La crescita economica dei paesi in via di sviluppo, i cambiamenti nei
modelli di consumo alimentare e la tendenza su scala mondiale, verso
l’omogeneizzazione dei gusti e delle preferenze sono alla base dei
notevoli incrementi nella domanda di prodotti alimentari, sia in
termini di quantità sia di qualità. Il risultato finale di questa tendenza è
lo sviluppo di un processo di integrazione delle agricolture nazionali,
che spinge verso una reale mondializzazione delle agricolture [Galizzi
– 1997 ].
Questo processo, infatti, approda non solo all’aumento degli scambi di
un numero sempre crescente di prodotti agro-alimentari, ma anche
all’unificazione di mercati diversi per ognuno dei prodotti agro-
alimentari in un solo mercato su scala mondiale, che sarà dominato da
una concorrenza senza confini. L’approccio globale riduce la
dipendenza aziendale da un particolare mercato, le cui fasi critiche
dovute a cicli congiunturali negativi possono essere in tal modo
controbilanciate da un orientamento, anche temporaneo, verso altri
mercati in cui l’impresa può operare. Si ha pertanto una sorta di
progressiva “denazionalizzazione “ delle aziende e di conseguenza
una riduzione del ruolo prevalente svolto dal mercato del suo paese di
origine.
In questo scenario si rafforza enormemente il ruolo assunto dalla
“dimensione d’impresa”quale elemento critico di successo.
1.2.Condizione del mercato internazionale e nazionale (cenni)
I sistemi agro-alimentari dei vari paesi europei sono oggetto in questi
ultimi decenni di profondi cambiamenti nella condotta delle imprese e
nella struttura dei settori. Alla base di questi cambiamenti vi sono
principalmente quattro grandi tendenze: l’avanzare in ogni campo
della tecnologia, il graduale sviluppo dei bisogni, dei desideri e delle
attitudini del consumatore, la crescente azione regolatrice delle
istituzioni nazionali ed internazionali, la progressiva globalizzazione
dei mercati.
Queste tendenze hanno aumentato in gran misura la complessità dei
processi produttivi e hanno sviluppato un ampio complesso di
relazioni d’interdipendenza verticale tra la produzione agricola,
l’industria alimentare e la distribuzione. Così facendo esse hanno
accresciuto molto l’omogeneità dei vari sistemi agro-alimentari ed
hanno ampliato le strategie e la gamma dei modi di organizzare, che le
imprese possono adottare come risposta alla condotta delle imprese
rivali nella continua ricerca della massimizzazione dei profitti.
L’introduzione dell’euro ha poi rappresentato un passo ulteriore e
fondamentale verso la creazione di un mercato continentale più
dinamico e competitivo per economie già molto concorrenziali, come
quelle giapponese e statunitense, la cui espansione inarrestabile ha
spinto gli Stati all’unificazione. L’area definita dall’Unione monetaria
europea si presenta con un Pil superiore del 50% al Sol Levante e pari
all’80% del prodotto interno lordo degli Stati Uniti. L’home market di
riferimento ammonta, attualmente, a 360 milioni di consumatori.
La competitività a livello internazionale, è destinata a diventare
sempre più forte e diventerà essenziale stabilire quali strategie mettere
in atto per continuare a crescere di fronte ad una concorrenza
schiacciante. Se da un lato le dimensioni del bacino europeo sono tali
da consentire uno sviluppo aziendale adeguato a sfidare con successo
le economie più avanzate, dall’altro la realtà imprenditoriale in esso
presente, è composta per l’80% da p.m.i. che rischiano di essere
soffocate, se non saranno in grado adeguarsi alle dimensioni di un
business sovranazionale. Si può individuare una dicotomia fra mercati
mondiali: da un lato vi sono quelli occidentali (europei in particolare),
dove la saturazione della domanda alimentare sposta i consumi verso i
prodotti a maggior valore aggiunto e accentua la competizione tra le
marche; dall’altro lato vi sono i mercati di gran parte dei paesi in via
di sviluppo e dell’Est europeo, che, pur offrendo alle industrie
alimentari l’opportunità di espandere il loro volume di vendite,
rappresentano, allo stesso tempo, un valido concorrente nella
produzione di beni a basso valore aggiunto (commodities).
E’ evidente, quindi, come l’attività delle imprese alimentari è sempre
più caratterizzata da una specializzazione che tende all’affermazione
delle proprie marche e all’impegno verso nuovi mercati con domanda
in espansione [ Cuenio – 1999].
I cambiamenti dello scenario comunitario ed internazionale sono,
però, ben lontani da condurre all’annullamento dei singoli sistemi
agro-alimentari nazionali, che sono ancora radicati nella cultura della
gente costituendone un valore intrinseco.
Ancora per parecchio tempo le differenze che oggi separano le
strutture delle diverse agricolture europee continueranno a pesare
nonostante la decisa tendenza di queste agricolture ad uniformare le
tecnologie e ad assumere una forma organizzativa dalla progressiva
concentrazione della produzione in un numero relativamente limitato
di imprese di maggiori dimensioni. I singoli sistemi agro-alimentari
nazionali, sono punti di riferimento necessari per importanti scelte
strategiche delle imprese che, tenendo conto delle specificità dei
singoli ambienti competitivi, decidono su quali mercati entrare, come
posizionare i propri prodotti, come rapportarsi ai fornitori, ai clienti ed
ai competitori.
In questo scenario s’inseriscono importanti novità a livello nazionale,
dove il settore agricolo è chiamato a sostenere gli sforzi di
risanamento economico del Paese e di partecipazione alla moneta
unica europea.
I nuovi sviluppi del mercato, rendono sempre più difficile mantenere
adeguata la redditività delle nostre imprese agricole ed impongono
nuove strategie aziendali per l’intero settore agro-alimentare italiano.
La valorizzazione delle produzioni agricole italiane, passa per una
politica della qualità che non può essere perseguita senza
un’integrazione sempre maggiore lungo tutta la catena alimentare. Le
linee strategiche delle grandi imprese dell’agro-alimentare appaiono
indirizzate al raggiungimento di un’elevata efficienza produttiva, alla
valorizzazione dei marchi, allo sviluppo delle innovazioni, di
un’articolata struttura organizzativa e di marketing ed all’espansione
delle aree di mercato anche in chiave internazionale. C’è però da
rilevare come queste caratteristiche strutturali di gran modernità
convivono con sistemi produttivi tradizionali e dimensioni aziendali,
economiche ed organizzative tipiche della piccola-media impresa (ciò
vale soprattutto per l’Italia). I contributi più recenti d’analisi
strutturale del nostro sistema produttivo agricolo e alimentare,
mostrano chiaramente che la componente della piccola-media impresa
(p.m.i.) che opera sia nel settore agricolo che in quello dell’industria
alimentare caratterizza ampiamente il nostro sistema agro-
alimentare.Tale aspetto che caratterizza la nostra agricoltura,
rappresenta un’obiettiva difficoltà per il settore agricolo nel suo
complesso ad orientarsi all’export nel mercato unico europeo. Tale
difficoltà consiste soprattutto nel rendere disponibile per la
commercializzazione, una quantità di prodotto con determinati
standard qualitativi che debbono essere adeguati a soddisfare le
esigenze della distribuzione organizzata che opera sui mercati europei.
Vanno inoltre evidenziati i ritardi nella costruzione di efficaci intese
interaziendali (cooperative, associazioni, ecc.), che consentirebbero di
superare alcuni rilevanti ostacoli strutturali determinati dalla piccola
dimensione economica delle imprese e dalla loro scarsa capacità
organizzativa e di orientamento al mercato.
Il ritardo delle aziende italiane a livello di internazionalizzazione
produttiva ed il ruolo eccessivo ancora rivestito dall’approccio
unicamente commerciale - e spesso ancora casuale in particolar modo
per quanto riguarda le imprese dislocate nel Mezzogiorno - ai mercati
di loro interesse, riduce la possibilità di sfruttamento di una domanda
più ampia e conseguentemente, lo stimolo ad un incremento delle
dimensioni aziendali, necessario per accedere a maggiori economie di
scala.
L’esigenza delle aziende italiane di combattere la concorrenza dei
produttori esteri e di incrementare il proprio potere contrattuale per un
migliore sfruttamento elle opportunità di profitto laddove si
presentino, impone di colmare rapidamente il suddetto divario e di
operare un nuovo mix tra la flessibilità, che spinge verso dimensioni
contenute e la crescita dimensionale indispensabile per una maggiore
“competitività globale” [ Largo Consumo 12/99 ].
Le strategie delle p.m.i. s’inquadrano di conseguenza in due
orientamenti: a) valorizzazione della specificità dei prodotti, con
attenzione rivolta, in fase di vendita, a segmenti particolari di
consumatori ed a determinati mercati ed, in fase di acquisto, ad un
segmento agricolo insediato in sede locale; b) realizzazione di prodotti
per conto della grande distribuzione che permette loro di limitare i
costi di R&S, promozione, ecc. e di restare dunque sul mercato.
1.3. Effetti dei nuovi orientamenti dei consumatori sulla
domanda ed offerta aggregata
1.3.1. Le nuove caratteristiche della domanda
La motivazione del rinnovato interesse per il fenomeno “consumo”
nell’ambito dell’economia agraria risiede nell’evoluzione del moderno
sistema agro-alimentare e nella crescente consapevolezza
dell’importanza delle dinamiche dei consumi nel dettare i ritmi dello
sviluppo del sistema e nel tracciarne le linee evolutive. In altri termini,
il fenomeno consumo appare oggi maggiormente in grado di
influenzare (oltre che essere influenzato), il comportamento degli
operatori del sistema economico. La relativa stazionarietà del tasso di
crescita dei consumi alimentari nelle società avanzate e la crescente
apertura dei mercati, hanno indubbiamente aumentato il livello di
concorrenza tra le imprese inasprendone la lotta per la conquista di
spazi di mercato.
Contemporaneamente, emerge come il consumatore manifesti bisogni
sempre più vari e mutevoli che spingono le imprese alla ricerca di
nuovi prodotti dando origine ad una forte dinamicità all’interno delle
singole categorie merceologiche. Tutto questo rende ancora più
urgente la necessità di disporre di chiavi di lettura delle attuali
dinamiche dei consumi atte a coglierne i possibili riflessi sull’assetto
strutturale, strategico ed organizzativo del sistema delle imprese
tenuto conto anche delle particolarità del consumo alimentare.
La struttura generale dei consumi alimentari delle società ad alto
reddito mostra una tendenza all’attenuazione delle differenziazioni
esistenti ovvero un’omogeneizzazione ed una convergenza delle
strutture dei consumi verso un ideal-tipo, pur presentando, ogni Paese,
ritmi d’avvicinamento diversi.
Inoltre, la tendenza all’omogeneizzazione, non solo esiste e si
manifesta tra diversi Paesi, ma anche all’interno dei Paesi stessi.
In Italia ad esempio, nonostante il permanere di differenziazioni
talvolta anche marcate, è possibile evidenziare una tendenza alla
riduzione delle differenze nella struttura dei consumi alimentari, a
testimonianza di come gli squilibri territoriali e sociali non rivestano
più un ruolo decisivo come in passato. Attualmente stiamo
attraversando una fase nella quale si sta verificando una riduzione
degli spostamenti tra le diverse categorie di consumo, ed una
maggiore uniformità nella composizione a livello territoriale e sociale,
oltre che nei confronti delle altre società avanzate.
Questo non significa che si vada verso una cristallizzazione della
struttura ed una diminuzione della dinamicità dei consumi alimentari;
la tendenza all’omogeneizzazione si riscontra solo a livello di
superficie (tipologia di beni consumati, apporti nutritivi), non
incidendo sulle modalità con cui questi prodotti sono consumati e
sulle loro caratteristiche”qualitative”.
In sostanza il processo di arricchimento dei prodotti consumati non
risulta esaurito; esso però non si manifesta più con l’incremento di
qualche specifica categoria di prodotti, bensì in maniera trasversale,
interessando non più la sola fase agricola ma tutti i livelli della catena
produttiva agro-alimentare. Tale arricchimento rispecchia un forte
aumento della possibilità di scelta per il consumatore, non solo tra
universo di prodotti che da banali divengono fortemente differenziati,
ma anche rispetto alle dimensioni temporale (conservabilità) e
spaziale (disponibilità di prodotti non locali). Si riscontra inoltre la
marcata perdita di rilevanza diretta dei fattori esplicativi “tradizionali”
(costituiti dai livelli di reddito disponibile reale pro-capite e struttura
dei prezzi relativi dei beni), in larga parte da riconnettersi al fatto che
raggiunta la “saturazione quantitativa” di consumo individuale e
stabilizzatosi il regime alimentare, l’alimentazione tende ad assorbire
una quota progressivamente più limitata della spesa totale del
consumatore (legge di Engel). Il consumatore tende a formulare degli
intervalli di indifferenza rispetto il livello del prezzo di acquisto e ad
affidarsi in misura crescente al marchio e all’immagine aziendale nella
formulazione delle proprie scelte. In quest’analisi è importante che il
consumo sia visto come un’attività e non come un atto singolo; solo in
questo modo la valutazione della qualità da parte del consumatore non
è limitata ad una singola fase, ma si estende a tutte le fasi del
processo.
In quest’ottica la soddisfazione dei bisogni del consumatore non viene
raggiunta solo dagli attributi del prodotto in senso stretto, ma dipende
anche dal modo in cui le imprese coinvolte nel processo produttivo
riescono a soddisfare i bisogni nelle singole fasi della filiera. Dunque,
rispetto all’analisi delle tendenze dei consumi alimentari, specie
nell’ottica delle imprese, assume rilevanza un insieme di scelte
operate dal consumatore che, pur non condizionando direttamente il
“cosa” si acquista, determinano anche il “dove”, il “quando” e il
“come” si acquista [ Approf. Sidea Verona 1995 ].
La maggiore individualizzazione e personalizzazione delle attività di
consumo che sembra caratterizzare il moderno consumatore, lo porta
quindi a manifestare la propria soggettività ed autonomia decisionale
in più direzioni. In generale, il consumatore di oggi, molto più
avvertito e consapevole che in passato (grazie anche all’aumento del
volume delle informazioni), non risponde più ad un bisogno –
obbligazione. I gusti alimentari, prima predisposti per agire come
segnalatori di classe sociale e di status, si mostrano oggi come
segnalatori di stile di vita ed il consumo diviene un modo per
comunicare il proprio essere in linea con i valori e le priorità del
gruppo d’appartenenza.
Tab. : Classificazione delle tendenze dei consumi alimentari
(Approfondimento Sidea 1995)
In generale, si assiste ad un ritorno di attenzione al gusto in quanto
tale, cui possono essere associati molti prodotti, da quelli tradizionali
(eventualmente certificati come “tipici”) a quelli invece maggiormente
innovativi; in questo modo il consumatore soddisfa il suo desiderio di
appartenenza e di identificazione a particolari stili di vita che in molti
casi si traducono in un ritorno-riavvicinamento ai valori del mondo
rurale, ben testimoniata ad esempio dal successo dei prodotti tipici e
con connotati di genuinità (“come faceva mio nonno”), ma anche dal
successo di determinate modalità, canali e luoghi di acquisto (vendita
diretta in azienda, agriturismo).
TENDENZE DETERMINANTI
Ricerca di elevato contenuto di servizio time-
saving -
servizio incorp.nel prodotto
- servizio commerciale
- reperimenro informazioni
VARIABILI SOCIO
ECONOMICHE
Rinnovata attenzione al prezzo
Maggiore attenzione agli equilibri socio-
ambientali
- materiale: effetti sull'ambiente
- immateriale: effetti sull'ambiente culturale e
sociale
Ricerca del benessere soggettivo
-materiale: effetti sulla salute
- immateriale: realiz. della personalità
VARIABILI SOCIO
CULTURALI
Il reperimento di informazioni da parte del consumatore, non si limita
tra l’altro al prodotto in senso stretto, ma abbraccia un ampio
ventaglio di notizie e dati riguardanti l’attività dell’impresa o gruppo
di imprese che propongono il prodotto. In particolare queste tendenze
portano a privilegiare soprattutto gli aspetti”tecnologici” del consumo
(le tecniche di produzione, la sanità degli ingredienti, ecc.); per il
consumatore diventa addirittura importante il fatto che la filosofia
dell’impresa rispetti particolari principi morali ed etici. Assumono
così particolare rilievo nel rapporto impresa-consumatore il livello
qualitativo delle informazioni fornite sul prodotto e sul processo
produttivo; tutto questo si riflette in una maggior cura per le
informazioni riportate sull’etichetta o sulla confezione del prodotto
stesso, per il messaggio pubblicitario ad esso associato, nonché per la
certificazione, che deve assicurare la corrispondenza del prodotto o
processo a particolari requisiti; si assiste inoltre anche ad una
maggiore partecipazione del consumatore come parte attiva nel
determinare ed orientare le strategie delle imprese (ad esempio
attraverso le associazioni dei consumatori).
Un’altra implicazione riguarda le modalità di distribuzione, che
devono assumere connotati di maggiore specializzazione e curare
soprattutto gli aspetti di presentazione, ambientazione ed
informazione; in questo senso sono favoriti i negozi specializzati o i
“corners” all’interno delle grandi superfici di vendita, ai danni dei
negozi più tradizionali o di modalità innovative orientate sulla
standardizzazione e la massificazione. In questo modo, la
differenziazione delle esigenze di consumo è assecondata ed
amplificata dalle strategie delle imprese che, in un contesto molto
competitivo di fronte alla crescente apertura dei mercati e in una
situazione di stazionarietà dei livelli generali di consumo alimentare,
cercano di ritagliarsi nicchie e spazi di sopravvivenza e sviluppo
mediante il proliferare di nuovi prodotti e di nuove modalità di
collocamento degli stessi.
In questo quadro, sia la velocità di reazione ai cambiamenti, che la
capacità di anticipare e indurre il mutamento stesso, diventano fattori
strategici per il sistema delle imprese, che dovrà dotarsi di strumenti
organizzativi idonei; occorre una flessibilizzazione sia dell’impresa
che del sistema di relazioni tra imprese, tanto a livello orizzontale che
verticale, specialmente per quanto riguarda la velocità di adattamento
delle caratteristiche del prodotto, del suo posizionamento e dei
contenuti del relativo messaggio pubblicitario/informativo alla
variabilità dei gusti del consumatore (customizzazione).
1.3.2. Le scelte obbligate per le imprese
L’internazionalizzazione dei mercati fa sì che si assista ad una nuova
costruzione sociale dei vincoli di produzione in conformità a
condizioni di consumo”situate” anche a gran distanza. I fenomeni di
apertura dei mercati e di internazionalizzazione dei circuiti di scambio
e la crescente importanza assunta dalle fasi di trasformazione
industriale e di distribuzione, comportano un “allungamento” dei
processi produttivi agro-alimentari e una crescente complessità dei
relativi modelli di produzione, con un progressivo aumento della
distanza, non solo fisica ma anche sociale, tra modello di produzione e
modello di consumo. Il distacco dei modelli di consumo dalle basi
produttive e sociali locali e l’apertura dei mercati aumenta la
disponibilità e la varietà dei beni sul mercato finale favorendo la
progressiva perdita di caratterizzazione territoriale dei consumi e
contribuendo a ridurre la segmentazione spaziale dei mercati, anche
per quei prodotti freschi tradizionalmente più “protetti”
1
. D’altra parte,
l’allontanamento del consumatore dal contatto diretto con il settore
agricolo genera una domanda aggiuntiva di informazioni colmata, in
parte, dalle imprese a valle del settore agricolo grazie soprattutto alla
comunicazione commerciale.
Di fronte ad un mercato sempre più vasto, le imprese appartenenti ai
settori che “collegano” produzione agricola e consumo finale mutano
costantemente il loro assetto operativo alla ricerca di strategie volte
alla conquista di spazi e del controllo dei mercati mediante azioni di
concentrazione orizzontale, integrazione di fasi, diversificazione e
delocalizzazione dei processi produttivi. In questa nuova ottica, le
nuove tendenze dei consumi alimentari non vengono più considerate
solo in riferimento a cosa si acquista ma anche in base ai vari aspetti
del processo produttivo.
Se, infatti, il consumo viene visto come attività e non come atto
1
La possibilità per i produttori di restare nell’assortimento dei distributori, è sempre meno legata
alla vicinanza localizzativi e sempre più invece alla capacità di adattarsi ai tempi e alle esigenze
anche qualitative del distributore, nonché alla capacità di differenziare il proprio prodotto.
singolo, allora la percezione (valutazione) della qualità da parte del
consumatore non può essere limitata ad una singola fase, ma si
estende a tutte le fasi del processo. In quest’ottica la soddisfazione dei
bisogni del consumatore non viene raggiunta solo dagli attributi del
prodotto in senso stretto, ma dipende anche dal modo in cui le imprese
coinvolte nel processo produttivo riescono a soddisfare i bisogni nelle
singole fasi, grazie ad esempio alla logistica, ai servizi sul punto
vendita, alle informazioni e in generale alla capacità organizzativa e
reattiva delle imprese. La maggiore attenzione per gli equilibri sociali
ed ambientali riveste dunque notevoli implicazioni per il sistema delle
imprese, la principale delle quali consiste nel fatto che nel momento di
studiare ed introdurre un nuovo prodotto (o di riposizionare o
modificare un prodotto già esistente) sarà necessario considerare la
natura delle materie prime impiegate, il modo e il luogo in cui, sono
prodotte, le caratteristiche e l’impatto ambientale del processo di
trasformazione, la salubrità del prodotto realizzato, le caratteristiche
della distribuzione, fino al recupero dei residui d’uso. Altrettanto
importante diventa così per le imprese la ricerca di alleanze con
gruppi organizzati di consumatori, associazioni di volontari, con
Istituzioni Pubbliche o Enti Locali; in tale modo il prodotto appare
maggiormente ”garantito” gli occhi del consumatore e
contemporaneamente viene qualificata l’immagine dell'impresa
2
.
2
Gios parla ad esempio di “orientamento al sistema”riferendosi all’opportunità per le imprese di
“tener conto di nuovi fattori rappresentati dalle esigenze e dalle strutture dei diversi operatori che
direttamente o indirettamente interferiscono con l’attività aziendale”[Gios, 1989, p.632], e
soprattutto della necessità di “ricercare, a livello culturale, una nuova alleanza tra produttori e
consumatori” [p.636].