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Sono trascorsi più di trent’anni da quando Philip Kotler, uno dei
maggiori studiosi di marketing a livello internazionale, coniò
l’espressione “social marketing”, intendendo con questo concetto
l’utilizzo dei principi e degli strumenti del marketing per la promozione
di idee finalizzate alla risoluzione di problematiche collettive. Per molto
tempo, una simile estensione del marketing restò confinata
esclusivamente ad un livello teorico, mentre da un punto di vista
applicativo i pregiudizi e le resistenze furono tali e tante che dovettero
trascorrere anni prima che il ricorso al marketing sociale divenne una
pratica consolidata nella progettazione delle campagne di pubblica utilità.
Col trascorrere del tempo comunque, sono aumentati gli studi sul
marketing inteso come un’attività le cui applicazioni non si limitano
esclusivamente alla vendita di prodotti commerciali, ed i tentativi di
applicare i principi e le tecniche della disciplina tradizionale a settori
nuovi, quali l’area dei servizi e delle idee, si sono moltiplicati.
Per quanto riguarda il nostro Paese, una tale estensione del
marketing ha incontrato maggiori difficoltà ad affermarsi, e tanto a
livello accademico quanto sul piano applicativo si è accumulato un forte
ritardo, che in parte si sta scontando ancora oggi. In Italia, l’espressione
“marketing sociale” comparve per la prima volta nel 1973, nel periodo
immediatamente successivo alla guerra medio-orientale, e sin dal
principio si trovò oggetto di numerose confusioni: il marketing sociale
infatti, restò per lungo tempo identificato con l’intero settore del
marketing no profit, mescolandosi con altre estensioni del marketing
generico, come il marketing delle organizzazioni senza fini di lucro e la
responsabilità sociale dell’impresa. Se quindi, nel corso degli anni χ70,
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anche nel nostro Paese si affermò la possibilità di utilizzare i concetti ed i
metodi del marketing in aree diverse rispetto a quelle per cui tale
strumento era stato creato, per moltissimo tempo si trattò di una
potenzialità più virtuale che reale dal momento che le nuove applicazioni
ebbero un carattere assolutamente residuale rispetto alle declinazioni più
ortodosse del marketing.
Ora lo scenario appare sensibilmente mutato: anche in Italia sta
nascendo una nuova consapevolezza sulle potenzialità del marketing
applicato a contesti diversi da quello dell’impresa e crescono gli esempi
di iniziative promosse da soggetti, e riguardanti oggetti, diversi da quelli
tradizionali. L’uso del marketing per fini collettivi quindi, finalizzato a
contrastare le varie forme di patologie sociali, rivolto a promuovere una
diversa qualità di vita, sta mostrando la propria valenza strategica e
sempre più soggetti sono coscienti del significato d’inquadrare iniziative
di questo tipo all’interno di una visione di marketing.
Sebbene questa positiva evoluzione culturale, si deve constatare che
ad una tale apertura non ha corrisposto un’adeguata riflessione sulle
specificità del marketing sociale e che la confusione che ne ha
accompagnato la nascita nel nostro Paese è in parte ancora diffusa.
Questa analisi per tanto, intende rappresentare un approfondimento
finalizzato ad illuminare sui vantaggi offerti dalle campagne di pubblica
utilità quando inserite all’interno del più ampio contesto del marketing
sociale; soprattutto vuole offrire una descrizione delle caratteristiche del
nuovo settore che portano a concludere sulla necessità di un adattamento
ed uso originale della filosofia del marketing ortodosso. In sostanza,
utilizzare il marketing per la promozione di un mondo migliore è
possibile, legittimo, ed anzi auspicabile, ma impone allo stesso tempo
uno studio articolato della disciplina applicata al nuovo oggetto: le
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differenze infatti, sono tali e tante che è impossibile parlare del marketing
sociale nei termini di una semplice trasposizione dei concetti e delle
tecniche della disciplina tradizionale.
Dopo una parte introduttiva, destinata ad illustrare la complessità di
un fenomeno spesso confuso con altri settori del marketing no profit, nel
primo capitolo il testo si concentra sull’analisi del concetto di marketing
sociale, individuandone gli elementi distintivi ed elaborando una
definizione in grado di distinguere con chiarezza il marketing delle
organizzazioni non lucrative (“marketing for no profit organizaztions”)
che, a parte la natura dei soggetti coinvolti, appare molto simile alla
disciplina tradizionale, la responsabilità sociale dell’impresa (“societal
marketing”) che riguarda l’interesse delle aziende a partecipare ad
iniziative sociali, ed il marketing sociale vero e proprio (“social
marketing”). All’interno dell’insieme del marketing non profit, il
marketing sociale si differenzia per il tipo, la natura e la finalità
dell’offerta presentata come oggetto di scambio: idee dalla natura
relativamente controversa, piuttosto che prodotti, servizi, organizzazioni
o persone, che si propongono di cambiare gli atteggiamenti ed i
comportamenti delle persone al fine di risolvere delle problematiche
sociali.
Dopo questo preliminare ed indispensabile accordo sui termini, nel
secondo capitolo l’analisi ripercorre l’estensione del marketing all’area
no profit e l’origine del marketing sociale, evidenziando come il
marketing sia uno strumento non vincolato né alla natura dell’oggetto
degli scambi che propone, né alle caratteristiche dei soggetti coinvolti o
al tipo di risposta che intende stimolare.
Questa estensione concettualmente possibile richiede tuttavia che se
ne provi la legittimità quando viene applicata al nuovo contesto, cercando
5
cioè di comprendere fino a che punto una causa sociale possa essere
promossa attraverso strumenti teleologicamente utilitaristici – quelli del
marketing appunto – senza snaturalizzarsi. L’analisi quindi, si concentra
sulle convergenze esistenti tra un’azione volta a promuovere un
determinato prodotto commerciale ed una finalizzata a determinare certe
modifiche valoriali o di comportamento. Le somiglianze di fondo,
consistenti nella necessità condivisa di identificare il prodotto giusto
sostenuto dalla giusta promozione e messo nel posto giusto al prezzo
giusto, nella successiva centralità del target, nella mutualità e volontarietà
della transazione proposta e nell’esigenza, per tutte queste ragioni, di
elaborare una pianificazione strategica degli interventi, mostrano come il
marketing sia uno strumento che possa essere proficuamente usato anche
per la promozione delle cause sociali.
Questo possibile utilizzo non deve tuttavia far pensare al marketing
sociale nei termini di una semplice copia della disciplina tradizionale: le
molte specificità che caratterizzano il nuovo contesto (relative al prodotto
offerto, tipicamente più difficile da trattare in questo ambito; agli
obiettivi, di tipo collettivo ed attinenti alla sfera profonda della
personalità; alla natura dello scambio, che implica costi e benefici di
natura principalmente non economica; alla comunicazione, che svolge
non solo una funzione informativa ma anche le funzioni di produzione,
prezzo e distribuzione necessarie per creare un’offerta i cui benefici
generalmente non sono già noti ai destinatari; alla concorrenza, che
rimanda non tanto ad un prodotto specifico quanto all’idea che s’intende
contrastare; al ruolo più rilevante ricoperto dal soggetto promotore; al
maggiore rilievo delle questioni etiche) richiedono piuttosto
l’elaborazione di un quadro teorico dal quale emerga la possibilità di
trasformare l’eccessiva dipendenza dal marketing tout court in
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un’opportunità ed arrivare così ad un utilizzo nuovo della filosofia
tradizionale.
Attraverso l’illustrazione di tali peculiarità, l’analisi non intende in
ogni caso separare nettamente i due settori, né sostenere la non
convenienza di un uso del marketing nella promozione delle cause
sociali. All’interno di un processo teso a promuovere strategie capaci di
determinare i cambiamenti auspicati in modo sempre più efficace, il
marketing sociale si distingue anzi per essere uno strumento in grado di
generare risultati importanti. Nel terzo capitolo quindi, dopo una breve
illustrazione dei metodi a disposizione per risolvere le problematiche
sociali (strategie tecnologiche; strategie economiche; strategie normative;
strategie educative-informative), l’analisi si sofferma ad evidenziare i
vantaggi offerti dal marketing sociale. Esso infatti, è in grado di sfruttare
i benefici dell’approccio educativo-informativo, consistenti
principalmente nella determinazione di modifiche comportamentali
basate su dinamiche consensuali che rendono le trasformazioni medesime
durature nel tempo e sottoposte al controllo interno degli individui, ma ne
supera i limiti che in passato hanno determinato il fallimento di numerose
campagne. In questo senso, il marketing sociale è uno strumento
caratterizzato da una dinamica intrinsecamente formativa che sfrutta
l’applicazione delle tecnologie del settore commerciale per progettare
iniziative di maggiore successo rispetto alle tradizionali metodologie di
cambiamento.
Dopo questo contributo importante per il chiarimento del significato
e del ruolo del marketing sociale, l’analisi sottolinea con maggior
precisione il concetto nei termini di una metodologia volta all’analisi,
pianificazione, esecuzione e valutazione dei programmi volti ad
influenzare gli atteggiamenti, le percezioni, le pratiche e gli schemi
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comportamentali dei pubblici selezionati. Nel quarto capitolo il testo si
concentra quindi sull’importanza, all’interno di un’azione di marketing
sociale, della strategia di pianificazione: è necessario analizzare
articolatamente l’ambiente sociale nel quale si va ad operare
individuando le forze che ostacolano e quelle che favoriscono la
diffusione dell’idea e/o comportamento auspicati, studiando con cura il
pubblico su cui s’intende agire, i suoi stili di vita, i valori ed i modelli di
riferimento; secondariamente, devono essere fissati obiettivi specifici,
misurabili e raggiungibili in relazione alle risorse disponibili; dopo aver
segmentato la popolazione selezionata serve infine scegliere i gruppi che
si vogliono raggiungere, per i quali deve essere elaborato un concetto di
prodotto posizionabile da cui derivare una specifica combinazione delle
variabili del marketing mix. In riferimento a queste, in particolare,
l’indagine si sofferma principalmente sulle attività di comunicazione le
quali, se da un lato compartecipano al raggiungimento degli obiettivi
assieme a tutti gli altri elementi del mix di marketing, dall’altro
assumono un ruolo strategico fondamentale: attraverso tale variabile
infatti, non solo si sviluppa quella consapevolezza alla base dei
cambiamenti promossi ma si creano anche dei legami di fiducia con il
pubblico selezionato che rappresentano, nel caso del marketing sociale,
un fattore imprescindibile per l’avvio del processo di scambio.
In questa parte della riflessione, dedicata alla pianificazione
strategica degli interventi, emergono con maggiore chiarezza le
differenze tra un’azione di marketing sociale ed una di marketing
classico. Il marketing sociale costituisce certamente uno strumento molto
potente per determinare il successo di una campagna d’interesse
collettivo. L’esito di questi interventi tuttavia, non dipende unicamente
dall’impostazione di una corretta strategia ma su di esso intervengono
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anche altri fattori, primo tra tutti lo stesso tipo di causa promossa. Infatti,
anche per le idee vi sono delle “tendenze di mercato” ed il grado di
attenzione e di sensibilizzazione della popolazione rispetto ad un dato
problema influisce direttamente sull’impatto di una campagna. In
sostanza, i risultati conseguibili hanno come presupposto necessario la
presenza di una domanda latente. Tale condizione esercita una notevole
influenza anche nelle iniziative di tipo commerciale le quali possono
fallire se i prodotti che promuovono non soddisfano alcun bisogno.
L’applicazione del marketing ai problemi sociali tuttavia, si dimostra più
complicata di quella del marketing di un’impresa commerciale: è vero
che in entrambi i settori l’inesistenza di una domanda di base può
inficiare tutti gli sforzi sostenuti ma, se nel secondo caso l’obiettivo è
normalmente convincere il consumatore ad aumentare il consumo di un
prodotto (o a scegliere una marca piuttosto di un’altra) i cui benefici sono
già noti, nel marketing sociale si devono solitamente indurre
comportamenti nuovi, i cui vantaggi non sono ancora stati sperimentati
direttamente dal pubblico. Da non dimenticare inoltre, che in genere gli
individui cui si rivolgono le campagne sociali sono soggetti predisposti
negativamente, altamente coinvolti, e quindi più resistenti nei confronti
dell’offerta (esattamente al contrario di quanto avviene nel marketing
d’impresa). In questi ed in altri limiti emergono le sostanziali differenze
che separano il settore tradizionale del marketing tout court da quello del
marketing applicato alle cause sociali e rendono il suo utilizzo nel nuovo
contesto un’attività più complessa e delicata.
Ciò nonostante, considerati gli enormi vantaggi offerti dallo
strumento, è essenziale approfondirne le conoscenze e sperimentazioni,
soprattutto da parte del soggetto pubblico il quale, attraverso le campagne
di marketing sociale, è in grado di conseguire benefici importanti in
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termini d’immagine, efficacia ed efficienza delle iniziative (capitolo
quinto).
Insomma, il marketing è uno strumento che con gli opportuni
adattamenti può essere proficuamente utilizzato anche per risolvere le
varie patologie di cui soffrono le società. In questo senso, l’analisi della
campagna a favore della sicurezza stradale promossa dalla Provincia di
Brescia (capitolo sesto) illustra proprio la possibilità d’intervenire in
modo diverso e più efficace sulle problematiche sociali. Il quadro
analitico cui si fa riferimento per descrivere l’iniziativa si richiama
esplicitamente ai concetti del marketing sociale, con l’obiettivo di far
familiarizzare con i metodi di questo strumento come strategia per
promuovere nuovi approcci in favore della sicurezza sulle strade e di
incoraggiare ad usarlo regolarmente nella ricerca e valutazione degli
interventi. La metodologia d’analisi adottata permette inoltre
d’identificare i punti di forza e le lacune dell’intervento, sottolineando la
necessità che un utilizzo più consapevole dei principi e delle tecniche del
marketing sociale conosca presto una maggiore diffusione.
Le società occidentali stanno vivendo un particolare momento
storico caratterizzato da dinamiche che hanno avuto inizio negli anni χ90
ma che hanno conosciuto una piena manifestazione solo con l’avvento
del nuovo millennio: il sistema dei consumi ha subito un’importante
modifica, si è fatto meno individualista e più responsabile, conciliando i
desideri individuali con i bisogni collettivi, nei confronti della natura,
degli altri, del sé; si registra un risveglio generalizzato e molteplice della
solidarietà, una riapertura agli altri; da più parti e con sempre maggiore
intensità emerge l’esigenza di una riqualificazione del benessere che si
fondi su valori diversi da quelli strettamente economici, una richiesta di
vita qualitativamente migliore. Alla base di questo cambiamento si
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ritrova il naufragio, iniziato silenziosamente negli anni χ80, del mito del
progresso sociale come corollario necessario di quello economico. I
tragici fatti dell’11 settembre 2001, la minaccia terroristica incombente,
la crisi economica, hanno dimostrato l’inconsistenza dei valori della vita
professionale, l’insicurezza dell’occupazione e della libertà individuale.
Si sta assumendo una coscienza nuova, le persone hanno desiderio di
riscoprire i valori fondamentali dell’esistenza, l’amore, i legami, la
solidarietà, una nuova voglia di bene, la coscienza che ciascuno si trovi
fittamente collegato agli altri e che il bene individuale non può che essere
perseguito all’interno di una più ampia dimensione collettiva. Insomma, i
tempi sono maturi: la comunicazione ed il marketing sociale hanno un
ruolo importante per impedire che questa nuova consapevolezza si
trasformi solo in un sentimento temporaneo.
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– PARTE PRIMA –
IL MARKETING SOCIALE: UN’INTRODUZIONE
AL FENOMENO
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1. Una possibile definizione del marketing sociale
“Se ogni iniziativa di marketing sociale
costituisce un esempio di marketing no
profit, non è comunque sempre vero
l’inverso”
>S. Tamborini, 1992, p. 81 ≅
1.1 Introduzione
Che fosse possibile utilizzare i principi e gli strumenti del marketing
in settori diversi da quello commerciale in fondo lo si sa da tempo. Era il
1969 l’anno in cui la prestigiosa rivista americana Journal of Marketing
pubblicava l’articolo di P. Kotler e S. Levi
1
in cui il marketing è definito
come un’attività sociale le cui applicazioni non si limitano
esclusivamente alla vendita di prodotti quali il sapone e l’acciaio. L’anno
successivo l’American Marketing Association promuove un convegno
sull’estensione del marketing ad aree differenti rispetto a quella del
mercato, e nel 1971 viene introdotto il concetto di social marketing,
inteso come l’utilizzo delle teorie e degli strumenti del marketing per la
soluzione di problemi sociali e la promozione di cause di pubblica
utilità
2
.
Per anni questa estensione del marketing restò un’acquisizione
soltanto sul piano teorico, mentre empiricamente il suo utilizzo per scopi
non commerciali ebbe un carattere assolutamente residuale rispetto alla
originaria vocazione al profitto.
1
P. KOTLER, S. LEVI, Broadening the concept of marketing, Journal of Marketing, vol. 33, 1969, pp.
10-15. Cit. in S. TAMBORINI, Marketing e Comunicazione Sociale, Lupetti & Co. Editore, Milano,
1992, p. 45.
2
P. KOTLER, G. ZALTMAN, “Social Marketing: An Approach to Planned Social Change”, Journal of
Marketing, vol. n° 35, 1971, pp. 3-12.
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Nel tempo i tentativi di applicare alcune delle tecniche della
disciplina tradizionale a settori nuovi, quali l’area dei servizi o delle idee,
si moltiplicarono, ed i timidi passi si trasformarono in prassi consolidate.
Questo per quanto riguarda la realtà dove il marketing ha avuto
origine – il mondo anglosassone – perché volgendo lo sguardo
all’esperienza italiana è facile notare come gli interventi di marketing in
aree sconfinanti il settore commerciale abbiano una storia assai più
recente.
A prescindere comunque dall’evoluzione e dall’estensione del
concetto di marketing, a cui per altro sarà dedicata una parte dell’analisi,
è indubbio che il panorama attuale sia profondamente cambiato: anche
nel nostro paese infatti, sta nascendo una nuova consapevolezza delle
potenzialità di questo strumento in contesti diversi da quello
dell’impresa, e crescono gli esempi di iniziative di marketing promosse
da soggetti, e riguardanti oggetti, diversi da quelli tradizionali. Mi
riferisco non tanto al settore della politica, che pure costituisce un
esempio di azione persuasiva non rivolta alla promozione del consumo,
quanto piuttosto a quelle iniziative di marketing che hanno per obiettivo
temi quali la difesa dell’ambiente, la tutela di fasce deboli della
popolazione, la promozione della salute, e così via. Si tratta di un
fenomeno relativamente nuovo per l’Italia, dove per anni campagne di
questo tipo sono state proposte soltanto da soggetti privati e senza
l’ausilio dei principi del marketing
3
, che denota in ogni caso una sensibile
trasformazione ed un’apertura degli orientamenti verso un’applicazione
diversa delle discipline d’impresa.
3
Mi sto riferendo all’esperienza di Pubblicità Progresso, il solo organismo che per anni si è fatto
carico di dimostrare la possibilità di un utilizzo differente delle tecniche pubblicitarie. Per
approfondimenti sulle attività di Pubblicità Progresso e sul ruolo giocato dall’organismo nel contesto
italiano si veda G. GADOTTI, Pubblicità Sociale. Lineamenti, esperienze e nuovi sviluppi, Franco
Angeli, Milano, 1992, pp. 75-108.
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Nonostante questa positiva evoluzione culturale si deve constatare
che, nel nostro paese particolarmente, ad una simile estensione del
concetto di marketing non ha corrisposto un’adeguata riflessione teorica.
La stessa terminologia è ambigua, e non è raro vedere accorpati sotto la
stessa etichetta fenomeni tra loro sostanzialmente differenti, quali per
esempio il marketing dei servizi, quello relativo alla responsabilità
sociale dell’impresa, o ancora le azioni intraprese dalla pubblica
amministrazione per promuovere la propria immagine. Chiaramente, se a
simili imprecisioni terminologiche non corrispondesse una carenza anche
sul piano concettuale, la questione non sarebbe tanto problematica: il
fatto è che le cose non stanno in questo modo. L’insufficienza definitoria
del marketing applicato a contesti differenti da quelli mercantili cela un
vuoto teorico e la tendenza a trasferire sic et simpliciter i metodi e i
principi dal settore commerciale al nuovo contesto
4
.
Quello che intuitivamente può essere denominato marketing a fini
sociali è un fenomeno difficile da definire, che sfida molte delle categorie
tradizionalmente utilizzate per identificare il marketing generico, la sua
natura e finalità, che sollecita questioni che rendono ancor più labile il
confine tra benessere collettivo ed individuale, etica ed interesse. Ma
proprio per questo tale esigenza è impellente: giungere ad una definizione
chiara ed esaustiva di questa nuova estensione del marketing è una tappa
fondamentale affinché esso trovi una propria dimensione specifica,
perché ne scaturisca un codice di lettura che illumini sulle sue
caratteristiche e profili.
4
Della validità di questo orientamento è per altro convinto P. Kotler che ritiene come la trasposizione
della filosofia e dei metodi del marketing al settore del marketing sociale sia pressoché totale. Per
approfondimenti sul tema si veda P. KOTLER., E. L. ROBERTO, Marketing Sociale. Strategie per
modificare i comportamenti collettivi, Edizioni Comunità, 1991; P. KOTLER, Al servizio del pubblico.
Marketing per Amministrazioni Pubbliche, Ospedali, Enti Culturali e Sociali, Partiti Politici,
Associazioni, Etas Libri, Milano, 1978.