Introduzione.
La realizzazione del mio elaborato è stata possibile grazie alla
gentilezza e alla collaborazione che il responsabile del marketing della
Fiorentina, dott. Sellitto Franco, e dell’Internazionale f.c., dott.ssa Ricci
Barbara, hanno voluto offrirmi; così pure ringrazio il responsabile del
merchandising, dott. Paolucci Umberto, e l’addetto stampa, Sapienza
Giuseppe, dell’Internazionale f.c., per l’aiuto che mi hanno fornito,
mettendomi a parte della loro esperienza.
Un ringraziamento speciale all’Amministratore Delegato del Torino
Calcio, dott. Pallazzetti Davide che mi ha seguito con grande disponibilità,
gentilezza, pazienza e professionalità. Desidero inoltre esprimere la mia
gratitudine alle segretarie del Torino Calcio e alla dott.ssa Menicucci Elettra,
responsabile del marketing della squadra torinese, per l’aiuto che mi hanno
prestato nella ricerca del materiale e dei dati che mi occorrevano.
Ringrazio, infine, per la gentile disponibilità, il mio relatore, prof.ssa
Elena Chiadò Fiorio, i cui consigli sono stati fondamentali per la realizzazione
del testo, e il mio correlatore, professore Giorgio Cottrau, la cui collaborazione
ha consentito la stesura della parte relativa agli aspetti giuridici.
Un particolare pensiero va a mia madre, Francesca Airoldi, che mi ha
sostenuta durante tutto il periodo degli studi.
Capitolo 1
L’EVOLUZIONE DEI DUE MODELLI
1.1 Il rinnovamento del calcio italiano.
1.1.1 L’anno dei cambiamenti: il 1996.
Parlare di calcio è facilissimo perché è lo sport al mondo più diffuso di
qualunque altro. In ogni città, paese, villaggio d’Europa, dell’America Latina,
e, da qualche anno, anche dell’Africa, si possono scorgere bambini che
corrono dietro ad un pallone con la speranza di divenire un nuovo Maradona.
Ed è proprio questa la forza del calcio, e cioè il fatto che chiunque, a
prescindere dall’altezza o dal fisico, può provare a fare quello che fanno i
grandi campioni e può anche riuscirci, non come nel basket, dove bisogna
essere alti un paio di metri per sognare la massima serie, o come nella Formula
1, dove l’emulazione è praticamente impossibile.
1
Dopo un lungo periodo di immobilismo, in cui il calcio ha vissuto una
vita regolare e con pochi cambiamenti, nell’ultimo decennio ha cominciato ha
manifestarsi la spinta verso il nuovo. In Italia il 1996 sarà ricordato come
l’anno della svolta poiché gli avvenimenti che lo caratterizzano hanno dato il
via ad una trasformazione che procede ormai a passi rapidi:
1
CHERUBINI S., “Il marketing delle società sportive”. Guerini e Associati, Milano, 1996. Pag.69 e
70.
Capitolo 1
™ La sentenza Bosman
2
, che ha stabilito la libera circolazione degli atleti
professionisti comunitari nell’ambito dell’Unione Europea e l’abolizione
degli indennizzi per i trasferimenti dei giocatori in scadenza di contratto
da un paese all’altro dell’Unione, ha causato un’invasione del campionato
italiano da parte di giocatori europei e ,cosa mai vista prima, ha provocato
un espatrio di suoi calciatori verso l’estero. (Il fenomeno emigrazione s’è
accentuato non solo per la menzionata sentenza, ma anche per l’aumentata
ricchezza che i proventi televisivi hanno dato ai campionati britannici,
tedesco, spagnolo, francese e olandese, per il peso di yen e dollari in
Giappone e USA, per il loro calcio meno stressante dentro e, soprattutto,
fuori del campo. Ormai il calcio inglese rivaleggia con quello italiano per
numero di stranieri, con oltre 160 calciatori non britannici solo nella
massima serie. Tra gli stranieri della Premier League, gli italiani
costituiscono il secondo contingente, in termini numerici, e con Vialli
vincitore della coppa di Lega, della Coppa Coppe e della Supercoppa
europea come allenatore - giocatore del Chelsea e Zola miglior calciatore
d’Inghilterra ‘96/97 si sono subito segnalati tra i grandi protagonisti.)
3
La
stessa sentenza ha aperto la strada dei club italiani alla trasformazione in
società per azioni con scopo di lucro e alla quotazione in borsa;
™ La necessità di aumentare la vendita dei prodotti recanti il marchio
della squadra ha spinto Juventus e Milan a stipulare un accordo
commerciale per la valorizzazione congiunta di alcuni articoli legati al
calcio e molte squadre a scendere in campo con maglie dai colori mai visti
2
Sentenza della Corte di giustizia della Comunità Europea del 15 Dicembre 1995 sulla controversia
innescata dal calciatore Bosman.
3
GALAVOTTI GIANCARLO, “Calcio e affari: vertice Italia - Inghilterra”. La Gazzetta dello Sport,
Venerdì 23 ottobre 1998.
Capitolo 1
prima (è stato così infranto il tabù pluridecennale dell’invarianza dei
colori sociali);
™ a partire dal campionato 1996/97 tutti gli incontri di serie A e B sono
accessibili in diretta agli abbonati della televisione a pagamento nella
formula pay per wiew; per la prima volta non è stata la Rai a vincere l’asta
per la trasmissione non codificata del campionato di calcio, ma
Telemontecarlo. La televisione del presidente della Fiorentina, senatore
Vittorio Cecchi Gori, non è riuscita però a fornire in tempo utile alla Lega
Nazionale Professionisti tutte le garanzie richieste quindi, per la stagione
1996/97, i diritti sono tornati alla Rai. In seguito ad una successiva
sentenza del tribunale è stata ristabilita la piena titolarità di
Telemontecarlo che ha stipulato un accordo che assicura alla Rai i diritti
radiofonici (“Tutto il calcio minuto per minuto” e “Quelli che il calcio”) e
quelli relativi alle sintesi filmate della Domenica pomeriggio (“90°
minuto”) e a TMC i diritti per i mercati esteri, un numero significativo di
incontri di Coppa Italia e l’esclusiva delle trasmissioni di approfondimento
in prima serata. Per la prima volta gli italiani hanno visto una partita della
nazionale, Inghilterra Italia del 12 febbraio 1997, su una rete diversa dalla
Rai e circa il 20% di loro ne è stato privato poiché TMC non copriva il
100% del territorio nazionale;
™ l’aumento delle risorse provenienti, o potenzialmente ricavabili, dallo
sfruttamento dei marchi e del patrimonio di immagine, nonché dei diritti
televisivi, ha notevolmente aumentato la tentazione dei grandi club verso
la creazione di una Superlega calcistica Europea che ha già ottenuto il
sostegno della U.E.
4
4
BASILE G., BRUNELLI M., CAZZULO G., “Le società di calcio professionistiche”. Buffetti
Editore, Roma, 1997. Pag .XI e ss.
Capitolo 1
Piaccia o meno, gli avvenimenti del 1996 hanno proiettato il calcio
italiano nell’industria mondiale dell’entertainment che sviluppa oggi, secondo
le ultime stime, 340 miliardi di dollari solo negli USA. Di essa fanno parte il
cinema, i parchi tematici, gli spettacoli dal vivo, i giochi, la televisione,
l’industria dell’home video, l’editoria e, sempre a maggior ragione, lo sport.
La trasformazione dei club in società per azioni con scopo di lucro ha
messo le società nella condizione di poter svolgere al meglio il ruolo di
imprese produttrici di sport - spettacolo, valorizzando il proprio marchio,
avviando attività commerciali ad esso legate e attività immobiliari incentrate
sulla costruzione di stadi di proprietà. Il nostro Paese, sotto questo profilo, è in
ritardo e bisognerà che s’affretti se non vuole rimanere in posizione arretrata
nel processo di modernizzazione calcistica. É implicito che, in
un’impostazione generale di questo tipo, una società, per poter essere
giudicata corrispondente agli obiettivi che si è data, dovrà ben coniugare le
esigenze del bilancio con quelle dell’attività sportiva. La filosofia aziendale
dei nostri signori del calcio deve mutare, la mission dei loro team non può più
essere esclusivamente quella di vincere il campionato: legare il risultato
economico di una stagione ai successi conseguiti sul campo è troppo rischioso,
come troppo difficile sarebbe assicurarsi la fedeltà del tifoso - azionista e degli
sponsor promettendo loro il tricolore o la vittoria di una coppa europea. Di
industria si potrà parlare seriamente e a tutti gli effetti quando
improvvisazione, logiche di bassa bottega e atteggiamenti da “palazzari”
ormai anacronistici avranno lasciato il posto ad una organizzazione efficiente e
ad una gestione aziendale.
5
Fino ad oggi le motivazioni che spingevano un presidente ad occuparsi
di una squadra di calcio erano identificabili in termini di prestigio, visibilità e
5
BASILE G., BRUNELLI M., CAZZULO G., “Le società di calcio professionistiche”. Buffetti
Editore, Roma, 1997. Pag 40.
Capitolo 1
reputazione personali che avrebbero sicuramente provocato preziosi affari
indotti e assai meno nella possibilità che l’investimento in quanto tale si
rilevasse remunerativo.
Gestire una società di calcio secondo queste logiche sarà sempre più
difficile, non solo perché non si riuscirà più a vincere il campionato, ma
soprattutto perché ciò sarà incompatibile con l’esigenza di produrre bilanci in
utile a fine anno.
6
1.1.2 L’industria del calcio: ritmi di crescita e caratteristiche.
L’intera industria del calcio ha un giro d’affari di 8.000 miliardi di cui
7.000 di indotto (spese di praticanti e tifosi per l’acquisto di indumenti ed
attrezzature di gioco, trasferte e spostamenti, acquisto di giornali e riviste
specializzate; investimenti aziendali in pubblicità sulla stampa e nelle
trasmissioni televisive dedicate al calcio), posizionandosi al quindicesimo
posto in Italia, mentre tutto lo sport movimenta 40mila miliardi di lire e
rappresenta il 2.5% del P.I.L. Nonostante questo, il giro d’affari non basta a
coprire i conti economici della Serie A, che si sono chiusi, nella stagione
1996/1997, in perdita di 86,8 miliardi.
7
Sicuramente il calcio italiano si appresta a divenire un’industria
decisamente diversa da tutte le altre, poiché peculiare è il prodotto che essa
può offrire al mercato, un prodotto unico, soggettivo e intangibile. Ciò non ci
6
BASILE G., BRUNELLI M., CAZZULO G., “Le società di calcio professionistiche”. Buffetti
Editore, Roma, 1997. Pag 38.
7
Dati ufficiali comunicati durante il convegno inauguarale di SUPPORTER ’98 Giovedì 10 settembre
1998.
Capitolo 1
impedisce comunque di individuare delle caratteristiche economiche tipiche
del prodotto calcio:
− la passione e il senso di appartenenza (“attaccamento alla bandiera”)
che lega dirigenti, tifosi, giocatori e azionisti e che è un patrimonio unico
che non ha eguali in altre aziende essendo una peculiarità delle imprese
sportive. Ciò spiega come per così tanti anni questa industria,
caratterizzata da performances economiche disastrose, è sopravvissuta
trovando sempre qualcuno pronto a garantirne la sopravvivenza contro le
più elementari leggi dell’economia;
− la connotazione sociale che può assumere il suo consumo. Le autorità
europee si sono pronunciate sull’interesse pubblico che riveste la
trasmissione non criptata di alcuni eventi; sono state emanate ordinanze al
fine di imporre la trasmissione in diretta di alcuni incontri per motivi di
ordine pubblico. Inoltre la stima collettiva di cui godono molti giocatori li
ha resi testimonial di campagne promozionali e di sensibilizzazione a
sfondo sociale;
− la caratteristica di produzione congiunta che assume la sua fornitura:
una società di calcio non può svilupparsi e prosperare da sola. In
quest’ottica deve essere giudicato anche il principio di mutualità che trova
la sua ragione d’essere nella necessità di mantenere un’equità competitiva
che renda incerto il risultato mantenendo viva l’attenzione del pubblico;
− l’atipicità dei meccanismi concorrenziali. Le diverse squadre
competono tra loro sul campo, ma non nel commerciale poiché non esiste
possibilità di sostituzione o di concorrenza, c’è complementarietà di
prodotti, nessun club può rubare i “clienti” ad un altro;
− l’incertezza del risultato sportivo condiziona il risultato economico di
fine anno. É auspicabile che l’industria del calcio, sviluppandosi, sia in
Capitolo 1
grado di rendere i suoi risultati economici finanziari meno dipendenti da
fattori aleatori e incontrollabili. Il fine di questa nuova impresa calcistica,
come già indicato in precedenza, sarà quello della massimizzazione del
profitto attraverso la produzione dello spettacolo sportivo e la
valorizzazione del proprio marchio. Solo così essa potrà recuperare il
terreno perduto rispetto alle principali industrie concorrenti in campo
europeo, che hanno già saputo intraprendere il circuito virtuoso che lega
iniezioni di capacità imprenditoriali di alto livello a brillanti performances
di mercato (diritti Tv, merchandising, spettatori, interesse generale) e a
nuovi innesti manageriali di qualità.
8
Figura 1.1-La squadra del Grande Torino.
Fonte: Omnia ’98.
8
BASILE G., BRUNELLI M., CAZZULO G., “Le società di calcio professionistiche”. Roma,
Buffetti editore, 1997. Pag. XI e ss.
Capitolo 1
Gli scenari del calcio mutano quindi con una rapidità notevole,
archiviando decenni di improvvisazione gestionale. Ciò che non si potrà mai
archiviare, invece, è il mito legato al football: quello del Grande Torino di
Mazzola e compagni rivive in un film documentario, “Solo il cielo li dominò:
ritratto del Grande Torino”, che, in novanta minuti, giusto il tempo di una
partita, ripercorre la storia sportiva dei giocatori di quella straordinaria
formazione, rammentandone i record e le vittorie, fino ad arrivare al tragico
giorno dello schianto contro la Basilica di Superga.
9
9
MAL A., “Nuovi soci misteriosi nel capitale del Torino”. Il Sole 24 Ore, Giovedì 20 marzo 1997.
Capitolo 1
1.2 La situazione italiana.
1.2.1 Milan, Juve e Inter: pionieri della modernizzazione..
Il calcio italiano è per definizione “il più bello del mondo”, ma questo
non basta per affrontare il 2000. Per non morire, il mondo del pallone deve
trovare opportunità di sviluppo modificando il contesto generale, imparando,
soprattutto, il significato vero del concetto di investimento. I presidenti, che
spesso nelle loro aziende sono manager illuminati, quando lavorano nel calcio
tendono a dimenticare le regole anche più elementari del mercato. Oggi i tifosi
sono convinti di chiedere ai loro presidenti di “investire”, in realtà chiedono
loro di “spendere”. Le società di calcio, per la loro stessa sopravvivenza,
devono imparare ad investire in settori collaterali che possano produrre fonti
di ricavo alternative.
10
Un’indagine di due anni fa, condotta dall’Università di Leicester, ha
confrontato i modelli organizzativi nella gestione dei vari aspetti del marketing
in Italia e in Inghilterra. Ha risposto l’80% dei 94 club Inglesi professionisti e
circa il 70% dei 128 italiani. Il risultato della ricerca fu clamoroso: la
suddivisione e l’organizzazione aziendale dei compiti sono la regola in
qualsiasi squadra inglese, anche se di seconda o terza divisione. In Italia
invece non si può dire la stessa cosa, ancora oggi club professionistici sono
organizzati come le squadre degli anni ’50.
11
Il ritardo del football nell’adottare una gestione essenzialmente
orientata al mercato è comunque imputabile all’enorme popolarità che tale
sport ha sempre avuto in Italia, la quale gli ha “impedito” di trovarsi in una
10
CONTE M., “Parla inglese il pallone - cassaforte”. Viola, n° 33, Dicembre 1997. Pag.24 e ss.
11
P. LANFRANCHI (Demontfort University of Leicester).
Capitolo 1
delle condizioni che maggiormente stimolano verso il marketing: competere in
una situazione concorrenziale.
12
Da pochissimo le società di calcio italiane si sono strutturate dal punto
di vista del marketing, il Milan ha percorso per primo questa strada, non
impostando ex novo un modello sportivo, ma piuttosto sfruttando l’esperienza
maturata negli ambienti Fininvest (ora Mediaset). Con l’avvento di Berlusconi
alla presidenza della squadra, professionisti di comunicazione, di marketing e
di organizzazione aziendale sono stati trapiantati negli uffici di via Turati
strutturando per la prima volta, almeno in Italia, una società di calcio in modo
aziendale, quindi con funzioni che andavano al di là dell’attività sportiva vera
e propria. É evidente che il modello ha funzionato, anche perché la squadra era
stata costruita per vincere e, se si ha il supporto del successo sportivo,
“vendere” il marchio è più facile; in ogni caso per almeno dieci anni sono stati
in assoluto un esempio, almeno in Italia, cui guardare. Hanno
professionalizzato tutti gli aspetti societari, introducendo l’insieme di quei
comportamenti che sono la norma in un’azienda marketing oriented, a partire
dal modo con cui ci si propone alle aziende partner. Ogni azienda che produce
un bene, deve decidere come produrlo, come confezionarlo e come, e dove,
venderlo: il Milan vendeva, e vende, il prodotto calcio e, a parte il fatto di aver
confezionato, in quegli anni, il miglior prodotto calcio, aveva studiato il modo
più efficace per presentarlo, proponendosi in modo molto sinergico con le
altre attività del gruppo attraverso spot televisivi sulle reti Fininvest e
addirittura garantendo agli sponsor spazi nei punti vendita Standa. É stato un
lavoro che per anni ha consentito loro di dominare, in assoluto, il mercato.
13
12
MUSUMARRA L., “Il contratto di <sponsorizzazione> sportiva”. Federazione Italiana Giuco
Calcio. Firenze 1996. Pag. 16 e 17.
13
B. RICCI (Internazionale f.c.).
Capitolo 1
Dopo questa esperienza è stata la volta della Juventus che, benché già
impostata come un’azienda per quanto riguarda la gestione sportiva, aveva,
dal punto di vista del commerciale, poco più di una segreteria generale e
qualche contratto di sponsorizzazione (la maglia e lo sponsor tecnico) tale da
garantirle l’indispensabile per lo svolgimento dell’attività sportiva. Tutte le
altre forniture costituivano così delle spese che venivano finanziate dai soci.
Non dobbiamo dimenticare che la Juventus ha inventato il professionismo
quando, nel 1923, ha acquistato i migliori giocatori del Casale e della Pro
Vercelli (Rosetta, Caligaris). Questa è rimasta poi una politica di lungo
termine, ma solo cinque anni fa la società ha deciso per una riorganizzazione:
ha cambiato amministratore delegato, direttore generale e si è dotata di una
struttura di marketing. Per la prima volta, almeno in Italia, veniva studiato un
modello, sulla scia di quanto fatto dal Milan e dalle altre squadre europee, ad
hoc per il mondo del calcio avvalendosi della collaborazione di consulenti
esperti che avevano analizzato le necessità delle aziende, quanto offerto dalle
altre società e le potenzialità del mercato. La struttura marketing della società
torinese prevede, tra le altre, una figura che si occupa della fase di trattativa e
di definizione dei contratti di sponsorizzazione, una figura che si occupa della
gestione di tali contratti e controlla quindi che siano onorati gli impegni presi;
è prevista anche una posizione specifica che si occupa di comunicazione in
senso stretto, quindi pubbliche relazioni e ufficio stampa.
Con la gestione Moratti è poi arrivato l’Inter, anche qui il passaggio di
mano ad un nuovo presidente ha provocato una riorganizzazione pressoché
totale e una rinascita della società sia dal punto di vista sportivo che dal punto
di vista del marketing. Anche in questo caso il risultato sportivo e lo sviluppo
commerciale sono andati, almeno nei momenti iniziali, di pari passo e ciò
perché darsi una struttura commerciale, senza avere un prodotto vincente e
quindi richiesto, non è remunerativo, anche se con strategie attente di
Capitolo 1
marketing si possono comunque ottimizzare le risorse che si possiedono. Le
squadre di calcio sono tradizionalmente contraddistinte dalla presenza di cicli
vincenti cui seguono periodi in cui le cose, dal punto di vista sportivo, non
vanno più bene, è in questi momenti che la struttura marketing interviene
attutendo, con strategie commerciali, la caduta di popolarità. Il disegno del
Dott. Moratti, per la sua gestione, prevede una squadra fortissima alla quale
viene affiancato un compartimento commerciale in grado di sfruttare
pienamente queste potenzialità. Questa sinergia è stata pienamente attuata con
l’arrivo di Ronaldo che è un personaggio che ha un grande seguito
internazionale, che è amato anche dai tifosi di altre squadre e che ha quindi
portato molta simpatia nei confronti dell’Inter, questo è molto importante per
chi fa marketing e si occupa del posizionamento del proprio marchio.
14
14
B. RICCI (Internazionale f.c.).