INTRODUZIONE AL NUOVO DIRITTO DI PROTEZIONE DEGLI ADULTI
Il diritto di protezione degli adulti è rimasto praticamente immutato dalla sua entrata in vigore nel lontano
1912 fino ad oggi, con l’unica eccezione che riguarda le disposizioni sulla privazione della libertà a scopo di
assistenza. Di conseguenza, non corrispondendo più alla realtà attuale e alle concezioni recenti, è stato
pertanto sottoposto ad una profonda revisione che lo ha rivoluzionato sin dalle fondamenta.
La promozione del diritto all’autodeterminazione è stata uno degli obiettivi primari della revisione. A tal
proposito sono stati introdotti due nuovi istituti giuridici: il mandato precauzionale e le direttive anticipate
del paziente. Da un lato, il mandato precauzionale permette, a chi ha la capacità di agire, di incaricare una
persona fisica che provveda alla cura della propria persona, dei propri interessi patrimoniali, alla
rappresentanza nelle relazioni giuridiche, dal momento in cui il mandante divenga incapace di discernimento.
Dall’altro lato, le direttive del paziente consentono a chi è capace di discernimento, non soltanto di designare
i provvedimenti medici ai quali accetta o rifiuta di essere sottoposto, ma anche di scegliere una persona fisica
con potere decisionale nel caso in cui divenga incapace di discernimento.
La prassi attuale ha sviluppato molti sistemi pragmatici per i casi in cui una persona divenga
temporaneamente o permanentemente incapace di discernimento, per esempio verso il termine della sua
vita. Il nuovo diritto vuol consolidare la solidarietà in seno alla famiglia, evitando quindi l’intervento delle
autorità e l’istituzione delle curatele. Se il paziente non ha impartito alcun che, determinate cerchie di
congiunti devono avere il diritto di acconsentire ad un trattamento medico o di rifiutarlo. Per esempio il
coniuge o il partner registrato possono aprire la corrispondenza, possono provvedere all’amministrazione
ordinaria del reddito e dei rimanenti beni e compiere tutti gli atti giuridici abitualmente necessari per
mantenimento. Sono fatte salve le leggi speciali come quelle riguardanti la sterilizzazione, la medicina dei
trapianti e la ricerca.
Le persone incapaci di discernimento che vivono in istituto non beneficiavano sempre della necessaria
protezione. Al fine di rendere trasparenti le prestazioni fornite da questi enti, l’istituto conclude un contratto
di assistenza scritto con queste persone. Sono inoltre definite le condizioni che rendono ammissibili le misure
restrittive della libertà di movimento. Infine i Cantoni sono tenuti a vigilare sugli istituti di accoglienza o di
cura che assistono persone incapaci di discernimento.
Le precedenti misure tutelari (la tutela, l’assistenza legale e la curatela), siccome non tenevano conto del
principio di proporzionalità, sono state sostituite dall’istituto giuridico unico della curatela. In futuro le
autorità prenderanno decisioni ad hoc, così da fornire nel caso singolo l’assistenza statale realmente
necessaria. Esistono attualmente quattro tipi di curatele:
- L’amministrazione di sostegno, che è istituita soltanto con il consenso della persona bisognosa di
aiuto, e lascia sussistere l’esercizio dei diritti civili;
- La curatela di rappresentanza in cui il rappresentato è obbligato dagli atti del curatore e l’autorità
può anche limitarne la capacità di agire;
- La curatela di cooperazione è istituita se occorre che il curatore acconsenta a determinati atti della
persona bisognosa d’aiuto al fine di proteggerla;
- La curatela generale è l’istituto che succede all’interdizione e priva per legge l’interessato della
capacità di agire;
Si rinuncia all’istituto dell’autorità parentale prolungata, istituto con il quale si sottoponeva all’autorità
parentale l’interdetto che ha padre e madre. Con la nuova disciplina i genitori sono nominati curatori e la
medesima flessibilità deve sussistere quando viene nominato curatore il coniuge, il partner registrato, un
discendente, un fratello o una sorella, il compagno di vita.
Le norme sul ricovero in istituto a scopo di assistenza estendono la protezione giuridica e colmano le lacune
del diritto finora vigente. Per esempio è limitata la competenza del medico di decidere il ricovero, così come
viene sancito il trattamento sanzionatorio in assenza di consenso da parte dell’interessato. A tal proposito
viene assunto come principio cardine la tutela dell’autodeterminazione, anche se i Cantoni posso abilitare
l’autorità ad ordinare un trattamento ambulatoriale contro la volontà dell’interessato. Nell’ambito della
privazione della libertà a scopo di assistenza vige dal 1981 la responsabilità diretta dello Stato con diritto di
regresso se il danno è stato cagionato intenzionalmente. Tale moderna disciplina della responsabilità dello
Stato viene applicata, in seguito alla riforma, all’intero ambito della protezione degli adulti e dei minori.
La precedente organizzazione del diritto della tutela mancava di unità e trasparenza. Con la nuova riforma,
tutte le decisioni dell’autorità di protezione degli adulti saranno prese da un’unica autorità specializzata,
mentre spetterà poi ai Cantoni disciplinare l’organizzazione interna con la più vasta libertà possibile.
Il diritto alla protezione dei minori e degli adulti è strettamente connesso alla capacità di agire come
disciplinata nel diritto delle persone. Questa normativa è lacunosa e pertanto scarsamente appetibile per il
cittadino. Le precedenti disposizioni del diritto della tutela vengono ampliate e assumono portata generale.
È infine nuova la disciplina della tutela dei minori in seno al diritto della filiazione.
1
RIFORMA DEL DIRITTO DI PROTEZIONE DELL’ADULTO
INTRODUZIONE
Il vecchio diritto di tutela (art. da 360 a 455 aCC.), integrato nel Codice civile sin dal 1907 e di conseguenza
pensato e concepito nel 19esimo secolo, ha vissuto un secolo senza conoscere delle sostanziali modifiche,
con l’unica eccezione fatta con l’introduzione delle disposizioni relative alla privazione della libertà a scopo
di assistenza (art. da 397a a 397f aCC.), entrate in vigore nel 1981.
Pertanto, la pratica e lo sviluppo costante e repentino della società hanno messo in luce le numerose lacune
di questo diritto, già a partire dalla seconda metà del 20esimo secolo. Le critiche formulate sono riassumibili
in quanto segue:
- Previsione di un rigido catalogo di misure (curatela, assistenza legale, interdizione) che non
permetteva di tenere conto delle circostanze e delle peculiarità di ciascun caso concreto e non
prevedeva l’applicazione del principio di proporzionalità, che ora è regola cardine del nuovo diritto
della tutela;
- Discostamento tra pratica e diritto sostanziale con l’applicazione sempre più rigida del principio di
proporzionalità, insufficientemente valorizzato nei testi legislativi;
- Ruolo predominante (statistico e sistematico) che giocava l’interdizione nel diritto del 1907;
- Allontanamento del diritto di tutela dalla società reale, in particolar modo dall’autonomia lasciata
alla persona, ma anche dal ruolo che può giocare l’entourage privato;
- Mancanza di una regolamentazione federale specifica per le persone incapaci di discernimento;
- Assenza di protezione giuridica per le persone incapaci di discernimento che soggiornano in istituto,
che portava a notevoli disfunzioni nella pratica;
Una riforma totale del diritto di tutela è stata a lungo considerata necessaria dalle persone interessate. In
rottura con lo spirito del legislatore del 1907, il legislatore attuale ha voluto fare del nuovo diritto della
protezione dell’adulto il riflesso della società nel quale si è evoluto, in corrispondenza dei bisogni e delle
necessità di una società moderna. I principi di autodeterminazione e di proporzionalità, la volontà di ridurre
l’intervento dello Stato hanno portato all’adozione di nuovi istituti giuridici (mancato precauzionale e
direttive anticipate).
Anche la terminologia stessa ha subito una evoluzione: per evitare le stigmatizzazioni e le discriminazioni
delle persone coinvolte nell’applicazione di una misura tutelare, non si parla più di diritto di tutela, ma
piuttosto si usa la locuzione “diritto di protezione dell’adulto”
1
.
IL DIRITTO DI TUTELA NELLA REVISIONE A TAPPE DEL DIRITTO DI FAMIGLIA
Il 13 dicembre 1957, il Dipartimento federale di polizia e giustizia incarica una commissione di esperti di
elaborare un progetto bozza per una riforma totale del diritto di famiglia, come regolato dal Codice civile
svizzero.
A causa dell’ampiezza delle modifiche legislative necessarie, il Consiglio Federale opta per una riforma
scaglionata, che debutta con il diritto dell’adozione (1972), per passare poi al diritto della filiazione (1976),
alla disciplina degli effetti generali del matrimonio e dei regimi matrimoniali (1984/1985) e alla disciplina del
divorzio (1998). La revisione del diritto di tutela, di cui si sentiva già la necessità di riforma negli anni Sessanta,
è stata l’ultima tappa di questo lungo percorso.
LAVORI PREPARATORI
I lavori di revisione del codice cominciano agli inizi degli anni 90, sotto la guida di un gruppo di tre esperti
(Bernhard Schnyder, Martin Stettler et Christoph Häfeli), conoscitori del diritto anche comparato e con
esperienze nei servizi sociali e nella vita politica. I tre esperti redigono nel 1995 un rapporto intitolato “Zur
1
L’istituto della tutela sussiste tuttavia per i minori che non sono sottoposti all’autorità parentale (art. 327a ss.). Per
una tabella comparativa tra le misure di protezione previste dal nuovo diritto e quelle del vecchio diritto di tutela cf.
HelbingKomm/ROSH, Einführung in den zivilrechtlichen Erwachsenenschutz, N54 et HAUSHEER/GEISER/MULLER, N 3.16
2
Revision des schweizerischen Vormundschaftsrechts” (A propos de la révision du droit suisse de la tutelle),
che conteneva già notevoli spunti di riflessione e di riforma
2
.
Concretizzano infine le loro idee nel 1998 in un progetto bozza di modificazione del codice civile (protezione
dell’adulto), accompagnato da un rapporto esplicativo
3
.
Nel 1999 il Dipartimento federale di giustizia e polizia decide di istituire una commissione interdisciplinare
di esperti, formata da una ventina di membri (di cui all’incirca ¾ giuristi
4
) e le affida il compito di preparare
un progetto bozza per essere sottoposto alla procedura di consultazione. Ispirandosi al primo progetto bozza
del 1998, la Commissione di esperti per la revisione totale del diritto di tutela presenta la sua versione nel
giugno 2003, sotto forma di un rapporto e di un progetto bozza di revisione del codice civile.
Nel 2002, l’Ufficio Federale di Giustizia aveva affidato a Daniel Steck, giudice del Cantone Zurigo,
l’elaborazione di un ulteriore progetto bozza di legge federale che disciplinasse le regole di procedura
davanti alle autorità di protezione dei minori e degli adulti, accompagnato da un rapporto esplicativo, che fu
consegnato anch’esso nel 2003. La commissione di esperti aveva effettivamente proposto, nel corso dei suoi
lavori, di unificare la procedura a livello federale al fine di garantire una migliore protezione giuridica delle
persone coinvolte. Quindi il Consiglio federale decide senza indugio di aprire la procedura di consultazione
su entrambi i progetti bozza.
La procedura di consultazione permette di raccogliere 72 pareri dei partecipanti officiali, che nel loro insieme,
sono favorevoli ad una revisione totale del diritto di tutela
5
. Il nuovo catalogo di misure a disposizione
dell’autorità, come per esempio le misure personali anticipate e il ricovero ai fini di assistenza, ha ricevuto
una larga approvazione. Il progetto bozza per la procedura fu, però, aspramente criticato per la sua
farraginosità e per gli ampi costi che rischiava di generare; in una spinta federalista, i cantoni accolsero di mal
occhio la proposta di imporre una autorità giudiziaria come autorità di protezione egli adulti
6
. Il carattere
interdisciplinare di questa autorità, così come la professionalizzazione della protezione del minore e
dell’adulto furono tuttavia accettati.
Il Consiglio Federale ha incaricato nel 2004 il Dipartimento di giustizia e polizia di riorganizzare il progetto
bozza, tenendo conto delle critiche formulate durante la procedura di consultazione, e di preparare un
progetto di legge che integrasse il diritto sostanziale e quello procedurale.
Fu così che il 28 giugno 2006 il Consiglio Federale ha indirizzato al Parlamento il suo progetto di revisione
(Protezione dell’adulto, diritto delle persone e diritto di filiazione), accompagnato dal suo messaggio
7
. Il
Consiglio Federale ha abbandonato l’idea di una legge speciale per la procedura (i principi fondamentali di
procedura sono integrati all’interno del Codice Civile), così come ha rinunciato allo stesso modo di imporre
ai Cantoni una autorità giudiziaria di controllo.
In seguito il Consiglio di Stato (nell’autunno 2007) e il Consiglio Nazionale (nell’autunno 2008) hanno
esaminato il progetto e gli hanno apportano delle modifiche minori
8
, principalmente di carattere redazionale.
Le divergenze tra le due Camere vengono eliminate nel dicembre 2008, permettendo in questo modo la
modifica del Codice Civile il 19 dicembre 2008, raggiunta con dei risultati eccezionali: l’unanimità al Consiglio
di Stato e 191 voti favorevoli e 2 contrari al Consiglio Nazionale. Avendo ottenuto una grande approvazione
2
Cf in merito, HÄFELI, RDT 1995, SCHNYDER, RDT 1995 e STETTLER, RDT 1995
3
Révision du droit de la tutelle, Rapport explicatif avec Avant-Projet relativ à une révision du Code Civile (protection des
adultes), Juin 1998
4
Per la composizione completa si veda per esempio SCHMID/HERMANN, Erwachsenenschutz, Zurich/St-Gall 2010, p. 4
s.
5
Cf. Classement des réponses à la procedure de consultation, pp 99 ss. Solo cinque cantoni e un partito politico si erano
opposti alla revisione del codice, per motivi principalmente economici e di autonomia cantonale.
6
Cf. Classement des réponses à la procedura de consultation, pp 387 ss.
7
FF 2006 6635
8
Per il Consiglio di Stato, BO 2007 E 820-825, 829 -844, BO 2008 E 882-883; per il Consiglio Nazionale, BO 2008 N 1509-
1524, 1533-1544, 1796-1797
3
parlamentare e non essendoci stati gruppi di interessi influenti contrapposti alla revisione, lo strumento
referendario, il cui termine ultimo di presentazione era il 16 aprile 2009, non fu mai utilizzato.
L’adozione del nuovo diritto della protezione dell’adulto interveniva in un contesto nuovo per i cantoni
poiché le nuove regole di procedura federali civili e penali, entrate in vigore il 1 gennaio 2011, necessitavano
di un lavoro preparatorio notevole. Per di più, l’adattamento delle regole cantonali al nuovo diritto federale
comportava rilevanti cambiamenti, sia di ordine strutturale sia di ordine organizzativo
9
. Per queste ragioni e
per evitare un sovraccarico di lavoro ai cantoni, l’entrata in vigore del nuovo diritto venne fissata al 1
gennaio 2013.
DIRITTO CANTONALE TICINESE: UN ADEGUAMENTO FRA SOSTANZIALI RIFORME
Nel Cantone Ticino LA LEGGE ORGANICA SULLE MUNICIPALITÀ del 21 giugno 1803 attribuiva ai municipi la facoltà di
nominare tutori e curatori e provvedere alla loro vigilanza.
Il codice civile cantonale del 1837 ha confermato questa impostazione, mentre LA LEGGE SULLE CURATELE del 6
giugno 1846 ha affiancato ai municipi dei comuni con più di cinquecento abitanti una delegazione tutoria
con lo scopo di rendevi più efficace la vigilanza sulla gestione delle curatele.
Il tema dell’organizzazione delle autorità di tutela è poi tornato di attualità all’inizio dello scorso secolo con
l’entrata in vigore nel 1912 del NUOVO CODICE CIVILE che demandava ai Cantoni il compito di organizzare le
autorità preposte all’applicazione del diritto sostanziale (art. 360 e 361 CC.). Il legislatore ticinese lo ha fatto
nell’ambito dell’elaborazione e dell’adozione della legge di applicazione e complemento del Codice Civile
svizzero, completata da vari regolamenti sulle tutele e sulle curatele che si sono susseguiti nel tempo.
Una delle più gravi questioni era se affidare la tutela ad autorità giudiziarie oppure amministrative. Le
critiche mosse contro il sistema della municipalità potevano consigliare di costituire in autorità tutoria il
giudice di pace, sotto la vigilanza di altre magistrature superiori. Alla fine il legislatore ha scelto di mantenere
le cose così come stavano, introducendo comunque la funzione della delegazione tutoria per ovviare ai
problemi causati dalle municipalità troppo numerose. Il compito di nominare la delegazione era del municipio
all’inizio di ogni mandato amministrativo. La Delegazione tutoria era composta da 3 a 5 membri, scelti
all’interno o all’esterno del municipio, il sindaco ne era comunque membro di diritto e il segretario comunale
fungeva da segretario.
LA PRIMA SOSTANZIALE RIFORMA: LA LEGGE SULL’ORGANIZZAZIONE E LA PROCEDURA IN MATERIA DI TUTELE E CURATELE
DEL 8 MARZO 1999
Con le sostanziali modifiche del codice civile in materia di diritto di famiglia e protezione dell’adulto e la
ratifiche di alcune Convenzioni internazionali, i compiti e le attività delle delegazioni tutorie sono cresciute in
complessità, tanto da mettere a disagio autorità spesso non attrezzate per rispondere alle nuove esigenze
poste dal diritto e dalle scienze sociali. Il sistema imperniato sulle autorità comunali è apparso quindi
superato e non più corrispondente ad una società che si stava evolvendo rapidamente.
Per queste ragioni, già nel corso degli anni 80 il Consiglio di stato aveva istituito due commissioni con lo scopo
di esaminare il problema e di trovare delle soluzione. Nel 1995 il Dipartimento delle istituzioni ha deciso di
istituire uno speciale gruppo al fine di approfondire i principi di una nuova organizzazione delle autorità di
tutela e di delineare un concreto modello di applicazione.
Il gruppo di lavoro si è concentrato sulla regionalizzazione e cantonalizzazione, scartando l’ipotesi di istituire
una autorità tutoria giudiziaria. Venne subito esclusa la competenza dei giudici di pace, in quanto non
sempre giuristi e non dotati di esperienza nel settore socio-pedagogico-sanitario. Dall’altro lato si era pensato
di attribuire la competenza ai pretori, ma questo avrebbe comportato un potenziamento dell’organico e una
verifica della disponibilità dei giudici ad esercitare attività collaterali, come la consulenza alla cittadinanza, il
contatto con i servizi sociali, etc. Si sarebbe poi dovuto in ogni casi istituire una autorità giudiziaria di
vigilanza. Anche l’ipotesi della cantonalizzazione dell’autorità è stata scartata per varie ragioni: costi notevoli,
volontà di evitare di attribuire ulteriori compiti allo Stato, etc.
9
Cf. anche l’intervento del consigliere Bürgi che aveva auspicato una modifica “step by step”, BO 2007 E 822. Per un
idea dei lavori preparatori nei cantoni del nuovo diritto, delle misure di sostegno intraprese, con i dettagli sui numeri di
posti di lavoro da creare in funzione delle numero di provvedimenti da amministrare, cf VOGEL/WIDER, RMA 2010
4
Alla fine quindi è stata scelta la via della regionalizzazione, in accoglimento dei postulati indicati nel rapporto
del 1995 sulla composizione interdisciplinare delle autorità, sulla professionalità dei membri e garantendo i
principi sanciti dalla CEDU.
Le proposte sono state poi concretizzate nella legge sull’organizzazione e la procedura in materia di tutele
e curatele dell’8 marzo 1999 (LTut) e il relativo regolamento di applicazione del 29 novembre 2000 (RTut),
entrambi in vigore dal 1 gennaio 2001.
L’ORGANIZZAZIONE DELL’AUTORITÀ TUTORIA
La legge ha attribuito la funzione di autorità tutoria alla AUTORITÀ REGIONALE DI PROTEZIONE (art. 2 cpv. 1 LTut
10
).
Essa rappresenta i comuni del comprensorio nei rapporti con i terzi per quanto riguarda l’applicazione della
LTut del diritto tutorio in generale. Ne sono state costituite 18 (art. 1 RTut
11
).
Le commissioni tutorie sono composte dai seguenti membri (art. 7LTut
12
):
- Un presidente, laureato in diritto;
- Un segretario
10
L’articolo 2 cpv. 2 LTut recita: “L’autorità di protezione dei minori e degli adulti è esercitata dall’autorità regionale di
protezione”.
11
L’articolo 1 RTUt recita: “Sono costituite le seguenti autorità regionali di protezione (ARP): (ARP 1) con sede a Chiasso
e con giurisdizione sul territorio dei comuni di: Chiasso, Balerna, Breggia, Morbio Inferiore, Novazzano, Vacallo; (ARP 2)
con sede a Mendrisio e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Mendrisio, Brusino Arsizio, Castel S. Pietro, Coldrerio,
Riva S. Vitale, Stabio; (ARP 3) con sede a Lugano e con giurisdizione sul territorio dei comuni d Lugano ovest (quartieri
Barbengo, Besso, Breganzona, Carabbia, Carona, Centro, Loreto, Molino Nuovo, Pambio-Noranco, Pazzallo); (ARP 4)con
sede a Paradiso e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Paradiso, Arogno, Bissone, Grancia, Maroggia, Melano,
Melide, Morcote, Rovio, Vico Morcote; (ARP 5)con sede a Massagno e con giurisdizione sul territorio dei comuni di
Massagno, Cadempino, Canobbio, Comano, Cureglia, Lamone, Muzzano, Porza, Savosa, Sorengo, Vezia; (ARP 6) con
sede a Agno e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Agno, Alto Malcantone, Aranno, Astano, Bedigliora, Bioggio,
Cademario, Caslano, Collina d’Oro, Croglio, Curio, Magliaso, Miglieglia, Monteggio, Neggio, Novaggio, Ponte Tresa,
Pura, Sessa, Vernate; (ARP 7) con sede a Capriasca e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Capriasca, Origlio,
Ponte Capriasca; (ARP 8) con sede a Lugano e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Lugano est (quartieri di
Aldesago, Bogno, Bré, Cadro, Cassarate, Castagnola, Certara, Cimadera, Cureggia, Davesco-Soragno, Gandria,
Pregassona, Sonvico, Valcolla, Viganello, Villa Luganese); (ARP 9)con sede a Torricella-Taverne e con giurisdizione sul
territorio dei comuni di Torricella-Taverne, Bedano, Gravesano, Isone, Manno, Mezzovico-Vira, Monteceneri; (ARP 10)
con sede a Locarno e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Locarno, Muralto, Orselina; (ARP 11) con sede a
Losone e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Losone, Ascona, Brissago, Centovalli, Gresso, Isorno, Mosogno,
Onsernone, Ronco s/Ascona, Terre di Pedemonte, Vergeletto; (ARP 12) con sede a Minusio e con giurisdizione sul
territorio dei Comuni di Minusio, Brione s/Minusio, Brione Verzasca, Corippo, Cugnasco-Gerra, Frasco, Gambarogno,
Gordola, Lavertezzo, Mergoscia, Sonogno, Tenero-Contra, Vogorno; (ARP 13) con sede a Maggia e con giurisdizione sul
territorio dei comuni di Maggia, Avegno Gordevio, Bosco Gurin, Campo Vallemaggia, Cerentino, Cevio, Lavizzara,
Linescio; (ARP 14)… (ARP 15) con sede a Giubiasco e con giurisdizione sul territorio dei comuni di: Giubiasco, Cadenazzo,
Camorino, Gudo, Monte Carasso, Pianezzo, Sant’Antonino, Sant’Antonio, Sementina, Bellinzona, Arbedo-Castione,
Gnosca, Gorduno, Lumino, Moleno, Preonzo; (ARP 16) con sede a Biasca e con giurisdizione sul territorio dei comuni di
Biasca, Claro, Cresciano, Iragna, Lodrino, Osogna; (ARP 17) con sede a Acquarossa e con giurisdizione sul territorio dei
comuni di Acquarossa, Blenio, Serravalle; (ARP 18) con sede a Faido e con giurisdizione sul territorio dei comuni di Faido,
Airolo, Bedretto, Bodio, Dalpe, Giornico, Personico, Pollegio, Prato Leventina, Quinto, Sobrio.”
12
L’articolo 7 LTut recita: “(1) L’autorità regionale di protezione è composta di due membri permanenti e di un delegato
del Comune di domicilio o di dimora abituale della persona di cui si discute il caso o, se assente o domiciliata fuori
cantone, del comune di situazione dei suoi beni. (2) Per ogni membro è designato un supplente. (3) Ogni autorità
regionale di protezione dispone di un segretario. Per il controllo dei rendiconti finanziari deve far capo a persona con
specifiche conoscenze finanziarie e contabili.”
5
- Due membri permanenti con una formazione come operatore sociale, sanitario o pedagogico (art.
9 cpv.1 LTut
13
e 5 cpv.1 RTut
14
);
- Un delegato del comune di domicilio o di dimora abituale della persona di cui si discute il caso, o, se
la persona risulta assente o domiciliata fuori Cantone, del comune di localizzazione dei suoi beni (art.
7 cpv.1 LTut
15
) o di quello in cui deve essere disbrigato l’affare.
I membri non lavorano a tempo pieno, ma svolgono le proprie attività a titolo accessorio. Ogni commissione
tutoria fa inoltre capo ad un segretario (art. 7 cpv. 3 LTut
16
) il quale risponde, in primo luogo, al presidente.
Il presidente, il membro permanente, i loro supplenti ed il segretario sono designati dal municipio del
comune di sede; il periodo di nomina è di 4 anni e scade il 30 settembre seguente le elezioni comunali.
Il presidente:
- È responsabile dell’organizzazione del lavoro, della gestione e del funzionamento della commissione.
Impartisce le necessarie istruzioni al segretario (art. 14 cpv. 2 LTut
17
);
- Convoca e dirige le sedute dell’autorità e adotta, dove necessario, le misure tutelari urgenti (art. 13
LTut
18
).
- Decide, inoltre, dell’adozione di decisioni in via di circolazione.
I membri esercitano liberamente il proprio mandato. Di conseguenza non soggiacciono ad istruzioni o
indicazioni dell’autorità di nomina e non devono rispondere delle decisioni prese. L’autorità di nomina non
può revocare il loro mandato prima della scadenza legale. I membri possono, tuttavia, essere rimossi
dall’autorità di vigilanza in seguito all’adozione di provvedimenti disciplinari (art. 51 LTut
19
e 27 RTut
20
) o
dimettersi di loro iniziativa dall’incarico. Il segretario è inoltre soggetto alla disciplina del regolamento
organico dei dipendenti comunali.
La funzione dell’autorità di vigilanza sulle tutele è invece esercitata dall’UFFICIO DI VIGILANZA SULLE TUTELE della
Divisione degli interni, Sezione degli enti locali (art. 2 cpv. 2 LTut
21
e 10 RTut
22
). Il Cantone ha rinunciato
all’istituzione di una autorità di vigilanza di secondo grado. Le decisioni dell’autorità di vigilanza sono
comunque impugnabili al Tribunale d’Appello che esercita una funzione di controllo giurisdizionale
sull’operato delle autorità di tutela cantonali.
13
L’articolo 9 cpv. 1 LTut recita: “Il presidente dell’autorità regionale di protezione deve essere licenziato in diritto e il
suo grado di occupazione non potrà essere inferiore all’80%. La funzione è incompatibile con quella di patrocinatore in
procedure nell’ambito del diritto di protezione. Il membro permanente deve avere una formazione, definita dal
regolamento, quale operatore sociale, sanitario o pedagogico”.
14
L’articolo 5 cpv. 2 RTut recita: “Nei limiti dell’organizzazione e delle norme di diritto tutorio essi esercitano liberamente
il proprio mandato.”
15
L’articolo 7 cpv. 1 LTut recita: “L’autorità regionale di protezione è composta di due membri permanenti e di un
delegato del Comune di domicilio o di dimora abituale della persona di cui si discute il caso o, se assente o domiciliata
fuori cantone, del comune di situazione dei suoi beni”.
16
L’articolo 7 cpv. LTut recita: “Ogni autorità regionale di protezione dispone di un segretario. Per il controllo dei
rendiconti finanziari deve far capo a persona con specifiche conoscenze finanziarie e contabili”
17
L’articolo 14 cpv. 2 LTut recita: “Il segretario esegue le istruzioni del presidente e svolge i compiti a lui delegati”.
18
L’articolo 13 LTut recita: “Le competenze del presidente sono: a) organizzare il lavoro, garantire la gestione ed il
funzionamento dell’autorità regionale di protezione; b) convocare e dirigere le sedute dell’autorità regionale di
protezione; c) decidere i provvedimenti cautelari urgenti (art. 445 cpv. 2 CC)”
19
L’articolo 51 LTut recita: “(1) L’autorità di vigilanza ha la competenza disciplinare nei confronti degli organi di
protezione e dei loro membri, l’autorità di protezione nei confronti dei curatori. (2) Per le sanzioni e il procedimento si
applicano per analogia le disposizioni della legge sull’ordinamento degli impiegati dello Stato e dei docenti del 15 marzo
1995 e della legge sulla procedura amministrativa del 24 settembre 2013. (3) Il denunciante non è parte. (4) Se vi è il
sospetto di un illecito penale, gli atti sono trasmessi al Ministero pubblico.”
20
L’articolo 27 RTut recita: “L’autorità di vigilanza sulle tutele può punire con l’ammonimento, la multa fino a fr. 500 o,
nei casi più gravi, con la rimozione i membri della commissione tutoria che trascurassero i propri doveri d’ufficio”
21
L’articolo 2 cpv. 2 LTut recita: “L’autorità giudiziaria di reclamo è la Camera di protezione del Tribunale di appello, che
funge pure, in sede unica cantonale, da autorità di vigilanza.”
22
L’articolo 10 RTut recita: “L’Ufficio di vigilanza sulle tutele della Sezione degli enti locali è l’autorità di cui all’art. 2
cpv. 2 della legge”.
6
Per quello che riguarda invece la privazione della libertà a scopo di assistenza, autorità di ricorso è la
COMMISSIONE GIURIDICA LASP: già oggi l’articolo 397d CC. prevede infatti che sia un giudice a statuire, ad
esclusione quindi di autorità amministrative come l’autorità di vigilanza sulle tutele (art. 41 LTut
23
).
L’ADEGUAMENTO DEL DIRITTO CANTONALE: I LAVORI
In vista dell’entrata in vigore del nuovo diritto di protezione e dei vincoli posti in merito all’organizzazione
delle autorità, ma anche per valutare l’efficacia della precedente e sostanziale riforma organizzativa, il 15
gennaio 2008 il Consiglio di Stato ha affidato al giurista Kurt Affolter il mandato di procedere alla verifica
della vigente organizzazione. Dopo aver sottolineato i meriti dell’organizzazione in vigore e la sua generale
conformità con il nuovo diritto di protezione, Affolter ha auspicato l’istituzione di quattro autorità giudiziarie.
Quindi il Consiglio di Stato, con risoluzione del 20 maggio 2009, ha creato un gruppo di lavoro con il compito
di proporre un modello di riorganizzazione del settore delle tutele e curatele e in particolare di presentare
un confronto tra il modello amministrativo, con riduzione delle autorità a 5 (invece che le attuali 18), e la
realizzazione del modello giudiziario, con indicazione della variante favorita. Quindi, a differenza della
precedente organizzazione cantonale, la questione della natura dell’autorità di protezione è stata la centro
dei lavori di discussione.
Al gruppo di lavoro, presieduto dal pretore di Lugano dott. Francesco Trezzini, hanno fatto parte magistrati,
presidenti di Commissioni tutorie, rappresentanti dei Servizi sociali operanti nel territorio, alcuni Comuni e
enti ed associazioni legati al settore. Nel rapporto finale del dicembre 2010 il gruppo di lavoro ha chiaramente
espresso il suo favore per il modello giudiziario in quanto fornisce migliori garanzie di autorevolezza, di
indipendenza, di separazione dei poteri, e in definitiva di capacità di rispondere in modo adeguato ai bisogni
del cittadino. A questa conclusione il gruppo è arrivato dopo una dettagliata analisi dei vantaggi e degli
svantaggi dei modelli proposti in funzione degli obiettivi da raggiungere, definendo criteri e attribuendo a
ognuno un valore di ponderazione e una definizione. Si è quindi tratto di un lavoro il più oggettivo ed
imparziale possibile. Quale variante concreta, per una questione di fattibilità esecutiva e di tempistica, il
gruppo di lavoro ha suggerito l’accorpamento dell’autorità di protezione alle Preture, mentre la variante
ideale rimane quella della creazione del Tribunale di famiglia. Per quel che invece riguarda l’autorità di
reclamo, il gruppo di lavoro non ha messo in discussione l’attuale competenza del Tribunale d’Appello come
autorità di ricorso, che è stato quindi riconfermato quale prima ed unica istanza di ricorso cantonale, al quale
è stato suggerito di annettere l’ispettorato.
Le valutazioni del gruppo di lavoro sono state a grandi linee riprese dal messaggio n. 6611 del Consiglio di
Stato il 7 marzo 2012. In particolare, l’esecutivo cantonale ha ritenuto che i compiti stessi assegnati
all’autorità di protezione giustificano la sua attribuzione alle istanze giudiziarie cantonali: applica il diritto
civile, adotta decisioni che incidono fortemente sui diritti fondamentali delle persone, sulla libertà personale
dell’individuo, sull’autonomia privata e la sfera famigliare. Inoltre, conferire carattere giudiziario a queste
autorità permetterebbe di rispondere meglio alle esigenze di indipendenza e imparzialità dell’articolo 6 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Sulla scorta di queste valutazioni, il Consiglio di Stato ha fatto sua la posizione del gruppo di lavoro,
improntata verso un organo giudiziario, con un correttivo tuttavia di non poco conto. L’esecutivo cantonale
si è infatti orientato sulla soluzione della creazione di un Tribunale di famiglia. Trattandosi di una vera e
propria riforma del sistema giudiziario, da pianificare e studiare nei minimi dettagli, inattuabile quindi entro
il 1°gennaio 2013, il Consiglio di Stato ha deciso di procedere a tappe e di presentare la riforma solo in un
secondo tempo, una volta implementato il nuovo diritto sostanziale di protezione dell’adulto e nell’ambito
di una rivisitazione complessiva dell’assetto giudiziario cantonale, ponendo come limite temporale l’anno
2018.
Le modifiche del Consiglio di Stato sono state condivise dalla maggioranza della Commissione della
legislazione che ha rilasciato il proprio rapporto in data 5 settembre 2012. Rispetto alle proposte del
messaggio è stato unicamente inserito un nuovo articolo 52a che ha assunto la denominazione “verifica
23
L’articolo 41 LTut recita: “In caso di privazione della libertà a scopo di assistenza, l’interessato può adire la commissione
giuridica giusta le norme della legge sull’assistenza sociopsichiatrica”.
7
periodica della legge”. Il Gran Consiglio ha iniziato il dibattito di entrata in materia nel corso della seduta del
25 settembre 2012 per concluderlo il giorno seguente.
ORGANIZZAZIONE
In definitiva, quindi, nei prossimi anni opereranno ancora come autorità di prima istanza, le Commissioni
tutorie regionali il cui nome, adatto al nuovo diritto federale, è stato modificato in “Autorità regionali di
protezione”. Il numero delle autorità rimane invariato a diciotto e la loro composizione resta invariata: un
presidente laureato in diritto, un segretario, due membri permanenti formati in ambito sociale, pedagogico
o psicologico e un delegato del Comune che tuttavia dovrà avere competenze specifiche.
In effetti il nuovo diritto federale prevede che tutti i membri siano specializzati, posto che le competenze
possono essere acquisite anche attraverso la formazione continua e la pratica. Perciò, vista la particolarità
della figura del delegato comunale, si è rinunciato a fissare requisiti specifici per lo stesso: la persona
designata deve disporre di competenze, anche acquisite con la pratica, che permettano di ritenerla
particolarmente idonea all'assunzione della funzione di membro dell’autorità di protezione. I membri delle
autorità di protezione continuano a essere nominati dal Comune di sede. La riforma sancisce l’obbligo per i
Comuni di dotare l’autorità di protezione di collaboratori, interni ed esterni, che siano particolarmente
formati per il controllo dei rendiconti, vista l’importanza che riveste il controllo della gestione finanziaria
nell’ambito delle misure a protezione, tenuto conto dell’aumento dei compiti, ma anche in considerazione
del fatto che la responsabilità per l’azione dei membri delle autorità di protezione è ora assunta direttamente
dal Cantone (art. 454 nCC.).
Per quello che attiene l’autorità di reclamo, il Consiglio di Stato ha aderito alla proposta del gruppo di lavoro,
demandando la competenza al Tribunale di appello. Nonostante l’autorità di reclamo sia divenuta autorità
giudiziaria, l’esecutivo cantonale non ha intravisto motivi per deferirle anche le procedure di ricorso attribuite
alla Commissione giuridica LASP in ambito della privazione della libertà a scopo di assistenza. Si tratta,
infatti, di un settore particolarmente sensibile, con pesanti ingerenze nella libertà personale dell’interessato,
dove è imperativa una composizione interdisciplinare dell’autorità giudicante, regolata da disposizioni
procedurali federali molto severe, alle quali difficilmente il Tribunale d’appello, così come organizzato, può
ossequiare. In concreto, per l’autorità di reclamo si è resa necessaria la creazione di una nuova Camera in
seno al Tribunale di appello, denominata “Camera di Protezione”, che statuisce sui reclami contro le decisioni
dell’autorità regionale di protezione e che si occupa delle procedure indicate nella legge sull’organizzazione
giudiziaria
24
. La lettura del nuovo art. 48 lett. F della LOG (legge sull’organizzazione giudiziaria) fa però capire
che non si tratta di un semplice adattamento formale-organizzativo. Non può infatti sfuggire che la maggior
parte dell’attività della Camera di protezione (i reclami contro le decisioni delle autorità regionali di
protezione e i reclami contro le decisioni della Commissione giuridica LASP) è esercita nella composizione di
giudice unico. In un certo qual modo l’esecutivo cantonale si è orientato verso una autorità di ricorso
monocratica. Si tratta di una novità di non poco conto rispetto alla vigente organizzazione giudiziaria
cantonale.
Infine, per quel che attiene alla vigilanza, il Consiglio di Stato ha condiviso la proposta del gruppo di lavoro di
accorparla all’istanza di reclamo (ispettorato).
PROCEDURA
L’esecutivo ha mantenuto l’attuale legge di organizzazione e di procedura, compreso il generale rinvio alla
legge di procedura per le cause amministrative. È fatta riserva per le norme speciali previste direttamente
dal diritto federale che sono molteplici e hanno portato ad un ulteriore snellimento della legge attualmente
in vigore. La procedura in materia di ricovero a scopo di assistenza è come detto disciplinata dalla LASP, fatta
sempre riserva per le disposizioni federali.
LA SECONDA RIFORMA SOSTANZIALE: IL TRIBUNALE DI FAMIGLIA ENTRO IL 2018
Come detto, a sorpresa, l’esecutivo cantonale si è orientato verso l’implementazione del modello giudiziario
mediante la costituzione del Tribunale di famiglia.
24
Legge sull’organizzazione giudiziaria del 10 maggio 2006 (RL 3.1.1.1), in vigore dal 14 luglio 2006, BU 2006 pag. 232.
8
Il legislatore federale, approvando la legge del 19 dicembre 2008 sulla protezione degli adulti e dei minori,
ha riconosciuto la necessità di affidare questioni così delicate, che toccano direttamente la sfera personale e
famigliare degli individui, ad una autorità specializzata e interdisciplinare, composta non solo di giuristi, ma
anche di membri aventi una formazione in ambito sociale, pedagogico e/o psicologico. Il diritto di famiglia
non contempla però sole le norme relative alla protezione degli adulti e dei minori, ma ci sono altre
disposizioni che interferiscono in ugual modo nella vita privata e famigliare, della cui applicazione è
competente la giustizia civile ordinaria. Esistono autorità che hanno persino la competenza di adottare le
misure a protezione dei minori, di regola affidate all’autorità di protezione.
Appare dunque più che giustificato pretendere requisiti uguali per autorità che agiscono e giudicano nello
stesso ambito, quello personale e quello famigliare. Sono appropriati quindi gli intenti di creare un Tribunale
di famiglia
25
, ovvero una autorità specializzata ed interdisciplinare che statuisca su tutte le cause previste nel
Codice civile. Sarà ora il tempo ad appurare se il Consiglio di Stato sarò coerente con le scelte di principio
operate, o se a seguito di ulteriori dibattiti parlamentari, modificherà il suo indirizzo strategico. C’è da
augurarsi che così non sia.
PRINCIPI DEL NUOVO DIRITTI DI PROTEZIONE DEGLI ADULTI
La revisione totale del vecchio diritto di tutela vuole perseguire diversi obiettivi, che sono strettamente
connessi con le critiche rivoltegli dai soggetti interessati. I principi generali, ripresi dalla riforma, erano già
stati declinati dagli esperti sin dall’inizio dei loro lavori preparatori.
RINFORZAMENTO DEL PRINCIPIO DELL’AUTODETERMINAZIONE
Siccome il criticato diritto di tutela del 1907 aveva una forte connotazione paternalista
26
, il legislatore ha
voluto fare del principio dell’autodeterminazione uno degli obiettivi principali della revisione.
27
Dall’altro
canto, la società attuale è una società improntata verso l’individuo e i diritti fondamentali e la loro evoluzione
nei nostri sistemi giuridici conferma questa direzione.
Già presente all’interno della costituzione federale, il principio dell’autodeterminazione si traduce nel nuovo
diritto con la possibilità di adottare due nuovi strumenti giuridici, il mandato precauzionale (art. 360 ss. CC
28
)
e le direttive personali anticipate (art. 370 ss. CC
29
). Grazie a queste misure, il diritto della persona di disporre
di sé rimane intatto, anche nell’ipotesi in cui diventerà successivamente incapace di intendere e di volere.
Inoltre queste misure permettono di ridurre notevolmente l’intervento dello Stato.
Se il posto e il peso dell’autodeterminazione nel diritto civile sono direttamente influenzati dai valori sociali
e filosofici del momento, la questione dell’autonomia del paziente nell’ambito medico resta legata al
carattere fondamentalmente asimmetrico della relazione medico-paziente. Il medico detiene la conoscenza
e il potere di guarire mentre il malato è in stato di sofferenza e sudditanza. Questa asimmetria della relazione
si carica di una colorazione particolare, in rapporto alla questione del corpo, dell’intimità, del dolore e della
25
Cfr. in particolare Rolf VETTERLI, Auf dem Weg zum Familiengericht, Schriftenreihe zum Familienrecht, vol 4, Berna
2004; Christoph HAFELI, Familiengerichte in der Schweiz: eine ungeliebte Institution mit Zukunft, in: FamPra.ch 2010
pag. 34 segg.
26
A questo proposito, AFFOLTER, PJA 2006; BIDERBOST, PJA 2010; BIDERBOST, RSJ 2010; GEISER, RDT 2003; HAFELI,
FamPra.ch 2007; HAUSHEER/GEISER/AEBI-MULLER, N 1.31 SS; HelbingKomm/ROSH, Einfuhrung in den zivilrechtlitchen
Erwachsenenschutz; MEIER, RDT 2003; MEIER, Jusletter 2008; REUSSER, RDS 2003; SCHMID, Allgemeine Einleitung;
SCHNYDER, Jusletter 2004; STETTLER, Genève/Zurich 2007
27
Il diritto di tutela si è sviluppato a partire dalla tutela famigliare dove il padre, in quanto capo famiglia, aveva il ruolo
di proteggere i membri della famiglia in condizioni di difficoltà; MEIER, Genève/Zurich 2007, p. 4; anche
HAUSSHEER/GEISER/AEBI-MULLER, N 104.
28
L’artico 360 cpv. 1 CC recita: “Chi ha l'esercizio dei diritti civili può incaricare una persona fisica o giuridica di provvedere
alla cura della propria persona o dei propri interessi patrimoniali o di rappresentarlo nelle relazioni giuridiche, nel caso
in cui divenga incapace di discernimento”
29
L’articolo 370 cpv. 1 CC recita: “Chi è capace di discernimento può, in direttive vincolanti, designare i provvedimenti
medici ai quali aCCetta o rifiuta di essere sottoposto nel caso in cui divenga incapace di discernimento”
9
morte. La relazione medico paziente ha tutte le caratteristiche naturali per sfociare in una deriva paternalista
e non c’è quindi da meravigliarsi che questa impostazione si sia imposta nel corso dei secoli
30
.
Il considerare il paziente come fautore della propria salute e come partner nella relazione terapeutica è una
posizione relativamente nuova e questo lo si deve leggere in un’ottica di totale rivoluzione delle tradizioni
mediche.
31
Si è dovuto far sì che l’ancestrale principio “primum non nocere”, lasciasse spazio alla nozione di
autonomia come valore di riferimento. Questa rivoluzione, se si è diffusa rapidamente all’interno dei comitati
etici, ha attecchito meno rapidamente negli animi dei medici tanto quanto in quelli dei pazienti. Questa
affermazione è particolarmente vera nell’ambito della psichiatria dove l’asimmetria della relazione medico-
paziente è amplificata dall’alterazione frequente delle capacità cognitive del paziente, dove il bisogno di aiuto
e di protezione è ancora più presente. È proprio qui che il paternalismo medico ha trovato le sue forme più
estreme, ed il manicomio ne è una delle espressioni più evidenti. E ai giorni nostri l’ospedale psichiatrico
suona di questi echi: ogni giorno i medici sono combattuti tra la loro volontà di imporre una cura e il desiderio
di lasciar libero il paziente. La legge crea un inquadramento generale di queste decisioni arbitrarie, senza
però mettere da parte la riflessione etica e morale
32
.
Il rinforzo generale del principio dell’autodeterminazione all’interno del nuovo diritto non può avere luogo
senza un contrappeso che permetta un miglioramento delle possibilità di azione nei singoli casi concreti.
L’ignoranza della propria patologia da parte del paziente è un sintomo molto diffuso e questo pone dei
problemi seri nell’applicazione del principio dell’autodeterminazione. Si è tentato di considerare questa
situazione come il segno di una palese incapacità di discernimento che quindi permetterebbe l’applicazione
diretta dell’istituto della rappresentanza del malato. Ma il problema è più complesso perché ci sono turbe
molto specifiche, che possono intaccare la capacità di percepire le proprie condizioni psichiche, senza però
alterare le altre facoltà mentali, in particolare la comprensione dei proprio bisogni e i loro eventuali effetti
secondari. L’ignoranza della propria patologia, quando non si accompagna a dei comportamenti pericolosi o
pregiudizievoli, fa sprofondare il paziente in una sorta di vuoto giuridico, che estromette il ricorso ai
trattamenti o alle misure di costrizione, senza però consentire un trattamento liberamente voluto. La nozione
di autonomia trova qui i suoi limiti e sarà compito del nuovo diritto di protezione dell’adulto aprire delle
possibilità di azione nei confronti di questi pazienti che sono molto spesso marginalizzati e precarizzati.
RINFORZAMENTO DELLA SOLIDARIETÀ FAMIGLIARE
Nel momento in cui una persona perde la propria capacità di discernimento, i prossimi congiunti (genitori,
fratelli e sorelle, coniugi, partner registrato, concubini, etc.) si assumono frequentemente la responsabilità
di vegliare sugli interessi della persona in questione. Senza essere investiti di un mandato ufficiale (misura
ordinata dall’autorità di protezione), i prossimi preferiscono assumersi loro stessi determinati compiti,
piuttosto che chiedere l’intervento dell’autorità statale
33
. Il legislatore, cosciente di questa realtà, ha previsto
due nuovi istituti che permettono di attribuire un assetto giuridico agli atti compiuti dalle persone vicine
all’incapace: la rappresentanza del coniuge o del partner registrato (art. 374 ss. CC
34
) e la rappresentanza
in caso di provvedimenti medici (art. 377 ss. CC
35
). Queste misure riducono l’intervento statale e permettono
di evitare di aprire procedure lunghe e viste come inutilmente invasive (art. 389 CC.
36
). Sempre per valorizzare
30
ELGER, Le paternalisme médical, 41
31
ASSM, Droit à l’autodetermination, 2
32
GUILLOD/HANNI, Les droits des personnes en psychiatrie, 15
33
Message, pp. 6647 s.
34
L’articolo 374 cpv. 1 CC recita: “Il coniuge o partner registrato che vive in comunione domestica con una persona che
diviene incapace di discernimento o le presta di persona regolare assistenza ha per legge un diritto di rappresentanza se
non sussiste un mandato precauzionale né una corrispondente curatela”.
35
L’articolo 377 cpv. 1 CC recita: “Se una persona incapace di discernimento deve ricevere un trattamento medico sul
quale non si è pronunciata in direttive vincolanti, il medico curante definisce il trattamento necessario in collaborazione
con la persona che ha diritto di rappresentarla in caso di provvedimenti medico”.
36
L’articolo 389 cpv. 1 CC recita: “L'autorità di protezione degli adulti ordina una misura se: 1) il sostegno fornito dalla
famiglia, da altre persone vicine alla persona bisognosa di aiuto o da servizi privati o pubblici è o appare a priori
insufficiente; 2) la persona bisognosa di aiuto è incapace di discernimento, non aveva adottato misure precauzionali
personali, o non ne aveva adottate di sufficienti, e le misure applicabili per legge sono insufficienti.”
10
la solidarietà famigliare, il nuovo diritto consacra una disposizione specifica alla curatela affidata alle persone
più vicine all’incapace, permettendo di limitare anche in questo caso il controllo e l’intervento dello Stato.
RIDUZIONE DELL’INTERVENTO DELLO STATO
I principi di autodeterminazione e di solidarietà famigliare occupano un posto di rilievo all’interno del nuovo
diritto, in quanto riducono in maniera significativa il potere di intervento dello Stato. Il legislatore non mette
totalmente in dubbio il principio di intervento dello Stato nella misura in cui il bene della persona interessata
resta lo scopo primario del nuovo diritto: l’autorità di protezione deve prendere le misure necessarie per
garantire l’assistenza e la protezione delle persone che necessitano di aiuto (art. 388 cpv. 1 CC.
37
). Tuttavia,
si tratta di trovare un equilibrio tra la presa in carico da parte dello Stato e l’autonomia della persona
coinvolta (art. 388 cpv. 2 CC.).
Il legislatore ha di conseguenza adottato delle nuove misure, più adatte ai bisogni concreti dei soggetti
coinvolti, che conciliano autonomia individuale e riduzione dell’intervento statale. Si tratta del mandato
precauzionale (art. 360 ss. CC) e delle direttive anticipate (art. 370 ss. CC) per quanto riguarda le misure
personali anticipate. Abbiamo poi la rappresentanza del coniuge o del partner registrato (art. 374 ss. CC) e la
rappresentanza in ambito medico (art. 377 ss. CC) per quanto riguarda le misure applicabili di pieno diritto.
I principi di proporzionalità e di sussidiarietà, che vanno nella stessa direzione, sono oramai incardinati nella
legge (art. 389 CC.): le misure personali anticipate e le misure applicabili per legge hanno la priorità sulle
misure di protezione ordinate dall’autorità (art. 389 cpv. 1 CC). Tuttavia se una misura di pieno diritto è
necessaria e appropriata con riguardo alla situazione concreta, è obbligo dell’autorità intervenire (art. 389
cpv. 2 CC
38
). Ma l’autorità di protezione può ordinare dei provvedimenti solo se non sono da considerarsi
sufficienti quelle misure che potrebbero essere fornite dai membri della famiglia, dalle persone vicine e dai
servizi pubblici e privati (art. 389 cpv. 1 CC).
MISURE FLESSIBILI
L’interdizione (art. 369 ss. aCC.), misura attorno alla quale il diritto del 1907 era strutturato, era molto spesso
sproporzionata e stigmatizzante per coloro ai quali veniva applicata, in quanto privava in maniera eccessiva
la persona della propria autonomia e libertà. Per quanto riguarda la misura dell’assistenza legale (art. 395
aCC.), la pratica la giudicava insoddisfacente: non permetteva di apportare nella concretezza un’assistenza
personale alle persone bisognose ed inoltre restringeva la capacità civile dell’interessato, senza permettere
una gestione completa dei suoi beni.
Fatte queste premesse, il nuovo diritto non poteva appoggiare queste due misure: per questa ragione la
curatela, che era la misura meno incisiva del vecchio diritto di cui all’articolo 417 aCC, venne scelta come
forma di tutela base, declinata poi in quattro sottocategorie:
- Curatela di accompagnamento (art. 393 CC.
39
);
- Curatela di rappresentanza e curatela di gestione (art. 394 CC.
40
e 395 CC.
41
);
- Curatela di cooperazione (art. 396 CC.
42
);
37
L’articolo 388 cpv. 1 CC recita: “Le misure ufficiali di protezione degli adulti salvaguardano il benessere delle persone
bisognose di aiuto e ne assicurano la protezione”
38
L’articolo 389 cpv. 2 CC recita: “Ogni misura ufficiale deve essere necessaria e idonea”
39
L’articolo 393 cpv. 1 CC recita; “Se la persona bisognosa di aiuto necessita di un sostegno per provvedere a determinati
affari, con il suo consenso è istituita un'amministrazione di sostegno”
40
L’articolo 340 cpv. 1 CC recita: “Se la persona bisognosa di aiuto non può provvedere a determinati affari e deve
pertanto essere rappresentata, è istituita una curatela di rappresentanza”
41
L’articolo 395 cpv. 1 CC recita: “Se istituisce una curatela di rappresentanza per l'amministrazione dei beni, l'autorità
di protezione degli adulti designa i beni che devono essere amministrati dal curatore. Può porre sotto amministrazione
del curatore determinati elementi del reddito o del patrimonio, l'intero reddito o l'intero patrimonio o l'insieme di reddito
e patrimonio”
42
L’articolo 396 cpv. 1 CC recita: “Una curatela di cooperazione è istituita se occorre che il curatore aCConsenta a
determinati atti della persona bisognosa d'aiuto, per proteggerla”
11
- Curatela di portata generale (art. 398 CC.
43
).
Ma la novità del nuovo diritto fa riferimento soprattutto al sistema delle misure su misura, messo in opera
dal legislatore (art. 391 CC.
44
), che possiamo anche definirlo come una calibrazione delle misure stesse.
Siccome viene data la priorità all’autonomia della persona, il contenuto della misura tutelare non può essere
più riempito di un rigido format standardizzato. La flessibilità delle misure di protezione deve permettere di
garantire una protezione giuridica adatta ai bisogni e alle necessità della persona coinvolta
45
.
Per ogni caso concreto, sarà compito dell’autorità di protezione individuare il tipo di curatela da applicare
così come anche i suoi ambiti di applicazione, i limiti e gli effetti (art. 391 CC.
46
). Quindi i compiti affidati al
curatore possono essere i più svariati: assistenza personale, gestione del patrimonio e dei rapporti con i terzi,
a seconda delle necessità
47
(art. 391 cpv. 1 CC.).
L’autorità di protezione è libera di combinare le diverse curatele, ad eccezione della curatela di portata
generale che, come dice il nome stesso, è di natura globale (art. 397 CC.
48
).
Per la curatela di rappresentanza, invece, l’autorità deve decidere, tra l’altro, per ogni compito affidato al
curatore, se la persone curatelata mantenga o meno la capacità civile attiva (art. 394 cpv. 2 CC.
49
).
MIGLIORAMENTO DELLA PROTEZIONE DELLE PERSONE INCAPACI DI DISCERNIMENTO RESIDENTI IN UN ISTITUTO
Le persone incapaci di discernimento residenti in un istituto medico sono in una posizione particolarmente
vulnerabile. Prima dell’adozione del nuovo diritto della protezione dell’adulto, non esisteva alcuna
regolamentazione specifica di diritto federale, né che riguardasse il rapporto giuridico tra la persona
residente e l’istituto, né sulle misure restrittive che gravavano sulla persona che vi risiedeva.
Il legislatore ha rinunciato ad una regolamentazione generale sul ricovero in istituto, considerando che
questo non fosse lo scopo del nuovo diritto di protezione dell’adulto. Ha tuttavia considerato che sarebbe
scioccante sottomettere gli ospedali psichiatrici a delle misure di sorveglianza più restrittive, tralasciando
però di occuparsi degli stabilimenti medici- sociali che accolgono sempre un maggior numero di persone
50
.
Il nuovo diritto tratta in primo luogo del contratto di assistenza sociale nei suoi elementi essenziali (forma,
persone abilitate a concluderlo, contenuto minimo, art. 382 CC.
51
). Regola altresì le misure che limitano la
libertà di movimento delle persone residenti in istituto (condizioni, ambiti di applicazione, garanzie
procedurali, art. 383 ss.
52
). Infine il diritto federale prescrive che gli istituti siano assoggettati ad una
43
L’articolo 398 cpv. 1 CC recita: “Una curatela generale è istituita se una persona ha un particolare bisogno d'aiuto,
segnatamente a causa di durevole incapacità di discernimento”
44
L’articolo 391 CC recita:” (1) L'autorità di protezione degli adulti definisce le sfere di compiti della curatela secondo i
bisogni dell'interessato. (2) Le sfere di compiti riguardano la cura della persona, quella degli interessi patrimoniali o le
relazioni giuridiche. (3) Il curatore può aprire la corrispondenza o accedere all'abitazione dell'interessato senza il suo
consenso soltanto se l'autorità di protezione degli adulti gliene ha espressamente conferito il potere”.
45
“Assistance étatique autant que possibile et intervention étatique aussi rare que possibile” cf.Message 6650
46
L’articolo 391 CC recita: “(1) L'autorità di protezione degli adulti definisce le sfere di compiti della curatela secondo i
bisogni dell'interessato. (2) Le sfere di compiti riguardano la cura della persona, quella degli interessi patrimoniali o le
relazioni giuridiche. (3) Il curatore può aprire la corrispondenza o accedere all'abitazione dell'interessato senza il suo
consenso soltanto se l'autorità di protezione degli adulti gliene ha espressamente conferito il potere.”
47
Tranne che per la curatela di portata generale, che copre necessariamente tutti e tre gli altri ambiti, art 398 cpv. 2
48
L’articolo 397 CC recita: “L'amministrazione di sostegno e le curatele di rappresentanza e di cooperazione possono
essere combinate”
49
L’articolo 394 cpv. 2 CC recita: “L'autorità di protezione degli adulti può limitare di conseguenza l'esercizio dei diritti
civili dell'interessato”.
50
Message, p. 6649
51
L’articolo 382 CC recita: “(1) Se per un lungo periodo una persona incapace di discernimento riceve assistenza in un
istituto di accoglienza o di cura, un contratto di assistenza scritto deve stabilire quali siano le prestazioni fornite
dall'istituto e quale ne sia il prezzo. (2) Per la determinazione delle prestazioni fornite dall'istituto si considerano per
quanto possibile i desideri dell'interessato. (3) Il potere di rappresentare la persona incapace di discernimento per la
conclusione, la modifica e la risoluzione del contratto di assistenza è retto per analogia dalle disposizioni sulla
rappresentanza in caso di provvedimenti medici”
52
L’articolo 383 CC recita: “(1) L'istituto di accoglienza o di cura può restringere la libertà di movimento soltanto se
misure meno incisive sono o appaiono a priori insufficienti e se la misura serve a: 1) evitare di esporre a grave pericolo
la vita o l'integrità fisica dell'interessato o di terzi; 2) eliminare un grave disturbo alla convivenza in seno all'istituto. (2)
12
sorveglianza cantonale, tranne il caso in cui la sorveglianza sia già stata prevista da una regolamentazione
federale, come quella relativa alle assicurazioni sociali (art. 387 CC.
53
).
RINUNCIA DELLE MISURE TUTELARI PER LE PERSONE GIURIDICHE
Il nuovo diritto di protezione dell’adulto si occupa della tutela da approntare esclusivamente per le persone
fisiche, a differenza del vecchio diritto di tutela che trattava anche delle persone giuridiche, seppur
marginalmente all’articolo 393 N4 e N5 aCC. La norma, applicabile nel caso di carenze organizzative in una
corporazione o in una fondazione, è stata abrogata dal nuovo diritto delle società a responsabilità limitata
54
,
che ha introdotto delle disposizioni simili a quelle applicabili per le società commerciali, per le associazioni e
per le fondazioni (cf. art. 69c e 83d CC.).
Il diritto delle fondazioni, modificato con l’adozione del diritto della protezione dell’adulto (art. 89b e 89c)
rimanda al contenuto dell’articolo 393 N5 aCC, apportandogli qualche modifica di forma
55
.
RINUNCIA DELL’AUTORITÀ PARENTALE PROLUNGATA
Due constatazioni hanno portato il legislatore ad abbandonare l’istituto giuridico dell’autorità parentale
prolungata (cf. art. 385 cpv. 3 aCC.).
In primo luogo, i genitori che detenevano l’autorità parentale prolungata sfuggivano alla sorveglianza
dell’autorità tutelare, in quanto non erano previsti dei controlli regolari. In secondo luogo, un bambino sotto
autorità parentale prolungata può riscontrare notevoli difficoltà ad acquisire una certa indipendenza dai
propri genitori.
Con l’adozione del nuovo diritto, i genitori possono essere nominati esclusivamente curatori dell’interessato
ed essendo mandatari ufficiali, la loro eventuale responsabilità è regolata dalle disposizioni previste a tale
scopo dal diritto della protezione degli adulti (art. 454 ss. CC).
Nonostante ciò, la legge attribuisce uno status privilegiato alle persone vicine al bambino e che esercitano
la funzione di curatore (congiunti, partner registrati, padre e madre, fratelli e sorelle, etc.): l’autorità di
protezione può, nel caso le circostanze lo permettano, dispensarli in tutto o in parte dell’obbligo di inventario
All'interessato è spiegato cosa stia per accadere, perché sia stata ordinata la misura e quale ne sia la presumibile durata;
gli è pure indicato chi si prenderà cura di lui durante questo periodo. Sono fatte salve le situazioni d'urgenza. (3) La
restrizione della libertà di movimento è soppressa non appena possibile e in ogni caso la sua legittimità è riesaminata a
intervalli regolari”.
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L’articolo 387 CC recita: “I Cantoni vigilano sugli istituti di accoglienza e di cura che assistono persone incapaci di
discernimento, sempre che la vigilanza già non sia assicurata da altre prescrizioni del diritto federale”
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Cf SCHNYDER, Berne 2007
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Il termine “beneficienza” è stato sostituito con il termine “utilità pubblica”. Dall’altro canto è stato introdotto il
termine commissario dell’amministrazione poiché una curatela non era più ammessa; Message pp. 6651 e 6728 s. Cf.
tra cui PELLASCIO/TRUNIGER, Revue de l’avocat 2009