Introduzione
In questo elaborato sono raccolti i risultati dello studio del
manoscritto anonimo 33.3.1 conservato nella Biblioteca del
Conservatorio Statale “S. Pietro a Majella” di Napoli, contenente una
raccolta di cantate.
Nell’ambito della storia della musica, il fenomeno della cantata
appare tanto enigmatico quanto affascinante: il lavoro di ricerca è
dinamico e ricco di spunti, grazie anche al continuo apporto di molti
ricercatori che si interessano a questo tema, contribuendo ad
alimentare una già viva curiosità in chi, come me, ci si accosta in
maniera più profonda per la prima volta.
Il Paese che ha visto la genesi della cantata è l’Italia: nel capitolo 1,
proporrò una breve storia della diffusione del genere nel nostro
Paese, concentrando l’attenzione sullo sviluppo che ebbe a Napoli, il
centro culturale protagonista della mia ricerca.
La cantata è una forma vocale che, secondo alcuni studiosi,
deriverebbe dal madrigale cinquecentesco: consta di arie e recitativi
alternati. Secondo alcuni la sua origine è frutto di una naturale
evoluzione dal madrigale e si presenta più frequentemente in forma
solistica, con l’accompagnamento di uno o due strumenti che
eseguono un basso continuo. Come avrò modo di esporre, il termine
“cantata” è stato al centro di numerosi dibattiti: la sua origine si fa
risalire al 1620 circa e servì ad identificare tre arie strofiche
contenute nella raccolta «Cantade et Arie» di Alessandro Grandi
pubblicata a Venezia. Tuttavia, non è possibile associare tale genere
ad una struttura rigorosa, specialmente nei primi anni dello sviluppo
della cantata: molti musicisti del tempo, hanno usato il termine per
designare composizioni che hanno scarsi legami con la cantata come
generalmente identificata a partire dal XVIII secolo.
Seguirà un’analisi della forma, seguendo la sua evoluzione nei secoli
ed analizzando il diverso uso di arie e recitativi.
- Introduzione - 5
A chiudere il primo capitolo, verrà presentata una panoramica
sull’espansione della cantata a Napoli e l’utilizzo del concetto di
«scuola napoletana».
Nel secondo capitolo entrerò nel vivo della ricerca attraverso l’uso
del progetto Clori, Archivio della Cantata Italiana. Si tratta di un
database disponibile on line che ha lo scopo di catalogare il
repertorio cantatistico prodotto dal 1620 circa fino al primo
Ottocento (attualmente le schede sono più di 2200
1
). Il progetto è
sostenuto da numerosi enti, tra i quali la Società Italiana di
Musicologia, l’Università di Roma “Tor Vergata” e l’Istituto Italiano
per la Storia della Musica. In questo contesto il mio lavoro di tesi
riguarda la catalogazione e lo studio del manoscritto anonimo 33.3.1
conservato nella biblioteca del Conservatorio “S. Pietro a Majella” di
Napoli.
Si tratta di un volume che contiene diverse cantate di argomento
profano: all’interno dello stesso manoscritto sono individuabili due
parti nettamente distinte, ma indirizzerò lo studio sulla prima parte,
composta da dieci cantate.
All’interno di queste sarà comunque possibile individuare
un’ulteriore diversificazione nella composizione grafica tra le prime
sei cantate e le restanti quattro. La cura nei fregi, nei colori e nelle
decorazioni dei fogli, verrà sostituita da una scrittura e, soprattutto,
da uno stile decorativo più sbrigativo, o quantomeno, approssimativo
se confrontato alla cura dimostrata nei fogli precedenti.
Metterò in rilievo, inoltre, le differenze che ho notato tra la prima e
la seconda consultazione del manoscritto 33.3.1: il restauro avvenuto
durante il mese di Aprile di quest’anno mi ha consentito di
comprendere, seppur da spettatore, le dinamiche di recupero di un
manoscritto risalente a tre secoli fa.
Il confronto dei fregi, in particolare dei capilettera, decorati con
scene di paesaggi e forme architettoniche, sarà strettamente
relazionato alla parte poetica e al contenuto delle cantate stesse.
1
Ultima consultazione di www.cantataitaliana.it del 19 novembre 2011.
- Introduzione - 6
Questo studio differenziato per sezioni, sarà utile, in ultimo, per
concludere ed avanzare ipotesi circa quello che fu il destino del
manoscritto: si tratta di un lavoro realizzato su commissione? E da
parte di chi? Perché nell’ambito delle dieci cantate della prima parte
sussistono differenze così evidenti nella grafica?
Tutte queste domande saranno lo spunto per il terzo capitolo, in cui
cercherò di analizzare, in particolare, due cantate. L’indagine che
effettuerò, avrà lo scopo di ricostruire le vicende del manoscritto
33.3.1, attraverso la ricerca di composizioni e, quindi, autori, che
possano aver influito sulla stesura finale del volume conservato a S.
Pietro a Majella. Sarà molto utile, in questa fase, uno screening
biografico delle probabili attribuzioni, oltre un uso coscienzioso
delle fonti non originali (copie fotostatiche) o presenti in rete.
Il primo passo per la stesura di quest’ultima parte ha riguardato il
confronto tra gli incipit testuali e musicali dei brani raccolti in
33.3.1
2
con eventuali altre fonti. Come ho già detto, si tratta di un
tipo di studio dinamico, proprio per le potenzialità offerte dal
continuo aggiornamento di un archivio on line. All’atto delle ultime
ricerche risalenti al novembre 2011, sono emersi interessanti risultati
circa gli incipit testuali di due cantate: “Perché mai sì brune siete” e
“Core amante di’ perché”.
Porterò avanti, quindi, un raffronto tra i risultati ottenuti in fase di
ricerca catalografica ed uno studio storico dei compositori, per
ricostruirne il percorso e l’attività artistica, e di conseguenza
tracciare un filo rosso che consenta di determinare la storia delle
trascrizioni delle due cantate e supporre, infine, un possibile
donatario, la circostanza per la quale il manoscritto doveva essere
pronto, ipotizzando poi una giusta attribuzione, in particolare delle
cantate già menzionate.
2
Il manoscritto 33.3.1 è anche ordinato, nella vecchia collocazione, come Cantate
58.
CAPITOLO 1
Origini, struttura e diffusione della
cantata in Italia e a Napoli
- Capitolo 1 -
1.1 La forma cantata: le origini
Nel vasto panorama della musica vocale del Seicento un posto di
rilievo è stato occupato dalla cantata. Genere prevalentemente
solistico è eseguito con un semplice accompagnamento
strumentale e sembra essere la naturale evoluzione del madrigale
che nel secolo precedente era stato adottato dai più famosi
compositori del tempo. Classificabile all’interno della vasta
famiglia del genere vocale da camera, è composta su testi sacri o
profani e sua particolarità è l’alternanza di più brani di carattere
contrastante.
Il termine “Cantata” appare per la prima volta nel 1620 nella
raccolta Cantade et arie a voce sola con basso continuo di
Alessandro Grandi per designare tre arie strofiche costruite su un
basso ostinato con valori di semibrevi, su cui si muove una
melodia che varia con il mutare della strofa; tuttavia il termine
venne usato in tempi differenti per designare diversi tipi di
composizione. Lo stesso Grandi lo adottò per definire tre pezzi
per i quali pensava che la denominazione “aria” fosse inadeguata.
3
Inoltre Caccini aveva usato lo stesso procedimento di Alessandro
Grandi in alcune arie comprese nelle Nuove Musiche del 1602. I
confini non sono dunque così distinti e nessuna regola era fissata
né per la durata né per il numero di arie e recitativi: come scrive
Nigel Fortune tra gli altri autore nel New Grove Dictionary of
Music and Musicians della voce «cantata»
There was clearly no agreement, therefore, among composers and publishers
that such pieces should be called cantatas. At the same time the term began to
be applied to other solo vocal pieces, usually more ambitious than the madrigal
or the simple strophic aria.
4
3
MALCOLM BOYD, NIGEL FORTUNE, COLIN TIMMS, sub voce “cantata” in The New
Grove Dictionary of Music and Musicians, ed. by Stanley Sadie, London,
Macmillan, 2001, vol. V, pp. 8-21.
4
MALCOLM BOYD, NIGEL FORTUNE, COLIN TIMMS, sub voce “cantata” in The New
Grove Dictionary of Music and Musicians, ed. by Stanley Sadie, London,
Macmillan, 2001, vol. V, p.9.
- Capitolo 1 - 9
A tal proposito è da menzionare un problema terminologico: è
infatti riscontrabile nelle composizioni una moltitudine di parole
che volgono allo stesso significato: è facile ritrovare termini come
“arie”, “ariette”, “madrigali”, “musiche”, “canzonette”, “scherzi”,
“lamenti”, “concerti”, “capricci”.
La cantata poteva essere inoltre definita “serenata” allorquando
era eseguita nelle ore notturne.
5
Nella quarta decade del XVIII
secolo invece è Francesco Saverio Quadro che ci dà la conferma
dell’uso del termine scrivendo:
Le medesime Composizioni sogliono anche Serenate nominarsi talvolta dal
Sereno delle Notti; quando in tempo notturno si mettono in pubblico; il che non
di rado avviene per occasione massimamente di gran personaggi, a quale con
magnificenza, e splendore si sogliono di notte tempo cantare. E questo nome si
è fatto omai [sic] proprio di queste Cantate: poiché ne’ tempi passati con esso
non s’intendeva, che un Componimento regolato, cantato appunto al Seren
della Notte sotto la finestra, o in sulla porta dell’Innamorata.
6
1.2 L’approccio storico musicale seguito per lo
studio della cantata: analisi critica delle fonti
Gli studi sul genere della cantata hanno da sempre interessato i
musicologi: sono certamente da ricordare i fondamentali lavori di
Eugen Schmitz
7
e Edward J. Dent quali pionieri in questo campo.
Nel corso del tempo la ricerca ha compiuto enormi passi,
aumentando in maniera esponenziale la quantità e la qualità degli
studi stessi pur non esaurendoli, vista l’immensa mole di musica
presente nelle biblioteche mondiali e nelle collezioni private.
5
GIOVANNI MARIO CRESCIMBENI, L’Istoria della volgar poesia, Venezia, Lorenzo
Basegio, 1731.
6
FRANCESCO SAVERIO QUADRIO,“Della storia e della ragione d’ogni poesia”, v.
II, pt. II, Milano, Francesco Agnelli, 1742, p. 333.
7
E. SCHMITZ, Geschichte der Kantate und des geistlichen Konzerts, Leipzig,
Breitkopf & Hartel, 1914