o femminile” nel tempo.
La sessualità è legata all'intera personalità di un individuo, la sua impronta è
presente in tutte le manifestazioni della vita. Il rapporto corpo-anima
rappresenterebbe una totalità organica, si spiega in questo modo il disagio di quelle
persone che, in forme diverse, presentano uno sviluppo sessuale anormale.
E' antica la disputa sull'origine biologica e psichica di tali fenomeni, nota è
la posizione di coloro che comprendono tra essi anche l'omosessualità.
L'espressione “stati intersessuali” comprende, da una parte, casi in cui vi sia
disomogeneità tra fattori biologici, morfologici e psicologici, dall'altra parte, con
l'ampiezza del termine utilizzato, non si vuole pregiudicare uno studio analitico e un
inquadramento autonomo di ogni singola ipotesi.
3
Il transessuale vive, quindi in un mondo proprio, pazientemente costruito
sull'idealizzazione del sesso a cui aspira e il cammino verso l'altro sesso rappresenta
un processo di chiarificazione nei riguardi della società e di pacificazione interiore.
1. Profilo storico del “transessualismo”.
Mentre il termine “transessualismo” è di acquisizione piuttosto recente, non
altrettanto può dirsi della sindrome cui esso si riferisce. Le testimonianze di
inversione psico-sessuale risalgono all'epoca classica. Questo è quanto risulta dalle
narrazioni mitologiche, espressioni simboliche di realtà effettive.
4
3
Per le indicazioni bibliografiche, STANZIONE, op. cit., sub 2.
4
D'ADDINO SERRAVALLE P., STANZIONE P., Problemi giuridici del transessualismo, E.S.I., Napoli,
1981
8
Nella mitologia greca l'anima transessuale, è drammatizzata nella figura
della dea Venere Castina. Sempre in Grecia, i frigi dell'Anatolia castravano gli
uomini che si sentivano donne per consentir loro di svolgere il ruolo di donna.
Altre leggende sono presenti nella tradizione dell'India Orientale, dove si
racconta di un re che fu trasformato in donna per essersi bagnato in un fiume magico.
In Egitto, la reggente Hatchepsut, si faceva passare per faraone portando una
barba posticcia e gli abiti da re.
Anche la storia di Roma imperiale è ricca di citazioni. La prima vera
operazione di «conversione» sembra risalire all'Imperatore Nerone che sposa il
giovane Liberto Sporo dopo averlo sottoposto a trattamento chirurgico.
Si narra che l'Imperatore Eliogabalo avesse sposato un poderoso schiavo e
fosse «deliziato dal sentirsi chiamare la sposa, la regina di Ierocle», si travestiva da
dama e si faceva chiamare imperatrice.
In Francia, il cavaliere d'Eon aveva l'abitudine di portare vestiti da donna
durante le missioni di spionaggio per conto di Re Luigi XVI.
Tra le popolazioni asiatiche, occorre sottolineare i curiosi costumi degli
Aleuti, fanciulli non desiderati come maschi dai genitori, che ricevevano
un'educazione di tipo femminile e che l'acconciatura e l'abbigliamento da loro
indossato non doveva contrastare col sesso che la famiglia aveva scelto per loro.
5
L'osservazione della sindrome «transessuale», comincia a delinearsi quando
le esperienze inerenti le perversioni riguardanti l'oggetto sessuale, iniziano a
distinguerla dalla omosessualità e dal transvestitismo.
Nel 1918 Magnus Hirschfeld conia il termine di «transvestitismo»e nel 1949
Harry Benjamin, un medico tedesco, ha definito il «transessualismo» come il caso
estremo di transvestitismo.
6
Successivamente, lo stesso Benjamin conferisce al
transessualismo una collocazione autonoma nell'ambito dei disturbi dell'identità
sessuale.
5
LORÈ C., MARTINI P., Aspetti e problemi medico-legali del transessualismo, Milano, Giuffrè,
1986.
6
TOLENTINO I., Transvestitismo e transessualismo. Considerazioni sugli aspetti nosografico,
eziopatogenetico e clinico di un caso di castrazione in un transessuale, in Rivista Sperimentale di
Freniatria, 909, 1957.
9
Il transessualismo acquisisce la fisionomia attuale solo nel 1952 a seguito
dell'operazione di George Jorgensen, divenuto il transessuale più famoso del
Novecento. Si tratta del primo intervento chirurgico di conversione. Jorgensen, è
stato tenuto in osservazione per 10 mesi e sulla base dei tests per lo studio della
personalità e dell'esame del quadro endocrino, è stata fatta diagnosi di
transessualismo. Dopo un anno, il paziente chiese ai medici di essere liberato dai
genitali maschili e con il nuovo nome di Christine, ha dato inizio alla sua nuova vita
di «donna».
1.3 Transessualismo e sua diversificazione rispetto alle altre sindromi:
Omosessualità, Transvestitismo e stati intersessuali.
Nel 1971, Laub e Fisk, introdussero il termine «disforia di genere»
comprendendo in questa categoria tutti i soggetti con problemi legati all'identità
sessuale.
Solo recentemente il transessualismo ha assunto una connotazione
autonoma: in passato, infatti, la confusione concettuale che si aveva nei confronti del
fenomeno in questione, aveva finito per ridurre la sindrome transessuale al suo
sintomo più evidente, costituito dal travestitismo.
Paiono interessanti i tentativi di sistemazione della sindrome
«transvestitistico-transessuale» operati dal Benjamin, con la premessa che il
transessualismo non è uno stadio evolutivo del transvestitismo e che una categorica
distinzione tra le due sindromi non è ammissibile: « l'aspetto soggettivo della vita e
dell'amore possono infatti determinare flussi e riflussi di emozioni, talchè netti
confini non possono essere tracciati».
7
In base a quanto succitato, è possibile effettuare una diagnosi differenziale
tra il fenomeno transessuale, il transvestitismo e l'omosessualità.
Il transessualismo si differenzia dal transvestitismo innanzitutto per le
modalità dello stesso «travestimento». Mentre il travestito indossa abiti del sesso
7
BENJAMIN H., Il fenomeno transessuale, Roma, Astrolabio, 1968.
10
opposto per soddisfare un desiderio perverso, il transessuale non lo fa per
perversione, ma perché fermamente convinto di vestire gli indumenti più consoni alla
propria personalità. Inoltre, per ciò che attiene la scelta del «partner», mentre i
transessuali sono attratti dai soggetti appartenenti al loro stesso sesso, i transvestiti, si
sentono tendenzialmente attratti dal sesso opposto, non essendo in contrasto con il
proprio sesso cromatico o somatico, sono quindi, nella maggior parte dei casi,
eterosessuali.
8
Per ciò che attiene i caratteri differenziali riscontrabili tra la sindrome
transessuale e quella omosessuale, v'è da dire, che un'affrettata valutazione dei
sintomi porterebbe a dedurre che il transessuale è un omosessuale. Il problema
dell'omosessuale è legato al sesso, perché l'omosessualità è esclusivamente
deviazione dell'impulso erotico, in quanto un individuo ad esempio di sesso
maschile, non desidera esser donna, ma è comunque attratto da un altro uomo. Al
contrario, il problema del transessuale è inerente al genere. Il suo scopo primario è la
trasformazione anatomica, e il desiderio di avere un «partner» uomo è un fattore
secondario.
Alla luce di queste considerazioni, alla domanda se il transessuale è
omosessuale, segue una duplice risposta: una affermativa, se ci si ferma alla sua
anatomia; l'altra negativa, se si considera la psiche e la sua totale personalità.
Gli stati intersessuali si differenziano, infine, dal transessualismo, in quanto
in quest'ultimo si osserva un'obiettività fisica normale anche se poco sviluppata
9.
1.3.1. Il Transvestitismo.
Il transvestitismo, secondo alcuni autori, è un fenomeno asessuale.
Peter Ackroyd, ad esempio, nel suo saggio “Dressing up” (travestirsi),
individua quei caratteri e quelle motivazioni per cui il travestitismo non avrebbe
nulla a che fare con la nozione ghettizzante e svilente diffusa nella società
contemporanea. Secondo Peter Ackroyd, il fatto di oltrepassare i limiti del proprio
8
LORÈ C., MARTINI P., op. cit. sub. 5.
9
BENJAMIN H., op. cit. sub. 7.
11
sesso, adottando abiti o atteggiamenti di quello opposto, è da attribuirsi, nella
maggior parte dei casi, a tradizioni culturali che riporrebbero nel travestirsi le basi di
credenze o usanze popolari.
10
Il travestimento, nel passato, è stato collegato anche
all'arte della magia, in molte culture sciamanistiche, infatti, il travestito era uno
«stregone» che proprio perché indossava abiti da donna pur appartenendo al sesso
opposto, era fonte di autorità divina in una comunità primitiva.
Da un punto di vista psicopatologico, in realtà, sia la sindrome del
transvestitismo che quella transessuale, si fondano sul disorientamento e
sull'incertezza di ruolo relativamente al sesso ed al genere. Si tende ad affermare che
il transvestitismo configura la turba più moderata, il transessualismo quella più
grave.
Hirschfeld, ha interpretato la sindrome del transvestitismo come
espressione di stati sessuali intermedi. L'inversione di abbigliamento si verifica in
tutti i transessuali, mentre aspirazioni transessuali non sempre sono presenti nella
maggior parte dei transvestiti.
Benjamin, in una prima classificazione ha distinto i transvestiti in tre gruppi,
sulla base del quadro clinico che presentavano:
- il travestito psicogeno, le cui tendenze iniziano a manifestarsi sin
dall'infanzia: il soggetto è introvertito, si sente a disagio se vestito con abiti maschili,
ha occupazioni femminili e desidera che la società modifichi l'atteggiamento nei suoi
confronti. Il suo disagio è soprattutto sociale;
- il tipo intermedio, che sente di appartenere al sesso opposto e, quindi,
desidera fare esperienza di qualche mutamento fisico, ma che si presenta spaventato
dinanzi all'idea di una correzione chirurgica;
- il transessualismo somatopsichico, dove gli organi sessuali sono vissuti
con disgusto e frustrazione, eliminabile solo attraverso l'armonizzazione del corpo
alla psiche, unica speranza del reale superamento del doloroso conflitto.
11
In un secondo momento, il Benjamin, sviluppando nuove osservazioni ed
esperienze, operò un'ulteriore classificazione, prevedendo l'individuazione di sei
10
ACKROYD P., Dressing up. Transvestism and Drag: the history of an Obsession, 1979, London,
Thames&Hudson, p. 37.
11
LORÈ C., MARTINI P., op. cit., sub 5.
12
distinte tipologie all'interno dei tre gruppi originari, con l'aggiunta di un gruppo 0, al
di fuori di essi, rappresentativo di «un grado di orientamento ed identificazione
sessuale normale, etero od omosessuale».
12
1.3.2. L'Omosessualità.
Dopo anni di accese discussioni, nel 1973 l'Associazione Psichiatrica
Americana (APA) ha deciso di eliminare l'omosessualità dall'elenco delle malattie
mentali.
Si andò, quindi, delineando la prospettiva che intende l'omosessualità non
tanto come categoria, quanto piuttosto come dimensione, cioè elemento da
considerare insieme ad altre e molteplici dimensioni (ad esempio cognitiva, emotiva,
volitiva).
Secondo il modello di malattia funzionale, la patologia è determinata dalla
mancanza o perdita di un equilibrio fra più elementi. Sul versante terapeutico, quindi,
l'omosessualità non si curerà se non quando essa diventi motivo di disagio.
Per omosessualità s'intende l'attrazione sessuale di un individuo maschio o
femmina per gli individui del suo stesso sesso.
Poiché nell'omosessuale non vi sono malformazioni né alterazioni ormonali
e, soprattutto, non vi è odio per il proprio corpo, l'omosessualità non va confusa con
il transessualismo.
Fra i segni che le indagini empiriche utilizzano per descrivere
l'organizzazione psico-affettiva omosessuale vi sono dunque: l'attrazione sessuale ed
affettiva per persone dello stesso sesso; la ridotta, se non assente, attrazione per
persone del sesso opposto; il passaggio all'atto omosessuale connotato da piacere.
Non in ogni persona omosessuale sono, però, compresenti questi elementi.
Alcune persone omosessuali si trovano completamente nella descrizione di cui sopra,
ma altre provano attrazione anche verso il sesso opposto.
Non è un caso, infatti, che circa il 16% di coloro che si dichiarano
omosessuali è sposato o lo è stato, anche se non va trascurata l'omosessualità
12
BENJAMIN H., op. cit. sub. 7.
13
secondaria, che è espressione di problemi che risiedono altrove, per esempio in
difficoltà di coppia
13
.
1.3.3. Gli stati intersessuali.
Si parla di stati intersessuali per indicare tutti i casi di ambiguità sessuale
congenita, come l'«ermafroditismo vero» e lo «pseudoermafrodismo». Vengono,
inoltre, inclusi in questa definizione i casi di discrepanza tra sesso anatomico e sesso
cromosomico.
L'ermafroditismo è la coesistenza anatomo-funzionale di entrambi i sessi in
uno stesso individuo; mentre nello pseudoermafroditismo si inscrivono i casi di
presenza di gonadi sessualmente ben definite in concorrenza con altre strutture del
sesso opposto.
Stabilito che, negli stati intersessuali, il sesso psicologico è fortemente
influenzato dal sesso stabilito alla nascita, si comprendono le gravissime
conseguenze che un errore diagnostico può causare sulla vita di relazione e
sull'equilibrio psichico degli intersessuali.
1.4. Il transessualismo tra autonomia privata e indisponibilità del
corpo: il divieto ex art. 5 c.c.
Il percorso che ha condotto all'affermazione dei diritti della personalità, in
particolar modo del diritto all'identità personale, è stato contrassegnato da un
progressivo riconoscimento di ambiti di autonomia in un contesto che privilegia il
momento del divieto e del limite rispetto a quello della libertà.
Le tecniche di riproduzione assistita hanno sollecitato una riflessione
sull'uso che ciascun uomo può fare del proprio corpo, mettendo in evidenza
l'inadeguatezza delle categorie giuridiche tradizionali a dare inquadramento teorico e
a regolare situazioni nuove, e operando un ripensamento sulla concezione originaria
13
Cfr. BARBAGLI, COLOMBO, Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Il Mulino, Bologna,
2007.
14
della categoria dei diritti della personalità fondata sul binomio libertà-
indisponibilità.
14
Diventa opportuno verificare se questo binomio sia ancora attuale, o se,
piuttosto, non debba affermarsi un principio generale di libertà e di
autodeterminazione, che attribuisca al principio di indisponibilità una posizione
marginale, in quanto espressione di una visione autoritaria del diritto.
Analizzando un ambito tradizionalmente estraneo al potere di libera
disposizione del soggetto, qual è quello della sessualità, è possibile effettuare una
simile verifica con riguardo al fenomeno del transessualismo, che testimonia in
maniera efficace e significativa l'oscillazione dell'ordinamento tra riconoscimento
dell'autonomia privata e determinazione dei suoi limiti in ordine ai diritti della
personalità.
In Italia il legislatore ha affrontato il problema del cambiamento di sesso
con la legge 14 aprile 1982 n. 164, chiudendo definitivamente il dibattito
sull'ammissibilità di una volontaria modifica dei caratteri sessuali e del conseguente
adeguamento degli atti dello stato civile. Sebbene tale legge sembri accogliere un
concetto di sessualità piuttosto ampio, facendo riferimento alle «condizioni psico-
sessuali» della persona
15
, una lettura attenta della legge mostra che ciò che rileva ai
fini del cambiamento di sesso è la corrispondenza tra i caratteri sessuali esteriori e
l'aspetto che il soggetto presenta, e non, la percezione che il soggetto ha di sé a
livello psichico. La ratio sembra quella di garantire la certezza dei rapporti giuridici
anche con riferimento alla posizione dei terzi che entrino in contatto con il
transessuale, in modo da far coincidere l'apparenza esteriore con il dato anagrafico.
In questo senso si è espressa la Corte Costituzionale quando ha affermato
che «...il far coincidere l'identificazione anagrafica del sesso alle apparenze esterne
del soggetto interessato, o, se si vuole, al suo orientamento psicologico e
comportamentale, favorisce anche la chiarezza dei rapporti sociali e, così, la certezza
dei rapporti giuridici»
16
. Rilievo assolutamente marginale viene ad assumere
14
PALMERI G., VENUTI M. C., Il transessualismo tra autonomia privata ed indisponibilità del
corpo, in Dir. famiglia, 1999, 4, 1331.
15
Art. 2, comma 4 legge n. 164/1982.
16
CORTE COST. 24 maggio 1985 n. 161, in Giur. Cost.,1985, I, 1173, e in Foro it., 1985, I,
15
l'identità sessuale del soggetto quale espressione del suo vissuto personale e
dell'apprezzamento che ha della propria sessualità.
La legge 14 aprile 1982 n. 164 evidenzia il collegamento esclusivo tra la
modificazione del sesso e necessità di adeguamento, prescindendo dalla volontà del
soggetto e soprattutto dalla valutazione che questi dia dell'opportunità dell'intervento
chirurgico. Il riferimento alla necessità dell'adeguamento, già di per sé criticabile in
un'ottica di affermazione del principio di libertà, appare ancor più inadeguato ove si
consideri che il giudizio sulla necessarietà è affidato dal legislatore al giudice, quasi
in via esclusiva.
Il legislatore sembra non curarsi del fatto che la decisione di sottoporsi ad
un intervento chirurgico, al fine di modificare la propria identità sessuale,
presuppone un conflitto profondo in chi intende cambiar sesso e porta ad
intraprendere un percorso difficile e faticoso che dovrebbe essere affiancato da
adeguati interventi di sostegno finalizzati a far assumere alla persona una scelta
libera e consapevole.
Prima dell'entrata in vigore della legge 14 aprile 1982 n. 164, la dottrina più
sensibile riconduceva il diritto alla salute, ora al diritto all'identità personale, a volte,
al diritto costituzionalmente garantito al libero sviluppo della personalità.
Diversamente si era orientata la giurisprudenza che aveva negato la
possibilità dell'attribuzione di un sesso diverso da quello originario. Non c'era
riconoscimento giuridico del transessualismo, poiché «nessuno può essere ritenuto
dell'uno o dell'altro sesso esclusivamente in base al proprio convincimento». Nessun
rilievo veniva assegnato alle modificazioni del corpo indotte volontariamente, perché
considerate in contrasto con la realtà naturale e contrarie al divieto posto dall'art. 5
del codice civile.
Gli artt. 2 e 3 della Costituzione, al contrario, assegnano alla libertà della
persona i diversi profili in cui si sviluppa la personalità: sesso, razza, lingua,
religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Questi non possono
essere causa di discriminazione sociale e giuridica.
17
2162.
17
PALMERI G., VENUTI M. C., op. cit. sub. 13.
16
Pur ricollegando il transessualismo ad una vera e propria sindrome, la Corte
Costituzionale ha sottolineato la rilevanza del diritto all'identità sessuale quale diritto
della personalità che va sempre protetto e reso effettivo, e va considerato preminente
in confronto a confliggenti interessi
18.
La «diversità» del transessuale viene
apprezzata dalla Corte non come valore, ma come patologia.
19
E' necessaria, a questo punto, una ricognizione sul significato e sulla portata
che il principio di gratuità assume come criterio ordinatore delle relazioni personali a
contenuto non patrimoniale, in particolare degli atti di disposizione del corpo, tema
disciplinato dall'art. 5 c.c.
L'art. 5 c.c. nel vietare gli atti di disposizione che cagionino una
diminuzione permanente dell'integrità fisica, o che siano altrimenti contrari alla
legge, all'ordine pubblico, o al buon costume, sembra lasciare aperto lo spazio ad atti
che non contrastano con i limiti indicati. Il divieto di disporre del corpo, non si
porrebbe come assoluto e generale, ma ammetterebbe in via di principio che del
corpo si possa disporre nei limiti segnati dall'art. 5 c.c.
L'art. 5 c.c., inoltre, riferisce il concetto di (atto di) disposizione
tradizionalmente legato alle vicende traslative, modificative ed istintive dei diritti
patrimoniali
20
, al corpo: bene della vita, per definizione, insuscettibile di valutazione
economica. Da qui alcune difficoltà legate all'interpretazione dell'art. 5, relative, in
particolare, alla possibilità di individuare il contratto come strumento volto a
realizzare l'effetto dispositivo con riferimento al corpo. Va innanzitutto chiarito che,
pur se la categoria dell'atto di disposizione non si esaurisce nel contratto, trova in
esso la figura più diffusa; circostanza della quale il legislatore, nel formulare l'art. 5
c.c., era consapevole. Altro elemento di carattere sistematico viene dalla
18
CORTE COST. ,op. cit. sub. 15.
19
Nella sentenza viene evidenziato:«poichè il transessuale, più che compiere una scelta libera,
obbedisce ad un'esigenza incoercibile, alla cui soddisfazione è spinto e costretto dal suo “naturale”
modo di essere, il legislatore ha preso atto di una simile situazione, nei termini prospettati dalla
scienza medica, per dettare norme idonee, quando necessario, a garantire gli accertamenti del caso,
ovvero a consentire – sempre secondo le indicazioni della medicina – l'intervento chirurgico
risolutore , e dare, quindi, corso alla conseguente rettificazione anagrafica del sesso. In definitiva, la
legge n. 164 del 1982 si è voluta dare carico anche di questi “diversi”, producendo una normativa
intesa a consentire l'affermazione della loro personalità e in tal modo aiutarli a superare l'isolamento,
l'ostilità e l'umiliazione che troppo spesso li accompagnano nella loro esistenza».
20
CFR. P. RESCIGNO, Diritti della personalità, in Enc. giur., XXIII, Roma, 1990, p. 51.
17
considerazione dei limiti previsti dall'art. 5 in alternativa alla diminuzione
permanente dell'integrità fisica, e cioè la conformità alla legge, all'ordine pubblico e
al buon costume: criteri attraverso i quali l'ordinamento giuridico controlla l'attività
contrattuale dei privati. Di fronte a questo impasse, può essere utile considerare la
questione della disponibilità/indisponibilità del corpo alla luce del principio di
gratuità oltre l'ambito dei rapporti di natura patrimoniale, nel quadro delle relazioni
di natura personale. La gratuità nell'ambito delle scelte relative al corpo costituisce
una dimensione necessaria dell'atto e del rapporto: il regolamento di interessi
approda ad un risultato che serve a realizzare aspetti dell'identità personale e
aspirazioni del soggetto, è il caso del transessuale, il diritto alla salute di un'altra
persona, nell'ipotesi di trapianto di organi, o, come nel caso della maternità surrogata
la venuta ad esistenza di una nuova creatura.
21
Sul terreno di scelte fondamentali di carattere personale l'ordinamento
richiede il rispetto del principio di gratuità che, da una parte, indica la non
commerciabilità del corpo e, dall'altra, garantisce che l'atto di disposizione del corpo
sia frutto di una scelta libera, consapevole e spontanea del suo autore. Nell'ambito
delle relazioni personali a carattere non patrimoniale sembra, quindi, possibile
affermare l'esistenza di un principio di autonomia privata che si realizza attraverso
manifestazioni di volontà nella forma del negozio bilaterale, ma anche dell'atto
unilaterale, come nel caso del transessualismo.
1.5. Il sesso come fatto incidente sulla personalità dei soggetti: il diritto
all'identità sessuale.
La collocazione delle esigenze della persona legate al sesso che trovano il
loro humus non solo nella fisicità del soggetto, ma ancor più nella sua spiritualità ha
condotto ad una tutela delle stesse attraverso la forma del diritto soggettivo, e più
precisamente di un diritto che ponendosi a garanzia di un valore collegato alla
personalità umana acquista il crisma di inviolabilità ad essa costituzionalmente
21
VENUTI M. C., Atti di disposizione del corpo e principio di gratuità , in Dir. famiglia, 2001,
2, 827.
18
connesso. Si parla dunque di un diritto all'identità sessuale
22
considerando
quest'ultima un valore meritevole di garanzia e tutela.
L'origine dell'espressione «diritto all'identità sessuale» nasce dalla
giurisprudenza
23
che ha dovuto affrontare e risolvere i problemi giuridici legati alle
dolorose vicende umane di persone che, catalogate sia socialmente che
giuridicamente come appartenenti ad un sesso, in realtà avvertivano la loro
appartenenza psicologica all'altro.
La normativa allora vigente (art. 454 c.p.c; artt. 165 e 167 ord. st. civ.)
consentiva l'eventuale rettificazione dell'atto di nascita solo nell'ipotesi di errore
materiale ricadente sull'identificazione sessuale della persona, dovuta a erronea
dichiarazione del denunciante, o a errore di scritturazione in cui fosse incorso
l'ufficiale di stato civile nella redazione dell'atto. La modificazione artificiale di un
sesso definitivo non trovava riconoscimento nell'ordinamento positivo.
Il pensiero giurisprudenziale veniva così sottoposto a due spinte di segno
opposto: il principio di immutabilità del sesso positivamente sancito e la necessità di
trovare una soluzione giuridicamente plausibile in favore di quei soggetti che
reclamavano un riconoscimento dal diritto.
A fronte di chi si attestava su posizioni rigidamente formali, emergeva un
orientamento
24
che, volendo risolvere nel modo più aderente alla realtà il problema,
ricercava la garanzia e la tutela di queste situazioni di fatto nella Carta costituzionale.
Veniva delineato così un diritto all'identità sessuale, inteso come diritto a veder
riconosciuto dall'ordinamento giuridico un profilo essenziale della personalità dei
soggetti, quello della sessualità, superiore e prevalente rispetto a caratteristiche
puramente esteriori.
Se sul piano concreto della necessità di dare risposte giuridiche adeguate vi
era pieno accordo, le divergenze di opinioni emergevano sull'identificazione della
norma costituzionale da assumere come fonte di tale diritto. L'accento veniva posto
22
GARUTTI E MACIOCE, Il diritto all'identità sessuale, in Riv. dir. civ., 1981, II, 273.
23
Giurisprudenza di merito: Trib. Taranto 28 gennaio 1974; Trib. Lecce 17 aprile 1972; Trib. Roma
13 febbraio 1975; Trib. Pisa 16 febbraio 1967, in Dir. fam., 1970, 514; Trib. Livorno 12 febbraio
1976, in Dir. fam., 1976 (ordinanza di rimessione decisa con C. cost. 1° agosto 1979, n. 98, in
Giust. Civ., 1980, I, 32).
24
Cfr. sentenze,op. cit. sub. 22.
19
sull'art. 2 della Costituzione che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo»
25
, inoltre, sull'art. 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute e
più raramente, sull'art. 13 della Costituzione, in funzione della garanzia della libertà
personale
26
. Tale dissenso oggi ancora permane.
Tuttavia nessuno dei citati articoli veniva ritenuto dalla Corte costituzionale
violato dalla normativa civilistica che impediva la rettifica degli atti dello stato civile
a seguito di modificazione chirurgica degli organi genitali esterni. La Corte
affermava che le norme costituzionali non pongono «fra i diritti inviolabili dell'uomo
quello di far riconoscere e registrare un sesso esterno diverso dall'originario,
acquisito con una trasformazione chirurgica, per farlo corrispondere ad una originaria
personalità psichica»
27
.
E, in realtà la successiva legge 14 aprile 1982, n. 164, attribuisce al
transessuale il diritto di ottenere la rettificazione giudiziale dell'attribuzione di sesso,
ove questo risulti, per qualunque causa, diverso da quello denunciato nell'atto di
nascita e il diritto ad ottenere l'autorizzazione all'intervento chirurgico, cui seguirà la
rettificazione degli atti dello stato civile autorizzata dal giudice, previo accertamento
della reale effettuazione del trattamento.
Tuttavia il passaggio dal concetto di identità sessuale alla qualificazione
della corrispondente situazione giuridica come «diritto all'identità sessuale» resta
ambiguo. Non c'è dubbio che un «nuovo» diritto nasca dalla normativa descritta,
tuttavia il termine «diritto all'identità sessuale» attribuito a tale situazione giuridica
potrebbe apparire inadeguato, in relazione al suo contenuto, se non si operano le
necessarie precisazioni.
Il problema non è solo nominalistico. Il diritto all'identità sessuale era,
infatti, presente nella precedente normativa e il suo contenuto scomponibile in
duplice aspetto: a) un diritto all'identificazione sessuale; b) il vero e proprio diritto
all'identità sessuale, quale pretesa al rispetto della propria individualità sessualmente
definita.
25
PERLINGIERI, Norme costituzionali e rapporti di diritto civile, in Rass. dir. civ., 1980, 95 ss.
26
BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Enc. giur., XI, 1989, 21.
27
C. cost. 1° agosto 1979, n. 98, cit.
20
La precisazione che entrambi tali profili permangono pur dopo l'entrata
vigore della nuova disciplina spinge ad un tentativo di definizione di tale diritto al
fine di delineare la novità del diritto emergente dalla legge 164/1982.
a) Il diritto alla identificazione sessuale, trova svolgimento nei confronti del
dovere gravante sull'ufficiale di stato civile di effettuare una registrazione conforme
alla realtà sessuale della persona data, così come attestata dal denunciante, e la cui
violazione, trova la sua riparazione nel diritto alla rettifica del dato non
corrispondente alla realtà, più che attenere alla tutela della personalità del soggetto,
appare, come gli altri segni di identificazione anagrafica, un presupposto di
identificabilità del soggetto.
b) L'identità sessuale, nella sua formulazione tradizionale, si atteggia come
un aspetto del più articolato concetto di identità personale, nozione che esprime
sinteticamente il valore di fondo connesso al concetto di persona, tutelato attraverso
un complesso di situazioni giuridiche, la cui essenza trova l'unitaria matrice nella
protezione della personalità umana.
L'inviolabilità di ciascuno di questi diritti significa inviolabilità della
persona che costituisce essa stessa il parametro fondamentale di valutazione
normativa.
Il diritto all'identità sessuale, in questo quadro, appare uno dei diritti della
personalità che è impossibile isolare, in quanto la sua rilevanza emerge in ogni
settore della personalità del soggetto e della tutela ad essa accordata: dal diritto al
nome, che deve essere aderente al sesso del soggetto, al diritto all'immagine, al
diritto all'onore, al diritto alla privacy.
In tutti questi settori componenti la personalità del soggetto può emergere il
diritto all'identità sessuale che potrebbe essere leso dalla violazione di uno di questi
diritti, o, la cui lesione potrebbe determinare violazione delle altre situazioni
giuridiche costituzionalmente protette. Ciò che è importante sottolineare è che fino
all'emanazione della legge n. 164/1982, il diritto all'identità sessuale veniva in
considerazione con contenuto tipico delle libertà negative, comportanti il dovere di
astenersi dal diffondere notizie sul sesso o sulle inclinazioni sessuali di un soggetto.