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Capitolo Primo
Strumenti di Marketing del vino
1.1. Premessa
Si può affermare in generale, che un cliente, all’atto di acquisto,
acquista soprattutto una soddisfazione di un bisogno, sulla base di
motivazioni ed apprezzamenti soggettivi.
La disponibilità del prodotto, il modo con cui viene presentato, il
prezzo, il suo aspetto, la comunicazione , sono tutti elementi che il
consumatore tiene in considerazione nel suo processo di decisione.
In effetti, ciò che il cliente compra non è soltanto un prodotto nel
senso stretto del termine ma un mix di caratteristiche materiali ed
immateriali, contenuto in servizi e condizioni di vendita, che danno
origine al cosiddetto sistema di prodotto.
fig. 1 IL Vino nel marketing.
Figura 1.1 - fattori che contribuiscono a determinare il sistema di
prodotto vino (fonte: Emmanuelle Rouzet- Gerard Seguin 2003)
Servizi post vendita
Altri servizi
Consegna
Vendita, Prezzo
Bottiglia
Forma,colore Etichetta
Contro-etichetta Marca
Nome
Packaging Storia
VINO
Caratteristiche
tecniche,
varietà,
vinificazione,
gradazione,
ecc.
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Con tutta probabilità il prodotto vino si può definire semplice
all’inizio, nel suo approccio concettuale, ma diviene sempre più
complesso nella sua realizzazione e sofisticato attraverso le tecniche
di commercializzazione e di comunicazione utilizzate per “sedurre”
il cliente finale.
Differenti interventi si realizzano lungo il percorso affinché il
prodotto possa presentare la migliore attrattiva commerciale nel
momento in cui incontra il consumatore.
Per il cliente, il sistema vino, è pertanto costruito da un insieme
alquanto complesso di fattori che sono stati compendiati nella
figura 1.
1.2 Le caratteristiche del prodotto vino
IL vino può essere definito, inizialmente, come il contenuto della
bottiglia o della botte: il prodotto della fermentazione del succo
d’uva, frutto di una specifica varietà, vinificato, invecchiato, con un
certo grado di alcol, con degli aromi particolari, caratterizzato
quindi da tutto un insieme di caratteristiche tecniche ed
organolettiche. Ciò che promette al cliente deve essere percepibile
al colore, al naso ed al gusto. Ogni individuo ha una percezione
unica di queste caratteristiche sensoriali. Per uno stesso vino, nelle
medesime condizioni di degustazione, alcuni troveranno per
esempio degli aromi di frutta, altri saranno più sensibili agli aromi
derivanti dal legno, ecc.
Difatti, i consumatori hanno una percezione spesso differente alla
degustazione riguardo lo stesso prodotto, ed è questa percezione che
serve più di ogni altro a permettere al cliente di decidere. Siamo
sicuri che in nessun caso il marketing può far vendere prodotti di
cattiva qualità, anche se questa nozione concerne soprattutto la
qualità tecnologica.
Se la qualità del prodotto è un criterio essenziale, non è comunque
sufficiente per vendere dato che deve essere percepita come tale
anche dal cliente. È in questo elemento che si innescano le diverse
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leve di marketing utilizzabili da singole aziende e sistema
istituzionale che verranno ora di seguito esaminate.
1.2.1 La bottiglia
L’80% dell’acquisto di un vino nella grande distribuzione è
condizionato dalla bottiglia, ancor prima dell’etichetta. La bottiglia,
la sua forma, il suo colore, il design, la sua composizione, riflettono
immediatamente al cliente una percezione del prodotto.
Il tipo di bottiglia, originariamente faceva riferimento ad uno
specifico prodotto. Per esempio la bordolese era utilizzata per i vini
di bordeaux, mentre la Frascati era in uso nella zona omonima, e
così di seguito. Queste bottiglie, come la bordolese, sono divenute
generiche e si può trovare oggi qualsiasi tipo di vino in queste
bottiglie. Ciò pone quindi un reale problema di riconoscibilità del
prodotto da parte del cliente.
Nonostante la bottiglia, come tutto il packaging, abbia una primaria
utilità tecnica, quella di conservare e confezionare il prodotto vino,
essa è soprattutto un primo riflesso della promessa che L’azienda fa
al cliente attraverso il prodotto.
Fig. 1.2 Bottiglie bordolesi Bottiglie borgognone
(fonte WWW.Google/immagini.it)
L’aspetto della bottiglia riveste un’importanza capitale nella scelta
del vino sullo scaffale. Ciò è tanto più evidente nella grande
distribuzione ove il prodotto si vende da sé, senza che alcuno possa
presentarlo o consigliarlo.
La scelta di un tipo di bottiglia da parte delle aziende vinicole si
rifà, il più delle volte, alla tradizione, agli obblighi della produzione
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(utilizzo, costi) ma assai più raramente ad una concreta strategia di
marketing. Tenuto conto del costo di creazione di una bottiglia
originale, sempre più filiere sviluppano delle bottiglie in cui è inciso
il simbolo della denominazione o il nome del vino.
Ci sono inoltre, altre caratteristiche fondamentali da prendere in
considerazione nella nascita di una bottiglia. Per esempio la forma,
il fondo, il peso, il colore, la qualità del vetro, l’incisione, il
formato.
La scelta di una bottiglia deve seguire una riflessione di marketing
orientata al posizionamento scelto ed alla clientela target.
1.2.2. L’etichetta
Esiste una regolamentazione in merito a questo elemento molto
precisa. Si consiglia, al momento della creazione dell’etichetta, di
far controllare la bozza prima della stampa dagli uffici dell’ICRF
(Ispettorato Centrale della Repressione Frodi). Un’etichetta è
soprattutto uno strumento di comunicazione e deve essere trattata
come tale. Le linee, i colori, il carattere tipografico presenti
sull’etichetta vengono percepiti in modo differente a seconda del
tipo di acquirente. Gli elementi che la compongono sono presentati
di seguito a titolo indicativo, dato che sono attualmente oggetto di
discussione fra gli organismi socioprofessionali e gli uffici preposti
dello Stato.
Ci sono delle menzioni obbligatorie:
- il nome della DOCG o della DOC nei modi prescritti dall’apposito
disciplinare; poi abbiamo le IGT seguita immediatamente dal nome
della zona di produzione ed infine i Vini di tavola.
- l’indicazione del grado alcolico.
- il nome o la ragione sociale dell’imbottigliatore, l’indirizzo o il
codice specifico che lo identificano.
- il volume del vino contenuto.
-il numero di lotto.
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- il paese d’origine nel caso di esportazione.
- le indicazioni ecologiche.
Infine le menzioni che si possono utilizzare riguardano:
- Le sotto categorie della denominazione.
- Le varietà utilizzate in accordo col disciplinare della
denominazione.
- Il millesimo (annata) per i vini provenienti totalmente dall’annata
citata.
- La marca commerciale.
- Un logotipo che può essere un disegno, un simbolo, ecc.
- Il nome dell’azienda vitivinicola, che può essere anche un castello,
ecc.
- Menzioni relative al metodo di vinificazione.
- Il luogo dell’imbottigliamento: es. imbottigliato all’origine (presso
il produttore).
- Le distinzioni attribuite da un organismo ufficiale.
La forma, i colori, la qualità del supporto sono liberi. Questo
strumento permette di informare il cliente circa il prodotto, di
comunicare un’immagine coerente con il posizionamento scelto e la
clientela cui si rivolge.
È altresì importante avere un’etichetta con qualità di carta consona
alla gamma desiderata. Il top di gamma in materia è la carta di tipo
Chromoloux. La tecnologia dell’etichetta “autoadesiva” o “secca da
incollare” posiziona altrettanto chiaramente il prodotto.
La tendenza per i vini posizionati in media e alta gamma è
l’etichetta autoadesiva che figura meglio che non l’etichetta secca
da incollare. Cito ad esempio il caso della cantina Montresor, che da
sempre cerca di proporre alla sua clientela qualcosa di nuovo. In
questo caso due neo prodotti: Valpolicella 99 Primo Ripasso e
l’Amarone 98, provenienti dal nuovo cru “Castelliere delle Guaite”,
hanno adottato un packaging davvero innovativo. Hanno
un’etichetta a tasca con fronte trasparente, contente una scheda
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promemoria, da estrarre dalla sua custodia, riempire e conservare,
con i dati del vino e la impressioni del degustatore.
L’idea nasce dalla costatazione di quanto sia laborioso mettersi a
staccare etichette (operazione, fra l’altro, dall’esito incerto) e quanto
poco pratico sia conservare bottiglie vuote. A meno che non siano
oggetti di per sé significativi. Questa innovazione, ha portato alla
Montresor anche un premio in occasione del Vinitaly 2003;
l’etichetta del Castelliere delle Guaite, ha vinto come “etichetta
dell’anno”.
Talvolta viene utilizzata la serigrafia. Facilita la produzione data la
minore manutenzione, ma spesso posiziona il prodotto in bassa
gamma. Le forme e i colori delle etichette stanno evolvendosi sotto
l’impulso dei vini del Nuovo Mondo, coloro che sviluppano la
maggior parte delle attuali strategie di marketing. Come per la
bottiglia, etichetta non deve essere quella che più piace al
produttore ma quella preferita dal consumatore finale.
Viene anche usata la contro-etichetta, che è divenuta indispensabile
dato che permette di alleggerire l’etichetta di numerose
informazioni facoltative e di spiegare al cliente finale cosa andrà a
scoprire aprendo la bottiglia. La presentazione del luogo di
produzione del vino, sotto forma di bigliettino, è utile, tanto come le
indicazioni relative ai vitigni utilizzati, gli aromi che prevalgono e i
vari modi consumo consigliati o ancora le modalità di
conservazione.
Inoltre per l’esportazione, adattata agli usi di consumo del paese e
della clientela target, permette di presentare il vino nella lingua del
cliente finale. Non bisogna dimenticare al momento della creazione,
lo spazio riservato al futuro codice a barre, secondo il canale di
distribuzione scelto.
Purtroppo si vedono spesso dei vitivinicoltori scegliere le loro
etichette solo in funzione del gusto personale, se non talvolta in
funzione del gusto dello stampatore.
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L’etichetta del vino è un potente simbolo della società moderna.
Essa è un oggetto funzionale dell’arte che simbolizza e dissemina la
cultura e valori spirituali del territorio dove il vino è nato.
Il disegno dell’etichetta del vino ha subito una rinascita, dove l’arte
incontra il marketing in molti punti fondamentali, penetrando nel
subconscio e utilizzando il potere di suggestione per influenzare il
gusto e la qualità.
Un rapido esempio in tal senso è quello fornito dal lavoro fatto
dopo 10 anni di esperienza, da due studiosi dell’etichetta dei vini di
alta gamma, Jeffrey Caldewey e Chuck House
ι
.
L’etichetta è la carta d’identità del vino.
Dal primo momento in cui il vino è stato venduto nelle bottiglie o
messo nelle anfore, poteva avere un senso dargli un’etichetta.
Quello che diceva questa ultima, determinava il suo valore, chi lo
avrebbe aperto e quando. Nelle piccole anfore conservate nella
tomba del Re Egizio Tutankhamun, erano incise l’annata, la zona di
produzione e il produttore di un certo Kha’y. Altrimenti come
avrebbero fatto i sommeliers a capire quale sarebbe stato il vino da
versare!
Non possiamo fare teorie esatte sulle tipologie di vino Greco e
Romano. Sicuramente sono esistite, ma non sono state tra le più
durevoli dell’arte classica. Le anfore di Pompei erano marchiate in
argilla con i nomi dei commercianti. Ma non sappiamo come
facessero ad indicarne il contenuto.
Plinio era il grande conoscente di vino del primo secolo di nascita di
Roma. Il vino leggendario in questo periodo era il Falerniano.
Questa annata pre-imperiale, che era nota quanto un Cheval Blanc
del ’47 o Porto Waterloo, era chiamata “Opimiam” perché Opimius
era console all’inizio della prima evoluzione. Anche se ci sono
sospetti se questo vino straordinario fosse veramente esistito un, in
ogni caso questo prodotto era più simile ad una miscela. Potremmo
ι
Jeffrey Caldewey and Chuck House. Icon, Art of the wine label