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INTRODUZIONE
Il patrimonio storico artistico costituisce una significativa risorsa che, se
adeguatamente valorizzata, può dare vita ad uno sviluppo tanto piø importante
in quanto non solo economico: da questo presupposto prende le mosse il
presente elaborato, nel quale la tematica della valorizzazione dei beni culturali
viene portata avanti proponendo due principali linee guida.
La prima riguarda il rapporto tra beni culturali e territorio, con quest’ultimo a
non ricoprire il semplice ruolo di unità di riferimento geografica. Il territorio è
un ben preciso contesto simbolico, di cui i beni culturali sono espressione e
che sono chiamati a rappresentare. Per questo nella messa a punto di
qualunque progetto di valorizzazione, la dimensione geografica non può essere
trascurata. Anzi. Proprio la concezione dei beni culturali come risorsa locale
costituisce uno dei capisaldi di un qualunque progetto, una dimensione
perfettamente in linea, peraltro, con i piø recenti orientamenti legislativi ed
economici. La seconda linea guida riguarda invece il rapporto tra beni culturali
e nuove tecnologie, con l’analisi del multiforme contributo che queste sono in
grado di fornire in un’ottica di valorizzazione. Parte integrante del discorso è
una riflessione sulla natura di mutua influenza su cui si basa questa relazione.
¨ proprio tenendo presenti e lavorando su entrambi questi filoni che si può
realizzare una valorizzazione efficace, in grado di rendere i beni culturali
driver di un nuovo sviluppo che sia veramente sostenibile, perfettamente in
linea con i dettami della cosiddetta “soft economy”.
In Italia, il discorso intorno alle potenzialità del patrimonio storico-artistico
non è nuovo (ne sono riscontrabili tracce ufficiali già negli anni ’60) ma la sua
trasformazione da argomento di dibattito in motore di decisioni strategiche
non sembra essersi finora completamente compiuta; al contrario di quanto
avvenuto nella maggioranza degli altri paesi europei. Un ritardo che,
nonostante tutte le possibili attenuanti, è difficile non considerare colpevole in
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un paese che da solo conserva una piø che significativa parte del patrimonio
storico-artistico mondiale. Non si vogliono rendere queste pagine sede di una
nuova versione del dibattito su quale percentuale di tale patrimonio sia
effettivamente presente in Italia: che si tratti di piø o meno del 50 (o
addirittura del 60) per cento del totale complessivo, ciò non cambia la sostanza
delle cose: il patrimonio storico-artistico italiano è ingente, al punto da non
temere confronti. Un indicatore chiaro in questo senso è costituito dai siti
riconosciuti dall’U.N.E.S.C.O. come patrimonio dell’umanità, che proprio nel
belpaese raggiungono la massima concentrazione. Ciononostante, si risulta
ancora un po’ titubanti nel voler riconoscere a questa straordinaria ricchezza lo
status di risorsa, con la conseguenza che i molti e spesso interessanti contributi
vanno a confluire in un dibattito che rischia seriamente di diventare
autoreferenziale.
Il quadro non manca tuttavia di stimoli positivi: la potenziale centralità dei
beni culturali è stata infatti riconosciuta dallo stato ad un livello non solamente
formale: con il protocollo Industria 2015, messo a punto dal precedente
governo e confermato da quello attualmente in carica, proprio il patrimonio
storico-artistico è stato riconosciuto come uno dei settori sui quali investire per
attuare il necessario riposizionamento del sistema produttivo italiano. Un
protocollo quindi che sembra voler riconoscere nella pratica l’importanza
teorica che il settore dei beni culturali si è sempre visto attribuire. Un rapido
excursus storico, infatti, ci dimostra come in Italia l’attenzione al settore dei
beni culturali sia stata costante negli anni. Si potrebbero citare le leggi del
Regno d’Italia sulla tutela, ma ai fini del nostro discorso sarà sufficiente
ricordare che la nostra Costituzione, già all’articolo 9, sottolinea che l’Italia
“Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Articolo che è importante tenere presente anche perchØ costituisce la premessa
migliore ad argomento di grande importanza ai fini del nostro discorso: il
contrasto esistente tra i fautori della tutela, che guardano con diffidenza a tutti
gli approcci che tendono ad associare ai beni culturali considerazioni
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economiche, e quelli della valorizzazione. Le preoccupazioni sono note e i
motivi di fondo piø che condivisibili: nell’ottica dei conservatori, veri e propri
custodi del nostro patrimonio, l’unica cosa importante è evitare il
depauperamento del patrimonio stesso e assicurarne così il passaggio alle
generazioni future. Si tratta in realtà di un falso problema, di una
contrapposizione che si può superare innanzitutto a livello terminologico
proprio utilizzando il termine “valorizzazione” al posto di “sfruttamento”. Una
differenza semantica di non poco conto. Sfruttamento richiama essenzialmente
la dimensione del profitto economico. Valorizzare, invece, significa sì inserire
i beni culturali all’interno di un circuito, di una rete sociale ed economica che
permetta di dispiegarne la capacità di attirare risorse e di creare indotto, ma
significa compiere queste operazioni per costruire una nuova filiera produttiva
intorno ai beni stessi. Proprio la loro centralità, con la produzione dei già
accennati benefici sociali, ne diviene garanzia di sopravvivenza e
preservazione, producendo al tempo stesso le risorse finanziarie necessarie ad
una corretta ed efficace opera di tutela. Si verrebbe così a risolvere una delle
maggiori difficoltà per il settore dei beni culturali : la carenza di risorse.
Problema comune a tutti quei settori in cui il fattore umano è ancora
preponderante.
Ma come valorizzare? La posizione proposta in questo elaborato è che la
valorizzazione non possa prescindere da un’attenta strategia di comunicazione,
che parta dalle risorse storico-artistiche presenti in un territorio per creare (o
rafforzare) tramite un’appropriata azione di marketing l’immagine del
territorio stesso. Operazione nella quale possono rivestire un ruolo di grande
importanza, a piø livelli differenti, le nuove tecnologie. Ai fini dell’analisi si
farà spesso riferimento ai dati messi a nostra disposizione dal settore turistico.
Tali dati, pur non essendo esaustivi e rendendo conto solo di una parte del
fenomeno, si rivelano preziosi per la loro semplicità e immediatezza, utili per
rendere conto della dimensione degli interessi economici attorno ai quali si
gioca la partita della valorizzazione. Il settore ci offre, soprattutto,
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informazioni importantissime a livello simbolico, riguardanti, cioè, il modo in
cui i luoghi sono percepiti. Senza mai dimenticare, però, che l’aumento dei
flussi turistici non deve essere il fine, ma che una corretta opera di
valorizzazione lo comporterà come inevitabile conseguenza.
Nel primo capitolo verrà tracciato un quadro di riferimento teorico, all’interno
del quale si cercherà di rendere conto dei concetti necessari al tema della
valorizzazione e dello specifico contributo che le metodologie del marketing
possono fornire al settore. Verranno inoltre illustrate le potenzialità del settore
dei beni culturali in termini sia sociali che economici, e si chiarirà l’attuale
posizione dell’Italia in riferimento alle tematiche trattate.
Il secondo capitolo è invece dedicato al tema delle nuove tecnologie,
affrontate dal punto di vista del contributo specifico che sono in grado di
fornire nell’ottica di un progetto di valorizzazione. Nel corso delle pagine
dedicate a questo specifico argomento, si cercherà di rendere conto di quanto
stretto e multiforme sia il rapporto esistente tra il settore tecnologico e quello
dei beni culturali. A supporto delle ipotesi proposte verranno citati precisi casi
di studio.
Il terzo capitolo rappresenta, rispetto agli altri, un tentativo di
concretizzazione: sia nel primo che nel secondo capitolo, infatti, le tematiche
vengono trattate ad un livello quanto piø possibile generale ed astratto, nel
tentativo di tracciare un quadro di riferimento applicabile a differenti realtà.
Nel terzo capitolo, tale cornice teorica viene concretizzata, nel tentativo di
farne il fondamento di un progetto di valorizzazione. All’inizio il quadro di
riferimento teorico sarà completato con una disamina sul ruolo della città.
Nella seconda parte del capitolo, invece, si lavorerà su un centro urbano in
particolare, evidenziandone le particolarità e avanzando delle proposte
concrete di valorizzazione. La città prescelta come oggetto dell’analisi è
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Milano che, come si avrà modo di chiarire, presenta delle caratteristiche che la
rendono assolutamente perfetta per il discorso portato avanti all’interno
dell’elaborato.
A questi tre capitoli si aggiunge un’Appendice, nella quale trovano spazio
lavori di approfondimento dedicati al patrimonio storico-artistico milanese,
qui raccolti sotto forma di schede illustrative di siti di interesse e divulgative
di particolari aspetti legati alla vita culturale della città. Parte di questo
materiale, specie per quanto riguarda i singoli monumenti, è il frutto del lavoro
compiuto durante lo stage presso la società di servizi culturali Naiade S.a.s.,
esperienza fondamentale nella presa di coscienza dell’unicità del patrimonio
milanese.
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Capitolo 1
L’importanza dei beni culturali,
il ruolo del marketing
1.1 I termini del discorso
Un discorso incentrato sul patrimonio storico-artistico e sui beni che lo
compongono pone delle immediate necessità di definizione, visto quanto
ampia e variegata si presenta la categoria dei cosiddetti “beni culturali”.
Nel tentativo di fare chiarezza, un aiuto importante viene fornito dall’Unesco
che, con la convenzione di Parigi del 1972, definisce i beni che compongono il
patrimonio di un paese distinguendoli tra:
• patrimonio culturale, che comprende i monumenti (opere
architettoniche, plastiche o pittoriche monumentali, archeologiche,
iscrizioni, grotte e gruppi di elementi di valore universale); gli
agglomerati (gruppi di costruzioni isolate o riunite che, per la loro
architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno valore
universale) e i siti (opere dell’uomo o opere coniugate dell’uomo e
della natura, come anche le zone, compresi i siti archeologici, di valore
universale);
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• patrimonio naturale
1
: tutti quei beni legati alla morfologia del territorio,
in grado di esprimerne le peculiarità sia dal punto di vista estetico sia
dal punto di vista storico.
Definizioni estremamente utili, anche perchØ largamente accettate: essendo
stata ratificata la Convenzione da 180 paesi del mondo, far riferimento al suo
contenuto significa appoggiarsi a significati condivisi nella quasi totalità dei
paesi.
Tenendo questo come punto di partenza, perfettamente in linea appare
l’apporto specifico del legislatore italiano che, all’art 2 del Testo Unico sui
beni culturali (d.lgs 42/2004), chiarisce come il patrimonio cultuale sia
composto tanto dai beni culturali
2
che da quelli paesaggistici
3
, tipologie
accomunate dalla capacità di esprimere valori di civiltà e che, pertanto, sono
considerate meritevoli di tutela.
Entrambe le definizioni citate non tengono conto, però, di un’altra possibile
accezione nella quale l’espressione bene culturale può essere utilizzata: quella
delle Performing Arts. Una dicitura che comprende tutte quelle arti che
possono essere rappresentate (come poesia, prosa, teatro, danza, musica),
analizzate profondamente anche nel contesto dello spettacolo con il marketing
dello show business (Foglio, 2005). Pur differenti da quanto detto fino a
questo momento, dal punto di vista dell’espressione dei valori di una civiltà
sono accomunabili alle altre tipologie di bene culturale, e per questo
quantomeno citate.
1
Art1 e 2 della convenzione, consultabile all’indirizzo internet
www.patrimoniounesco.it/UNESCO/convenzioneunesco/convenzione.htm.
2
“Le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico,
archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in
base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”. Cfr. art. 2 comma 2 del decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 42.
3
“Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all'articolo 134, costituenti espressione dei
valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla
legge o in base alla legge”. Cfr. art. 2 comma 3 del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
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Queste dunque, con tutte le loro numerose sfaccettature, sono le componenti
del patrimonio culturale di una località. ¨ quindi a partire da questi beni che si
procederà alla messa a punto di un progetto di valorizzazione in grado di
renderli il motore di un nuovo sviluppo per il territorio che li conserva.
Prima di procedere, è opportuno fare chiarezza sul significato attribuito al
termine “valorizzazione”. L’accezione piø comune ci restituisce un semplice
significato di “aumentato valore”, assumendo quindi un punto di vista
prettamente economico. Una spiegazione sicuramente non errata, ma del tutto
insufficiente per rendere conto della complessità dei beni culturali, rispetto ai
quali va quindi integrata con una definizione che tenga in considerazione
l’aspetto puramente simbolico e astratto. Rispetto a tali beni, una parte
significativa del processo di valorizzazione diventa
“l’atto di far riconoscere come importante un edificio, un paesaggio, un segno
della memoria, una tradizione, un comportamento, un modello; che implica la
volontà di affermare il ruolo comunicativo, simbolico, sociale dell’oggetto della
valorizzazione stessa
4
.”
Sulla base di quanto già scritto, si potrebbe essere indotti a pensare che a tutti i
beni definibili come culturali sia automaticamente riconosciuta l’importanza
necessaria per entrare a far parte di un progetto di valorizzazione. In realtà,
anche tra questi è possibile identificare differenti livelli di importanza,
operazione che porterà inevitabilmente a compiere delle scelte al momento di
mettere a punto dei progetti che li vedano protagonisti. Uno strumento utile in
questo senso può rivelarsi la nozione di genius loci. Rispetto alla sua
formulazione originaria, risalente all’antica Roma, questo concetto è andato
perdendo tutta la sua carica sacrale, evolvendosi fino a esprimere un approccio
fenomenologico alla realtà. Nella sua accezione odierna l’espressione genius
loci viene utilizzata per indicare l’insieme dei tratti peculiari di un territorio,
4
SALVARANI R, Storia locale e valorizzazione del territorio, V&P, Milano, 2005, pag 103.
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derivanti dalle caratteristiche proprie dell’ambiente e risultanti dalla sua
relazione con l’agire (politico, sociale, economico) umano.
Una volta chiaritone il significato, la sua funzionalità rispetto alla scelta dei
beni da inserire all’interno di un progetto di valorizzazione risulta chiara: l’uso
del genius loci come discriminante, infatti, permette di muoversi anche
trasversalmente rispetto alle categorie riportate all’inizio, selezionando i beni
piø adatti a rappresentare l’area locale in cui sono inseriti. Tali beni, chiamati
a testimoniare i caratteri peculiari del territorio di cui sono espressione,
costituiranno il punto di partenza di una strategia di valorizzazione del
patrimonio del contesto geografico che li ospita. L’identificazione di questi
beni sarà l’obiettivo e la giustificazione di un accurato lavoro di ricerca sulla
storia e la cultura del territorio.
1.2 Beni culturali e territorio
Il riferimento al territorio non è casuale, ma rappresenta invece una ben
precisa scelta di prospettiva, la cui prima giustificazione si trova proprio
all’interno delle tematiche della valorizzazione, che svolge la sua attività
culturale e comunicativa
“all’interno di una comunità che si riconosce in un sistema di valori[…] Si
inserisce nella sua rete di segni e di simboli e contribuisce alla definizione del
territorio, inteso come unicum composto da aspetti geoambientali e da aspetti
socio-istituzionali (pag 103)”
5
In un mondo caratterizzato da una sempre maggiore evanescenza dei confini
degli stati nazionali, è proprio la dimensione locale ad essere chiamata a
5
SALVARANI R, Storia locale e valorizzazione del territorio, V&P, Milano, 2005, pag 103.
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svolgere un ruolo molto piø attivo rispetto al passato. Questo ha incentivato gli
studi sul marketing del territorio, il cui primo obiettivo è l’individuazione delle
possibilità di sviluppo locale (Caroli, 2006).
Il marketing del territorio, con tutte le sue peculiarità, agisce quindi come
un’intelligenza nei confronti del territorio oggetto della sua analisi, nel senso
che predispone un insieme di competenze e conoscenze che permettono di:
• Comprenderne le opportunità competitive;
• Ideare un progetto strategico in grado di orientare il sistema territoriale
a cogliere tali opportunità, nel quadro di un percorso di sviluppo
sostenibile;
• Stimolare l’attuazione e, in alcuni ambiti, realizzare direttamente, gli
interventi operativi conseguenti a tale progetto strategico (Caroli,
2006).
Tenendo questi come presupposti, il marketing dei beni culturali viene
proposto all’interno di questo elaborato come una declinazione del piø
generale marketing territoriale. A questo livello è cioè già avvenuta la scelta
del settore verso il quale profondere le energie e le risorse, al fine di rilanciare
lo sviluppo dello spazio locale. Il perchØ di tale scelta sarà esposto in maniera
approfondita nei paragrafi successivi, per il momento basti ricordare che
“le aree territoriali potrebbero trovare nella propria dotazione storica, unica e
inimitabile, di risorse e specificità locali, la fonte dei propri vantaggi
competitivi(…) le risorse collegate al territorio verrebbero a costituire la vera
fonte di tale vantaggio, risultando al contempo scarsamente imitabili (e dunque
altamente differenzianti) e immediatamente utilizzabili.
6
”
Tale dotazione diventerebbe la base intorno alla quale costruire una strategia
di marketing dei beni culturali, il cui scopo sarebbe non solo e non tanto la
6
VALDANI E., ANCARANI F, Strategie di marketing del territorio, Egea, Milano, 2000, pag 37.