5
In questo modo un’impresa sarà in grado di offrire dei vantaggi per il cliente che siano
veramente distintivi e quindi difficilmente imitabili dalla concorrenza. Il punto di
partenza per la creazione di tali fussi di informazioni è l’instaurazione di una relazione
con la clientela in cui l’ottica non sia più rivolta alla singola transazione di vendita, ma
alla gestione di un rapporto a lungo termine.
A tale proposito, Kotler (1999, pag.157) sostiene che il marketing, definito da molti
come «l’arte di acquisire e mantenere i clienti», si debba definire come «la scienza e
l’arte di acquisire, mantenere e sviluppare una clientela che assicuri un profitto».
Il marketing nel suo complesso, e non solo la comunicazione, si devono pertanto
adeguare alla necessità di analizzare in dettaglio tutte le aspettative più o meno
manifestate dal cliente, e soprattutto di soddisfarle efficacemente attraverso un'offerta
mirata e puntuale nel tempo. La sola gestione del livello di soddisfazione della clientela
infatti non è sufficiente a garantire l'economicità dell'impresa nel medio-lungo periodo,
mentre è essenziale focalizzare l’attenzione su un fattore che con certezza influisce sul
valore complessivo dell'azienda: la fedeltà dei clienti (customer loyalty).
L'orientamento alla customer loyalty presuppone l’impegno dell'impresa nell'avviare e
consolidare il maggior numero di relazioni possibili con i consumatori, acquisiti e
potenziali: questo è possibile nella misura in cui il marketing sia costantemente vigile
nel raccogliere ed elaborare tutte le informazioni sui singoli clienti necessarie alla
gestione della relazione.
Grazie al circolo virtuoso che esiste tra sviluppo della relazione e atteggiamenti di
fedeltà, si possono stabilizzare le relazioni cliente-impresa e ottenere due fondamentali
vantaggi: dal lato del cliente un accrescimento della fiducia, e quindi della fedeltà, dal
lato dell'impresa un accrescimento della conoscenza, del valore della propria proposta e
quindi della redditività. Attraverso un efficace programma di raccolta e gestione delle
informazioni sarà quindi possibile, con maggiore credibilità rispetto al passato, proporre
soluzioni personalizzate alle aspettative dei singoli clienti e, quindi, consolidare e
aumentare il livello di soddisfazione.
Partendo da queste premesse analizzeremo come, adottando un orientamento focalizzato
sulle relazioni con i clienti e sulla loro conseguente fidelizzazione, la grande
distribuzione in particolare possa assumere un ruolo cruciale di tramite ed interfaccia tra
produzione e consumo, utilizzando le informazioni raccolte in virtù della sua vicinanza
6
con il consumatore per adottare autonome strategie di marketing, finalizzate in ultimo
luogo alla fidelizzazione del cliente alla propria marca-insegna.
Nel primo capitolo, dopo una prima analisi delle prospettive teoriche su cui si basa il
concetto di marketing relazionale, verrà analizzato il ruolo delle relazioni di mercato
nella creazione di valore secondo una prospettiva customer-based, soprattutto per
quanto riguarda i rapporti tra fornitori e clienti finali. Una particolare attenzione verrà
poi dedicata alle conseguenze dell’orientamento relazionale sugli obiettivi di marketing,
in primo luogo per quanto riguarda le politiche rivolte alla fidelizzazione della clientela.
L’ultima parte del capitolo si concluderà con uno sguardo sulle strategie di customer
relationship management a supporto della gestione delle relazioni con i clienti.
Il secondo capitolo introduce le problematiche riguardanti la grande distribuzione, che è
poi l’oggetto del presente lavoro, e presenta un quadro introduttivo sull’evoluzione della
funzione distributiva che da intermediario logistico, la cui competenza chiave era
rappresentata dalla capacità di gestione dei prodotti orientata a una logica di acquisto e
gestione economica delle scorte e dei magazzini, diventa un vero e proprio
intermediario relazionale tra i clienti e le imprese. Tale posizione strategica della
distribuzione, unita ad una sempre maggiore consapevolezza del proprio ruolo di
marketing all’interno del canale, rende necessaria l’adozione di un orientamento che
permetta la creazione e il mantenimento delle relazioni con i clienti e la gestione delle
informazioni ad essi relative, aprendo così nuove prospettive nei rapporti di canale per
la creazione di valore, sia nei confronti dei clienti che nei confronti dei fornitori.
Nel terzo capitolo vedremo come questo ruolo attivo di marketing della distribuzione si
concretizzi in un insieme coerente in cui le attività di micromarketing, grazie al
supporto dei programmi fedeltà e delle altre attività di fidelizzazione, e le iniziative di
macromarketing, come la pubblicità istituzionale e la costruzione di un’immagine di
marca-insegna, hanno come obiettivo comune la proposta di un’offerta distintiva
rispetto ai concorrenti. Il raggiungimento di un’immagine che dia fiducia e garanzia
rende possibile in seguito lo sfruttamento di tali economie di scopo e di fiducia anche in
altri mercati, come vedremo ad esempio per i mercati virtuali.
7
A tale proposito l’ampliamento della gamma dei servizi è sicuramente una delle
modalità di differenziazione più incisive utilizzabili da parte dei distributori e, se ben
manovrato come leva di marketing, può risultare un fattore fondamentale di scelta del
punto vendita da parte del consumatore e in seguito di fidelizzazione dello stesso.
Nel quarto capitolo analizzeremo in particolare il servizio di assistenza al cliente dopo
la vendita da parte del distributore, per dimostrare come grazie ad esso sia possibile
fornire un servizio alla clientela ottenendo informazioni utili per future iniziative di
marketing, migliorando nel contempo l’immagine di efficienza e di garanzia dei prodotti
da parte del distributore. Partendo da un’analisi delle problematiche e delle opportunità
esistenti nel servizio di assistenza al cliente presso la grande distribuzione, in particolare
considerando la nuova normativa riguardante la garanzia dei beni di consumo durevoli,
sarà perciò ipotizzato un ruolo dell’attività di assistenza post-vendita come supporto alla
creazione e al mantenimento delle relazioni con la clientela.
Il quinto capitolo, infine, riporta i risultati di una ricerca effettuata durante lo
svolgimento di uno stage presso un punto vendita della grande distribuzione
specializzata tramite un questionario, al fine di effettuare un riscontro delle ipotesi fatte
sulle abitudini, sui comportamenti e sulla percezione dei clienti per quanto riguarda
l’assistenza dopo la vendita.
8
CAPITOLO I.
LA PROSPETTIVA RELAZIONALE NEL MARKETING:
IL VALORE DELLE RELAZIONI CON IL CLIENTE
1.1 Il relationship marketing: origini, definizione e concettualizzazione
Il termine marketing relazionale è diventato di uso comune tra coloro che si occupano di
marketing, sia dal punto di vista professionale che da quello accademico, nell’ultimo
decennio, quando le leve del marketing tradizionale, le quattro P
1
di prodotto, prezzo,
punto vendita (place, ovvero distribuzione) e promozione (promotion, ovvero
comunicazione) si sono rivelate non più efficaci nella definizione di una strategia di
marketing. I concetti di base del marketing relazionale sono stati elaborati nel nord
Europa alla fine degli anni ’70 da quella che è stata definita la “scuola svedese di
marketing industriale”
2
, che studiava i processi di scambio nei mercati caratterizzati da
clienti poco numerosi e prodotti di elevato valore economico unitario, tipici del settore
industriale (business to business). Tali concetti sono stati in seguito applicati anche in
altri contesti, come quello dei servizi privati o dei beni di largo consumo che, date le
loro caratteristiche, sono prevalentemente intangibili e spesso inscindibili da un
rapporto umano diretto, e che dunque ben si prestano a portare in primo piano la
necessità di interazione diretta con il cliente.
1
A tale proposito Robert Lauterborn (1990) ha ipotizzato il passaggio dalle tradizionali “quattro P” del
marketing che rappresentano gli elementi fondamentali che compongono il marketing mix alle “quattro
C”: Customer need, Cost to consumer, Convenience, Communication.
2
In particolare ci si riferisce ai risultati delle linee di ricerca condotte, negli anni Settanta, dalla Scuola
Nordica nell’ambito dei servizi (Grönroos e Gummerson) e dall’Industrial Marketing Group (Hakansson,
Johansson e Mattsson).
9
Esistono molteplici definizioni di relationship marketing in letteratura, spesso
contradditorie. Le principali differenze scaturiscono dal numero e dal tipo di relazioni
prese in considerazione (solo quelle fra impresa e clienti oppure anche le altre relazioni
interne o esterne) e dalla prospettiva, prevalentemente tattica o strategica. Per le
imprese, infatti, marketing relazionale può significare molte cose diverse, dal semplice
servizio di assistenza post-vendita alla raccolta di informazioni atte a sviluppare un
dialogo con il cliente che permetta di personalizzargli l’offerta, ai programmi fedeltà,
fino alla cooperazione per ottenere reciproci benefici. Anche nella letteratura
specializzata si può notare l’eterogeneità delle prospettive di analisi del fenomeno. Ad
esempio, talvolta il marketing relazionale viene associato alla customer retention
3
(Reichheld e Sasser, 1990) che in realtà ne rappresenta solo un rilevante indicatore di
risultato; altre volte il marketing relazionale è stato confuso con il database marketing, il
quale rappresenta semplicemente uno strumento per la sua attuazione.
Una delle prime definizioni conosciute di marketing relazionale è quella di Berry (1983,
pag.236), che si riferisce in particolare al mondo dei servizi: «il marketing relazionale
ha il compito di attrarre, mantenere e, nelle società di servizio, migliorare la relazione
con i clienti. Offrire servizi e vendere ai clienti esistenti è, in un’ottica di marketing di
successo nel lungo periodo, altrettanto importante che acquisire clienti nuovi (…). Il
pensiero comune ritiene che conquistare nuovi clienti altro non sia che il primo passo
nel processo di marketing; in realtà cementare la relazione, trasformare acquirenti
indifferenti in clienti leali, offrire agli acquirenti gli stessi servizi dei clienti fa tutto
parte delle strategie di marketing». Lo stesso autore, in un testo interamente dedicato al
marketing dei servizi (Berry e Parasuraman, 1992, pag.179), sostiene che «Il marketing
delle relazioni cliente-società si occupa di creare, sviluppare e mantenere le relazioni
con la clientela. Il suo compito principale consiste nella creazione di “clienti
affezionati”, clienti che sono soddisfatti di aver scelto una società, che pensano di
ricevere valore e si sentono a loro volta apprezzati, che probabilmente compreranno altri
servizi dalla società e che altrettanto probabilmente non passeranno mai alla
concorrenza».
3
Intesa come fedeltà comportamentale, che può scaturire anche da mancanza di valide alternative o da
comportamenti abitudinari, piuttosto che da un’effettiva customer satisfaction, e che rischia pertanto di
essere effimera, a differenza della fedeltà cognitiva, che può garantire vantaggi competitivi solidi e
difendibili.
10
Nell’ambito di questa nuova visione è la stessa concezione di marketing a cambiare:
esso viene ora definito, infatti, come «l’insieme delle attività di un’impresa volte a
costruire, mantenere e sviluppare relazioni con la clientela» (Takala e Uusitalo, 1996,
pag.146) e ancora, secondo Grönroos (1990, pag.138), « [il marketing] deve stabilire,
mantenere e potenziare le relazioni
4
con il cliente (di solito, ma non necessariamente,
nel lungo periodo) e con gli altri partner dell’impresa, ottenendo al tempo stesso un
profitto in modo che siano raggiunti gli obiettivi di tutte le parti in gioco. Tutto questo è
possibile attraverso uno scambio reciproco e il mantenimento delle promesse fatte».
Vengono qui identificate le tre attività principali del relationship marketing, ovvero la
creazione, il mantenimento e il potenziamento delle relazioni, soprattutto (anche se non
esclusivamente) nei confronti dei rapporti con i clienti. E’ importante poi sottolineare
due caratteristiche fondamentali di tali relazioni, ovvero il carattere di reciprocità
dell’interazione e la rilevanza delle aspettative sui comportamenti futuri della
controparte e sul conseguimento dei risultati perseguiti. Tale definizione enfatizza infine
l’intenzionalità dell’adozione dell’approccio, che ha come prerogativa di fondo la
ricerca dell’economicità. Un’altra nota definizione, che include anche i rapporti con
soggetti diversi dai clienti, è quella adottata da Morgan e Hunt (1994, pag.281), secondo
i quali «il relationship marketing si riferisce a tutte le attività di marketing finalizzate a
generare, sviluppare e conservare scambi relazionali di successo nelle partnership con
fornitori e clienti, e in quelle laterali e interne all’impresa».
Da quanto detto si evince che lo scopo primario del marketing «diventa quello di
costruire il sistema di relazioni necessario a garantire il flusso di contatti e di
informazioni tra azienda e cliente e, in particolare, di assicurare l’interazione fra la
domanda e l’offerta» (Invernizzi, 2000, pag.174) e che «la sfida con cui si devono
confrontare gli specialisti del marketing delle relazioni consiste nel saper creare clienti
fedeli in grado di comprendere di essere legati a una società che a sua volta comprende
il valore del legame» (Berry e Parasuraman, 1992, pag.179); la via per ottenere questi
risultati è quella di offrire vantaggi importanti per il cliente che siano distintivi
dell’impresa e che non possano essere imitati dalla concorrenza.
4
Il processo di sviluppo di una relazione, secondo Grönroos, può essere sintetizzato essenzialmente in
due momenti: attirare il cliente, costruire e sviluppare la relazione. Ferrero individua cinque fasi: rapporti
preliminari, avvio della relazione, fase dello sviluppo, rapporto a lungo termine, fase finale. Le prime due
si sovrappongono con la prima descritta da Grönroos.
11
Rispetto alla visione tradizionale del marketing, la prospettiva del Marketing
Relazionale attribuisce quindi maggiore rilevanza, quantomeno in termini relativi,
all'obiettivo di mantenimento e sviluppo del rapporto con i clienti attuali, piuttosto che a
quello di acquisizione dì nuovi clienti (Grönroos, 1995; Kalwani e Narayandas, 1995;
Peck et al., 1999). Ciò implica l’adozione di una prospettiva temporale più ampia,
capace di includere l’apprendimento da un lato, e le aspettattive dall’altro. In
quest'ottica, ogni scambio non è considerato come un'entità a sé stante, ma assume
significato in funzione della sua interconnessione con altri episodi passati o futuri. Ciò
enfatizza soprattutto l’importanza centrale della fiducia e del commitment (Morgan e
Hunt, 1994), poiché il ricorso a una prospettiva di lungo periodo accresce l'incertezza,
provoca uno spostamento volontario delle parti coinvolte verso un punto più alto nella
curva rischi-ricompense (Christy et al., 1996), e può comportare anche rilevanti perdite
nel breve termine; come corollario del punto precedente, viene assegnata particolare
rilevanza al perseguimento della finalità di generazione e accrescimento di risorse
immateriali (Gummesson, 1996; Grönroos, 1997).
La relazione non può essere interpretata come mera sommatoria di singole transazioni
indipendenti, ma ogni transazione assume significato se inserita nel contesto di
accadimenti passati e futuri che definiscono la relazione nel suo complesso. Diventano
perciò di fondamentale rilevanza la soddisfazione sperimentata in transazioni passate, i
processi di apprendimento e le aspettative riguardo alle transazioni future. Il valore
offerto al cliente va dunque interpretato non tanto nella prospettiva di un singolo
episodio di scambio, ma è determinato dal confronto fra benefici e sacrifici riconducibili
alla relazione nel suo complesso, la quale può amplificare o attenuare, ad esempio,
alcuni disservizi contingenti. Esistono dunque nessi circolari di casualità fra episodi e
relazioni (intese come sequenze di episodi interconnessi): la percezione di valore del
cliente si crea e si modifica nel tempo, ed è influenzata dall’esperienza passata e dalle
aspettative future.
Due variabili sembrano quindi influenzare particolarmente la relazione cliente impresa
(Tax, Brown, Chandrashekaran, 1998): il valore (commitment) e la fiducia (trust). In
particolare, il valore si riferisce al desiderio di entrambe le parti in gioco, impresa e
cliente, di mantenere la relazione, mentre la fiducia si stabilisce quando una delle parti
si fida dell’affidabilità e dell’integrità della controparte.
12
Il punto di partenza della relazione diventa così creare fiducia, e non nei consumatori in
generale, ma nei singoli clienti con i quali si mette in atto uno scambio di promesse. In
quest'ottica il marketing relazionale può sembrare antichissimo come impostazione ma
in realtà è molto innovativo per la maggior parte dei mercati. E’ nuovo, in particolare,
l'approccio induttivo (rilevare le esigenze dei singoli per desumere la domanda
cornplessiva del mercato), rispetto all'approccio tipico del marketing classico, impostato
sul principio deduttivo (studiare la domanda per individuare i bisogni dei singoli).
Quello che distingue il marketing relazionale da quello tradizionale è che, mentre
l’obiettivo ultimo di questo era l’incremento delle vendite, stimolando il cliente
all’acquisto, il marketing relazionale cerca di creare un legame permanente con il
cliente che lo coinvolga e generi fedeltà nei confronti dell’impresa: l’incremento delle
vendite rimane sicuramente uno degli obiettivi, ma viene spostato nel lungo periodo. Si
passa quindi da una visione orientata alla singola transazione, l’atto di vendita, ad
un’ottica centrata sulla costruzione di relazioni durature.
Grönroos (1994) ha suggerito l’esistenza di un continuum di approcci gestionali
adottabili dalle imprese, compreso tra gli estremi rappresentati dal Marketing
transazionale (caratterizzato da scambi orientati al breve periodo, nei quali il cliente
assume una posizione passiva), da un lato, e quello relazionale, dall’altro. Gli approcci
transazionale e relazionale rappresentano gli estremi di un continuum di posizioni
adottabili dalle imprese, o anche dalla stessa impresa simultaneamente nei confronti di
differenti clienti. Il relationship marketing è quindi un approccio complementare,
piuttosto che sostitutivo, rispetto alla visione tradizionale del marketing
5
, della quale ha
evidenziato dei limiti soprattutto nel contesto del terziario e dei mercati business to
business. Webster (1992 e 1994) ha sintetizzato in modo efficace l’aspetto qualificante
di questa transizione paradigmatica del marketing. Secondo l’autore, se in passato il
problema di marketing che l’impresa doveva affrontare consisteva nella gestione delle
transazioni di mercato secondo una logica di massimizzazione del profitto, nella fase
attuale e sempre più in prospettiva il problema è la gestione delle relazioni con i clienti e
con gli altri soggetti che partecipano al sistema del valore dell’impresa, con l’obiettivo
di garantire ai clienti un valore superiore.
5
Per visione tradizionale del marketing è intesa quella riconducibile alla “Scuola Manageriale del
marketing” (Sheth e Parvatyar, 1995), imperniata sul concetto di marketing mix e usualmente associata al
marketing transazionale.
13
L’approccio di marketing relazionale tende a estendersi dai mercati business to business
ai mercati dei beni di consumo per effetto di due fenomeni distinti: da un lato, la
progressiva “terziarizzazione” dei prodotti offerti dalle imprese industriali; dall’altro, la
disponibilità di tecnologie in grado di offrire a basso costo e in tempi rapidi prodotti
personalizzati capaci di rispondere alle esigenze individuali dei consumatori. Entrambi i
fenomeni spingono verso una gestione delle relazioni in forma interattiva.
Per quanto concerne il primo fenomeno, molti dei servizi che i prodotti di consumo
“incorporano” richiedono la compartecipazione del produttore e degli altri soggetti che
operano nel canale di marketing, fino al consumatore finale. L’output ricevuto da
quest’ultimo integra pertanto le prestazioni (reciproche) fornite, in tempi e luoghi
diversi, dalle distinte organizzazioni di produzione e di servizi collegate nel sistema del
valore. Questa proiezione verticale dei prodotti disegna una catena di servizi e quindi di
relazioni: ad esempio, tra il produttore e l’agente di vendita, tra l’agente e il dettagliante,
tra il dettagliante e il consumatore. L’approccio di marketing interattivo lavora appunto
sulle interdipendenze e le relazioni del sistema del valore.
In conclusione si può quindi affermare, secondo Gummesson (1996) che il relationship
marketing è un modo particolare di interpretare il marketing, fondato sulla
concettualizzazione del marketing come relazioni (ovvero contatti, di varia natura), reti
(come insiemi di relazioni) e interazioni (attività svolte nell’ambito di relazioni e reti).
Le relazioni di carattere esterno, e in particolare quelle tra impresa e clienti,
costituiscono da sempre la parte essenziale del relationship marketing, anche se in
termini generali è possibile individuare quattro forme di relazioni (Egan, 2000):
1. con i clienti (intermedi o finali);
2. con i fornitori (di beni e servizi);
3. con i soggetti interni all’azienda fornitrice (è il caso delle relazioni
interfunzionali);
4. con altri interlocutori esterni all’impresa.
Nella trattazione seguente verranno trattate soprattutto le prime due tipologie di
relazioni.
14
1.2 Gli ambiti di applicazione del marketing relazionale
La prospettiva relazionale, almeno nella fase iniziale della sua concettualizzazione, è
stata intrinsecamente connessa al mondo del terziario, dove la caratteristica della
contestualità fra produzione e consumo rende centrale l’interazione fra impresa e
cliente, e a quello dei beni industriali, i quali sono contraddistinti da prodotti complessi
e di lunga durata economica, che ampliano l’orizzonte temporale di riferimento e il
numero di funzioni coinvolte nel rapporto, soprattutto per quanto concerne le
componenti di servizio pre e post-vendita.
Con riferimento alla contestualizzazione del relationship marketing nel terziario,
Grönroos (1995) ha evidenziato che la natura dei servizi è intrinsecamente relazionale,
poichè nel terziario vi è di norma un contatto diretto fra impresa e cliente nei cosiddetti
“momenti della verità”. La necessità di integrazione fra marketing esterno, interattivo e
interno nella gestione delle relazioni con i clienti nel terziario, è indotta in particolare
dalla caratteristica di contestualità fra erogazione e consumo, tipica dei servizi, e anche
da altre caratteristiche generali dei servizi, quali l’intangibilità, il frequente contatto
diretto fra cliente e personale, l’importanza della conoscenza relativa al cliente che
permette di erogare servizi personalizzati.
In realtà, benchè buona parte della letteratura sulle relazioni sia incentrata sullo studio
prevalente dei mercati industriali e dei servizi, la prospettiva del relationship marketing
è potenzialmente adottabile in numerosi contesti, quali i beni industriali, i rivenditori e i
canali distributivi, i servizi, i beni di largo consumo e durevoli (Grandinetti, 1993).
Infatti le distinzioni per tipologia di prodotto tendono ormai a perdere di significato, nel
momento in cui si affermano quasi ovunque sistemi di offerta di combinazioni
complesse di beni materiali e servizi, di elementi tangibili e intangibili (Pels, 1999).
Anche le caratteristiche strutturali dei mercati tendono ad assumere una rilevanza
minore come vincoli all’adozione di un approccio relazionale, soprattutto se si riconosce
la soggettività delle imprese nell’interpretazione cognitiva del proprio contesto (Vicari e
Troilo, 1997), nonchè nella potenzialità di modificarlo significativamente (Valdani,
1992, 1995) intervenendo sulla propria collocazione all’interno del network relazionale.
15
Le combinazioni prodotto-mercato delle imprese possono comunque differire in termini
di predisposizione potenziale alle relazioni. In particolare, fra i fattori relativi al cliente
che ne accrescono la propensione alla relazione vi sono (Christy, Oliver, Perni, 1996):
1. il livello di coinvolgimento;
2. l'incertezza, derivante tipicamente dall'incapacità e dalla difficoltà di valutazione
dell'offerta da parte del cliente;
3. la disponibilità a pagare un premium price per un'offerta personalizzata;
4. la frequenza ed intensità di consumo di un certo prodotto;
5. il fabbisogno di personalizzazione o di formazione sull'utilizzo del prodotto;
6. le variabili psicologiche individuali, quali l’inerzia al cambiamento, desiderio di
appartenenza o distinzione, status.
Per Peppers, Rogers e Dorf (1999), inoltre, l'adozione del relationship marketing è
agevolata inoltre dall'esistenza di una base di clienti concentrata ed eterogenea dal punto
di vista delle esigenze manifestate.
Alcuni fattori, riconducibili invece all’offerta, che ne aumentano la potenzialità
relazionale, sono (Christy, Oliver, Penn, 1996):
1. la necessità prolungata di manutenzione o riparazione, derivante principalmente
dalla durata della vita utile del bene e dal costo relativo della riparazione rispetto
a quello della sostituzione del bene stesso;
2. la frequenza di acquisto, che moltiplica le occasioni di contatto fra impresa e
clienti, come nel caso dei beni di largo consumo;
3. la possibilità di differenziazione, di personalizzazione su elementi apprezzabili
dai clienti: questa potenzialità è particolarmente elevata nei servizi, dove sono
meno stringenti i vincoli tecnologici;
4. la rilevanza per il cliente dei costi di cambiamento dei fornitori, come nel caso
dei servizi professionali business to business.
L’adozione di un approccio relazionale è quindi frutto delle decisioni di entrambi gli
attori, consumatori e imprese, sia sul fronte della domanda che su quello dell’offerta.
16
Come i clienti possono scegliere se, quando e con chi attivare relazioni, così le imprese
devono spesso gestire contemporaneamente approcci transazionali e relazionali: diviene
perciò essenziale la comprensione delle circostanze e dei soggetti con i quali è
preferibile e più conveniente adottare un approccio anzichè l’altro.
Se l’adozione del relationship marketing è il frutto di una scelta strategica, è possibile
che aziende operanti nel medesimo settore ricorrano ad approcci differenti, soprattutto
in considerazione della loro eterogeneità in termini di dotazione di risorse e di
interpretazione dei problemi ambientali, tuttavia è possibile che ci siano alcune
caratteristiche del contesto aziendale capaci di stimolare o ostacolare la propensione
all’adozione dell’approccio relazionale.
Il ricorso all'approccio di marketing relazionale dovrebbe comunque, in generale, essere
improntato a un principio di selettività, solo nei confronti di alcuni segmenti di
clientela, spesso contestualmente all’approccio transazionale utilizzato nei confronti di
altri. Inoltre, nell'ipotesi di un'implementazione graduale, tale approccio (che, come
sottolineato in precedenza, comporta anche costi e rischi) dovrebbe inizialmente essere
attivato nei confronti dei clienti "strategici". Ciò implica una segmentazione della
clientela fondata essenzialmente sulla considerazione di variabili rilevanti dal punto di
vista relazionale
6
. Lo sviluppo della capacità di analisi della clientela permette una più
dettagliata segmentazione di quest’ultima e, di conseguenza, una migliore allocazione
delle risorse, mediante una strutturazione articolata degli strumenti di vendita (ad
esempio tramite il key account management, team selling, venditori individuali, direct
marketing per clienti di importanza via via decrescente).
Dal lato dell’offerta, inoltre, sono caduti molti dei vincoli imposti dalla tecnologia
rigida di produzione, che imponevano di ridurre la varietà/variabilità della domanda
entro gli standard ammissibili dall’offerta. Il superamento del precedente paradigma
tecnologico-produttivo rende finalmente possibile la centralità del consumatore e il suo
ascolto, perché l’avvento delle tecnologie flessibili tende a dissolvere il trade-off tra
costi e varietà.
6
In proposito, uno strumento estremamente utile è rappresentato dalle matrici di portafoglio clienti,
l’analisi delle quali è un presupposto imprescindibile per l’assunzione delle decisioni strategiche e
operative concernenti l’individuazione e la gestione dei clienti chiave nella prospettiva relazionale. Le
matrici di portafoglio clienti vengono definite mediante la considerazione congiunta di più variabili
descrittive dei clienti e della relazione con questi instaurata dall’impresa fornitrice.
17
La trasformazione del modo di produzione assegna al marketing un compito meno
“pesante” che in passato, quando si trattava di ridurre la varietà eccedente a livello di
domanda entro gli standard della produzione di massa, ma più complesso, trattandosi
ora di realizzare e mantenere un appropriato matching tra l’offerta potenziale di varietà
e la varietà che permea il mondo dei consumatori.
Affinché il potenziale espresso dalla tecnologia diventi una fonte di vantaggio
competitivo e informi nelle imprese strategie sostenibili orientate alla varietà, è
necessario che la domanda assegni valore alla varietà offerta e ciò richiede un intenso
lavoro di interfaccia con i clienti. Il marketing deve infatti fronteggiare un notevole
incremento di complessità nella sfera dei consumi, causata dall’evoluzione della
mentalità degli individui verso la riscoperta della soggettività e dalla moltiplicazione
(varietà/variabilità) dei modelli di comportamento dei consumatori.
I fenomeni descritti rientrano poi in una più generale evoluzione del consumatore, il
quale esprime una maggiore propensione all’investimento informativo, a fronte di una
forte crescita dell’offerta di informazioni, e una maggiore attenzione e preparazione nel
riconoscere le differenze di offerta e nel valutare il rapporto prezzo/qualità tenendo
conto anche del valore ai servizi che integrano l’acquisto del bene materiale. Si assiste
quindi a una dilatazione della varietà e della variabilità nella sfera della domanda, ed è
diventata più problematica l’applicazione del concetto di segmentazione, come
condizione del mercato e strategia d’impresa. Anche i criteri più sofisticati, come quello
per stili di vita, incontrano difficoltà a comprendere la complessità reale dei
comportamenti di consumo.
Pur essendo diventato più difficile ricomporre la varietà finale dei consumatori, il
concetto e la strategia di segmentazione mantengono significato e valore competitivo se
la personalizzazione viene interpretata come strategia di risposta a una condizione di
“micronizzazione” della domanda, dove i segmenti finali coincidono con i singoli
consumatori (Vicari, 1986). In quest’ottica, la segmentazione della domanda e la
strategia di personalizzazione del prodotto possono convivere in uno schema gerarchico:
la prima consente una rappresentazione aggregata della varietà dei consumatori al fine
di canalizzare la personalizzazione, la quale opera entro le coordinate che definiscono
uno specifico segmento e offre una risposta alla varietà interna al segmento stesso.
18
L’impresa deve disporre di una rappresentazione efficace e sufficientemente flessibile
della segmentazione della domanda. Sotto questo profilo, la ricerca di criteri di
segmentazione appropriati deve compiere in diversi settori un salto di qualità. Ciò è
possibile costruendo un’interazione comunicativa intelligente con il consumatore, senza
la quale le sue aspettative non vengono specificate e l’offerta di varietà non si traduce in
valore, sviluppando attraverso la relazione un adeguato customer database, disponendo
delle competenze per interrogare le informazioni accumulate.
Nell’impresa che adotta un approccio di relationship marketing, quindi, lo stesso
sistema informativo di marketing viene ad assumere una configurazione diversa da
quella tradizionale: l’importanza assegnata all’interazione con i clienti e al processo di
apprendimento tramite relazioni (learning relationship) porta infatti a valorizzare il
ruolo relazionale e cognitivo di tutto il personale, soprattutto di quello impegnato nella
front-line con i clienti, dotandolo di adeguate tecnologie di supporto alle relazioni.
L’effettuazione di interazioni a due vie presuppone la possibilità e la volontà dei
soggetti di svolgere un ruolo attivo. La personalizzazione e l’interazione comunicativa
consentono infatti di estendere l’approccio di tipo cooperativo dalle relazioni tra
imprese ai rapporti tra produttori, distributori e consumatori di beni e servizi, tenendo
conto delle specificità che comunque caratterizzano le varie tipologie di output e di
partner. I rapporti tra l'impresa e gli altri soggetti con i quali essa interagisce, in
particolare fra l'impresa e il cliente devono perciò essere caratterizzati da interattività e
bidirezionalità. Tale bidirezionalità può spingersi sino allo sviluppo di una partnership
caratterizzata da reciprocità, interdipendenza e co-generazione di valore.
Assume quindi particolare rilevanza l’accessibilità all’impresa libera da impedimenti
spaziali e temporali, la quale è agevolata soprattutto dai progressi conseguiti nelle
tecnologie informatiche e nelle telecomunicazioni, che permettono ad esempio di
utilizzare a scopi relazionali strumenti quali i database, i call center e Internet per
attivare processi di comunicazione continuativi, instantanei e personalizzati.
L’importanza di tali interazioni aumenta con il riconoscimento della natura
multidimensionale degli scambi, che possono incorporare beni, informazioni,
componenti sociali ecc., e nei quali pertanto la componente strettamente economica
perde la sua esclusività e, a volte, anche la sua preminenza in termini di importanza
relativa.